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Autore: ryuji01    15/01/2017    0 recensioni
Tutti sanno dell'avventura fantastica dell'eroe di SAO, Kirito, e della sua donzella, Asuna. Però nessuno è a conoscenza che il più rovinoso videogioco della storia dell'umanità ha avuto un bug.
Un bug di gioco come tanti altri, ma in quel caso una così grande luce di speranza. E così forse qualcuno saprà anche dei 5 amici che hanno lottato per questa causa, ed il perché di quello che è succcesso.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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IL LAMENTO DOPO LA TEMPESTA; IL MORBO DEL PRIMO PIANO
 
Era un sole malato quello che stava nascendo all’orizzonte oltre le sbarre del parapetto di una veranda, quello per cui i due ragazzi avevano aspettato quieti, appoggiati l’una all’altro.
Ryu respirava lentamente, non voleva rompere il sacro silenzio di quel momento; Akane invece era così turbata, e ferita che in alcuni momenti dimenticava pure che per vivere bisogna respirare. Erano svegli già da qualche ora e, anche se al ragazzo pesava un poco, sarebbero rimasti lì esattamente in quella posizione. Uno che fosse passato da quelle parti per qualsivoglia motivo nell’arco di due ore forse li avrebbe pensati degli npc, ma erano solo ragazzi che aspettavano un miraggio, un falsa speranza, che aspettavano rassegnati l’unica cosa che portava con sé luce in quel mondo, quel finto sole: dei dati ammassati ed una sconfitta. Seppure ciò però, quella presa in giro, quel continuo progredire dei giorni erano veri ed anche quel sole in qualche modo riusciva a dare fiducia e calore.
Finita l’ascesa i due si smossero a fatica dalle loro posizioni, riluttanti, e prima di alzarsi in piedi lui le prese il volto con la mano e la baciò.
Aiutandosi l’un l’altro si alzarono e andarono in cucina. Era un piano calmo quello lì, dove avevano comprato la casa; ce l’avevano già da un po’ a dire il vero, già da Natale, tuttavia non l’avevano quasi mai usata. Adesso invece era ormai da un mese e passa che vi abitavano, da quando Kaii se n’era andato. Ryu l’aveva capito, era dolore e paura quello negli occhi del ragazzo, Akane no, e dopo la sua perdita, la sua folle perdita, era rimasta a guardare le proprie mani sporche di sangue. E ciò non la faceva dormire la notte.
– Oggi? – Le chiese dolcemente il ragazzo  mentre preparava la colazione.
Non ci fu nessuna risposta.
– Prima o poi ci dovrai provare, dovrai accettarlo – Continuò il ragazzo – L’hai fatto per una causa più che giusta, almeno dal mio punto di vista – Provò ad ironizzare.
Lei rimase inespressiva, a testa bassa, guardando fisso il tavolo di legno.
– Akane, guarda che tanto prima o poi dovrai parlare, per quanto possa sembrare… -
– Cosa? Sembrare brutto? Spietato? Non c’è alcuna scusa in merito, né ragione che regga. Non posso farci niente, e non potrò mai accettarlo; era mio fratello… – La ragazza posò lo sguardo sulla cosa più lontana che ci fosse per non scoppiare. Il ragazzo cercando di essere indifferente non si girò neppure dal pianale di lavoro della cucina, sospirando tacitamente – … Ed io l’ho ucciso –
In quel momento la ragazza ebbe bisogno di calore, sentiva che se non ne avesse trovato neanche un po’ sarebbe morta assiderata. Si guardò intorno e poi di scatto salì in ginocchio sul tavolo, e si portò vicino Ryu, cingendogli le spalle con le braccia e stringendolo a sé.
All’inizio il ragazzo si sorprese, ma poi si rilassò; era contento di vedere che si stava sciogliendo e che stava riprendendo ad essere quello che era.
– Sì, forse dovrei… forse dovrò, ma non ora. Ti supplico, non ora – Il ragazzo lasciò giù gli utensili che stava usando per preparare la colazione, e una volta giratosi ricambiò l’abbraccio.
– Va bene… –
 
 
Ed io… io vagavo. Vagavo da tutte le parti alla ricerca di qualcosa, ma senza una meta. Era una cosa che non m’avrebbe portato a niente, tuttavia mi consolava. Non ce la facevo più, penso che nessuno in quel mondo ce la facesse più, e chi riusciva a sopportarlo o era sadico o masochista o un folle. Non essendo io nessuno dei tre, cercavo banalmente di incassare e pregavo un dio, un qualunque dio di liberarmi. Ma l’unico che l’avrebbe potuto fare ero io…
 
Ma io non sono un dio, io sono uno stupido; un deficiente, uno stolto che pecca di superbia ed arroganza. Solo questo!!
 
Mi tengo lontano dal mondo, non voglio saperne niente; come lui non dovrebbe volerne sapere niente di me.
 
 
Prima che i due si potessero parlare a vicenda liberamente passarono ancora parecchi giorni, ma poi finalmente la tristezza si trasformò in colpa, la colpa in rimorso ed infine il rimorso in rabbia.
Dopo essere tornato dalla città, dopo una per niente contenuta spesa, Ryu girando l’angolo della casa vide quello che aspettava ormai da settimane. Akane stava piangendo e prendendo a calci il parapetto della veranda dove continuava ad apparire la scritta di sistema [IMMORTAL OBJECT].
Il ragazzo ne era molto felice, ma cercava di non darlo a vedere. Si avvicinò lentamente, e non appena la ragazza lo scorse tirò fuori , ad una velocità impressionante, una spada dall’inventario ed iniziò ad attaccarlo. Lui schivò il primo colpo e rese oggetto a sua volta la propria spada.
Lei continuò imperterrita nel suo attacco, ma i suoi colpi erano vuoti, senza senso, senza schema; forti solo perché disperati.
Ad un certo punto il ragazzo prese la rincorsa e fece un tondo dritto, che, per le basi dei giochi o anche soltanto per restare in vita, lei avrebbe dovuto parare o schivare; ma quello non era un gioco, e lei non voleva rimanere in vita.
Il riflesso di Ryu gli comandò prontamente di fermarsi, e fece appena in tempo per non tagliarle il collo.
Cupo ed oppresso lasciò che la spada gli cadesse per terra.
– Ryu… ? – Chiese sussurrando Akane ritornata in sé, forse preoccupata, ma dopo tutto quello…
Nell’aria risuonò un suono sordo: forte, ma trattenuto.
Il ragazzo la prese per la scollatura del maglione che indossava.
– Ma ti sembra!?! Se non mi fermavo eri morta! Non me ne fotte un cazzo che tu non voglia più vivere, ma morendo cosa cazzo pensi che tu risolva, eh!? Chi pensi d’aiutare?! Non me, non Kaii, non tuo fratello, e tantomeno te stessa. Rassegnati lo dovrai sopportare, io sono qua apposta; quindi non provarci… non azzardarti mai più anche solo a pensarci! Capito!?! – Il ragazzo la strinse a sé, troppo, troppo. Alla ragazza cedettero le gambe, ma la stretta la teneva in piedi.
– Io ho ucciso mio fratello.... Io l’ho ucciso… – Era una specie di sospiro, non si capiva se consolato o rassegnato. Akane stava lentamente metabolizzando ciò che aveva fatto, e lui avrebbe aspettato, sorreggendola tutto il tempo che le sarebbe servito.
 
Quella sera arrivò in fretta, ma più bella che mai. Come sempre però, non tutto è mai detto la prima volta.
– Akane, ti posso chiedere una cosa? –
– Sì, certo! –
– Anche se questo dovrebbe riaprire una ferita appena rimarginata? –
Ci fu un attimo di silenzio, e poi…
– Penso di averla cauterizzata così tanto che non possa essere più infettata; quindi riaprila pure –
– Perché quando hai ucciso tuo fratello… in quel momento tu hai detto che non poteva provare rimorso, perché era solo un bambino, un bambino folle. E in più poi gli hai detto di stare tranquillo, ché –
– Ché la colpa sarebbe stata solo mia, così che lui potesse dormire in pace, per sempre… –
Ma soprattutto…
– Addio, fratellino mio, mi mancherai… – Terminò la frase, per una seconda volta.
– Ecco, cosa intendevi con fratellino? –
– Dai, non dirmi che non l’hai capito da solo – Disse con una sfumatura sarcastica, perché gli aveva aperto una ferita che sarebbe potuta rimanere chiusa.
– Tuo zio… anzi, no. Kayaba ha fatto in modo che l’avatar di tuo fratello rimanesse uguale a quando è entrato nel gioco, ma tuo fratello era stato corrotto, peggio impaurito, ma soprattutto era solo un bambino; e tutto ciò l’ha fatto cadere nelle profondità dell’abisso, definitivamente –
– Aveva solo undici anni, quello stupido… ! – Era rammarico, rabbia, mestizia ciò che illuminava gli occhi della ragazza. Il ragazzo non riusciva più a pensare a nessuna frase da dire, toccato nel più profondo dalla scoperta della sua età, e la ragazza lo capì.
– Il mio genietto! – Gli saltò in groppa e poi gli spettino i capelli.
Il ragazzo rise un po’, leggiadramente, sollevato; ma poi divenne serio e malinconico.
– Per te dove si trova Kaii in questo momento? – Chiese ad Akane girando il proprio sguardo verso la prima stella della notte ormai comparsa in cielo – Da quando l’hai riportato in vita con l’item di resurrezione, non è stato molto bene, per niente –
La ragazza stette zitta per un così lungo tempo che il ragazzo, pensando di avere riaperto con quelle parole una qualche altra ferita si girò preoccupato, ma quando la vide la faccia della ragazza era seria e consapevole.
– Dovunque sarà, starà cercando calore... come noi due – La sua voce era flebile, ma non triste né singhiozzante.
Un alito di vento entrò nella stanza ed entrambi rabbrividirono.
– Andiamo a dormire, dai –
 
 
Sarà stata una voce, un presagio, un funebre canto ad avermi portato a voler vedere, a voler pretendere che qualcuno stesse peggio di me. Ma per quella volta mi sarei anche accontentato di vedere che qualcuno vivesse tranquillamente, incorrotto da ogni peccato.
Il primo piano era grigio, lo era sempre stato; all’inizio però le persone che lo riempivano, lo rendevano vivace, ma soprattutto vivo. Adesso era morto, anzi peggio… moribondo; malato del morbo peggiore che possa esistere, invaso dalla presenza più stolta di tutte: la paura. Eppure si respiravano fede e forza di volontà, abbastanza potenti da aleggiare nell’aria e placare gli animi inquieti delle persone, che grazie a ciò sarebbero riuscite ad essere pazienti ed a sperare.
Mi diressi nel bosco, mi addentrai dentro di esso, nelle sue contorte viscere, fino a raggiungere l’enorme albero dove si trovava la tana del drago.
Ci entrai e sollevai la mia ascia all’altezza degli occhi…
Quest’ascia…
Mi sentivo in colpa per quell’arma. Non era la prima che avevo posseduto, quella là l’avevo rotta durante un allenamento, e tante altre le erano successe. Quell’ascia invece era l’effettivo mio regalo di compleanno da parte di Eizo; l’ascia che dal folle fu donata al debole.
Non sei stata molto fortunata, sai?
Puntai alla radice e la trafissi, e nel solito punto si iniziò a definire uno schermo di pixel fluttuante nell’aria; un buco di tarma voluto nell’abito più bello mai confezionato.
Mi ritrovai davanti una massa disordinata di capelli.
 
 
Nel pieno della notte su quel piano regnava il più completo silenzio, e di creature e di mostri in quei campi neppure ce n’erano; avevano scelto anche per quello di comprare lì la casa.
I due ragazzi erano stretti nel letto, stanchi per la giornata passata, quando all’improvviso la ragazza raggelò e si tirò dritta sulla schiena; non era solo un brivido, o almeno non poteva esserlo.
– Cosa c’è, Akane? – Biascicò Ryu, abbastanza infastidito ed infreddolito.
– Dobbiamo trovare Kaii! – Sussurrò assalita da un’ansia paralizzante; più che un’esclamazione era un’affermazione.
– Mi vuoi spiegare che… ? –
– Non c’è tempo… e comunque non saprei spiegartelo –
– Capisco…. Senti io non credo in queste cose, tuttavia, se ti fa stare meglio, ci crederò. Allora, dove andiamo? –
– Se quello che ho detto prima è giusto, c’è un solo posto dove lui potrebbe trovare calore –
 
 
Jō s’era addormentato con la testa appoggiata ad un tavolo, e con la webcam da cui lo guardava puntatagli contro.
– Jō… – Iniziai.
Sorrisi allietato, quell’immagine era tutto quello di cui avevo bisogno; un piccolo angolo di pace. Guardai il ragazzino oltre lo schermo ancora per qualche minuto; oramai aveva tredici anni, erano passati due anni e mezzo da quando ci eravamo conosciuti. Anche io ero cresciuto, anche se probabilmente molto di meno di quanto non avesse fatto lui.
Jō
Dovevo allontanarmi in fretta per essere sicuro di non ritrovarmi improvvisamente davanti Kayaba; anche se ora, sapendo chi era, sapevo anche che non era un uomo che passava inosservato.
Mi venne un groppo alla gola.
Io…
Quando vidi la luna nel cielo mi fermai, e la mia ombra si immobilizzò con me; mi portai lentamente una mano alla gola…
– Perché non riesco a respirare?! –
E l’altra al cuore.
– Perché fa così male?! – Chiesi al vento, ma quello non rispose. Mi venne il magone, e le lacrime mi rigavano già le guance. Un’enorme peso mi opprimeva il cuore, lo comprimeva facendolo andare fuori tempo, facendomi stare male, sempre più male.
Ad un certo punto mi risalì dallo stomaco un conato di vomito. E dopo un po’ vomitai sul serio. Era una cosa rara su SAO, dovevi sentirti veramente, ma veramente male; sia mentalmente che fisicamente.
Mi sentii disorientato, ed il mondo intorno a me incominciò a vorticarmi attorno. Con tutta la ricognizione di cui potei armarmi corsi alla tana del drago, e mi ci buttai letteralmente dentro. Ne avevamo avuto di tempo per accurare il fatto che in quel posto non arrivavano mai né creature, né mostri di alcun genere, a parte Wingroot.
Feci un piccolo passo ed incespicai, un altro e caddi.
Masao, Jo… mi mancate. Mi sembrate così lontani. Siete così lontani.
Inspirai. Espirai. Svenni.
 
Mi risvegliai su qualcosa di morbido. Aprii le palpebre. Era un letto; le lenzuola erano calde.
– Allora, ricominciamo? –
Ero già stordito di mio, ma quando il mio cervello fu abbastanza sveglio da accorgersi che la domanda mi era stata posta da Akane rimasi ancora più intontito.
Non era lei di solito a fare quelle domande; ma, in ogni caso…
– Sì, ma potrei dormire solo ancora un po’ –
– Sta tranquillo; e dormi pure quanto vuoi. Noi rimaniamo qua nel frattempo. Buon riposo –
 
 
DIARIO VIRTUALE
 
Visto che non sono riuscito a correggere altro che un capitolo e mezzo (allungando pure la pappa a questi), ho deciso semplicemente di scrivere quello nuovo che seppur corto penso sia uno dei miei meglio riusciti. Spero vivamente sia piaciuto anche a voi.
   
 
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