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Autore: Sophja99    15/01/2017    5 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo sedici

Vecchi vizi

 

Vedendo che la luce si era fatta flebile, cenarono con l'altro uccello cacciato da Silye, una beccaccia. Non parlarono quasi mai; solo Vidar per dirle che il giorno dopo sarebbero andati nel villaggio di Vél per comprare qualcos'altro da mangiare e qualsia cosa che sarebbe stata loro utile. Silye dormì nel suo solito giaciglio e non permise al ragazzo di mettervi piede. Lui fu costretto a stare sul pavimento, nell'angolo opposto della stanza. Quella notte la ladra faticò a prendere sonno, nonostante dovesse averne in abbondanza per tutti gli sforzi e le scoperte di quella giornata. Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva l'immagine della serpe che si cibava di esseri viventi urlanti e nei sogni riviveva quella scena in modo ancora più vivido, poiché faceva parte dei corpi sanguinanti e incastrati tra i suoi denti acuminati. Si alzò come vide apparire le prime luci dell'alba e, poiché era rispuntato il sole e non si vedevano nuvole di pioggia o neve, uscì a fare una passeggiata e a cacciare con Úlfur. Quando tornò con una lepre morta in mano, vide che Vidar era giò sveglio e si stava rimettendo gli stivali in pelle e il mantello, già pronto a partire.

Arrivarono a Vél dopo circa mezz'ora, quando i cittadini del paesino si erano già messi a lavoro e diversi abitanti affollavano le strade per svolgere le loro consuete mansioni giornaliere. Silye si stava quasi facendo trasportare dalla vitalità di quel paese, quando si rese conto di non aver pensato ad una cosa fondamentale. «Con cosa pagheremo il cibo?» chiese a Vidar. Aveva già speso per comprare un pezzo di pane, ormai interamente mangiato, tutti gli ultimi spiccioli che aveva rubato ad un'anziana del mercato di Vargr. Perciò, non aveva niente in tasca.

Ruberò qualcosa e il problema è risolto pensò, e questo la aiutò a calmarsi.

«Non preoccuparti. Ho io i soldi» e tirò fuori dalla tasca interna del mantello una sorta di sasso dal colore dorato. Un lingotto d'oro. Rimase a guardarlo a bocca aperta, tanto scioccata da non riuscire nemmeno più a respirare; non aveva mai visto così tanto oro tutto insieme, se non in mano dei più ricchi tra i cittadini e nei gioielli che questi indossavano e che spesso gli aveva sottratto, ma mai di quelle dimensioni e in quella quantità. Fu tentata di darsi uno schiaffo o un pizzicotto per avere la certezza che quello non era un sogno meraviglioso, ma la dolce realtà.

«Bello, eh? E comodo. Basta uno solo di questi per comprarsi qualunque cosa tu voglia e avere da mangiare per più di un anno, e io ne ho a quintali ad Asgard. Provengono dalle miniere dei nani.»

«I nani esistono ancora?» domandò Silye, stupita.

«Certo, come gli elfi, a quanto ho potuto vedere con Elurín. Le specie precedenti si sono estinte, ma in alcuni casi ne sono rinate delle nuove.»

«Come mai nessun umano ne sa nulla se esistono tutt'ora?»

«Perché i vostri re hanno fatto in modo di tenervi lontani dagli umani, con la costruzione delle cinte murarie Grindr ad est ed ovest del regno.» Silye era già a conoscenza di quelle mura. Non le aveva mai viste dal vivo, perché non si era mai spinta così lontana dal bosco di Hoddmímir; solo da una mappa di Midgardr e allora non vi aveva dato tanto peso.

«Come avete fatto ad ottenere tanto denaro dai nani?» chiese poi, tornando all'argomento principale che più la interessava.

«Vedi, sono individui egoisti e il più delle volte intrattabili, ma diventano facilmente malleabili quando gli presenti qualcosa di pari valore. E se c'è qualcosa che i nani adorano quanto l'oro, questo è il bere.»

«Ovvero?»

«Idromele, la bevanda degli dei. Cento volte meglio della birra, soprattutto quando si tratta di quella magica, cioè che solo noi possiamo coltivare. Per quella pagherebbero... oro, appunto.»

«Be', l'importante è che lo abbiamo» Silye indicò il metallo che Vidar teneva in mano. «Dovresti andarlo a convertire in monete nella zecca più vicina. Io, nel frattempo, vado a fare un giro per il mercato per vedere se trovo qualcosa che possa interessarci» aggiunse con aria innocente.

Lui annuì e Silye fece per allontanarsi quando lui le riprese il braccio, riavvicinandola a sé fin quando la sua bocca non le fu accanto all'orecchio, in modo che lei potesse ascoltare chiaramente. «Stai attenta» bisbigliò e la lasciò andare. Sarebbe potuto sembrare un'avvertimento dettato dall'appensione, ma a Silye suonò più come una minaccia.

Sapeva perché l'aveva messa in guardia. Nessun villaggio a Midgardr era pienamente sicuro, soprattutto per chi viaggiava da solo. I criminali si annidavano dietro ogni angolo: ladri, assassini, tagliagole, ubriaconi. Si sentiva parlare ogni giorni di gente derubata e, nei casi peggiori, in cui il malfattore era particolarmente violento, uccisa, ragazze e donne violentate, persone innocenti coinvolte nelle risse di alcolizzati. Lei spesso si era trovata a un passo dall'essere implicata in scenari di questo genere, ma se ne era sempre tirata fuori. Sapeva riconoscere a distanza un ladro quando lo vedeva. Poteva leggere nei suoi occhi le sue intenzioni, le stesse che aveva lei quando era alla ricerca della vittima perfetta. Sapeva difendersi da chiunque cercasse di avvicinarsi e farle del male, grazie alla sua agilità e ai preziosi consigli e tecniche impartitele dal padre. Le punizioni per chi veniva beccato in flagrante dai Liði erano il doppio peggiori del crimine e spesso vigeva la legge dell'occhio per occhio. Ai ladri, se gli andava bene e la merce rubata era di poco valore, venivano tagliate le mani; alla peggio, oltre questo, venivano frustati. Quando il derubato in questione era il Konungr o uno dei suoi funzionari o della sua famiglia, il ladro veniva impiccato. Gli assassini venivano ripagati con la stessa moneta: prima tormentati, poi uccisi. Chi violentava una donna di ceto medio o basso, veniva castrato; se questa era di origini nobili, lo stupratore veniva mandato a morte.

Alcune di quelle leggi, come quella sugli stupratori e gli assassini, sembravano a Silye più che giuste. Non concordava con le pene date ai ladri, troppo dure e crudeli, ma lei era di parte. Ciò, tuttavia, non le impediva di continuare la sua attività. Anzi, forse quelle erano alcune delle ragioni che la spingevano a farlo. Il desiderio del malloppo, il rischio di essere presa, le conseguenza che la attendevano se la scoprivano; tutto ciò le creava un brivido di eccitazione e quasi divertimento a cui non riusciva a sottrarsi.

Ed era proprio a questo che stava pensando mentre passeggiava per le vie del paese, cercando una vittima facile e veloce, fin quando non la trovò. Era un ragazzo basso e magrolino, intorno ai quattordici anni, dai capelli castani e la carnagione pallida. Teneva in spalla una sacca, legata da una corda. Niente di più facile pensò, sopprimendo un sorriso.

Erano separati da altre persone. Accelerò il passo per superarle e si ritrovò subito accanto al ragazzino. Gli si accostò, fingendo che fosse per la quantità di gente che affollava la strada, e, cercando di nascondere il pugnale come meglio poteva nel mantello nero, lo tirò fuori. Bastò sfregare un po' la lama sulla corda per romperla e con un movimento fulmineo prese la sacca e scappò via prima che il ragazzo potesse girarsi e rendersi conto di cosa fosse accaduto. Iniziò a sentire le grida del giovane solo quando arrivò alla fine della strada, ma ormai si era allontanata troppo perché potesse raggiungerla.

Silye prese per una via secondaria e buia, poiché la luce non riusciva a filtrare per la presenza di numerosi balconi che quasi toccavano le mura dell'edificio davanti. Qui si fermò per riposarsi e rovesciò a terra il contenuto della sacca. Con frustazione vide che c'erano solo pochi spiccioli, ma non erano tanto quelli che le interessavano. Respirò profondamente: era così bello sperimentare di nuovo le sensazioni che l'avevano accompagnata ogni singolo giorno da quando Arild le aveva insegnato a rubare.

Infilò le monete nella tasca dell'abito e, tiratosi su il cappuccio del mantello, uscì dalla via per tornare verso la piazza dove si affacciavano diversi negozi e botteghe, ed erano aperte molte bancarelle. Non sapendo cos'altro fare, decise di cercare Vidar e chiese alla prima passante dove si trovava la zecca del villaggio. Quella le diede le indicazioni e Silye le seguì fin quando non si trovò davanti un edificio abbastanza grande su cui svettava un'insegna incisa su un pezzo di legno, che recava scritto Mynte¹. Come vi mise piede, riconobbe subito la voce di Vidar, profonda e vagamente infuriata, nonostante lui stesse cercando di controllarsi. Si chiese il motivo di quella rabbia.

«Vidar?» lo chiamò e lui si interruppe, voltandosi a guardarla. Poi il suo sguardo tornò all'uomo massiccio e grassottello che stava dietro al bancone pieno di monete d'oro e fogli. Erano in una stanza lunga e stretta; sulla parete alla sinistra del tavolo, accanto al quale stavano bisticciando Vidar e l'uomo, vi era una porta e una finestra aperta dal quale provenivano svariati rumori e voci. Riusciva a intravedere un gruppo di uomini intenti alcuni a martellare le monete, altri a ritagliarle e a coniarle. Poteva percepire la puzza di fumo che riempiva la stanza antigua, dove il metallo veniva fuso per dargli la forma della moneta. Le venne un'incredibile voglia di entrarvi e rubare tutte quelle monete tintinnanti e appena create, ma tentò di concentrarsi sul problema più importante.

«Questo zoticone non vuole darmi la somma di monete precisa e pari all'oro che ho. Come se io fossi uno stupido e non sapessi contare!» sbraitò.

«Questo è quanto offro per il lingotto d'oro. Non ho di più: prendere o lasciare.»

«Andiamo, lascia perdere» si intromise Silye, racimolando la montagna di monete e facendole ricadere nella sacca. Non aveva mai visto così tanti soldi tutti insieme. «Ne abbiamo già in abbondanza.»

Vidar borbottò qualcosa di scortese verso il commerciante e uscì senza salutare, rivolgendogli un unico sguardo furente. Per rimediare alla pessima figura che avevano fatto, Silye disse «È stato un piacere fare affari con lei» prima di uscire anche lei e andare dietro al ragazzo.

«Non ti facevo così attaccabrighe» scherzò Silye, mentre si dirigevano al mercato cittadino.

«Dì quello che ti pare, ma io non mi faccio fregare da un vecchio avido» sbuffò l'altro.

Fecero un giro per le bancarelle e comprarono un po' di frutta e verdura. Alla carne avrebbe pensato Silye con Úlfur.

Mentre era piegata a vedere meglio delle patate, sentì delle grida dietro di sé. «È lei! È la ladra che mi ha derubato!» disse la voce e, voltandosi, vide che si trattava del ragazzino di prima insieme ai soldati armati del re. Stavano indicando proprio nella sua direzione.

Non credeva che quello sarebbe riuscita a vederla nel momento in cui l'aveva derubato e, addirittura, riconoscerla in mezzo a tutta la calca di gente con il suo mantello come unico indizio, perché Silye si era curata di non mostrargli in alcun modo il volto.

Gli uomini si mossero immediatamente, ma lei ebbe la prontezza di scattare subito. Gettò una rapida occhiata al volto scioccato di Vidar e gli gridò solo «Corri!», prima di buttarsi in una corsa forsennata.

 

 

¹ “Zecca”, “moneta”, in norvegese.

 

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Angolo dell'autrice:

Finalmente si scopre di più sulla società di Midgardr. Finora non le avevo dato molto spazio, dato che Silye vive in una zona isolata rispetto al resto del regno. Insomma, il clima di Midgardr non è dei migliori: ubriaconi, ladri, assassini e chi più ne ha, più ne metta. Ovviamente questi elementi verranno approfonditi con il proseguire della storia e vi anticipo che riguarderanno direttamente azioni e situazioni future connesse a Silye. Un grazie a chi continua a leggere e seguire!

Sophja99

   
 
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