L’Erede del Male.
“E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!».
Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto
coperto da un sudario.
Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».”
[Bibbia
– Giovanni 11, 43-44]
Atto II, Parte II – Lazzaro
risorge.
Harry James Potter aveva visto molte cose nella
sua giovane vita. Aveva assistito alla prima caduta di un Signore Oscuro, alla
sua rinascita ed alla sua morte definitiva. Aveva assistito ad orrori
inimmaginabili e, in quanto Auror, la sua vita sembrava voler continuare a
seguire quella strada fatta di assurdità ed eventi agghiaccianti. Faceva parte
di una squadra speciale, i suoi compagni cambiavano in continuazione e non
sempre per cause completamente estranee al suo comportamento. Era stato
dichiarato “peggiore e migliore Auror mai passato per il Ministero” e la sua
reputazione era ben più che meritata: non c’era stata una sola persona che,
negli ultimi due anni, aveva digerito il suo comportamento nevrotico, infantile
e spesso ai limiti dello psicotico.
Non tutti
erano pronti a lasciarci le penne, in missione.
Proprio per quel motivo, quando quel pomeriggio
venne convocato nell’Ufficio del Ministro Shacklebolt, non si preoccupò più di
tanto del motivo di quell’incontro inaspettato. Se proprio doveva essere
sincero, gli incontri con il vecchio Kingsley erano fra i pochi momenti in cui
riusciva ancora a sentirsi se stesso e non un burattino nelle mani di un
destino bastardo. Se anche quel giorno avesse voluto parlargli per
rimproverarlo del suo comportamento riprovevole, lui non si sarebbe
preoccupato. A dirla tutta, avrebbe approfittato per confidargli qualcosa del
suo ultimo incubo1.
Sorrise amaramente, mentre appariva in uno dei
camini dell’Atrium del Ministero, scansando per un pelo un maghetto dall’aria
buffa che sembrava non averlo visto e, un attimo dopo, una giovane donna dai
tratti marcati. Fino a due anni prima avrebbe potuto parlare del suo problema
con Hermione, oppure con Ron. Prima ancora avrebbe avuto anche Silente, Sirius
o Remus. In quel momento, invece, non aveva altri che il Ministro della Magia,
troppo preso dal tentare di risollevare le sorti del Mondo Magico per perdere
il suo tempo nel disperato tentativo di assistere l’ex Golden Boy nella sua perpetua ricerca della pace interiore.
«Buon pomeriggio, Signor Potter» lo salutò una
giovane impiegata dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale.
Sembrava una brutta copia di Percy ai tempi della scuola, così… rigida e seria, gli ricordava in modo
inquietante i momenti in cui la Professoressa McGranitt decideva di spaventare
i suoi studenti: stessa espressione, stesso tono di voce, stesso chignon. Il
fatto che gli avesse rivolto la parola doveva essere un segno di sventura,
senza dubbio.
Resistendo alla tentazione di toccare legno2
come scongiuro, Harry si sforzò di sorriderle e fare un cenno del capo.
«Signorina Peregrine, buon pomeriggio anche a lei» le augurò, sperando che detto
pomeriggio potesse trascorrerlo il quanto più lontano possibile dalla sua
persona, magari infestando qualche casa abbandonata o un cimitero buio. A dirla
tutta, l’avrebbe vista bene in cima ad una collina, di notte, ad urlare per la
perdita di un qualche familiare.
Sì, Miss
Peregrine sembrava proprio una Banshee. Ed Harry Potter odiava le Banshee per due ragioni
specifiche: prima di tutto, la sua fidanzata era di origine irlandese3
e gli aveva intaccato un sacro terrore di quelle creature oscure, poi,
naturalmente, c’era il piccolissimo dettaglio che la sua famiglia fosse già
stata più che decimata e che, in effetti, trovarsi una di quelle cose davanti o, peggio, sentirne l’urlo
non avrebbe potuto far altro che peggiorare ulteriormente una situazione di
partenza che era già tragica.
«Non è un buon pomeriggio» si lagnò la donna,
arricciando il naso adunco come se lui le avesse appena sputato sulle scarpe.
Era evidente che avesse atteso solo il momento giusto per iniziare a blaterare
sui suoi problemi. «Il Ministro ha incaricato il mio Ufficio di sbrigare delle
faccende della massima importanza a
Ginevra, dobbiamo partire entro un’ora! E non abbiamo avuto neppure un paio di
giorni di preavviso, nonostante la circolare 12/b sia chiarissima al riguardo! Nessuna missione internazionale può essere
svolta, salvi casi di necessità e sicurezza internazionale, senza che sia stata
data previa comunicazione di almeno tre
giorni ai dipendenti interessati!».
Harry riuscì a reprimere una smorfia annoiata solo
per forza di volontà. Era stato fortunato ad aver avuto rapporti con Percy
negli ultimi quattro anni, lo avevano aiutato incredibilmente a temprare la
propria resistenza al tedio. «Immagino si tratti di una questione di grande
rilevanza, altrimenti il Ministro non avrebbe violato il regolamento» le fece
quindi notare, con una gentilezza che davvero era forzata. Aveva voglia di prendere a schiaffi se stesso e darsi del
bugiardo. Dopo aver pronunciato quelle parole, tuttavia, si accigliò. Questioni di grande rilevanza, tali da
mandare in Missione quasi un Ufficio intero e senza il minimo preavviso, unite
alla sua convocazione straordinaria dal Ministro potevano solo significare enormi guai in vista. Guai che
richiedevano l’intervento non solo degli Auror ma, nello specifico, del Golden Boy.
Maledetta Peregrine, era riuscita a rovinargli
l’umore – già pessimo – ed il resto
della giornata. Quella che si sarebbe dovuta limitare ad essere una
chiacchierata di rimprovero, conclusa magari con la promessa di terrorizzare
meno persone nel prossimo futuro, rischiava di evolversi in una missione
potenzialmente suicida per la quale Ginny lo avrebbe riempito di preoccupazioni
e che si sarebbe presto tramutata in un’altra fonte di ansia ed incubi per la
sua mente già profondamente turbata. Per quanto assurdo, Harry non poteva che
incolpare la Peregrine ed il suo dannato aspetto da uccello del malaugurio.
La donna, con una smorfia, spinse uno dei pulsanti
dell’ascensore, lasciando che le porte rinchiudessero entrambi in quello spazio
angusto. Non sembrava volergli prestare grande importanza, probabilmente perché
riusciva a percepire le sue vibrazioni negative già a quella distanza. Quando
parlò, lo fece con l’espressione di qualcuno che stava facendo un gran favore
al mondo soltanto esistendo. «Mi auguro che si risolva tutto presto, giovedì il
Club di Gobbiglie del Ministero ha una competizione importantissima che io non
posso davvero perdermi». L’ascensore si fermò e, un attimo dopo, la solita voce
metallica annunciò il Primo Livello. «Non è arrivato, Signor Potter?» gli
chiese poi, quasi avesse voluto rimproverarlo di non essere scattato immediatamente,
magari balzando via come una gazzella nella savana.
Masticando degli insulti, Harry si fece avanti,
voltandosi per un istante e solo per
non apparire più maleducato di quanto già non fosse nell’immaginario
collettivo. Un uomo capace di scacciare anche gli Auror più pazienti non poteva
che essere considerato tale, no? «Arrivederci, Signorina Peregrine» la salutò,
piegando leggermente il capo. «Le auguro una buona missione ed un buon viaggio»
aggiunse, rammentando a se stesso che fare gli scongiuri proprio lì, davanti a
lei, non avrebbe fatto altro che scatenarla ancora di più, portandogli solo
rogna di ogni genere.
«Ah, sono certa che sarà un viaggio terribile! Odio le Passaporte!».
Quando l’ascensore si allontanò, proseguendo la
sua discesa, Harry lasciò andare un sospiro esasperato. Quella tranquillità con
cui era arrivato al Ministero era ormai sparita e non c’era più nulla ad
attirarlo verso la porta alla fine del lungo e scuro corridoio, neppure il
pensiero che potesse trattarsi di una missione effettivamente interessante e
capace di impegnare la sua mente abbastanza da distrarlo dalla spirale di
autocommiserazione e ribellione adolescenziale tardiva in cui era caduto.
Cos’aveva detto lo psicologo? Conseguenze
dello Stress Post Traumatico. Personalmente, lui preferiva la diagnosi del
suo Superiore, il Capo Auror Tanner: noia
e solitudine.
Il Livello riservato agli uffici del Ministro e
dei suoi assistenti era profondamente diverso rispetto alla prima volta che
Harry l’aveva visitato, ai tempi di Caramell. C’erano molte più persone che
correvano qui e lì – tutte con uno scopo e tutte in silenzio, Kingsley restava
pur sempre un ex Auror – e le luci erano molto più forti e calde, così da non
dare l’impressione di trovarsi nei sotterranei di un castello degli orrori. Il
clima era solitamente gioviale, nonostante quel pomeriggio sembrassero tutti
presi da qualcosa di nuovo, qualcosa che Harry non conosceva e che tutti gli
altri morivano dalla voglia di conoscere meglio.
Cosa
stava succedendo?
Una delle assistenti di Kingsley, che Harry
conosceva fin troppo bene, lo raggiunse non appena lo vide avvicinarsi, sorridendogli.
Hannah Abbott, fidanzata storica di Neville e – anche se Harry non l’avrebbe mai ammesso davanti a sua suocera –
migliore pasticcera che avesse mai conosciuto in vita sua, era una delle poche
persone che il giovane Auror incontrava volentieri, al Ministero. Era sempre
così allegra e tranquilla da
risultare piacevole come un balsamo per il cuore di chiunque. «Ciao, Harry» lo
salutò, gentile, avvicinandosi per abbracciarlo brevemente e poi trascinarlo
verso la porta dell’ufficio di Shacklebolt. «Il Ministro ed i suoi ospiti ti
stanno aspettando. Per fortuna sei arrivato prima che fossero al completo, il
Capo aveva minacciato di licenziarti» gli comunicò, con un tono talmente serio
che, per un istante, anche lui si preoccupò.
Nessuno era tanto stupido da non prendere sul
serio le minacce di Kingsley, sicuramente non lui.
«Sono stato in ascensore con la Peregrine, ho già
avuto la mia parte di orrori per oggi» le rispose, con una smorfia,
raddrizzando le spalle mentre l’amica gli sistemava il nodo della cravatta,
naturalmente storto. Per quanto si sforzasse di uscire di casa in ordine, in un
modo o nell’altro riusciva sempre ad apparire più sconvolto di quanto non fosse
davvero. «Ehi, cosa sta succedendo in questo posto? Sembra che tutti stiano
camminando su pezzi di vetro, tanto sono nervosi» le domandò poi, accigliato,
voltandosi giusto in tempo per poter osservare due archivisti passare proprio
lì vicino e tentare di origliare qualcosa della conversazione che si stava
svolgendo all’interno.
Hannah accennò un sorriso imbarazzato,
intrecciando le mani all’altezza del petto con aria nervosa. «Abbiamo ricevuto
visite inaspettate, per questo anche
tu sei qui. Il Ministro non era così nervoso dai tempi del Tribunale di
Hogwarts4, non so se hai presente». L’ironia era evidente nel suo
tono: Harry era stato uno dei protagonisti della serie di processi seguiti alla
Battaglia del ’98, nessuno più di lui poteva ricordare lo stato di terrore ed
ansia che aveva caratterizzato il mondo magico nel periodo. Kingsley si era
ritrovato a dover gestire una società a pezzi, senza un centro di potere che
fosse degno di tale nome e completamente nel caos. «Ricordi il periodo di
sorveglianza cui siamo stati sottoposti? Ricordi quei maghi della Conferenza
Magica Internazionale che sono stati mandati per tenerci d’occhio? All’epoca
avevano detto un po’ a tutti che fossero dei semplici funzionari stranieri».
Harry annuì, stringendo le labbra. Ricordava benissimo quei tizi inquietanti. C’era
un mago americano che l’aveva perseguitato per tutte le otto settimane che era
rimasto a Londra, chiedendogli dettagli sulla battaglia e facendo strane
insinuazioni che più di una volta gli avevano fatto perdere la testa. Una sua
collega russa aveva perseguitato Hermione, ma lei era sempre stata molto più
pacata di lui. «Naturalmente. Sono tornati? Siamo di nuovo sotto esame?».
Fulminato da un pensiero improvviso, si irrigidì. «Ti prego, dimmi che non si è
presentata una qualche crisi internazionale che ci costringerà a partire con
l’Ufficio per la Cooperazione, anche Peregrine sta partendo. Qualunque cosa la
coinvolga non può che finire tragicamente».
Il modo in cui la giovane strinse i denti non gli
piacque affatto. «Non erano dei semplici funzionari,
Harry, erano degli agenti speciali, sono chiamati Banshee, credo che al corso
vi abbiano spiegato qualcosa» mormorò, guardandosi intorno per assicurarsi di
non essere ascoltata. «Il Ministro diceva sempre che la loro presenza qui era
la peggiore delle vergogne per tutti gli Auror perché implicava che non foste
capaci di mantenere la pace da soli. Quando sono andati via è stato un
sollievo, era la dimostrazione palese che i guai per noi fossero finiti, ma ora
che sono tornati…».
Banshee. Solo il
nome fece rabbrividire Harry. Il periodo breve che il Signor Aldrige – il suo
istruttore all’Accademia – aveva impiegato per parlare di quel Corpo Speciale
ai Cadetti era stato terrificante, condito di omicidi politici coperti nel più
magistrale dei modi, rivoluzioni silenziose e spargimenti di sangue così ben
nascosti da far dubitare persino che fossero mai accaduti. Le Banshee, che solo
negli ultimi vent’anni avevano iniziato ad accettare uomini, erano sinonimi di
morte quasi quanto il Gramo, con la leggera differenza dell’agire nel rispetto
della legge. Ovunque andassero, gli orrori erano talmente grandi che una strage
riusciva sempre ad apparire come il male minore. Quel sacro timore che Aldrige
aveva tentato di instillare in tutti loro era diventato pura superstizione e
l’idea di averne avuti fra i piedi senza esserne consapevoli, unita alla
possibilità che alcuni fossero con il Ministro – attendendo proprio lui – lo
terrorizzava.
«Quanto pensi sia grave?» fu tutto ciò che le
chiese, cominciando ad occhieggiare in direzione della porta con un filino
d’ansia in più. La Peregrine gli aveva decisamente rovinato la giornata. Ginny
avrebbe fatto bene ad essere pronta a sopportare i suoi lamenti per ore e ore,
altrimenti avrebbe davvero dato di matto prima della fine della settimana.
«Non lo so, ma credo proprio tu debba entrare. Sei
in ritardo di sette minuti e poco fa Tiffany è uscita da quella stanza praticamente
in lacrime. Non puoi più farlo aspettare». Hannah gli diede una incoraggiante
stretta alla spalla, sorridendogli in modo così gentile da non lasciargli alcun
dubbio sul perché Neville si fosse tanto innamorato di lei. Era l’equivalente
umano di un rotolo alla cannella5 ed il suo amico era sempre stato
un tipo parecchio goloso.
Doveva
smetterla di fare pensieri tanto imbecilli nei momenti di panico.
«Ormai sono qui, eh?».
«Alea iacta
est6, Harry».
***
C’erano quattro persone insieme a Kingsley, quando
finalmente trovò il coraggio di bussare ed entrare. Erano tutti giovani e tutti
vestiti con completi in pelle di drago di un magenta molto scuro, tendente al
nero, con un pentacolo ricamato all’altezza del cuore. Pentacolo di Circe¸ così doveva chiamarsi, un simbolo di protezione
antico quanto la Magia stessa, l’unico, a detta di molti, capace di impedire
che la anima di quei pochi scelti andasse letteralmente in pezzi sotto il peso
della Magia Oscura che erano soliti sopportare e utilizzare. Il fatto che
fossero quattro, tre donne ed un uomo, fece accigliare Harry, che tuttavia non
disse nulla. Stando alle sue conoscenze basilari, ogni squadra era composta da
cinque membri, uno per ogni punta del pentacolo, a cui generalmente era assegnato
un ruolo specifico.
«Signori, vi presento Harry Potter» lo presentò
proprio il Ministro, facendogli cenno di accomodarsi nella sedia più vicina
alla sua, ad una distanza piuttosto evidente dai quattro. Sembrava quasi che
avesse paura di qualcosa che avrebbero potuto far loro. O che Harry avrebbe
potuto fare, nonostante fosse una possibilità alquanto improbabile. «Agente
Potter, ti presento la squadra Banshee 3: Ophelia Perderghast, esperta in
Anatomopatologia Magica7», indicò, nel dirlo, la donna seduta sulla
sinistra, con degli occhi scuri che ad Harry sembrarono stranamente familiari e
che gli sorrise, gentile, quasi avesse saputo quanto poco lui avesse capito
della sua professione. «Poi abbiamo Bartholomew Maine, Magizoologo», l’unico
uomo sorrise, allegro, dalla sua posizione alle spalle della signorina
Perderghast.
«Prego, Barry va benissimo. Mio nonno era
Bartholomew, preferisco evitare di confondermi con lui» specificò, con un fortissimo
accento americano, sventolando l’uncino che aveva alla mano sinistra come se
fosse stato una mano. Dal canto suo, Harry non voleva proprio sapere come avesse perso l’arto: suo cognato
Charlie era stato particolarmente prodigo di dettagli sulle capacità
distruttive delle varie bestie che aveva incontrato, le varie volte in cui
erano riusciti ad ubriacarlo a sufficienza.
Il Ministro non aveva apprezzato particolarmente
quell’interruzione, ma sembrò trattenersi dal rispondere a modo suo. Fosse
stato qualcun altro, ci sarebbe stata una lunga sequela di borbottii conditi da
sguardi davvero cattivi. «D’accordo,
sì, Barry Maine. Poi abbiamo la
signorina Winter Vane, Legilimens» continuò, indicando la più giovane del
gruppo, una graziosa ragazza con occhi chiarissimi e capelli di un caldo color
oro, seduta elegantemente nella sua sedia e con in mano una tazza di tè
apparentemente appartenente ad un servizio parecchio costoso.
«In effetti è parte del servizio cinese ereditato
da mia nonna, signor Potter» gli rispose, con un accento che Harry riconobbe
essere australiano, rendendolo immediatamente consapevole della capacità che
aveva inizialmente ignorato. Legilimens.
«Oh, noto che ha delle conoscenze in Occlumanzia! Com’è eccitante!» squittì
ancora lei, quando lui si sbrigò a rialzare le difese come il compianto Severus
Piton aveva tentato di insegnarli, ai tempi della scuola. Diversamente da
Piton, però, lei sembrava particolarmente entusiasta di aver trovato una minima
resistenza, non c’erano stati commenti riguardo la sua fragilità.
«Mi piace tenere i miei pensieri per me» fu tutto
ciò che le disse, stringendosi nelle spalle e sforzandosi di non farsi
incantare dalle fossette che le erano apparse sulle guance quando aveva
sorriso. Lui era fidanzato con Ginny Weasley, non c’era dettaglio adorabile che
fosse paragonabile alle caratteristiche deliziose della sua – Merlino volendo –
futura moglie. Conscio di dover ancora
conoscere l’ultimo membro, Harry si voltò nella sua direzione, osservandola con
attenzione. «Mentre lei è… Katie?».
Katie Bell, i capelli biondi raccolti in una coda
alta proprio come ai tempi della scuola ed i grandi occhi verdi pieni di
divertimento, lo osservava dall’angolo all’estrema destra, braccia incrociate
al petto e l’espressione di qualcuno che aveva atteso con impazienza di essere
finalmente riconosciuto. «Sei diventato grande, Harry» gli disse, sorridendo
più di prima. «Prima che tu lo chieda, sì,
ero già nella squadra ai tempi della Guerra ma non potevo certo venire a
raccontartelo. E no, non puoi sapere qual è la mia capacità, il Ministro ha
concordato nel mantenere il segreto».
Ecco, quella specificazione non gli piacque
proprio per niente. «Perché non posso saperlo? E come facevi a sapere che te
l’avrei chiesto? Anche tu sei una Legilimens?» domandò, vagamente risentito,
osservandola come se avesse appena tentato di pugnalarlo alle spalle. La gioia
nell’aver incontrato nuovamente una vecchia amica era stata violentemente
risucchiata nel dubbio. O nella paranoia.
Era già parte delle Banshee ai tempi della guerra, l’avevano mandata per
controllare lui e gli altri membri dell’ES? «Katie, io…».
«Oh, per tutte le cavallette» sospirò la signorina
Vane, lasciando levitare la tazza di tè davanti a lei per poter allargare le
braccia con aria esasperata. «Katie, ti avevamo detto di evitare affermazioni
colme di mistero, lo sai che mettono le persone sulla difensiva. Hai fatto
preoccupare il signor Potter» rimproverò la collega, senza perdere il tono
gentile ma suonando tuttavia autoritaria. Si voltò verso di lui, subito dopo,
cercando di apparire conciliante. «Non si preoccupi, caro, non è per una
questione personale che Katie non può spiegarle le sue capacità, ma per la sua
stessa sicurezza. Preferiamo non diffondere queste informazioni, ma lei ne sarà
messo al corrente nel momento opportuno. E, per rispondere alla sua domanda, sì, Katie era stata inviata per aiutare l’Esercito di Silente, così come
molti altri nostri agenti, infiltrati nell’Ordine della Fenice e fra altri
ribelli. Non crede anche lei che sia ovvio?
Era un conflitto pericolosissimo per la pace mondiale, naturalmente siamo intervenuti
insieme a tutti voi».
L’ovvietà di quel ragionamento fece sentire Harry
un idiota. «Sì, ecco… ma perché nessuno se n’è mai accordo? Facevo parte di
entrambe le Resistenze, tuttavia non mi sembra di aver mai notato qualcuno di
voi» fece notare, stringendo per un istante le labbra in una fedelissima
imitazione della Professoressa McGranitt contrariata.
«Nessuno deve vederci, nessuno deve conoscerci. È
la politica del nostro Ordine, signor Potter» gli disse Maine, stringendosi
nelle spalle. «Se tutti sapessero, allora nessuno cercherebbe di risolvere i
problemi con le proprie forze e sarebbe il caos. Noi interveniamo palesemente
solo in casi di estrema necessità e temo che questo lo sia».
A quel punto fu il Ministro a riprendere la
parola, schiarendosi la voce. «Come i nostri ospiti mi stavano dicendo prima
che arrivassi, Harry, qualcuno ha ricercato tutti
i Mangiamorte che si erano recati in esilio volontario dopo la guerra, li hanno
radunati in un castello sperduto nel cuore della selva boema, dove li hanno
uccisi tutti» iniziò a spiegare,
facendo poi un cenno alla signorina Vane, che annuì.
Dal canto suo, Harry era ancora abbastanza confuso
da non avere la più pallida idea di come reagire. In che senso li avevano
ricercati ed uccisi? Tutti? Tutti i Mangiamorte erano stati sterminati? Chi era
stato? Perché?
«Sono domande perfettamente legittime, caro» gli
rispose Winter Vane, l’espressione pacifica del volto angelico inquinata da un
accenno di preoccupazione. «E siamo qui proprio per tentare di dare una
risposta. Per adesso sappiamo che tutti i Mangiamorte fuggiti, nessuno escluso,
sono stati rintracciati, rapiti e… beh, sottoposti a pena capitale. È stato un
vero e proprio massacro, li hanno trucidati dal primo all’ultimo, senza utilizzare l’Avada Kedavra»
continuò, sospirando con evidente preoccupazione. «Erano almeno cinquanta
persone, fra uomini, donne e anche bambini. Nella scena del delitto non sono
state ritrovate tracce di alcun genere, se non…» si voltò verso Miss
Penderghast, facendole cenno di continuare. Lei, però, scosse il capo, evitando
momentaneamente la domanda.
«È stato un vero e proprio massacro, sono state
utilizzate anche armi babbane allo scopo di aumentare la sofferenza e la paura
delle vittime» continuò la donna dagli occhi scuri, con una smorfia. «Abbiamo
trovato resti animali che fanno pensare all’utilizzo di incantesimi e creature
che non venivano disturbate da anni,
signor Potter, ed il tutto si è svolto in modo metodico, come se fosse stato
pianificato così da portarli tutti allo stremo e costringerli a subire ogni
singola angheria. Volevano torturarli, come… come una vendetta».
«Potrebbe essere l’azione di un lupo solitario?»
si informò l’Auror, sinceramente preoccupato, raddrizzando le spalle ed
assumendo l’espressione che quattro anni di servizio avevano forgiato con
particolare efficienza. «Magari un parente di vittime di guerra, qualcuno
rimasto così turbato da aver perso la concezione di bene e male. Molte persone
hanno perso la testa, finito lo scontro».
E lui ne
aveva incontrati molti durante le due o tre volte che aveva accettato di
recarsi dallo psicologo.
Fu Katie a rispondergli, con un sospiro. «No, era
un lavoro troppo metodico, troppo… minuzioso. C’è uno scopo, un modello alla
base. Qualcuno con a disposizione una tale conoscenza magica avrebbe potuto
rintracciare i Mangiamorte impenitenti o, addirittura, presentarsi direttamente
ad Azkaban, piuttosto che rifarsi sui pentiti. Oltretutto, anche coloro che non
sono andati in esilio hanno iniziato a sparire, sono rimasti in pochi ad avere
ancora la propria libertà».
Il pensiero di Harry fuggì immediatamente a Malfoy
e ad i suoi genitori. Loro erano fuggiti, significava forse che…?
«Anche i genitori del Signor Malfoy sono stati
trovati morti, caro» gli rispose Miss Vane, con tono desolato. «In questo
preciso momento, l’ultimo membro della nostra squadra lo sta portando qui, per
metterlo sotto la nostra protezione. Lui è uno dei pochi membri del circolo
ristretto di Lord Voldemort ad essere ancora in vita, abbiamo bisogno delle sue
conoscenze per cercare di capire».
«Capire cosa?».
«Capire chi sta vendicando Voldemort, Potter» si intromise Maine, con un sospiro, guardandolo
come se fosse stato un povero idiota. «Stanno colpendo i traditori del Signore
Oscuro, utilizzato magia talmente spaventosa che nessuno, prima, aveva osato utilizzare. Si tratta di qualcuno ben
più potente di quanto il tuo vecchio nemico sia mai stato, qualcuno
intenzionato ad onorare la sua memoria, di cui noi non conosciamo l’identità o
lo scopo reale». Ophelia gli lanciò
uno sguardo ammonitore, quando lo vide allontanarsi dal muro con fare
battagliero, rimettendolo al suo posto. «Una volta eliminati i Mangiamorte
traditori, quanto credi ci vorrà prima che questa cosa venga a cercare te, Potter?».
Quelle parole, per una ragione sconosciuta, fecero
accigliare Harry, rendendogli chiaro il motivo della sua presenza in quel
luogo. «Voi non volete il mio aiuto» esalò, sentendo un moto d’irritazione
crescere dalla bocca del suo stomaco fino a diffondersi per tutto il resto del
suo corpo. «Voi siete qui per proteggermi».
La risata di Maine fece schizzare alle stelle la
sua rabbia. «E pensare che tu l’avevi definito tardo, Katie! Ha afferrato il concetto ben prima del previsto».
«Barry,
piantala» intervenne nuovamente Ophelia, sinceramente arrabbiata. Quando si
voltò verso Harry, c’era esasperazione nei suoi occhi. «Scusalo, gli piace
spingere le persone al limite, è il motivo per cui ha perso la mano» gli disse,
cercando di suonare conciliante. «Siamo qui per proteggerti, ma anche perché
abbiamo bisogno anche di te. Sei stato un Horcrux, potresti conoscere dei
dettagli a noi non sconosciuti».
«Oh, per tutte le cavallette», l’esclamazione di
Winter Vane li fece tutti voltare nella sua direzione, trovandola a labbra
strette e preoccupata. «Credo che l’ultimo membro della nostra squadra sia
arrivato» spiegò, lanciando un’occhiata carica d’urgenza agli altri compagni ed
al Ministro. «Signor Potter, credo sia meglio che lei torni a sedersi. La sua
reazione potrebbe essere… violenta».
Harry, che non si era neppure reso conto di essere
balzato in piedi, ubbidì solo grazie al modo gentile con cui lei aveva fatto
quella richiesta. L’ansia, improvvisamente, esplose nel suo stomaco, facendogli
aumentare i battiti cardiaci. Perché erano tutti tanto preoccupati? Chi era il quinto membro della squadra?
Si trattava di qualcuno contro cui lui aveva combattuto? Uno dei Mangiamorte
fuggitivi che erano scampati al Tribunale?
«Scusate il ritardo, Malfoy ha avuto qualche
problema con la sua nausea».
Per un momento, Harry Potter pensò d’essere
impazzito. Era impossibile che
davanti a lui fosse apparsa Hermione Granger, la migliore amica che aveva
ritenuto morta negli ultimi due anni. Era impossibile
che fosse lei.
«Hermione?».
L’immagine di Mary Dursley che gli leggeva uno
specifico brano biblico gli tornò improvvisamente in mente, facendogli tremare
le ginocchia.
«Ciao, Harry».
Lazzaro
era risorto.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e
bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook!
Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Harry Potter è
diventato incapace di stringere rapporti lavorativi, ormai è lo spauracchio del
suo ufficio e si rifiuta categoricamente di procedere con le visite dallo
psicologo. Quanto gravi saranno i danni che l’apparente morte e resurrezione di
Hermione gli causeranno?
Punti importanti:
» 1
– Nonostante il sogno del capitolo precedente sia stato ben più che
chiaro, il buonsenso di Harry lo ha convinto che fosse stato solo frutto della
sua fervida immaginazione. Crede davvero che esista un altro Horcrux? Forse, ma
preferirebbe morire piuttosto che ammetterlo.
» 2
– Toccare legno, gesto scaramantico inglese che corrisponde al nostro toccare
ferro.
» 3
– Perché Ginny è irlandese? Prova n. 1, i capelli rossi. Prova n. 2, Prewett è
un cognome irlandese. Ergo, Molly Weasley è irlandese, quindi i suoi figli lo
sono per metà.
» 4
- Tribunale Speciale creato per giudicare i colpevoli della seconda
guerra magica, ispirato liberamente al Tribunale di Norimberga e simili. Sono
stati giudicati tutti i Mangiamorte, molti dei quali sono finiti ad Azkaban per
il resto della loro vita.
» 5
– Per chi li conoscesse: cinnammon rolls. Il termine viene ormai utilizzato per
indicare persone particolarmente dolci e gentili, in contrapposizione ai
cosiddetti sinnamon rolls (da sin,
peccato), che indicano persone peccaminose ma che si fanno comunque adorare.
» 6
– Locuzione latina che viene fatta risalire a Giulio Cesare al momento del
passaggio del Rubicone (io ADORO Giulietto mio) e che viene tradotta con “il
dado è tratto”.
» 7 – Questo
nome complicato indica un’esperta in malattie magiche. Ha un po’ il ruolo di un
medico legale, anche se più specifico. Nessuno di voi ha mai visto Bones? E sì,
Ophelia è imparentata con Harry, motivo per cui lui sembra ricordare gli occhi
della donna.
»
Katie Bell, ritorna uno dei personaggi della saga. Avrà un ruolo fondamentale,
già alla fine del prossimo capitolo dovrebbe iniziare a dimostrarlo ;)
Grazie mille a tutti
coloro che hanno letto, spero davvero di aver stuzzicato la vostra attenzione e
che continuerete a seguirmi!
A lunedì prossimo con
l’aggiornamento!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie