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Autore: _hell_inside_    16/01/2017    0 recensioni
"Le lame fendevano l’aria, la aprivano in due, prima di squarciare la carne degli innocenti. Gli ordini dei centurioni risuonavano secchi e truci nella notte, e il rumore di centinaia di armature e sandali chiodati battevano sulla terra del villaggio e delle capanne, mentre si mischiavano agli urli di chi stava venendo bruciato vivo nelle proprie case. Qualcuno pregava che la Dea li salvasse, ma quella notte, era cieca, bendata e oppressa dal dolore, esattamente come lo era il suo popolo. "
L'oppressione romana in Britannia, bardi, sacerdotesse, druidi, guerrieri e clan. Una storia d'amore e una guerra che sembra impossibile vincere
(Cambiamento di titolo: prima era "Resistono i frammenti")
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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CAPITOLO DIECI
 

L’alba aveva scoperto il villaggio ancora intontito, alcuni uomini guidati da Owain e Idwal accatastavano la legna per la pira funebre, ma la maggior parte del clan non aveva ancora realizzato di essere senza un capo e, per una volta, nel cuore di quei forti e coraggiosi guerrieri, comparve la paura del futuro.

-Cosa succederà ora?- chiese Gwen a Arlinna, intenta a allattare la figlia

-Si farà il funerale, la puzza di bruciato entrerà in tutte le capanne e i canti accompagneranno l’anima di Aengus attraverso il ponte di spade e poi si sceglierà un nuovo capoclan- rispose senza troppi pensieri la donna, aveva perso suo padre, capoclan prima di Aengus, che aveva appena otto estati, aveva imparato a tirare con l’arco e sapeva cavarsela con la spada, nonostante la trovasse pesante e i suoi movimenti fossero impacciati, solo per proteggere la sua famiglia. Per dieci estati era stata la colonna di quella casa, per dieci estati aveva protetto sua sorella senza che questa venisse a sapere che proprio Arlinna, così delicata e sempre dedita ai saperi femminili, nascondesse in realtà un animo di lupa. Dopo dieci estati a proteggere, finalmente, aveva potuto passare il testimone alla sorella, si era assicurata lei stessa che la piccola Lexyy imparasse a duellare; poi aveva accettato il corteggiamento e la proposta di matrimonio di Idwal, del quale era in realtà innamorata fin dalla tenera età, aveva finalmente buttato l’arco in una cassapanca e si era lasciata proteggere.

-I romani dico, cosa succederà?-

-Ci attaccheranno, di nuovo. Forse più volte, mineranno i nostri animi. E a primavera forse andremo, andranno, in guerra. Forse perderemo, forse vinceremo, ma a quale prezzo? Quanti morti o feriti? Quante mogli vedove e quanti figli orfani? Quante giovani spose lasciate sole? Quante pire funebri e quanti uomini tornati nelle proprie case sopra uno scudo? In nome di cosa poi? Per essere soggiogati ai loro vili dei stranieri? No, no… Prima di essere sottomessa, resa schiava, toglierò la vita a mia figlia e poi rivolgerò il coltello verso di me- le ultime parole le aveva quasi sussurrate, con le lacrime agli occhi e lo sguardo perso nel vuoto.

-Non è ancora detto che i romani ci conquisteranno-

-Oh, Gwen… Hanno ucciso quasi tutti i druidi e le sacerdotesse e i bardi. Resistiamo solo pochi villaggi, per lo più molti divorati dalle lotte tra clan, la nostra fine è segnata-

-Oppure è solo l’inizio-

 

-Denna? Credo debba essere tu a farlo- Idwal passò la torcia infuocata all’anziana vedova, la quale parve risvegliarsi dalla specie di trance in cui era. Afferrò la torcia e a grandi passi raggiunse la pira dove riposava il corpo del marito.

-Ti ho amato molto, molto più di quanto io ti abbia mai dimostrato. Forse non ti ho reso felice come avresti voluto, ma sei sempre stato l’unico uomo al quale io abbia permesso di entrare nel mio cuore. E riposerai per sempre lì, staremo insieme in eterno. Ora aspettami sotto i meli dell’Oltretomba, ci rivedremo- nessuno udì quelle parole trasportate via dal vento, poi incendiò la pira.

 

Roedd pobl a marchogodd hon ddaear llaith

blanced o rostir grug

Eu bod yn ddynion a oedd yn byw ger ein bron

had planhigion hyn

bod yn rhy fuan anghofio ein gwreiddiau

Ac maent eisiau rhedeg i unlle

 

Il bardo aveva iniziato a cantare quella che all’inizio pareva solo una lenta nenia, quasi una ninnananna che verso dopo verso andava a aumentare il suo ritmo. E aumentava anche chi a bassa voce accompagnava il canto, e con esso, l’anima di Aengus attraverso il ponte di spade

ei fod yn y gwynt sy'n dod â'r lleisiau

sibrwd tawel

bron neidiau nentydd

hwiangerdd bell

sy'n ennyn cof

nad yw'n appease y syched o gyddfau tynhau lwch amser

 

Ormai cantavano tutti, le voci si mischiavano, alte, nel cielo terso del mattino. C’erano gli uomini che con il pugno stretto sul cuore cantavano come si cantano le odi degli eroi e le donne, più sommesse, che cantavano come se cantassero una ninnananna ai figli. E il bardo, abile tessitore, che le intrecciava.

nid yw dynion

heddiw

ond mae'n Spectra*

 

Il canto terminò, possente, e, con esso, nell’Oltretomba anche il cammino del capoclan era giunto alla sua fine

 

-Silenzio! Abbiamo perso il nostro capoclan, l’altra notte. So che il periodo di lutto non è ancora terminato e non ci sono eredi che possano vantare una vendetta per lui…- la voce di Owain il fabbro tuonò nella capanna centrale, dove vi erano riuniti in assemblea tutti gli uomini del clan

-C’è Gwyn ap Neb- lo interruppe Myrddin –è suo nipote-

-Nipote adottivo- lo corresse Guth, uno degli anziani

-Lo ha preso in casa come un figlio!- insistette il maestro di spada

-Solo perché suo padre era un vigliacco-

-Mio padre non era un vigliacco!- urlò Gwyn alzandosi in piedi –Mio padre era un guerriero, come tutti voi-

-Tuo padre era un vile assassino-

-Mio padre non era un assassino!-

-Guth ap Trestain, bastardo! Calmatevi o un bagno nel fiume lo farà per voi- Owain si mise in mezzo ai due –Se avete da ridire sulla buona memoria di Mynyddmab fatelo fuori da questa sala-

I due si sedettero guardandosi in cagnesco, mentre lo sguardo di tutti gli uomini era puntato su di loro

-Desidererei andare avanti. Non ha eredi diretti, va bene Myrddin up Gyllad?- chiese guardandolo sorridere compiaciuto –Ci serve un capoclan: l’inverno sta arrivando e con esso i romani, ne abbiamo avuto un assaggio l’altra notte di cosa sono capaci di fare. Chi vuole prendere il posto di Aengus ap Tighearnach?-

-Io, Idwal figlio di Urien, figlio di Tighearnach- il gigante si alzò in piedi incontrando solo il silenzio del reso dell’assemblea

-Ti sfido per questa carica, io Owain figlio di Llewellyn- i due fissarono gli altri uomini invitandoli a una decisione.

-Per Idwal?- chiese la voce di Aodh rimasta in sordina fino a quel momento. Le prime mani si alzarono caute e timorose e il boscaiolo sorrise vedendo tra esse la presenza degli amici di sempre -18, 19… diciannove per Idwal. Per Owain?- altre mani si alzarono, questa volta subito più decise -17… 18… diciannove, abbiamo…-

La porta si aprì facendo comparire una figura femminile che zoppicava lievemente. Gwen.

-Venti per Idwal- tre parole per scatenare il putiferio

-È una donna! Non può essere ammesso il voto di una donna! Non in un’assemblea!- le voci di molti uomini si unirono in un’unica

-Ho combattuto accanto a voi, l’altra notte. La vostra stessa battaglia. Io ero al vostro fianco, se posso rischiare la vita come voi, posso anche votare come voi-

-Gwen ha ragione, penso che in questo caso il suo voto, anche se di donna, possa valere. Idwal figlio di Urien è il nostro nuovo capoclan- le parole di Owain sciolsero l’assemblea, e quella fu la prima volta che una donna della sua stirpe avrebbe cambiato le sorti di una civiltà.

 

-Io però ti avevo chiesto di restare in casa- la voce di Gwyn era poco di più che un sospiro –Lo sai che rischi di farti ancora più male se ti sforzi a camminare-

Accanto a lui, sotto le stesse coperte, Gwen alzò le spalle: -Non fa nemmeno più troppo male-

-Non potevi restare a letto?-

-Avresti lasciato vincere Owain?-

-Io non ho nulla contro il fabbro; se ho qualcosa, ho qualcosa contro suo figlio. Come pure tu- rispose pacato, mentre la fanciulla si perse a guardare il soffitto –Cosa c’è?-

-Nulla- lui si girò a guardarla, aveva le lacrime agli occhi

-Ehi…- Gwyn la strinse a se lasciandola piangere –Dimmi tutto-

-Glyn… lui… mi ha violentata. Probabilmente era ubriaco, quando sono tornata a casa, la notte di Samahin. Ha chiesto di parlarmi, mi ha trascinato sul retro della casa e ho sentito le sue mani scendere sulle mie cosce, alzare il vestito. Ero terrorizzata, non riuscivo a muovermi, non si è nemmeno preoccupato di tenermi ferma, ci pensavo già io. Solo quando l’ho sentito slacciarsi le braghe ho capito tutto, ho cercato di divincolarmi, ma mi ha bloccato con il suo corpo… Io, avrei dovuto reagire prima… Non ce l’ho fatta, alla fine mi sono arresa, scappare sarebbe stato impossibile, l’ho lasciato fare… solo poi sono fuggita- piangeva a dirotto, anche se poteva essere la donna più forte di tutto il villaggio, in quel momento sembrava una bambina spaventata. Con un dito Gwyn le asciugò le lacrime e poi si chinò a baciarla –Adesso non mi vorrai più, vero?-

-E perché non dovrei?-

-Insomma, non sono più pura… Quindi a meno che tu non voglia usare solo il mio corpo…-

-Piccolina mia…- lui la baciò sulla fronte –Vieni qui- Gwen gli si accoccolò contro

-Io ti voglio, così come sei. Ti voglio in ogni senso possibile-

Lentamente, fece scivolare la mano sul suo seno, lei non gliela bloccò. Le accarezzò i fianchi, la pancia, scese fino al bacino e all’interno coscia e poi si fermò a cercare un suo consenso. Gwen annuì e lui le baciò le labbra, il collo… La spogliò delicatamente ma con una certa urgenza del vestito e della sottoveste, lasciandola nuda sotto di se. Scese con le sue labbra fino ai seni prosperosi, mentre il suo respiro diventava sempre più affannoso.

-Gwyn…- tornò a baciarle le labbra mentre lei lo spogliava della camicia, lasciando vagare le sue mani sul suo petto e sulla sua schiena. Senza abbandonare le labbra di lei, lui scese con le dita fino a toccarla in mezzo alle gambe, dapprima con dolcezza, poi sempre più senza freni che li fermassero. Lei ormai aveva il respiro corto, scoprendo un piacere mai provato prima.

Sempre dopo aver cercato il consenso di Gwen, Gwyn la penetrò con le dita. In quel momento, il corpo di lei iniziò a tremare dal piacere, spingendo il suo bacino contro le dita di lui.

-Vorrei fare l’amore con te…- le sussurrò all’orecchio

-Va bene, facciamolo-

-Non devi sentirti obbligata-

-Voglio, Gwyn-

Velocemente, lui si spogliò anche delle braghe, mentre leggeva l’imbarazzo sul volto della fanciulla. La baciò, mentre la penetrava. La teneva stretta a se, sentendosi per una volta appagato anche il cuore.

Ricadde tra le sue braccia ansimante, mentre lei sorrideva… Era stato… tenero. Lui le accarezzò le guance.

-Quindi sei diventata una piccola donna?- lei rise nascondendo il viso imbarazzato nei capelli di lui, per poi crollare entrambi addormentati stretti tra le braccia dell’altro.

.
 
{*Erano genti che cavalcavano quest’umida terra, una brughiera coperta d’erica. Erano uomini vissuti prima di noi, il seme di queste piante, che troppo spesso dimenticano le radici e vogliono correre verso il nulla. È il vento che porta le voci, sommessi mormorii, quasi salti di ruscelli, una nenia lontana che invoca un ricordo, che non placa la sete di gole serrate dalla polvere del tempo. Non uomini, oggi, ma spettri –Renzo Montagnoli, traduzione in gallese
**bastardo

NOTA DELL'AUTRICE: sono viva, per vostra sfortuna. So che è cortissimo, ma è solo un capitolo di passaggio e poi ci sono un bel po' di scene che sono accadute anche nella realtà, quindi snif lacrimuccia che scende. Ovviamente ho aggiunto la traduzione del canto che ho tradotto in gallese dalla poesia meravigliosa di Renzo Montagnoli (vi invito a leggere un po' delle sue poesie). E nulla, questo è tutto
Tenebra
   
 
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