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Autore: Sydrah    16/01/2017    3 recensioni
24 Novembre 2041, Corea del Sud. L'esplosione della centrale nucleare di Hanul ha fatto sì che il governo prendesse un veloce provvedimento per impedire la diffusione dei gas tossici, e sopra la zona colpita fu posta una cupola. Al suo interno sopravvissero delle persone, gli 'eletti', dotati di abilità speciali, e tra interni ed esterni continuò a crescere un odio reciproco.
Jimin, un esterno e Jungkook, un interno, si incontrarono per caso, e tra morte e misteri la loro relazione crebbe pian piano. Sarebbe riuscita, però, ad andare oltre ai pregiudizi?
Genere: Angst, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Ciao a tutti! Prima della lettura:
1)Hanno tutti la loro età attuale
2)Si, questa storia potrebbe ricordarvi una via di mezzo tra under the dome, xmen, romeo e giulietta e ??????? un misto di roba, perché io sono pazza e mischio tutte le mie idee insieme. Non la segno come crossover perché di fatto non è un crossover, ma è solo un po’ ispirata ad esse. Se a qualcuno da’ fastidio cercherò di rimediare ^^
La storia si costruirà poco a poco (LA DEVO ANCORA SCRIVERE TUTTA AHAHAHHAHAAH voglio morire) per questo i capitoli saranno postati MOOOOOOOOOOOOLTO lentamente ;w; perdonatemi. Prometto che cercherò di postare almeno una volta al mese.
Detto questo, buona lettura. Se avete dubbi non esitate a chiedere. Se volete piangere insieme a me sulla Jikook, vi attendo a braccia aperte.
Fatemi sapere cosa ne pensate! :3 i vostri pareri mi motivano a scrivere di più.
Sydrah~
 
 
 
 
 
 
 
 
-"Era l'anno 2041.
Il mondo era cambiato poco a poco e le tecnologie non si erano fatte pregare per avanzare. La Terra stava vivendo un impensabile periodo di pace, dopo che era stata colpita dalla Terza Guerra Mondiale.
Molto alleanze si erano rotte, e il sottile filo che teneva intatto l'equilibrio del mondo si era spezzato, creando il caos.
Russia e Stati Uniti erano ancora una volta le maggiori potenza che si scontrarono, cercando compagne per portare alla vittoria la propria fazione.
Attacchi di stato, stragi, avevano seminato la desolazione sul sempre più distrutto pianeta, il cui grido di dolore si faceva sempre più forte.
Fortunatamente la guerra terminò, lasciando dietro di sé una lunga scia di morte e odio. 
La popolazione si riprese lentamente, non poteva fare altrimenti, e un nuovo e florido apriva le sue porte, pronto ad accogliere innovazioni e felicità.
Filó tutto liscio  fino a quando, nel 24 novembre 2041, un'altra catastrofe avvenne. Chernobyl e Fukushima si ripeterono ancora una volta, ma qualcosa di nuovo accadde.
 
Seoul, capitale della Corea del Sud, era una giornata tranquilla, e mai nessuno si sarebbe aspettato che invece avrebbe portato ad un cambiamento irreversibile.
Nella centrale nucleare di Hanul si verificò  un danneggiamento nelle apparecchiature, che portò  all'esplosione dell'intero stabile.
Per anni si discusse se la catastrofe fosse effettivamente 'casuale' e 'un incidente' come le autorità proclamarono,  o se fosse tutto avvenuto per un motivo ben preciso, per un malato esperimento dei potenti, che avevano fatto il passo più lungo della loro gamba pensando di avere tutto sotto controllo. 
Sta di fatto che subito il governo si attivó, e decise che era necessario la zona venisse subito messa in quarantena, impedendo la diffusione dei gas tossici.
Fu questo il punto che suscitò  più rabbia e scalpore verso ‘l'alto': come fu possibile che gli scienziati avessero già trovato una soluzione per impedire che i gas fossero trasportati dall'aria senza sapere che un avvenimento del genere sarebbe accaduto?.
 Beh, sta di fatto che la popolazione fu messa a tacere, e nel giro di un paio di mesi le persone smisero di farsi domande, anche quelle che persero i loro cari in questo disastro. La zona fu chiusa da una cupola, costruita con leghe altamente resistenti, alcuni materiali utilizzati furono per esempio acciai whiskers, diamante e carbonio.
 La cupola fu tenuta coperta, impedendo alla popolazione al di fuori di essa di vedere cosa stesse accadendo al suo interno. Certo, questo metodo fu molto criticato, perché come ogni decisione aveva dei pregi e dei difetti.
 Grazie a questa cupola, che permise di bloccare la diffusione dei gas, tutta la popolazione rimasta all'esterno di essa sopravvisse, senza essere minimamente infettata o danneggiata, mentre quelli al suo interno perirono. 
Una realtà molto cruda, sì.
 
Il governo cercó di mostrare ovviamente di più i lati positivi, esaltando le favolose proprietà di questa cupola, che oltre a salvare l'80% della popolazione, una percentuale decisamente elevata, avrebbe addirittura permesso, col tempo, di purificare l'aria all'interno di essa, permettendo in un futuro di liberare nuovamente la zona.
Per anni la cupola rimase coperta, almeno, rimase coperta ai comuni cittadini, e avvicinarsi ad essa era proibito, tantomeno cercare di scalfirla, cosa impossibile, per entrarvi e trovare il cadavere di un caro ormai perso.
Ovviamente, però, per 'l'alto' non vigevano gli stessi divieti. Molti esperimenti furono condotti, e tutti furono tenuti segreti per moltissimi anni.
Si pensava che all'interno della cupola tutti fossero morti, ma ben presto anche la popolazione scoprí che non era così.
Una minima parte delle persone al suo interno riuscirono a sopravvivere, chiamati 'i pochi eletti', oppure semplicemente 'mutanti'. Il loro DNA, per riuscire a sopravvivere, si modificó, e gli eletti iniziarono a mostrare delle abilità.
La cupola fu scoperta solo nel 2061, ben venti anni dopo, e la reazione della popolazione fu per nulla positiva.
 Per anni, dopo che era stato confessato che all'interno vi erano sopravvissuti e che essi avevano mostrato delle abilità speciali, i media iniziarono a diffamare questi eletti, descrivendoli come persone ostili, pericolose e infette.
Negli 'esterni' crebbe un odio profondo ed ingiustificato verso i così detti 'mostri' e chiaramente questo odio era reciprocato.
Gli interni rimasero chiaramente più arretrati tecnologicamente, ma col passare degli anni si creó una vera e propria città all'interno della cupola.
L'alto cercó  chiaramente di sfruttare queste abilità, sottoponendo gli eletti a torture ed esperimenti disumani, che  accrebbero il loro astio.
Anche i mutanti trovarono un modo per uscire dalla cupola, compiendo massacri e distruggendo tutti gli spazi adiacenti alla cupola.
Il governo riuscì a placare gli attacchi, ma chiaramente per molti anni la visione che gli interni ed esterni avevano erano reciprocamente di odio, disgusto e disprezzo.
Fu emanata una legge inalienabile, secondo cui nessun esterno né  interno avrebbe MAI  più dovuto oltrepassare la cupola, per poter mantenere la pace, e così tutte le possibili entrate furono chiuse.
Chiaramente era una pace finta, con un'atmosfera terribile di sottofondo, ma da allora non ci furono più notizie di avvenimenti legati alla cupola.
La società al suo interno si fortificó sempre più e, seppure anche all'interno di essa si progredì, fu ovvio che le popolazioni  interne ed esterne avrebbero mostrato differenze sostanziali.
All'esterno la tecnologia, all'interno la 'magia'.
 
I 'mostri' vengono ancora definiti tutt’ora tali, e le famiglie leggono ai loro figli storie dove i lupi cattivi sono loro, e gli esterni sono tutti poveri cappuccetto rosso indifesi, e questo non aiutò sicuramente a migliorare i pregiudizi.
'Non guardare'  'smettila di sorridergli'  'sono mostri' 'non ti avvicinare' sono frasi molto comuni da sentire vicino ai margini della cupola, dove le differenze diventano ben visibili.
La paura, sì, la paura fu la causa di tutto questo. Paura del male subito, paura del diverso. E la paura è  ciò che ci rende, però, anche così tanto uguali"
 
*driiiiiiiiiiiiiin* 
 
-"Ragazzi, aspettate! Volevo solo concludere" disse il professore, allontanandosi dalla proiezione delle immagini "Per questo motivo- ah per carità, Jackson, rimani un attimo ancora seduto- per questo motivo non bisogna avere pregiudizi, perché tutti gli uomini, TUTTI, provano paura. Okay okay, va bene, potete andare, ci vediamo la prossima settimana".
 
Riposi nella borsa tutti i miei libri e quaderni per poi chiuderla  e metterla in spalle, dirigendomi  verso l'uscita dove Taehyung mi stava aspettando 
 
-"Sbrigati Jiminie!"
 
-"Arrivo arrivo. Aishh, sempre ad avere fretta"
 
Era l'ultima lezione della giornata, ci dirigemmo quindi fuori la struttura per andare nell'ala dei dormitori. 
Era una giornata primaverile, e la dolce brezza carezzava la pelle baciata dal sole. 
 
-"Non trovi sia incredibile??" Mi girai verso Tae  (il mio disgraziato migliore amico-mi domando tutt'ora come lo fosse diventato dal momento che, durante il nostro primo incontro, mi rovesció il suo 'tè  al gelsomino prego, non è  un tè  qualsiasi' addosso-ma beh...)
 
-"Che cosa?"
 
-"Beh, che tutto questo sia accaduto a mala pena una cinquantina di anni fa!"
 
-"Tae, cinquanta anni fa sono comunque cinquanta anni fa"
 
-"Ma se ci pensi in cinquanta anni sono successe tantissime cose!"
 
-"Anche in un anno succedono tantissime cose"
 
-"Jimin! Non è  questo il punto! È  che non avevo mai sentito esattamente come fosse andata la storia, quindi scusa se ho trovato questo corso illuminante" Alzai le sopracciglia 
 
-"Per la tua felicità questo corso durerà altre troppe lezioni. Lezioni inutili per di più"
 
-"Come puoi essere così disinvolto?! È  l'avvenimento contemporaneo più importante che sia successo a livello globale, che ha completamente stravolto il mondo, e tu consideri delle lezioni su di esso inutili??" Spalancò gli occhi e mi guardò con uno sguardo accusatorio, puntandomi il suo indice contro
 
-"Mi sono utili per trovare un lavoro e sopravvivere? Hmmm, no" Sbuffó e finse di essere indignato
 
-"Se la pensi così allora puoi continuare a seguire i tuoi noiosissimi corsi di giurisprudenza"
 
-"Lo farò, non ti preoccupare. E quando per sbaglio ucciderai una persona con la tua 'medicina' vai a cercarti un'altro avvocato, che magari sappia raccontarti tutto il disastro di Hanul cantando" Tae scoppió a ridere e mi tiró un pugno  (fin troppo forte) sulla spalla
 
-"Mi dispiace deluderti, ma non uccideró nessuno, nessuno a parte te per lo meno" Mi misi anche io a ridere questa volta, borbottando un 'come no'.
 
-"Comunque davvero, Jiminie, non sei curioso degli interni? Continuó il discorso non appena le risate si dissolsero, alzando la testa verso l'alto e mettendo la mano davanti agli occhi per impedire che i raggi del sole lo colpissero.
 
-"Non saprei...sarei curioso, ma è  meglio tenersi fuori dai casini, mi spiego? È  ancora una questione troppo recente, e ci sono troppe cose ancora tenute nascoste e...meno ci finisci in mezzo meglio è "  tenni lo sguardo dritto di fronte a me, ancora un paio di metri e saremmo arrivati ai dormitori. 
Tae annuí soltanto, dopotutto era lui lo spirito libero e creativo tra noi due, quello che voleva conoscere, che voleva l'avventura.
Io ero sempre stato quello tranquillo, quello più timido, quello che cercava la normalità. Ma cos'era la normalità a conti fatti?
La mia famiglia aveva sempre avuto una mentalità molto chiusa, e inevitabilmente ero cresciuto con molti stereotipi e pregiudizi in testa.
Essendo abbastanza benestante avrei dovuto scegliere anche io una buona carriera che mi avrebbe assicurato un posto di lavoro, e per questo decisi di fare della danza solo un hobby, ucciso dalle pressioni della mia famiglia, e intrapresi gli studi di giurisprudenza.
Me lo ricordo ancora, il loro volto sorridente quando glielo dissi, quanto furono soddisfatti di me,al punto di arrivare a fare una festa invitando tutti i loro amico schizzinosi e altolocati.
Le mie usurate all-star, che usavo sempre per ballare, furono lasciate per diverso tempo a prendere polvere al fondo dell'armadio, quasi come per nasconderle dalla vista: 'occhi non vedono cuore non duole' si dice, e si, abbandonare un sogno fa sempre male.
Avevo iniziato a ballare quando ero piccolissimo, da quando ne ho coscienza, negli stessi anni in cui mia madre mi tirava la mano quando guardavo la cupola, dicendomi di non fissare, che lì  c'erano le persone cattive, quelle che facevano male agli esterni. E io diligentemente ascoltavo. Ho sempre ascoltato. 
Per questo partire per il college fu una liberazione. Per questo conoscere persone come Taehyung mi cambiò  la vita: perché erano persone diverse, persone che non avevano paura di fare quello che volevano, persone che sapevano ribellarsi ed essere se stesse. 
Taehyung, Hoseok e  Namjoon divennero i miei nuovi migliori amici (non che ne avessi mai davvero avuti prima-dato che fino ad allora avevo dovuto frequentare i figli viziati degli amici dei miei genitori-sempre per farli felici), ed era come se li conoscessi da tutta la mia vita.
Uscito di casa potei riprendere ad essere me stesso, a ridere, ad essere felice, a ballare  pur continuando i miei studi di legge, e potei ritenermi soddisfatto di essere finalmente libero di vivere.
Arrivati nella nostra stanza (sì, oltre a dover stare praticamente sempre con lui ero stato incastrato anche a condividere la stanza con Taehyung-e vi assicuro, era un miracolo non fosse ancora esplosa), mi distesi sul letto in modo poco aggraziato.
 
-"Hoseokie dice che tra poco arriva qui" Tae ruppe il silenzio, mentre batteva freneticamente i pollici contro lo schermo della proiezione emessa dall’orologio . Io mi limitai ad emettere un suono, per fargli comprendere che avevo sentito
 
-"Dice di non addormentarti perché vuole andare al bar dove Namjoon lavora...Jimin...JIMIN" Mi scosse il braccio e io voltai la mia testa nella sua direzione, lanciandogli un'occhiataccia e dicendo qualcosa di molto simile a 'ma ho sonno' che purtroppo diventò un 'hmpf'.
 
-"Avrai tutto il tempo da morto per dormire hyung! Ora alzati" Mi schiacció col suo peso per immobilizzarmi  prima di iniziare a farmi il solletico. Mi dimenai senza alcun successo, prima di arrenderm. 
 
-"Okay okay! Va bene, come vuoi!" 
 
-"Vivi un po' Jimin! Sono due mesi che non metti piede fuori dal college. Sei sempre chiuso qui a studiare, e il tuo massimo di camminata è  dal tuo letto alla lavanderia dietro l'angolo"
 
-"Non è  vero!" Esclamai offeso "Arrivo fino all'ala est dove ci sono tutte le aule, tsk" Taehyung  giró  gli occhi al cielo, prima di aiutarmi ad alzare tirandomi per i polsi.
 
-"Sei anche dimagrito! Non ci credo che ti perdo d'occhio per un attimo e guarda in che condizioni ti riduci"
 
-"Grazie dottore, ora puoi anche smetterla di farmi la ramanzina dal momento che sono più grande!"
 
Per mia fortuna in quell'istante arrivó  Hoseok, che ci salutó con un sorriso smagliante.
Per mia sfortuna, invece, non aspettó due secondi prima di trascinarci fuori.
Effettivamente era un mese se non di più che non uscivo dal college, e l'asfalto sotto i  mie piedi, non appena varcammo la soglia, mi parve quasi sconosciuto.
Era più di un mese che non avevo contatti sociali col mondo esterno (non che ne avessi bisogno, le uniche persone a cui parlavo quotidianamente  erano sempre con me), ed era più di un mese che non contattavo la mia famiglia.
'Poco importa' mi dissi, fino a quando non chiamavano loro significava che la questione non era ancora grave, e poi erano molto propensi ed entusiasti al lasciarmi studiare in pace. 
Eravamo per strada verso il bar, quando una strana sensazione percosse il mio corpo.
Era una sensazione indescrivibile, non generata da fattori esterni, quasi come un sesto senso.
Era come se l'aria che intorno a me mi stesse sussurrando qualcosa, e sapevo che quel giorno sarebbe successo qualcosa di diverso.
Mi guardai intorno, ma non c'era nulla, nessuno. Cercai di non pensare a quella sensazione ed andai avanti.
Il bar dove lavorava Namjoon era situato vicino al confine con la cupola, e nonostante la zona non fosse troppo apprezzata per ovvi motivi, il bar era sempre molto popolato.
Tae mi ingozzó di diversi tipi di torte (devi rimetterti in salute Jimin!), e rimanemmo lì  fino alla fine del turno di Namjoon.
Si fece quasi sera, il cielo era ancora chiaro essendo primavera, e a quel punto tornammo indietro, percorrendo una strada diversa rispetto all'andata, una strada più vicina alla cupola.
Stavo parlando tranquillamente con gli altri quando quella sensazione mi colpì  di nuovo, e una voce nel mia mente disse 'girati!', e io mi girai.
Mi girai,e guardai dove i miei genitori mi avevano sempre impedito di guardare, guardai verso il posto che aveva sempre solleticato la mia curiosità, per la quale avevo ricevuto numerosi rimproveri.
E  voltarmi in quel momento, in quell'esatto giorno, mese, anno fu un errore terribile.
Seduto sotto un albero al margine interno della cupola c'era un ragazzo, che con occhi arrotondati e con una venatura di innocenza stava guardando fuori.
Alzò  lo sguardo, e per un breve intenso istante i nostri sguardi si incontrarono. I suoi infantili occhi da cerbiatto assunsero  un'aria più minacciosa, un misto tra rabbia e paura, la quale generava più rabbia. Distolsi subito lo sguardo, spaventato.
Quello....quello era un'interno...
Certo, non era il primo che avevo visto in tutta la mia vita. No, ne avevo visti diversi, ma era il primo che mi ero soffermato a guardare.
Gli altri li avevo sempre solo intravisti, terrorizzato dal rivolgergli le mie attenzioni, dopotutto erano dei mostri...e se mi avessero fatto del male? Erano mostri, mostri! Non dovevo guardarli.
Eppure, quel ragazzo seduto, non mi era sembrato un mostro.
Il suo viso era tondo, simbolo ancora di giovinezza, ma con una mascella ben definita da invidiare, la quale sott’intendeva che la pubertà lo aveva già colpito da tempo. Le labbra erano sottili e rosee, e gli occhi di un intenso color cioccolato. I capelli erano castani e leggermente scompigliati, il fisico asciutto, nascosto da vestiti abbastanza larghi.
Il suo aspetto poteva sembrare intimidatorio, ma allo stesso tempo innocente: era seduto con le ginocchia strette al petto, le braccia le stringevano e le mani erano celate dalle maniche della felpa.
Era così...innocente, così umano. Ma quello sguardo era tutt'altro che amichevole. Era ostile, era spaventato. Era lo sguardo di una persona che vorrebbe essere libera, ma che sa di non poterlo essere.
Era lo sguardo di un ragazzo, e io non potei fare a meno di distoglierlo. Perché avevo paura, e sapevo era sbagliato.
  
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