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Autore: Julie Darkeh    17/01/2017    1 recensioni
Eleanor Cole, una giovane canadese appassionata di arte e di libri, si ritrova catapultata in un nuovo ambiente quando arriva a Londra dal padre che non vede da due anni. La sua scomoda situazione familiare non l'aiuta a trovare coraggio per affrontare un intero anno nell'umida Inghilterra e l'incontro con Valentin Virtanen, personaggio tenebroso e dall'oscuro passato della William Blake Art School, sconvolgerà tutto. Nella nuova vita di Eleanor c'è anche Gwen Berry, ex ragazza di Valentin, la quale non ha bei rapporti con quest'ultimo, ma lo tiene sott'occhio insieme alla nuova arrivata sin da subito. Inoltre al caos si aggiunge Stacie Peters, direttrice del giornalino scolastico, una ficcanaso combina guai fiancheggiata dai suoi fidati soci Ralph e Melanie. Insieme trovano sempre un modo per creare scompigli con i loro articoli di gossip e dai quali non è facile scamparvi.
Una storia che comincia come tante, ma che finisce come poche.
Intrecci, misteri da svelare, bugie e amori imperfetti.
Questa è "Baciata dalla luna".
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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5 - Gwen







Non so perché accettai l'invito, ma un pomeriggio andai con Caroline ad un bar poco lontano da casa. Voleva passare del tempo sola con me e siccome aveva la giornata libera (mentre invece mio papà sarebbe tornato tardi da lavoro), voleva chiacchierare un po' con me. Non ci capitava di parlare spesso, così lei mi propose di uscire per un caffè.
Quando entrai in quel piccolo bar mi avvolse un intenso profumo di brioche al cioccolato appena sfornate e mi sentii a mio agio in quel calore. L'ambiente, nonostante fosse un po' ridotto, era molto accogliente e i tavoli e le sedie in legno erano davvero graziosi.

- Ci sediamo qui? - mi chiese Caroline indicandomi un tavolo accanto all'unica vetrina del bar. Io annuii e mi sedetti di fronte a lei togliendomi la giacca, per poi appenderla sullo schienale della mia sedia.

- Di cosa mi vuoi parlare? - le domandai poggiando i gomiti sulla superficie lignea del tavolino e incrociai le braccia.

- Volevo chiederti un po' di cose - mi confessò la donna. - Ad esempio come sta proseguendo la scuola, se hai delle amiche, se ti stai abituando a questa città... - mi fece un elenco delle sue curiosità ed io portai lo sguardo a terra.

Da dove potevo cominciare? Dal fatto che preferivo Ottawa a Londra o dal fatto che a scuola mi sentivo sotto pressione da diverse persone? Non sapevo neanche se avrei risposto a quelle domande. Non mi sentivo ancora pronta per aprirmi a Caroline, nonostante abitassi nella sua stessa casa da circa tre settimane, ma in fondo sentivo che forse avrei dovuto fare un tentativo.

- Vuoi la verità? - chiesi rialzando lo sguardo.
La donna annuì sorridendomi e guardandomi con i suoi grandi occhi nocciola contornati da leggere linee di espressione. Quella sua tipica aria dolce mi faceva sentire al sicuro, libera di dire qualsiasi cosa senza la paura di essere giudicata, eppure dentro di me non ero ancora del tutto convinta di parlare di me e della mia vita. Alla fine, però, decisi di buttarmi come al solito.

- All'inizio mi sembrava che sarebbe stato abbastanza facile integrarmi nella nuova scuola, invece quell'istituto è pieno di gente matta - dissi cominciando a gesticolare guardando Caroline in faccia. A volte distoglievo l'attenzione su di lei guardando altrove, poi ritornavo al suo volto.

- In una scuola d'arte non mi sembra strano che ci siano studenti particolari - espresse la sua opinione la donna e in quel momento ci interruppe un cameriere chiedendoci cosa volessimo ordinare. Io scelsi un cappuccino, Caroline preferì un caffè macchiato e una brioche alla crema.

- Alcuni sono più che particolari - ripresi il discorso quando il cameriere si allontanò dal nostro tavolo e Caroline mi guardò storta, senza capire.

- Spiegami - mi incitò la donna. Gettai un respiro pensando che stavo per parlare di tre persone spesso presenti nella mia testa in quel periodo: Stacie, Victor e Valentin. Sperai di non pentirmene in futuro.

- Ho fatto amicizia con una ragazza del terzo anno che si chiama Stacie e dirige il giornalino scolastico - cominciai a raccontare. - Ma mi sto ricredendo in lei - dissi con un tocco di delusione in voce.

- Perchè?

- Sa parlare solo di pettegolezzi, del suo giornale e vuole pubblicare qualcosa su di me a tutti i costi, anche se io le ho detto più volte di lasciar perdere - continuai con il mio racconto e Caroline sembrava presa dal mio discorso. Mi faceva piacere vedere che le interessava davvero ascoltarmi.

- Che prepotente! - esclamò lei. - Cosa vorrebbe scrivere di te di tanto urgente? - mi chiese infine curiosa.

- Vuole far credere a tutti che io ed un ragazzo potremmo essere una coppia, ma è una cosa così assurda!

- Chi è questo tipo? - mi chiese Caroline, sempre più presa.

- Si chiama Valentin, è un finlandese del quinto anno con un oscuro carattere, dicono - risposi introducendo un nuovo personaggio nel nostro dialogo.

- E perché tu e lui potreste essere una coppia? C'è qualcosa tra voi?

- Assolutamente no! - esclamai, convinta, ma il mio petto cominciò ad animarsi. - Insomma, non è proprio il mio genere di ragazzo - dissi calmando un poco il mio tono di voce. - E poi penso ancora al mio ex - aggiunsi infine, proponendomi successivamente la forma del sorriso di Andrew davanti agli occhi. Sospirai per la mancanza di lui che sentivo, ma non volli pensarci troppo.

- Penso a troppe persone ultimamente - dissi riprendendo a parlare. - Tra cui c'è anche Victor, un ragazzo a cui piaccio e che mi assilla ogni giorno! - feci finalmente il nome della terza persona che mi toccava sopportare a scuola in quel periodo.

- Ti assilla? - ripeté Caroline le mie ultime parole sotto forma di domanda.

- Sì, tutti i giorni mi chiede se voglio uscire con lui e mi saluta più di due volte a mattina!

- Oh mamma...

- E poi qualcosa mi dice che piaccio anche a Valentin, come sostengono Stacie e i suoi colleghi giornalisti - dissi arricchendo di gossip le mie rivelazioni, ma ero soltanto confusa nei miei pensieri un'altra volta.

- Vedo che fai conquiste in poco tempo, tu - osservò Caroline guardandomi con malizia, ma io scoppiai a ridere ironicamente.

- Ma cosa ci trovano in me? Sono solo una ragazza normale che si veste nel modo più semplice del mondo, sono chiusa in me stessa e ultimamente rispondo male a chiunque - feci l'elenco delle caratteristiche del mio modo d'essere non perfetto, a mio parere.

- Però sei bellissima - mi fece notare la donna ed io arrossii, anche se non condividevo la sua opinione. Per me una ragazza bionda e con gli occhi azzurri non è mai stata sinonimo di bellezza. Chiunque può essere bello, ma io non mi ci sentivo spesso. In me prevalevano le insicurezze e a volte mi dimenticavo di ciò che ero io fuori. Non ho mai dato troppa importanza all'aspetto esteriore di qualcuno o di qualcosa.
Dopo qualche breve minuto, un cappuccino, un caffè macchiato e una brioche alla crema giunsero al nostro tavolo e il loro dolce profumo mi inebriò le narici. Ci volevano proprio quelle piccole coccole. Avvolsi la tazza calda con le mani e vi soffiai dentro per raffreddare il cappuccino, poi ne bevvi un piccolo sorso. In quel momento, vidi da dietro la vetrina la ragazza rossa della scuola che beccavo qualche volta a fissarmi nei corridoi. Era con due amiche che non avevo mai visto prima e tutte e tre le ragazze avanzavano ridendo tra loro verso il bar. Sperai che fossero solo di passaggio e che una volta essere giunte di fronte alla caffetteria fossero andate oltre, invece sgranai gli occhi appena vidi Gwen spingere la porta in vetro. Suonò il campanellino sopra di essa, come quando io e Caroline entrammo poco prima.

- Oh, no - dissi a bassa voce mettendomi una mano sulla faccia e strizzando gli occhi.

- Che c'è? - mi chiese Caroline aggrottando la fronte.
Avevo dimenticato che anche Gwen rientrava in quel gruppo di persone che si divertivano ad affollare la mia mente. I suoi sguardi a scuola mi mettevano a disagio e non mi andava di essere fissata da lei anche quel pomeriggio al bar.
Con una mano feci segno a Caroline di avvicinarsi ed io mi chinai leggermente sul tavolo stando ben attenta a non urtare la tazza di cappuccino.

- Quella ragazza rossa che è appena entrata frequenta la mia stessa scuola - bisbigliai alla donna e lei si girò verso Gwen per guardarla. Mi risistemai con la schiena dritta sulla sedia e continuai a bere adagio il liquido caldo.

- Anche lei è una di quelle persone che tu definisci "particolari"?

Annuii a quella domanda di Caroline e lei continuò a squadrarla mentre la rossa si sedette ad un tavolo con le sue amiche.

- Bello stile! - esclamò a bassa voce. - Ma che ha di strano, a parte il look? - mi chiese infine notando il suo capello nero a tesa larga, la giacca di pelle color prugna, la maglietta di una band a me sconosciuta, la gonna corta a vita alta, le calze scure e un paio di scarpe nere dalla suola imponente.
Mi voltai verso Gwen e, come a scuola, la beccai fissarmi. Bene, si era accorta della mia presenza. Sbuffai quando riportai lo sguardo su Caroline.

- Mi fissa, come adesso - risposi alla sua domanda e lei le lanciò un'altra occhiata.

- Credo che stia parlando di te con le sue amiche - mi disse indicando le tre ragazze con un pollice mentre masticava un boccone di brioche. Una goccia di crema le macchiò il mento e lei si ripulì con un tovagliolo.
Mi voltai nuovamente verso Gwen e notai che anche le altre due, una mora e una bionda, mi lanciavano occhiate mentre condividevano qualche commento. Ma cosa avranno avuto di tanto importante da commentare? Cosa stava dicendo Gwen a loro?

- Non capisco cosa voglia da me, quella rossa - dissi scuotendo la testa.

- Secondo me è invidiosa!

- Di cosa? - chiesi ridacchiando.- Semmai sono io che dovrei invidiare lei! - esclamai considerando il suo look unico e da ammirare.

- Ma per favore, Ellie – Caroline mi prese per una scema. - Quella ragazza avrà sicuramente qualcosa contro di te - mi suggerì la donna.
Q

ualcosa contro di me? Non riuscivo a capire, ma ad un tratto mi tornò in testa quella scena in cui chiesi a Stacie chi fosse quella ragazza e lei mi disse che non solo era in classe con Valentin Virtanen, ma che era persino una sua ex.

- Forse ho capito - dissi collegando le notizie con i fatti. - Non credo che sia invidiosa di me, più che altro penso che sia gelosa!

- Perché?

- Poco fa ti ho nominato Valentin, il ragazzo dall'oscuro carattere - dissi rimettendo nel discorso Virtanen. - Sai, lui e Gwen, la rossa, sono stati insieme - rivelai a Caroline e lei sorrise maliziosamente.

- Ah beh, ora si capisce tutto!

Mi misi a ridere portando una mano sulla bocca, ma non ero poi così sicura che Gwen fosse gelosa del fatto che Valentin, apparentemente, mi corresse dietro. Non ero sicura di nulla, mi basavo solo su ipotesi ed incertezze, come sempre, ma se ci avessi visto bene quella volta? Volevo tanto esserne convinta.
Fu davvero un pomeriggio strano, quello. Insolito, ma piacevole. Non avrei mai creduto che parlare apertamente con Caroline mi facesse sentire bene, eppure quel giorno dovetti ricredermi. Lei aveva quella grande capacità di far sentire a proprio agio le persone. Per un paio d'ore la sentii come un'amica.

E pensare che la prima volta che la vidi avevo paura di lei!
Durante il tragitto a piedi, dopo aver abbandonato il bar sotto gli occhi di Gwen e delle sue amiche, Caroline volle parlare di mio padre, ma io non mi soffermai a lungo sull'argomento. Mi irritava ancora pensare a lui e parlare del mio trasferimento a Londra. Dissi che abituarmi al nuovo ambiente era ancora un po' faticoso per me e che mi mancavano molto i miei amici. Ammisi che mi mancava anche litigare con mamma, per poi fare pace con una sera in pizzeria o sul divano con del sushi ordinato al negozio in fondo alla strada.
Vedere mamma e gli amici animarsi sullo schermo del mio computer mi rattristava ogni volta, ma Caroline mi ricordò che la mia permanenza in Inghilterra, anche se dopo molto tempo, avrebbe avuto comunque una fine.

Una fine che io, giorno dopo giorno, attendevo sempre con più impazienza.
Durante la camminata verso casa, il mio buon umore diminuì gradualmente ad ogni passo che feci. Un po' per i ricordi e un po' per il pensiero che, una volta arrivata in camera, avrei dovuto cominciare a studiare.


    * * *

    Quando Valentin incrociò per la prima volta il mio sguardo a pranzo, mi stranii nel vederlo guardarmi con quell'espressione così dura e cupa, come se gli avessi fatto o detto qualcosa di sbagliato che io non ricordavo. Riprese a leggere il suo libro dalla copertina verde e morse la mela rossa del giorno, eppure lui stesso mi aveva invitato a salutarlo il dì precedente. Perché era lui, quella volta, a non scuotere la mano o a mimarmi con le labbra un piccolo "ciao"?

    - Oggi Valentin è incazzato, a quanto pare - disse Stacie masticando una forchettata di pasta. - Piede tamburellato senza sosta a terra, sguardo spento, bocca serrata… - elencò le caratteristiche del ragazzo osservandolo mentre leggeva al suo tavolo. Solo, come ogni giorno.
    Chissà con chi ce l'avesse, mi chiesi. Pensai addirittura che fosse arrabbiato con me, ma non sapevo per quale motivo.

    - Cosa sarà successo secondo te? - chiesi alla piccola giornalista.

    - Non saprei, quel ragazzo è così lunatico che cambia umore quando meno te l'aspetti - mi rispose lei. - E non si sa quasi mai cosa gli passa per la testa - aggiunse infine, ed io tornai a fissare Valentin. Per quanto volessi stargli alla larga, allo stesso tempo tendevo sempre ad appiccicare i miei occhi su di lui. Vederlo così cupo ed agitato mi rendeva ansiosa e preoccupata; due o tre volte interruppe la sua lettura per lanciarmi uno sguardo né salutandomi né sorridendomi. Rimaneva impassibile, bloccato per un paio di secondi a trafiggermi il petto con i suoi occhi verdi per poi continuare a leggere. Non capivo. Mi stava forse mettendo alla prova? Avrei dovuto salutarlo io per prima? Per quanto fossi un pò tentata a farlo, decisi di non salutarlo e di fallire quella presunta prova. Magari mi sbagliavo, non esisteva nessun esperimento. Valentin era arrabbiato per motivi solo a lui conosciuti, io non c'entravo niente. O almeno, era quello che mi conveniva pensare.

    - Mi guarda male e non capisco perché - mi lamentai.

    - Non preoccuparti, quando ha la luna storta guarda male tutti - cercò di tranquillizzarmi Stacie, ma non ci riuscì del tutto. Una parte di me era sempre convinta che dietro a quello strano comportamento di Valentin ci fossi io. Ad un tratto, notai che lui si alzò prima della campanella di fine pranzo, buttò ciò che rimase della mela in un cestino ed uscì dalla mensa con il suo libro sottobraccio e una mano intenta a prendere il pacchetto di sigarette dalla tasca della sua giacca. Trovavo curioso il fatto che indossasse la giacca durante la pausa pranzo, come se nascondesse qualcosa di prezioso dentro le sue tasche. Forse il tesoro erano proprio le sigarette.

    Sperai che andasse a fumare in cortile e non dentro la scuola, altrimenti qualche professore l'avrebbe rimproverato com'era successo il primo giorno di scuola. Non volevo che si creasse un trambusto come quella volta.

    * * *

    - Ehi Ellie, ho cominciato a scriverti la poesia! - mi annunciò Victor con euforia quando suonò l'ultima campanella della giornata. Stavo riponendo le matite colorate nell'astuccio e il mio disegno in una cartelletta di plastica.

    - Bene, ma spero che non abbia una fine - gli risposi acidamente come, ormai, mi stavo abituando a fare.

    - Oh che dolce, ne vuoi una che sia interminabile?

    - No, una che possa essere interrotta e mai più scritta - lo corressi e finii di preparare tutto per uscire dalla classe e andare in macchina, ma Victor mi si piazzò davanti.

    - Detesto quando mi rispondi male - mi disse lui, ma io lo scansai e mi diressi verso la porta.

    - Io invece detesto quando mi parli, ciao! - lo liquidai in quel modo. Per fortuna, Vic mi lasciò andare e ringraziai il cielo per quello. Di tanto in tanto, mi voltavo per vedere se Victor era dietro di me, ma ogni volta non lo vedevo. Menomale.
    Arrivata alla mia macchina, mi guardai intorno. Non ero più in cerca di Victor, ma di Valentin. Avevo la curiosità di sapere dove fosse. La sua macchina era ancora parcheggiata al solito posto, ma lui non c'era, così postai lo sguardo sull'entrata della scuola e fu lì che vidi Valentin fumare una sigaretta, la quinta o addirittura la sesta del giorno, probabilmente.
    Mi appoggiai con un fianco sulla mia macchina e presi il cellulare dalla tasca dei jeans per far finta di scrivere un messaggio. In realtà stavo studiando il comportamento di quello strano ragazzo che, giorno dopo giorno, nonostante la mia volontà di stargli lontano, mi incuriosiva sempre di più. Muovevo il pollice sullo schermo del telefonino per imitare la digitazione di un testo e, di tanto in tanto, lanciavo occhiate a Valentin. Stava poggiato con la schiena sul muro grigio, una mano in tasca e una che portava la sigaretta alla bocca. Il suo sguardo scrutava il cielo, come se stesse cercando qualcosa tra le nuvole, poi si abbassò al suolo, a fissare qualche sasso o qualche esile filo d'erba che cresceva tra gli spazi che dividevano le mattonelle in pietra.
    Mi sentii cadere lo stomaco in un vuoto quando Valentin si accorse di me. I suoi occhi mi facevano sempre lo stesso effetto e lo detestavo. Esigevo più autocontrollo da me stessa, ma a volte mi era difficile tenere ben salde le redini.

E Valentin mi guardò due, tre e quattro volte, tutte senza salutarmi o farmi qualche cenno.

Continuavo a non capire. Fu in quel momento che feci una delle mie stupidaggini più grandi di tutta la mia vita: quando Valentin mi guardò ancora una volta, pensando che ormai avesse capito che il cellulare nelle mie mani fosse tutta una copertura, io alzai una mano per salutarlo e gli sorrisi.
Quando lui, anziché ricambiare il mio saluto, si staccò dal muro e camminò verso la sua macchina, io riabbassai la mano vergognandomi. Cosa avevo fatto? Salutarlo, da quel che capii, fu un grandissimo sbaglio, eppure io non ci vedevo nulla di male in un “ciao”.

- E' inutile che lo saluti, quando è incazzato non caga mai nessuno - sentii una voce femminile e intuii che, chiunque avesse appena parlato, si stesse riferendo a me. Mi voltai alla mia destra e vidi Gwen a due metri dal mio corpo. Deglutii non appena la riconobbi.

- La mia intenzione non era quella di disturbarlo, anzi - dissi riponendo il cellulare nella tasca dei jeans.

- Tranquilla, prima o poi ti rivolgerà comunque la parola - mi garantì Gwen sorridendomi. Le sue labbra rosse a carnose erano ancora più belle quando lei sorrideva.

- Può anche non parlarmi, non mi faccio problemi - risposi mettendomi in posizione eretta staccandomi dalla macchina. - Volevo solo salutarlo, dato che ieri mi ha detto che gli farebbe piacere un mio saluto.
A quella frase, Gwen ridacchiò divertita e si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio.

- E' sempre il solito - disse lei. - Prima fa il carino e il giorno dopo fa come se non esistessi, è tipico di lui - continuò Gwen a parlarmi di Valentin.

- Perché fa così? - le chiesi, curiosa, sicura che lei mi avrebbe risposto.

- Se riuscirai a farci amicizia, te lo dirà direttamente lui - mi suggerì la rossa facendomi rimanere nel mistero. Piegai la testa da un lato e aggrottai le sopracciglia.

- Tu lo sai, vero ?- le chiesi.

- Conosco Valentin molto bene, ma è meglio se non ti racconto altro - disse Gwen incrociando le braccia al petto. - Non mi piace dire in giro fatti personali di altra gente, lo trovo scorretto - mi confessò ed io le diedi ragione nonostante volessi conoscere il motivo per cui Valentin avesse quel comportamento.

- Capisco, allora non insisto - mi arresi.

- Comunque io sono Gwen - si presentò lei porgendomi una mano dalle dita piene di anelli ed io la strinsi.

- Lo so, me l'ha detto Stacie Peters.

- Anch'io so come ti chiami, ma pensavo che presentarsi fosse più formale che conoscersi attraverso altra gente - mi disse lei con un altro dei suoi teneri sorrisi.
Pensai che quella ragazza fosse di un'educazione esemplare e faceva piacere avere davanti una persona così controllata e di buone maniere.

- Lo trovo giusto - concordai il suo parere e le nostri mani si staccarono.
- Comunque ti do un consiglio, stai attenta a Stacie Peters - mi avvertì agitando un dito in aria.

- Perché dovrei? - chiesi, preoccupata.

- Farebbe di tutto per trovare un grande scoop per il giornale, non raccontarle niente di te - mi consigliò infine indietreggiando di qualche passo.

- Farò attenzione - le assicurai. - Grazie.

- Non dirle che ti ho parlato, altrimenti scrive anche questo sul giornale - scherzò Gwen ridendo e mi contagiò con la sua risata.

La ragazza tirò fuori dalla tasca della giacca di pelle un pacchetto di sigarette, ne sfilò una e l'accese.

- Ne vuoi una anche tu? Ho il pacchetto pieno - mi offrì Gwen, ma io scossi la testa.

- No grazie, non fumo.

- Ah, capisco - annuì lei e ripose l'accendino in tasca. - Indovina chi mi ha fatto cominciare?

Non mi ci volle molto per capire, poiché il suo sorriso amaro seppe parlare da solo. Sorrisi anch'io quando intuii che stesse parlando di Valentin e in un lampo mi tornò in mente quella volta che cercò di far cominciare anche me; infine mi salutò ed io la ricambiai con un cenno di mano.
Non credevo che Gwen fosse simpatica. O almeno, quella era l'impressione che mi dette in quel momento. Avrei dovuto dirle e chiederle altre cose, ad esempio: perché mi fissava ogni volta che capitavamo nello stesso corridoio? Cosa disse alle sue amiche il pomeriggio precedente al bar?

Se non fosse stato per Valentin e per la mia curiosità di sapere qualcosa su di lui, quelle domande mi sarebbero sicuramente uscite di bocca.
E Stacie? Era davvero così incontenibile in fatto di gossip e notizie interessanti? Un po' l'avevo notato anch'io, ma dopo l'avvertimento di Gwen decisi di stare più attenta e di non confidarmi più con la piccola giornalista. Sapevo già che rischiavo di finire sul primo numero del giornale che sarebbe uscito ad ottobre e non volevo peggiorare le cose.

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I'M STILL ALIVE!

Buondì a tutti, scusate la mia lunga assenza ma tra feste e robe varie non ho più avuto l'occasione di postare il nuovo capitolo, ma finalmente eccolo qui.

Questo episodio è incentrato su Gwen  e finalmente la vediamo in azione. E' un po' misteriosa, non trovate? Nasconde tanti segreti  e se siete curiosi di scoprirli, bé... non vi resta che attendere i nuovi capitoli ;)

Per Ellie è un periodo piuttosto incasinato, come vi avevo anticipato la scorsa volta. Intorno a lei ronzano un po' di persone, ognuna di loro con qualcosa che più in là vi stupirà. Pareri su Vic, Val, Gwen e altri personaggi?

Vi ringrazio per essere arrivati fin qua, ci saranno tantiiissime altre cose da scoprire, sia belle che brutte, perciò... STAY TUNED. 

Kisses and heartgrams, 

Julie Darkeh.


   
 
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