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Autore: Echocide    18/01/2017    2 recensioni
Una piccola raccolta di missing moments dedicata alla serie 'Quantum Universe'.
01. Come Adrien e Rafael si conobbero...
A pelle, sentiva proprio che quella sarebbe stata una persona da tenere alla larga: troppo sicuro di sé, troppo sfrontato, troppo…tutto.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Scene
Personaggi: Un po' tutti
Genere: slice of life, generale
Rating: G
Avvertimenti: oneshot, what if...?, raccolta
Wordcount: 1.423 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo appuntamento di 'Scene' e con il primo vero balzo cronologico di questa raccolta perché...beh, con questo capitolo si torna all'inizio: L'incontro va, cronologicamente, quasi subito dopo la miniraccolta 'In the rain' e precedente agli altri capitoli di questa raccolta (io vi avevo avvisato, nel primo capitolo, che sarebbe potuta succedere un qualcosa del genere). Ancora una volta si torna a parlare di kwami e, più precisamente, di Tikki e Plagg.
E adesso una piccola info sul luogo ove si svolgerà la scena: il museo Rodin ha come protagonista indiscusso Auguste Rodin, scultore parigino vissuto a cavallo fra il 1800 e il 1900; qui è esposta una collezione unica delle sue opere e quelle da lui collezionate.
Il museo, inoltre, si trova in uno dei meravigliosi palazzi del raffinato Fauborg St-Germain, l’Hotel Biron, dove Rodin trascorse gli ultimi anni di vita.
Detto ciò, come sempre, voglio ringraziarvi per i commenti ai precedenti capitoli (a cui, non appena la sessione invernale mi darà tregua, risponderò), grazie a chi legge solamente (se avete voglia, lasciatemi un commentino, sarei felice di sapere se questa raccolta piace oppure no), a chi inserisce la storia in una delle sue liste (e inserisce me in quella degli autori preferiti) e...
Beh,semplicemente grazie!



«Comportati bene.»
Quelle due parole fece levare uno sbuffo infastidito dal kwami nero che, braccia conserte, scoccò un’occhiata all’umano: «Io mi comporto sempre bene.» dichiarò Plagg, imbronciandosi e guardando dritto davanti a sé: «Sono un fiore di educazione.»
«Tu parli sempre a sproposito, sei volgare e…» il biondo si fermò, prendendosi il setto nasale fra le dita e scuotendo il capo: «Preferisco non pensare a cosa fai quando mangi troppo camembert.»
«Quello è un naturale processo del corpo.»
«Quello è puzza.»
«Quanto sei delicato…» il kwami sbuffò nuovamente, guardando davanti a sé: «Dove stiamo andando?»
«Al Museo Rodin.» rispose immediatamente Adrien, portandosi una mano al volto e grattandosi impacciato il naso: «La professoressa d’arte ci ha dato come compito quello di fare una specie di scheda su un’opera a nostra scelta e Marinette ha pensato ad alcune opere di quel museo.»
«Non il Louvre?»
«Tutti vanno al Louvre.» sentenziò Adrien, costeggiando la grande macchia verde che costituiva il parco ove sorgeva il museo in questione; svoltò in una stradina e subito notò il cartellone rosso che indicava l’entrata all’edificio e, appoggiata al muro vicino a questo, c’era lei.
Marinette teneva lo sguardo basso, le mani strette attorno alla cinghia della borsetta che portava sempre con lei e le labbra che si muovevano piano, quasi stesse chiacchierando con qualcuno.
La sua kwami.
Si portò una mano all’altezza del cuore, stringendo la maglia scura e respirando piano: il cuore gli batteva furioso nel petto, mentre il suo intero corpo era preso in una morsa poiché, da una parte, voleva scappare il più lontano possibile ma, dall’altra, voleva raggiungere velocemente la ragazza.
«Abbiamo messo radici?» commentò sarcastico Plagg, sbuffando rumorosamente: «Ci diamo una mossa?»
«S-sì.» mormorò il ragazzo, riprendendo a camminare con lo sguardo fisso sulla moretta: notò quando lei alzò la testa e lo vide, quando le guance assunsero una tinta rossa e lo sguardo celeste si calamitò nuovamente verso il basso.
Da quando stavano assieme – sempre se Adrien poteva considerare loro due come una coppia – Marinette aveva di nuovo assunto quegli atteggiamenti timidi che aveva avuto all’inizio con lui: adesso sapeva il perché di quel comportamento, delle frasi sconclusionate che la compagna gli rivolgeva sempre e che lui si divertiva a interpretare…
Non l’aveva mai detto a nessuno, ma mettere a posto le parole, nei discorsi che Marinette gli rivolgeva, era sempre stato fonte di divertimento, senza contare che aveva sempre trovato tenero quell’atteggiamento: «Ciao.» mormorò, fermandosi davanti a lei e notando gli occhi celesti risalire lungo la sua figura.
Cosa vedeva Marinette in lui?
Come lo guardava adesso che sapeva?
Era sempre e solo Adrien per lei, oppure c’era anche Chat in ciò che aveva davanti?
«Cioa. No, volevo dire ciao.»
«E’ tanto che aspetti?»
La mora scosse il capo, sorridendogli: «N-no, sono appena arrivata anch’io.»
Ok, forse non era come un tempo: riusciva a parlargli, con qualche impedimento, ma per ora aveva dovuto anagrammare una parola soltanto.
«Entriamo?» propose, ricambiando il sorriso e indicando l’entrata al museo con un cenno del capo, ricevendo un cenno affermativo da parte della ragazza.


«Mi hai stupito.» sentenziò Adrien, sedendosi su una delle panchine poste nei pressi della fontana del parco del museo, voltandosi verso l’edificio e godendosi il panorama: maestosa, la struttura si ergeva su quel piccolo mare di verde: «Non avrei mai pensato che avresti scelto un’opera come quella.»
«L’uomo che cammina è una bella opera.» dichiarò la mora, assecondando la frase con un movimento deciso della testa, facendo sorridere Adrien: Marinette si trovava a suo agio con lui adesso, tanto da riuscire a parlargli normalmente.
Niente anagrammi per quel giorno.
Peccato.
«E’ un corpo nudo, neanche finito.»
«E’ volutamente non finito.» spiegò Marinette, sedendosi al suo fianco e sistemandosi composta: «Può sembrare incompleta, ma in verità Rodin ha solo voluto far risaltare il puro movimento, perché l’attenzione si concentra nell’atto di camminare e…» la ragazza si fermò, scuotendo il capo: «Scusa, ti sto annoiando.»
«Per niente!» dichiarò Adrien, sorridendole e poggiando il gomito contro il ginocchio, poi la guancia contro il pugno chiuso: «E’ bello vederti così infervorata. A differenza tua, io ci capisco poco o niente.»
Marinette ridacchiò, portandosi una mano alla bocca: «Infervorata? Non mi hai mai sentito parlare di moda, allora. Alya dice che cambio totalmente.»
«Spero ci sarà l’occasione, allora.»
«Io spero che vi decidiate a mangiare. Io ho fame!» sentenziò una voce dalla borsa del giovane e Adrien alzò gli occhi al cielo, mentre un sospiro gli usciva dalle labbra.
«E’…»
«Sì. Il mio kwami.» sentenziò Adrien, aprendo la cerniera e permettendo all’esserino nero di uscire: «Marinette, ti presento Plagg. Plagg, ti presento Marinette.»
Il kwami del Gatto nero volò fuori, dando una breve occhiata attorno a sé e, poi, si concentrò sulla ragazza: «Incantato, madamoiselle. Il mio nome è Plagg e sono deliziato di fare la tua conoscenza.»
«Sto iniziando a capire perché cambi personalità quando ti trasformi.» mormorò Marinette, mentre Plagg provava a eseguire un baciamano, prima di venir ripreso dal suo umano.
«Non è per quello.» sentenziò Adrien, scoccando un’occhiataccia allo spiritello che sembrava essere andato in trance; Adrien seguì lo sguardo dell’amico e notò la piccola kwami che faceva timidamente capolino dalla borsetta della ragazza: «E’ la tua…?»
Marinette annuì, sorridendo: «Lei è Tikki.» la presentò, mentre lo spiritello della coccinella usciva dalla borsetta e si sistemava nello spazio fra loro due: «Tikki, loro sono…»
«Oh, ma li conosco bene.» dichiarò la kwami, ridacchiando: «Adrien e Plagg, è un piacere conoscervi.»
«Anche per me.» sentenziò il ragazzo, lasciando andare la presa su Plagg e osservandolo mentre questi planava davanti alla simile: «Voi kwami vi conoscete?»
«Sì. Diciamo di sì, moccioso.» gli rispose il felino, senza staccare gli occhi di dosso alla kwami: «Ciao, Tikki.»
«Ciao, Plagg.»
«Io…»
«E’ davvero tanto tempo che non ci vediamo. Dal Settecento?»
«No, dal Quattrocento. I nostri Portatori del Settecento non si sono mai rivelati l’uno all’altra, quando avevano i gioielli.»
«Giusto.» mormorò Plagg, spostando lo sguardo verde verso il prato e annuendo con la testa.
Adrien notò lo strano comportamento del kwami e si premurò di annotarsi di fargli qualche domanda, una volta giunti a casa: anche se, era certo, l’esserino avrebbe evitato di dargli le risposte che voleva, glissando le domande con il sarcasmo e le sue mezze risposte.
«Tikki cosa mangia?»
«Biscotti.»
«Con i pezzi di cioccolata.» aggiunse la piccola kwami, sorridendo: «Quelli che fa il papà di Marinette sono buonissimi. Non è vero?»
«Sì, hai ragione.» sentenziò Adrien, trovandosi d’accordo: i dolci – e, in più larga scala, ogni prodotto della boulangerie – del signore Dupain erano favolosi.
«Plagg invece?»
«Eh?»
«Con cosa si ricarica.»
«Ah…mh…Plagg va a formaggio.»
«Ehi, mica sono una macchina, sai?» sbuffò il kwami nero, ritrovando un po’ della sua sfacciataggine e della sua lingua lunga: «Io non vado a formaggio, io sono un estimatore del camembert.»
«Camembert?»
Adrien sospirò, annuendo: «Va pazzo per il camembert. E’ malato per quel formaggio.»
«Io non sono malato, sono ossessionato. E’ differente.»
Marinette li osservò, mentre battibeccavano e ridacchiò, scuotendo il capo e facendo ondeggiare le codine: «Siete buffi.» mormorò, attirando l’attenzione di umano e kwami: «Però andate molto d’accordo, no?»
«Questo ti sembra andare d’accordo?»
«Se non fosse così, non vi prendereste in questo modo.» sentenziò la ragazza, sorridendogli: «Essere amici vuol dire anche questo, Ad-drien.»
Plagg osservò il moccioso sorridere impacciato e, in silenzio, si mise da parte e osservò i due ragazzi: «Era davvero tanto tempo, stavolta.» commentò Tikki, sedendosi accanto a lui e sorridendo ai loro umani: «Mi piacerebbe che loro avessero una vita felice.»
«Perché non ti sei mai mostrata?»
«Potrei farti la stessa domanda, Plagg.»
«Sapevi che la  tua umana era innamorata persa per Adrien, potevi…»
«Volevo che lo scoprisse – che lo scoprissero – da soli. Come è sempre stato.»
«E cosa sarebbe successo se avesse scelto quella testa di pomodoro, eh?» domandò Plagg, guardandola irato: «Non ci hai pensato, vero?»
«Questo non sarebbe mai potuto succedere, Plagg.»
«E chi te lo dice?»
«Il fatto che sono i Portatori dei nostri Miraculous? Sono destinati l’uno all’altra, come è sempre stato.»
«Bah.»
«Cosa vuol dire Bah?» sbuffò Tikki, voltandosi verso di lui e osservandolo irata: «Vecchio brontolone che non sei altro.»
«Io non sono un vecchio brontolone!»
«Oh sì, che lo sei.» dichiarò la kwami rossa, volando fino alla borsa della sua umana e nascondendosi all’interno, dopo avergli regalato una linguaccia.
«Problemi?» domandò Adrien, posando lo sguardo su Plagg  poi sulla borsetta di Marinette: «Plagg, cosa hai combinato?»
«Assolutamente nulla. Perché deve essere sempre colpa mia?»

   
 
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