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Autore: Francy_Kid    18/01/2017    3 recensioni
~ Sequel di "Masque tombé" e di "Amour masqué" ~
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L'estate sta finendo e presto i nostri eroi dovranno tornare a scuola. Papillon è stato sconfitto ed ora convive "pacificamente" con Ladybug e Chat Noir, che ha scoperto essere Marinette e Adrien, suo figlio.
Lila, dopo la sua ultima battaglia contro i due eroi parigini è riuscita a rubare il Miraculous della volpe ottenendo nuovi poteri, ma un giorno si presenterà a lei una donna nel suo bar preferito che le promette ciò che vuole: vendetta e potere.
L'italiano accetta ed i possessori si ritroveranno in una battaglia contro una creatura mai vista.
Molti segreti sulla creazione dei kwami verranno svelati e le bugie che si erano raccontate per anni cadranno.
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Aggiorno il mercoledì ^^
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The masked serie'
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Cap. 10


 

Adrien si era appena alzato, sbadigliando e trascinandosi con i piedi verso il bagno per lavarsi il viso ed i denti.

Quella mattina non aveva tempo per fare colazione, ma doveva almeno rendersi presentabile per la sua Lady, farle capire che la cena della sera precedente non l'aveva per nulla stancato.

Subito dopo aver finito di mangiare il dolce, i cinque avevano fatto uno di quei classici giochi per famiglie, dovendo indovinare il personaggio che gli altri avevano scelto per una persona facendo domande alle quali si poteva rispondere solo "sì" o "no"; successivamente, Adrien, Marinette e Tom si parcheggiarono sul divano, iniziando a giocare ai video games, ma entrambi gli uomini vennero battuti dalla ragazza, che gioiva ad ogni partita vinta.

Provò anche Gabriel a giocare, ma non era portato per questo genere di cose, come disse lui, così restò a parlare con Sabine mentre guardavano i tre divertirsi.

Solo verso mezzanotte passata, quando le acque si calmarono, lo stilista chiese a Marinette di farle vedere le sue ultime opere tanto per curiosità, aiutandola a correggere alcuni dettagli e dandole consigli utili su come migliorare lo stile di disegno e la creazione oggettiva dell'abito.

Quando i due Agreste tornarono a casa –intorno all'una di notte– Adrien non perse tempo a punzecchiare la sua ragazza, dicendole che la cena era andata molto bene e, approfittando del fatto che erano da soli nelle proprie stanze, mandarle foto di lui in varie pose a petto nudo, includendo anche Plagg che lo guardava con un'espressione disgustata; per conto suo, invece, non ricevette alcuna foto dalla sua principessa, se non un paio di normalissimi selfie con Tikki.

Parlarono fino all'una e mezza di notte, poi Marinette spense il cellulare –dopo aver augurato la buona notte sia a lui che al suo kwami– anche se Adrien continuava a mandarle messaggi, poi si arrese.

Solo alla mattina se ne pentì di questo suo "star sveglio fino a tardi per punzecchiare la sua Lady", poiché ora era distrutto e faticava a tenere gli occhi aperti.

Il ragazzo fece scorrere l'acqua fredda dal lavandino, per poi sciacquarsi il viso; appena spense l'acqua alzò lo sguardo per vedersi allo specchio, notando le scure occhiaie dovute a notti insonni trascorse a guardare anime, parlare con Marinette ed a farsi film mentali degni della sua ragazza per l'università.

«Sei uno schianto, Agreste.» sbuffò con ironia, scompigliandosi i capelli disordinati per il sonno e sistemandoseli nella sua solita pettinatura.

Quel pomeriggio avrebbe avuto un servizio fotografico; per le occhiaie c'era sempre il correttore, ma il vero problema stava nell'affrontare due ore e mezza sul set con la stanchezza attaccata alle ossa.

Sbadigliando, il biondo si asciugò il viso, tornando in camera e accorgendosi all'ultimo momento che Ladybug era seduta sul suo letto, facendo scorrere il dito sul suo cellulare.

«Questo è esattamente come iniziava uno dei miei sogni più intimi. Ti prego, My Lady, dimmi che non è un sogno ma che lo farai avverare.» disse lui, unendo le mani come una sorta di preghiera, ricevendo un'occhiata gelida da parte della sua ragazza.
«No, non è un sogno e no non lo faccio avverare -non ancora almeno-. Dobbiamo andare in carcere ad interrogare la donna della gioielleria.» spiegò, tornando a guardare il cellulare di Adrien.
«Cosa stai facendo, Principessa?» chiese curioso, avvicinandosi a lei e guardando ciò che stava facendo.
«Sto guardando le foto. Ne hai alcune che non mi hai inviato. E altre che preferivo non guardare.» aggiunse, soffermandosi a guardare un'immagine di Adrien in boxer davanti allo specchio.
«Questa te la volevo inviare ieri sera, ma tu avevi spento il cellulare.» rispose, coccolandosi esattamente come un gatto nell'incavo del collo della coccinella, annusando il suo dolce profumo.
«Allora ho fatto bene a spegnere il cellulare. Forza, trasformati e andiamo a riprendere la nostra dignità.» esclamò, spostando il biondo e alzandosi, visibilmente scocciata.
Adrien la guardò inclinando la testa. «Mestruata, Buginette?»
L'eroina si voltò, rossa in viso: «No! Sono arrabbiata!»

Marinette camminò verso la finestra da cui era entrata, saltando prima sul bordo poi sul tetto di fronte a Villa Agreste.

Il ragazzo sospirò, ordinando al suo kwami di trasformarlo e seguire così la sua Principessa irata.


 

«Signorina Caroline, ha visite.» disse l'ispettore Riencompris, facendo alzare la donna dalla sua cella e portandola nella stanza che veniva utilizzata per gli interrogatori.

Appena là donne vide Ladybug e Chat Noir, i due eroi parigini, si bloccò dalla paura, ma si sedette sulla sedia davanti alla coccinella e attese l'inizio dell'interrogatorio.

Un altro.

Anche se erano ragazzini di circa diciotto anni -e lei ne aveva quasi quaranta- non riusciva a nascondere la paura, data dal motivo per cui erano lì, e l'ammirazione che provava per loro per l'ottimo lavoro svolto nel proteggere Parigi ed i suoi abitanti.

Aveva sempre sognato di poter essere a meno di cinque metri di distanza da almeno uno di loro, ed essere nella stessa stanza con entrambi era più che un onore.

Se, però, fosse stata una situazione diversa.

«Non si deve preoccupare, vogliamo farle soltanto un paio di domande.» disse Ladybug cercando di tranquillizzarla.
«Mi sembra di star giocando al poliziotto buono ed al poliziotto cattivo.» commentò Chat, in piedi dietro alla sua partner. «Ovviamente io sono il buono, perché la mia Lady qua non è di buon umore.»

La ragazza si voltò di scatto verso il biondo, mandandogli uno sguardo glaciale.

A quel punto, Chat fece segno di una zip che percorreva la linea delle labbra, segno che sarebbe rimasto zitto.

«Caroline, noi non siamo qua per condannarla o cose così. Siamo qui per chiederle che cos'è successo realmente. Abbiamo parlato con i suoi colleghi e tutti hanno detto che lei non è una ladra, ed anch'io ci credo. Per favore, ci racconti tutto e non tralasci i minimi dettagli.»
La donna annuì, ancora agitata: «Ero stata al lavoro nel mio solito orario: dalle due del pomeriggio alle sette di sera, l'ora in cui siamo soliti chiudere e siccome si tratta di una gioielleria -di marca Agreste, per giunta- chiudiamo piuttosto presto rispetto gli altri negozi. Di solito chiudo il negozio, ma quella sera dovetti correre a casa perché mio marito mi aveva chiamata dicendomi che aveva dimenticato il gas acceso prima di uscire di casa, così chiesi alla mia collega di chiudere lei per questa volta. Poi, la mattina seguente, mi sono ritrovata la casa piena di poliziotti e tutta sottosopra perché cercavano la refurtiva che io non ho mai visto. Vi prego, voi due siete gli unici che potete credetemi.» esclamò la donna tirando su con il naso, asciugandosi le lacrime con la manica della tuta.
«Noi le crediamo Caroline, ed anche i suoi colleghi e suo marito lo fanno.» sorrise dolcemente Ladybug, stringendo una mano della donna per confortarla.
«Non ha visto nulla di strano? Una persona sospetta o una tentata effrazione recentemente?» domandò Chat Noir, in piedi poggiato al muro.
«Nessuna effrazione o tentato scasso, ma c'è stata una persona che mi ha dato dei sospetti. Una ragazza, per l'esattezza.»
«Che aspetto aveva?»
«Aveva la carnagione scura, i capelli marroni e gli occhi verdi, era alta poco meno di Chat Noir e aveva un accento straniero. Italiano, penso.» rimuginò la donna.
«Altri segni che le sono sembrati strani?»
«No, non ce ne sono altri.» rispose, cercando di ricordarsi ancora qualcosa. «Poi, non credo questo possa essere d'aiuto, ma indossava una collana della nostra gioielleria, lì per lì ho pensato che era tornata per prendere qualcos'altro, ma dava un'occhiata alla merce, spiando anche i movimenti di noi commesse e poi usciva. È stato così per due giorni, poi questo.»
«Che collana era? Se lo ricorda?»
«Sì, ha la catenella d'oro e il ciondolo a forma di coda di volpe. Fa parte della collezione "Renarde".»

Ladybug, sentendo quelle parole, guardò negli occhi il suo compagno, come a chiedergli se stava pensando alla sua stessa cosa, ricevendo un cenno positivo della testa.

«Grazie mille signora, ci è stata di molto aiuto. Le prometto che presto verrà liberata, intanto parliamo noi con il signor Riencompris per limitarle la prigionia.»
«Grazie a voi.» disse con un groppo alla gola.



 

Adrien era stanco, sia che fisicamente che mentalmente.

Mentre tornavano a casa, lui e la sua Lady non avevano parlato molto: lei stava pensando a quello che Clarisse aveva detto loro su quella strana ragazza.

Marinette aveva perino faticato a dargli il bacio dell'arrivederci poiché voleva tornare a casa per svelare quella sorta di mistero.

Personalmente, a lui non importava molto di tutta questa faccenda, soprattutto non ora che era più addormentato che altro.

Il ragazzo si lasciò cadere sul suo letto, chiudendo gli occhi pesanti, ignorando il suo kwami che gli chiedeva del Camembert.

Voleva soltanto dormire.

«Signorino Adrien.»

Il biondo aprì un occhio, notando Nathalie sulla porta, con un'espressione di pura indifferenza sul suo volto.

«Tra poco ha il servizio fotografico al a Montmartre. È meglio che ci incamminiamo siccome suo padre ha preso l'auto di servizio per andare ad un colloquio.»
«Va bene.» sbadigliò lui in risposta, dicendo alla donna che sarebbe uscito tra cinque minuti, il tempo di sistemarsi.

Dieci minuti più tardi, i due erano già fuori da Villa Agreste, camminando per le vie parigine con la luce del sole pomeridiano che splendeva su di loro.

Adrien seguiva pigramente Nathalie, non accorgendosi che erano entrati in un vicolo abbastanza stretto.

«Non mi piace questa storia.» commentò Plagg con un sussurrò. «C'è qualcosa che non va.»
«Sarà una scorciatoia. E poi non ti lamenti più per il sole.» rispose il portatore.
«Adrien, stai attento. Sento che sta per accadere qualcosa di brutto.»

Se Plagg diceva così allora c'era da crederli.

Dopotutto era una divinità quantistica, e se anche era pigro, rompiscatole ed ingordo, se avvertiva un pericolo bisognava stare allerta.

Come a far avverare le preoccupazioni del piccolo kwami, Nathalie si fermò di colpo, dando le spalle al biondo, che stava a circa cinque metti di distanza.

«Nathalie, va tutto bene?» domandò, ma quando vide la segretaria voltarsi capì che non c'era nulla che andasse bene.

La donna aveva un ghigno malefico stampato sul volto e la sclera degli occhi era di colore rosso, contrastando con il suo naturale verde acqua.

«Nathalie.»
«Dammelo ragazzo. Dammi ciò che cerco!» ringhiò lei, avvicinandosi barcollando ad Adrien.
«Adrien, ti devi trasformare!» sussurrò Plagg nella tasca della camicia.
«No, non posso rivelare la mia identità a Nathalie.» rispose a tono basso il portatore, mantenendo una posizione d'attacco, stando pronto anche per darsi alla fuga se fosse stato necessario, con le gambe flesse e le braccia alzate, per poi tornare a rivolgersi a Nathalie: «Che cosa vuoi? Che hai fatto a Nathalie?»
«Io voglio i tuoi poteri, voglio ciò che hai al dito. Voglio il tuo Miraculous, Chat Noir!»

Quella che doveva essere Nathalie si fiondò verso Adrien, che si preparò a scansarsi non appena fosse stata abbastanza vicina per schivarla, ma qualcuno gli sfrecciò affianco, fermandosi accanto alla segretaria e colpendola alla nuca, stordendola e prendendola sotto le braccia appena prima che cadesse a terra.

Il ragazzo rimase senza parole, non solo perché non l'aveva sentita arrivare, ma anche perché la donna che all'improvviso era apparsa gli ricordava qualcuno.

«Tu chi sei?» domandò, nuovamente in posizione d'attacco, anche se sapeva che se non si sarebbe trasformato non avrebbe vinto, viste le capacità di quella persona,

La donna spostò lo sguardo da Adrien al corpo senza coscienza di Nathalie che teneva tra le braccia, chinandosi verso il suo orecchio per sussurrarle qualcosa in una lingua che il bho di non aveva mai sentito.

«Te lo chiedo un'ultima volta: chi sei?»
«Non posso dirtelo, ma posso dirti che conoscevo tua madre e che tutto quello che voi sapete su di lei è falso.» rispose la donna, in piedi accanto a Nathalie.
Adrien sbiancò: «C-Cosa?»
«Tua madre non è morta, è ancora viva ed è sotto la nostra custodia.»

Il biondo si sentì improvvisamente debole, come se avesse combattuto contro trenta akuma tutti assieme, ed un senso di nausea gli serrò lo stomaco.

«C-Come è ancora viva? Mio padre ha detto che è morta in Tibet...» disse con un filo di voce, chiedendosi se quella persona l'avesse sentito.
«Vi sono state date informazioni false per impedirvi di cercarla.» riprese la donna, camminando verso di lui. «Non posso dirti molto, ma sappi solo che questa è la prima e l'ultima volta che corro in tuo aiuto.»
«Perché mi hai aiutato?» esclamò, sentendosi in collera.
«Perché le avevo fatto una promessa.»

La donna gli passò accanto, fermandosi a pochi passi da lui.

«Sarebbe davvero orgogliosa di te, Adrien.» aggiunse, poco prima che i suoi passi si mescolassero al rumore della città.

Adrien rimase pietrificato, in piedi in quel vicolo.

Spostò lo sguardo da Nathalie alle mura che lo circondavano ai lato, sentendosi schiacciare da esse.

Il ragazzo cadde sulle ginocchia, sentendo la nausea aumentare; mise una mano sulla bocca, trattenendo i conati di vomito.

«Adrien...» lo chiamò preoccupato Plagg, volando accanto al suo viso per vedere se stesse bene.

Persino il piccolo kwami rimase senza parole davanti all'espressione del suo portatore: era pallido come un cencio, gli occhi sbarrati e lucidi dalle lacrime ed il suo corpo era percorso da brividi.

Il biondo deglutì, poggiando la mano a terra e respirando affannosamente.

Si sentiva intrappolato tra quelle due mura, come se i mattoni continuassero ad avvicinarsi per schiacciarlo.

Prima credeva che sua madre fosse sparita, addossandosi una parte della colpa per la sua sparizione, poi suo padre e Master Fu che gli dissero che in verità era morta ed ora che in realtà era viva.

Tutte queste informazioni gli riempivano la testa, provocandogli un forte capogiro.

A chi doveva credere ora?


 

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La lezione di questo capitolo è: non chiedere alle donne se sono mestruate, potrebbero menarti.

Non so se provate un senso di odio per me dopo questo capitolo, anche perché non è per nulla finita qui, anzi, è appena iniziata🌚

A mercoledì prossimo con "Maestro Shifu passione medico di famiglia" :D

Bye :3

Francy_Kid

  
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