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Autore: ClaryWonderstruck    18/01/2017    2 recensioni
[ Il cielo sembrava un’estesa massa di luci vorticanti, di scie circolari che si inondavano le une sulle altre in un concatenarsi quasi eterno. Vigilavano sulla cittadina mercantile che dormiva quieta, nel silenzio della notte, accompagnando i loro sogni con il brillare delle stelle che vi si specchiavano ... ]
[ ... Marinette avrebbe potuto osservare quel dipinto per ore, per giorni, rimanendone rapita come la prima volta]
E se i dipinti di Van Gogh non fossero stati l'unica fonte di luce, quella notte ? Si sa, la luna è compagna dei felini che si aggirano in cerca di compagnia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Farfalle e ricordi  Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ 
 












Ad Adrien non era mai capitato di cercarsi il pericolo consapevolmente. Certo, non si considerava uno stinco di santo che agiva sempre con cautela, ma almeno poteva ritenersi abbastanza sveglio da capire qual era il limite che non doveva superare. Soprattutto dopo aver usato il suo cataclisma ed esser tornato nei panni del ragazzo impeccabile e certosino.
Vagare così, per le strade di un paesino abbandonato, ignorando completamente la presenza di una possibile akuma, sembrava così stupido che persino una testa calda come lui l’avrebbe capito.
Eppure fare da esca, rientrava nel contorto piano che Marinette aveva faticosamente riunito (perché lui non era stato in grado di pensare a qualcosa di concreto ed efficace).
Si sentiva leggermente in colpa per quella mancanza, così come del tempo perso ad arrovellarsi sulla vera identità di Ladybug. Malgrado ciò, non aveva potuto frenare il correre della sua fantasia sfrenata, e più i secondi passavano, più ne sentiva la completa certezza: Marinette era Ladybug.
 
Forse, inizialmente, si era convinto che certe blande somiglianze non potessero giustificare i suoi insensati dubbi, frutto di un’attrazione che l’aveva notevolmente astratto dalla realtà. Vedeva la sua lady in ogni ragazza che gli capitava a tiro, immaginando come la maschera da coccinella avrebbe incorniciato il viso di ciascuna. Era assurdo e patetico – si ripeteva.
Idealizzare una persona che aveva mostrato più volte di non ricambiare i suoi sentimenti.
 
Nonostante ciò, quando Marinette gli aveva lasciato intravedere uno spiraglio della sua vera personalità, tutte quelle domande represse tornarono ad affollargli i pensieri. E osservarla combattere, calarsi nei panni della sua lady, mossa da uno spirito che non aveva mai visto in nessun’altra ragazza, riaccese in lui il desiderio di scoprire chi si celasse dietro la supereroina.
Marinette gli sembrava la candidata ideale: forte, determinata, a tratti provocatoria, ed incredibilmente risoluta. Sì, non poteva che calzarle a pennello. Poco gli importava se durante le ore scolastiche sembrava sempre sul punto di crollare, costantemente a disagio quando si trovava nei paraggi.
A dirla tutta gli faceva piacere quel suo comportamento quasi imbarazzato.
Niente a che vedere con quello che vestiva quando si trovava nei panni di Chat. Quelli si che erano incontri.
 
Sentiva che nascosto dietro un paio di occhi felini riusciva a toccare corde che da umano non si sarebbe mai permesso di stuzzicare. Ed era piacevole costatare che Marinette non lo percepiva come un estraneo.
Era altrettanto bizzarro iniziare a vedere quella sua compagna di accademia sotto altri riflettori.
Gli era sempre piaciuta, d’altronde una ragazza così dolce, bella e timida non poteva che farlo, ma non avrebbe mai pensato di sentirsi attratto da lei in quel modo.
Quel modo che lo spingeva a immaginare di ammaliarla come tentava invano con Ladybug.
Voleva conoscerla e diventare la sua spalla persino al di fuori del crimine.
Senza trucchi o troppe attese.
Dopo tutto, cosa impediva a Marinette di respingerlo quando le veniva benissimo una volta indossato il costume ?
Forse quell’occasione aveva donato lui la chance di provarci ancora, in modo nuovo. D’altro canto, voleva assicurarsi che tutte quelle congetture non fossero il risultato di un desiderio incolmabile, ma lo specchio della verità.
Aveva deciso: entrare nella vita di Marinette da quel giorno in poi e studiare bene il suo comportamento.
Prima, però, doveva superare quell’infausto contrattempo che Papillon aveva scagliato loro.
 
<< Plagg, pensi che stia esagerando ? >> domandò Adrien al piccolo kwami, che nel frattempo si lamentava per la mancanza di cibo nel suo minuto ed incredibilmente vorace stomaco.
Plagg sbuffò << Penso che tu debba occuparti dell’akuma e del mio nutrimento. Avrai tempo per continuare a struggerti per Marinette >>.
Lo sguardo di Adrien era divertito, ma non sembrava convinto delle sue parole. In primis perché in quel borgo desertico sarebbe stato impossibile trovare un pasto decente, e poi tutta quella staticità gli aveva concesso il lusso di distendersi mentalmente e focalizzarsi sui tipici problemi sentimentali degli adolescenti.
 
<< Tu sai chi è Ladybug, lo vedo che ne sei a conoscenza >> protestò Adrien.
 
 L’aria era fresca e non troppo forte, ma non abbastanza da riempirgli i polmoni come si deve. Le casettine isolate, dalle porte sbarrate e le finestre chiuse, rendevano l’ambiente un misto fra un circo degli orrori e qualche paesello colpito da epidemie. In una di quelle scatole cinesi non avrebbe mai trovato del cibo per Plagg, nemmeno volendo.
 
<< Oh tu guarda! >> esclamò il kwami << Un’invitantissima fontana proprio in fondo a quella strada. Non vorrai lasciarmi morire disidratato? >> .
Adrien alzò il sopracciglio, cosciente che il suo protettore avesse deliberatamente evitato la sua osservazione << Oppure potrei confinarti nel Miraculous e riflettere in pace >>
<< Mi permetto di dissentire >> replicò, infine, con la sua solita aria altezzosa. Chat, allora, si trascinò fino alla fontana che stagliava nel centro della piazzola color pastello, dove un carretto di fiori gialli accostava il perimetro della sorgente.
 << Va bene, va bene. Ma poi te ne ritorni dentro senza storie, devo trasformarmi. Sento la presenza di qualcuno >> . Così Plagg bevve qualche sorso in fretta e furia, leccandosi i baffi finalmente carico.
<< Attento Adrien, tuo padre potrebbe essere nei paraggi >>  disse, prima di essere rispedito nel Miraculous del ragazzo, avvolgendolo poi attorno un’aura nera che lo tramutò in Chat .
 
L’inevitabile certezza che Adrien avrebbe dovuto affrontare suo padre, o almeno, il mero sostituto di suo padre, lo terrorizzava tanto da lasciargli una scia di brividi lungo la schiena. Temeva il suo giudizio più di ogni altra cosa ( era un sentimento vivo dalla scomparsa della madre ), ma non si poteva permettere di finirne sopraffatto come l’ultima volta.
 
La sorpresa di averlo visto akumizzato gli era pesata sul petto come una lancia. Non aveva parlato, eppure era stato sufficiente guardarlo per sentirsi completamente soggiogato dalla sua autorità.
Questa volta sarebbe stato diverso – si disse per tranquillizzarsi.
Non tanto perché qualcosa in lui era cambiato, era pur sempre lo stesso ragazzo orfano di madre, più che altro sentiva di doverlo alle vittime dell’akuma.
Loro non potevano reagire, così come Marinette non avrebbe potuto contrattaccare da umana.
 
Adrien non aveva ancora capito per quale motivo non fosse riuscita a trasformarsi, gli era sembrato assurdo che la sua lady ignorasse il pericolo. Poi la coincidenza gli balenò tra i pensieri : Marinette spuntava fuori tutte le volte che Ladybug scappava via. Non le aveva mai viste nello stesso istante.
 
Ancora beato di quell’idea, ubriaco di convinzioni che ormai lo tormentavano continuamente, non si accorse subito che dall’altro lato della piazza stagliava la figura snella e dispotica di Gabrielle Agreste. Vestiva di tutto punto, con il suo solito completo bianco cadaverico dall’eleganza disarmante, e la cravatta accuratamente annodata attorno al collo. Adrien quasi si strozzò. L’unica differenza con quello vero era la presenza del simbolo di Papillon sul volto.
 
Chat prese a correre, tentando di distrarlo dal vero nucleo del piano: Marinette e il portale. La cittadina, però, non faceva che rendergli il compito difficile, inglobando ogni sua mossa in una serie di vicoli ciechi tutto fuorché rassicuranti. Gabriel Agreste, o almeno, la copia fatta male di suo padre, serpeggiava tra le stradine senza emettere suono, ma ancorando comunque lo sguardo severo in quello del figlio.
 
Forse l’akuma poteva solo assumere l’aspetto della paura, ma non appropriarsi dei pensieri – si disse Adrien leggermente risollevato. Sarebbe stato come lottare contro un muro di cemento che non poteva realmente ferirlo con le sue parole. Tutt’al più che il signor Agreste l’aveva già saturato di delusione: niente poteva peggiorare una situazione così frammentata.
 
<< Beh, sono curioso. Come mai ti sei fatto akumizzare ? Problemi in casa ? >> domandò Chat saltando da un tetto all’altro delle abitazioni.
 
Scattava come una molla scivolando sulle mattonelle con la stessa grazia di un surfista che cavalca le onde. Chiaramente un tentativo di conversazione non era stato contemplato dal suo inseguitore, il quale l’aveva totalmente ignorato, brandendo un bastone appuntito raccolto da terra.
La cosa si faceva seria se era disposto a ferire fisicamente qualcuno.
 
Chat pensò ad un diversivo che gli avrebbe salvato la pelle << Problemi di cuore? Sai, ti capisco, sono un tipo abbastanza sfortunato … >> . Balzò sul tendone di una vivanda, lasciandosi rotolare fino a terra, dove a pochi metri di distanza lo aspettava ancora il padre.
 
La cittadina lo stava realmente ingabbiando in una sorta di labirinto inespugnabile. Gli era sembrato di aver percorso una decina di metri o più, invece il potere dell’akuma l’aveva solo ingannato con qualche trucchetto da quattro soldi. Chat Noir era consapevole che dentro al dipinto non sarebbe mai riuscito a sfiorarlo con un dito, perché l’atmosfera tutt’attorno gliel’avrebbe impedito strenuamente.
 
Mentre si corrodeva per cavarne qualcosa di serio, la terra iniziò a volteggiare sotto i suoi piedi, scuotendogli le ossa e paralizzandogli i muscoli. Una sensazione di terribile nausea, mista a totale spaesamento, generarono una fitta nebbia che lo obbligarono a cadere sulle sue stesse ginocchia.
Si sentiva scoppiare la testa, pressata da una forza che avrebbe voluto solo soffocare, ma l’unica cosa che stava soffocando era lui stesso.
Ora capiva perché entrare nel quadro non era stata una buona idea.
 Quell’akuma non solo rubava le paure altrui, ma giocava letteralmente con la mente dei malcapitati, rendendoli folli e paranoici come … Van Gogh.
 
 Ancora divorato dalla confusione, fu sorpreso dal bastone del padre che volteggiava in aria diretto verso di lui. Gli bastarono pochi istanti di lucidità per scansarsi leggermente ed evitare di venire trafitto a mo’ di spiedino gigante.
Ripensando al cibo, gli venne un certo languorino.
 Scacciò i desideri di Plagg dalla testa, constatando che malgrado la prontezza dei sensi, non era riuscito a schivare completamente il lancio, infatti gli aveva procurato comunque un bel graffio profondo sulla spalla destra.
 
Ci stava dando dentro quell’akuma – ripensò con una smorfia di dolore.
 
Tornò in piedi traballando, ancora indeciso sul piano da mettere in atto.
Sicuramente stava regalando minuti preziosi a Marinette, ma in quelle condizioni sarebbe finito nelle grinfie di Papillon in men che non si dica.
 E certo Ladybug non l’avrebbe salvato – ne era convinto -  dal momento che si trovava nella sua stessa situazione indecente. Chat ripensò agli allenamenti con Plagg, ricordando una frase che gli diede la forza di rimboccarsi le maniche : “ Per battere il tuo nemico, devi diventare il tuo nemico “.
 
Combattere il fuoco con il fuoco.
 
“ Chissà come se la sta cavando Marinette … “
 
 
***
 
Marinette se la stava cavando, più o meno, decentemente. Raggiungere la campata centrale era stato un gioco da ragazzi una volta riposti tutti i dubbi che Chat le aveva consapevolmente innescato.
Quando raggiunse le panche della chiesa, rimase colpita dell’architettura modesta ed allo stesso tempo elaborata del posto: volte a vela che scaricavano il peso su grandi colonne portanti, spesso alternate ad esili elementi sormontati da capitelli leggermente grotteschi.
 La luce tutt’attorno filtrava flebilmente dai grandi rosoni colorati che, sfortunatamente per lei, intrappolavano la maggior parte dei raggi.
Diciamo che la vista non era proprio il massimo per una che non possedeva la prontezza felina.
Dopo un primo momento di stupore, si fiondò immediatamente nella missione, individuando una decina di persone legate attorno le panche dei fedeli.
Intrisa di un silenzio sacrale, s’adoperò a sciogliere ciascun nodo, chiedendo piena collaborazione a chi era già stato liberato.
 
 Inizialmente calmare le acque e tentare di spiegare la situazione aveva solo generato un ronzio di proteste e preoccupazione, che stava sfociando in dibattiti ridicoli e critiche infondate.
Poi Marinette aveva deciso di salire le scalette dell’abside e sfruttare il rumore sordo di un fischio per richiamare a sé l’intera attenzione dei presenti.
Nei panni umani non era affatto propensa a brillare sotto le luci della ribalta, ma sapeva che dolente o non, avrebbe dovuto sforzarsi per superare le sue ansie.
L’intera folla caotica e turbolenta si placò immediatamente, puntando lo sguardo verso la giovane supereroina maldestra. Tra le vittime dell’akuma, oltre ad Alya, Marinette vide i genitori di alcuni compagni d’accademia e qualche personaggio decisamente sconosciuto.
 
Forse non ci avrebbe rimesso la faccia, dopotutto.
 
La fanciulla di schiarì la gola << So che siete spaventati, però non è il caso di peggiorare le cose con litigi inutili >>.
 
La folla parve improvvisamente “addomesticata” ed incantata dalla voce di Marinette, che con serietà ed autorità spiegò loro cosa Chat le aveva proposto di fare. Evitò di aggiungere che il piano non era stato tutto farina del suo sacco, altrimenti Alya avrebbe viaggiato con la fantasia costruendosi castelli di carta indistruttibili. Conosceva la sua polla come il palmo della propria mano.
 
Una donna sulla quarantina si levò dalla massa adottando un’espressione più che animalesca << Ti aspetti la nostra sottomissione ? Dovremmo seguirti fino a questo “portale”, ragazzina? Cosa ti fa credere che avrai la nostra fiducia ? Questi sono compiti dei veri supereroi, non di certo buffonate da quattro soldi >>.
 
Marinette calpestò il suo orgoglio, evitando di farsi piccola di fronte quelle parole tanto aspre e decisamente sensate. Non biasimava le persone che avevano difficoltà a crederle, sapeva che richiedeva un atto di fede non indifferente, ma detestava chi osava trattare gli altri con inferiorità.
Avrebbe preferito il caos, piuttosto.
 
<< Non vi sto chiedendo di fidarvi di me, avete ragione. Vi sto chiedendo di seguire le istruzioni di Chat Noir, che al momento sta lottando contro la cosa che vi rinchiusi qui. E’ l’unica possibilità che avete per fuggire, per cui se non la sfruttate al massimo potreste ritrovarvi intrappolati nel quadro per sempre >>
 
OK, forse ci era andata pesante, gonfiando un po’ la drammaticità delle circostanze, ma con la calma non avrebbe ottenuto la stessa reazione. La paura fa fare cose inimmaginabili, in questo caso addirittura spinse adulti contrariati a seguire gli ordini di un’adolescente apparentemente inesperta.
Alya le diede una pacca sulla spalla, sorridendole come se tutto il mondo le fosse pesato sulle spalle adesso.
 
<< Poi mi racconterai meglio quando usciremo da qui, ragazzaccia >> disse l’amica, strizzandole l’occhio.
 
Marinette stava guidando la folla oltre l’uscita della chiesa, direttamente nel giardino antistante dove Van Gogh aveva ritratto la struttura, perciò non si soffermò molto sulle insinuazioni di Alya.
Quando il suo cervello ebbe tempo sufficiente ad elaborare la richiesta dell’amica, fu come venir attraversati da una raffica di pizzicotti caldi e fastidiosi.
 
Tra lei e Chat non c’era niente, assolutamente nulla.
 
<< Alya, non farti strane idee, sto solo aiutando l’eroe di Parigi, mica ci devo andare a cena fuori >> balbettò Marinette sbloccando finalmente il portone. Aveva ragione riguardo il lucchetto : era stata chiusa dall’interno. E questo la spinse a rifletter ancora di più sulla faccenda e le abilità dell’akuma.
Se era riuscita a seguire Chat fuori dalla Chiesa senza sfondare la porta, le possibilità erano due:  aveva trovato un’altra uscita, oppure possedeva più poteri di quanto non avesse quantificato.
 
<< Mari, che stai facendo ? >> bisbigliò Alya tutt’un tratto.
La supereroina aveva sbloccato la porta per permettere alla folla di defluire nel giardino, ma osservando meglio la maniglia dell’ingresso, si rese conto che era sprovvista di lucchetto.
Era semplicemente un peso da spingere e tirare, come tutte le normali abbazie.
Eppure era sicura di aver fisicamente spostato la chiave. Non poteva esserselo immaginato.
 
<< Sto … >> disse con un groppo alla gola, sfiorando la porta incredula << Niente. Andiamo, meno tempo perdiamo e meglio è per Chat >> .
 
Superarono l’uscita riluttanti, proseguendo senza capire esattamente cosa stessero facendo e dove si trovassero. E Marinette sembrava sempre più turbata degli accadimenti precedenti, consapevole che qualcosa le stesse sfuggendo di mano. Il fatto che non riusciva ancora a capire cosa, le mandava in tilt il cervello, soffocando ogni tentativo di conversazione che Alya cercava di intavolare.
 
Non era in vena di pettegolezzi. Marinette si sentiva presa in giro dalla sua stessa mente.
 
<< Ok, forse non avrai interessi, Miss “Adrienamoregrandedellamiavita”, ma devi ammettere che ha un suo fascino. E poi credo che dovresti un po’ farti la pelle con queste cose, forse riuscirai a parlare senza scappare continuamente … >>
 
Il discorso di Alya scivolò nei meandri della coscienza di Marinette, la quale si teneva occupata provando ad identificare il punto esatto dove Van Gogh aveva schizzato il dipinto. Non era facile se tutta quella folla iniziava ad agitarsi ed Alya continuava a blaterare imperterrita sulla bellezza del suo gattaccio.
Prese ad ispezionare il luogo, aprendo le erbacce e cambiando prospettiva puntualmente, con l’intento di individuare uno sfarfallio dell’atmosfera, che doveva sembrare una sorta di parete gelatinosa.
 
<< Non è questo il momento per parlare della “magistrale” bellezza di Chat Noir. Ne discuteremo con calma, quando avremmo trovat- >> Si interruppe nel momento in cui la donna di prima fu intrappolata nelle maglie di una superficie trasparente estremamente densa.
 
<< Il portale ! >>
 
I fuggiaschi non aspettarono un secondo di più per buttarsi nel vuoto denso e vorace del portale. Alcuni furono spinti, altri semplicemente indotti dalla disperazione, ma ciò che contava era il risultato finale: tutti si trovavano nella dimensione d’origine, senza un graffio.
Okay, magari non tutti.
Alya la stava ancora fissando interdetta, accompagnata da una donna buffa e minuta che sembrava non volersi schiodare dalla sua posizione. Marinette rassicurò l’amica che avrebbe attraversato il portale una volta avvertito Chat Noir, eppure Alya faceva ancora una certa resistenza. Forse per la stretta morbosa che quella donna continuava a esercitarle sul polso. Marinette non l’aveva notata immediatamente, probabilmente troppo presa dalla confusione e l’azione, ma non le era sembrata un ostacolo.
 
<< Signora, la prego, è tempo di andare. Ci sarà questa mia amica a prendersi cura di lei, gliel’assicuro>> disse Marinette dirigendo la donna verso la voragine.
Alya la fulminò.
 Evidentemente non aveva capito che la sua collaborazione era più che necessaria.
 
<< Non posso, non posso >> piagnucolò poi, gettando le braccia al collo di Marinette.
La scena stava diventando surreale.
Alya la guardò interdetta, alzando le spalle quando mimò con le labbra una richiesta di spiegazioni.
 
<< Cosa la trattiene qui? >> domandò la giovane, sfoderando tutta la dolcezza del suo amplio repertorio.
La donna si fece piccola piccola, sgranando gli occhioni lucidi come una bambina spaesata in cerca di protezione. Il suo volto paffuto e tondo si gonfiò di rossore, che culminò in un silenzioso pianto liberatorio.
<< Devi farlo ragionare. Non è in sé stesso, non posso abbandonarlo!>>
Continuava a urlare imperterrita, rifiutandosi di seguire Alya. Marinette, allora, provò a ricollegare le parole della donna con la situazione in corso. Sembrava si stesse riferendo all’akuma, o meglio, alla persona che il malvagio Papillon stava crudelmente manipolando.
 
<< Non lo farò. Signora, la prego, provi a spiegarmi meglio, potrei aiutarla >>
La donna emise un singulto trattenuto << Mio marito … è completamente fuori di sé. Ha perso il lavoro al museo, e il suo capo l’ha umiliato rifiutando uno dei suoi lavori. E’ un pittore, sai ?>>
 
“ Oh diavolo, ora inizio a capire … “
 
<< Era terrorizzato all’idea di venir rifiutato. Voleva comprare una bicicletta nuova a Theresa, di quelle con il manubrio colorato e gli elastici >>
Marinette sospirò posando una mano sulla spalla della signora << Le assicuro che Chat Noir salverà suo marito. Tornerà sano e salvo a casa in un batter d’occhio! Ma deve seguire Alya e fuggire di qui, è troppo pericoloso >>
 
Dopo svariati minuti di lotta instancabile, la signora si lasciò a malavoglia convincere, probabilmente esaurita tanto fisicamente quanto psicologicamente. Marinette restò sola a guardare il portale con una sola cosa impressa nella mente: l’ammonimento silenzioso che Alya le aveva lanciato prima di tuffarsi nel portale. Da cosa derivava? Beh, dal semplice fatto che aveva bellamente promesso un qualcosa che non sapeva possibile. Cioè, forse Ladybug avrebbe sbrigliato il tutto senza danni collaterali, ma lei non poteva dirsi così fortunata ed abile. Alya sapeva. Capiva che Marinette non poteva decisamente farsi carico di una cosa così grande, ma allo stesso tempo riponeva estrema fiducia in lei, sperando che in qualche modo se la sarebbe cavata. E la supereroina sperava davvero di farcela escludendo l’alternativa negativa.
Quello che doveva compiere, adesso, rientrava nella sfera magica dei miracoli. 
Un miracolo di Natale? Una fortuita intuizione che finalmente il karma le avrebbe concesso ?
Si grattò la nuca gettando i capelli all’indietro, come un’onda che scuote l’oceano.
 
Doveva trovare Chat Noir. 
  
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