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Autore: Lady Sunset    21/01/2017    0 recensioni
Un uomo non può guarire i cuori altrui. Un dottore non può guarire le menti altrui. Potrete conoscere ciò che si cela dietro di esse, realizzare esperimenti, sforzarvi di capire, ma il trauma che un individuo subisce è singolare. Non si duplica. E sanno tutti che non è possibile capire qualcuno sinché non si rivive la sua stessa sofferenza.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CENTRAL HOSPITAL PSYCHIATRY.

chapter I.

 

“Mi piace essere la cosa giusta nel posto
sbagliato e la cosa sbagliata
nel posto giusto, perché accade sempre
qualcosa di interessante.”

 

“Signor Park, mi sente?”

Subentrò nuovamente la realtà. Sapevo di non essere solo nella stanza. Ero osservato da una figura femminile piuttosto sicura di sé, del suo lavoro. Era certa di poter controllare la mia ansia con un semplice sguardo, convinta di essere rassicurante, di poter far apparire un portale segreto capace di catapultare chiunque in una dimensione parallela dove possono esistere soltanto ciò che ci rasserena, che ci rallegra. Sebbene perso nei miei pensieri, come spesso accadeva in quel periodo alquanto buio della mia vita, i miei occhi lasciarono la loro impronta sui suoi per brevi ma apparentemente interminabili istanti. Chiunque non avrebbe retto il mio sguardo, non sarebbe riuscito a mantenere nessun tipo di controllo, su di me. Eccetto lei, quella donna, dotata di un corpo sano e di capelli della stessa tonalità cromatica dell'oro. Chissà se anche la sua mente fosse sana e dorata come dava l'impressione di essere. Sanno tutti che gli psichiatri sono i primi ad aver bisogno di uno psichiatra. Altrimenti non sarei qui.

“Signor Park?”
“Anch'io ero come lei. Tenace nelle cose. Nell'affrontare determinate situazioni. Avevo studiato per questo. Conoscevo ogni strategia, ogni esperimento, tutto. Ma non basta essere informati nel campo per aiutare qualcuno. Ne è consapevole, dottoressa? Beh, io non lo ero. Impersonavo spesso l'eroe di turno, il titano. Questo genere di cose. Sfoggiavo una personalità ferma e severa, una di quelle potenti, inarrestabili, indistruttibili, immutabili. Eppure, sapevo che in realtà si trattava solo di finzione. Un continuo credere e sperare di essere ciò che non si diventerà mai. L'ho ripetuto così tanto a me stesso che avrei quasi potuto convincermene definitivamente. Ma non ci sono mai riuscito.”
“Perché sapeva che tutto questo sforzo sarebbe stato vano?”
“No.”

 

*


Day 1. 23/04/09 – Ore: 16:30. Paziente: Byun Baekhyun.

 

Era il mio primo caso al Central Hospital Psychiatry di Seoul. A primo impatto, l'edificio mi aveva stranamente stupito: sebbene qualunque ospedale psichiatrico tendesse ad essere particolarmente allegro o di armonia equilibrata per quanto riguarda profumi e colori, il CHP era caratterizzato da quel dettaglio che lo rendeva simile a una seconda casa per chi non si sentisse sicuro nella propria dimora e avesse bisogno di aiuto. Tuttora non sono in grado di descriverlo; mi è ancora sconosciuto. A ogni modo, all'interno di queste mura dipinte di un arancio non eccessivamente vivace, venivano ospitate circa settecento stanze per ogni singolo paziente, divise da reparti che denominavano il disagio di chi necessitava di un certo tipo di terapia. Quel pomeriggio, avrei incontrato Byun Baekhyun, affetto da manie di persecuzione. Se temevo per la mia incolumità? Affatto. Se devo essere del tutto onesto, ammetto che – essendo questo il mio primo incarico, la sensazione di fallire già al primo round mi aveva accolto più volte tra le sue braccia. Ma avevo ventotto anni, oramai ventinove, e non avevo tempo di comportarmi come un ragazzino insicuro. Mi hanno sempre detto: “ricorda, nel momento in cui ti dimostrerai debole, allora tutti sapranno ciò che sei veramente”. Dunque, con la valigetta professionale in una mano e la volontà nell'altra, bussai contro la porta di quella che doveva essere la camera del mio unico paziente. Nessuna risposta in cambio, purtroppo. Nessun segno di vita. Tipico di chi ha bisogno di aiuto. In fondo, è più facile nascondersi che affrontare un problema. A ogni modo, aprii la porta.

“Buon pomeriggio, signor Byun.”
“Ho ventun'anni. Non quaranta.”

Prevedibile come reazione. Perlomeno non aveva permesso al silenzio di inghiottirmi. Era voltato di spalle, pacato, e come il suo viso mi era sconosciuto, persino la sua anima appariva intoccabile, perduta nei meandri dell'incertezza e solitudine. Indossava una tuta bianca, triste quasi quanto l'aria che giaceva in quella stanza, così apparentemente solare ma decisamente cupa, influenzata dalla sofferenza che regnava vittoriosa in Baekhyun. Malgrado non avessi avuto subito occasione di creare un contatto visivo con lui, percepivo il suo stesso corpo esautorato. Non soltanto la sua mente era vittima di paure inconsce; tutto di lui sapeva di amarezza, malinconia, isolamento totale da ogni genere di contatto umano. Mi sedetti sulla sedia collocata nella zona centrale della stanza. Subito dopo, schiarii la voce.

“Potresti cortesemente voltarti, Baekhyun?”

Istanti. Istanti interminabili, disperatamente lenti, ad aspettare che lui obbedisse senza troppi capricci. Sembrava quasi che ci dovesse pensare, che fosse vittima di un improvviso imbarazzo che lo portava inevitabilmente a nascondere il proprio viso a chiunque cercasse di attirare la sua attenzione. Ma infine, lo fece. Si voltò. Mi ritrovai di fronte un corpo esile e stanco, attorniato da un'aria negativa e silenziosa che lo rendevano indifferente nell'espressione. Tuttavia, non commentai. Non lo trovai opportuno, né tanto meno di aiuto. Forse è proprio in casi del genere che si riconosce totalmente sbagliato sdrammatizzare per dare vita a una facile conversazione.

“Grazie per la tua comprensione.”
“Ma si figuri.”

Ecco di nuovo quel tono sprezzante, acido, da raggelare il sangue. Sebbene fossi consapevole che quella sarebbe stata la mia routine da lì in poi, mi risultava difficile accettare l'idea che un ragazzo tanto affascinante potesse rispondere in maniera così distaccata e fredda. Ero da sempre circondato da amici e parenti dotati di modi garbati e piacevoli, dunque – quella risposta, mi ammutolì per una frazione di secondo. Baekhyun apparve divertito dalla mia espressione; malgrado non avessi la possibilità di decifrarla, non avendo uno specchio a portata di mano, probabilmente avevo fatto notare il mio stupore. Errore numero uno.

“Allora, perché sono qui?”
“Questo deve dirmelo lei.”
“Io sono uno psichiatra.”
“Ed io sono, sfortunatamente, un suo paziente.”
“Sfortunatamente?”
“Un uomo non può guarire i cuori altrui. Un dottore non può guarire le menti altrui. Potrete conoscere ciò che si cela dietro di esse, realizzare esperimenti, sforzarvi di capire, ma il trauma che un individuo subisce è singolare. Non si duplica. E sanno tutti che non è possibile capire qualcuno sinché non si rivive la sua stessa sofferenza. Perciò mi faccia il favore di fingere di aver fatto il suo dovere e se ne vada. Non ho bisogno di essere psicanalizzato o di medicine varie. Sto bene così.”

Evidentemente, la mia reazione al suo ragionamento lo stupii. Perché risi. In quel momento, in quel silenzio penetrante, desideroso di essere colmato da voci familiari, io risi. Non fui capace di trattenermi in alcun modo, e la mia risata parve spezzare quella muraglia di difesa interiore che aveva costruito Baekhyun in piccolissimi frammenti quasi impercettibili ad occhio nudo.

“Sai, è buffo che proprio un paziente nelle tue condizioni esponga simili pensieri. E sai perché? Perché così facendo ti sei già esposto, hai dimostrato di possedere insicurezza negli altri, insicurezza in te stesso e una spiccata autodifesa che riprende il concetto di isolamento totale dalla società. E sì, probabilmente non ti aiuterò, o probabilmente ti sbagli, ma io devo rimanere qui ogni giovedì, un'ora alla settimana. E preferisco non sprecare tempo senza un preciso motivo. Tu, in particolar modo, non dovresti sprecarlo.”

Ciò che seguì dopo fu la più totale e imbarazzante mancanza di parole mai vista prima. L'espressione di Baekhyun, sebbene oscillasse costantemente tra l'apparente indifferenza e l'assurdo stupore, dava a credere di essere stato conquistato, almeno in parte. Forse, sarebbe stato un buon inizio. Forse, sarebbe stata la prima persona che avrei aiutato nella mia carriera da psichiatra professionista. Avevo sognato per interminabili pomeriggi di diventare l'aiutante del diavolo, sostenerlo in ogni sua mossa, riportarlo sulla strada giusta. Ma lì, in quella stanza, pronto a vivere quel soffio di realtà, mi rendevo conto che essa appariva ben diversa dall'idea dello psichiatra in sé. Sarebbe stata dura, una di quelle imprese che ti abbattono il più delle volte, ma mi sentivo pronto. Ce l'avrei fatta. Avrei aiutato qualcuno. Baekhyun, in tal caso. Con le mie sole forze.

   
 
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