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Autore: Emmastory    21/01/2017    3 recensioni
Un mese è passato, e la povera Rain si scopre sola dopo la partenza per il pericoloso regno di Aveiron da parte del suo amato Stefan, che l'ha lasciata in compagnia della loro piccola Terra, di una promessa, e di una richiesta. Conservare l'anello che li ha uniti, così come i sentimenti che li legano. Nuove sfide si prospettano ardue all'orizzonte, e armandosi di tenacia e forza d'animo, i nostri eroi agiranno finchè un'ombra di forza aleggerà in loro. (Seguito di: Le cronache di Aveiron: Oscure minacce.)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-IV-mod
 
 
Capitolo XXXVI

Uomini selvaggi

Anche stavolta, due giorni se n’erano andati. Spariti, scomparsi, finiti per sempre. Il tempo continuava a scorrere per ognuno di noi, e con l’arrivo del mattino, mi svegliavo nella stanza dove avevo finito per addormentarmi. Stefan mi era accanto, e seppur ancora nella culla dove l’avevamo lasciata riposare, Rose vagiva. Alzandomi dal letto, mi avvicinai. In quel momento, il mio sguardo cadde su di lei, e in silenzio, la guardai. La minore delle mie due figlie, piccola, fragile e costantemente bisognosa d’aiuto. Ad essere sincera, amavo lei e sua sorella Terra più della mia stessa vita, ma nonostante la scomparsa di ben due giorni dalla mia vita, ero ancora indecisa. Combattuta, con il cuore e la mente impegnati in una dura battaglia. Chiudendo gli occhi, sospirai, e Stefan mi guardò negli occhi. “Rain, ti stai lacerando. Ora basta, d’accordo? Qui stiamo bene, guardaci.” Mi disse, completando quel discorso con un sorriso che ricambiai quasi subito. Ad ogni modo, quello stesso sorriso si spense come una candela appena un attimo dopo. “Hai ragione, ma non possiamo. Certo, Lady Fatima ci ha invitati a restare, ma pensaci. Vuoi davvero vivere qui? Non può certo essere per sempre.” Fu la mia risposta, che diedi sperando di riportarlo alla ragione e svegliarlo da quello che consideravo un sogno o una fantasia. “Giudiziosa come sempre, vero?” osservò poi, attirandomi leggermente a sé e tornando poi a guardarmi. “Vero.” Dissi allora, sorridendo leggermente per una seconda volta. “Sono seria. La nostra vita non è qui. Non ricordi più Ascantha?” aggiunsi poco dopo, posando il mio sguardo su di lui e attendendo in silenzio una qualsiasi risposta. “Vorrei tanto tornarci anch’io, sai?” confessò il mio amato, dopo alcuni sporadici secondi passati nel silenzio più totale. “Allora perché non partire?” azzardai, ingenuamente spinta dal desiderio di rimettere piede sul suolo dove avevo ormai piantato solide radici. “Lo faremo, ma non ora.” Mi disse, riuscendo con quelle parole a rassicurarmi non poco. “Mi fido.” Risposi soltanto, sentendo solo allora una nuova speranza nascermi in cuore. In quel preciso istante, la nostra conversazione ebbe fine, e subito dopo tornai a svolgere le mie mansioni giornaliere, fra le quali figurava anche il prendermi cura delle bambine. Dati i suoi quasi cinque anni d’età, Terra stava crescendo, e con l’andar del tempo, le occasioni in cui si offriva di darmi una mano con la sorellina aumentavano sempre di più. “Posso tenerla?” diceva spesso, quando alla sera arrivava il momento di metterla al letto. “Sì, ma fa attenzione.” Rispondevo ogni volta, lasciandole quindi prendere in braccio la sorella minore, ancora troppo piccola per parlare ed esprimersi ma visibilmente felice di essere coccolata. Ad ogni modo, il pomeriggio arrivò lesto, non tardando poi a trasformarsi in buia e fredda notte, ma la cosa non mi toccava. Da ormai qualche tempo, infatti, avevo ripreso in mano una vecchia abitudine quasi dimenticata, ovvero quella di chiudere gli occhi e svuotare per un attimo la mente, poco prima di dormire. Fortunatamente, tale stratagemma sembrava funzionare. Difatti, dovevo ammettere che concentrarmi su momenti così infantili e teneri, parte integrante della vita di bambine del calibro di Rose e Terra, mi offriva una piacevole distrazione dal dolore e dagli orrori che parevano sempre più spesso consumarsi appena fuori dalle nostre finestre, e nella notte, rimanevo sveglia, pensando. “Saremmo davvero riusciti a partire? Stefan diceva il vero? Questa così assurda guerra avrebbe mai raggiunto una fine?” domande che mi ponevo insistentemente, sperando ardentemente di riuscire a trovare o scrivere delle risposte. Esatto, scrivere, poiché se tali risposte non esistevano, io le avrei creato. Non certo da sola, ma al fianco di Stefan e del mio gruppo di amici, che proprio come me, ora meditava pensando ad un modo di agire per dare inizio alla prima vera battaglia contro di Loro. Contro i Ladri, o per meglio dire, contro uomini tanto barbari e selvaggi da non essere meritevoli di questo nome.
   
 
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