Libri > Cinquanta sfumature di...
Segui la storia  |       
Autore: FaNgIrL_97    21/01/2017    6 recensioni
E chi lo ha detto che essere genitori sarebbe stata una passeggiata? Christian Grey non di certo. Sarà facile per lui ed Anastasia, crescere due figli adolescenti in preda agli ormoni?
Venitelo a scoprire!
P.S: IL RATING POTREBBE CAMBIARE!
Genere: Fluff, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Phoebe Grey, Theodore Grey, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SORPRESAA🎉🎉🎉🎉
CAPITOLO SPECIALE PER LE 100 RECENSIONI!! GRAZIE DI CUORE ANCHE A TUTTI COLORO CHE, OLTRE AL SOSTENERMI CAPITOLO DOPO CAPITOLO, LO FANNO ANCHE IN SILENZIO! GRAZIE❤️❤️ 


Poco prima del termine delle lezioni, avevo lo stomaco in subbuglio e il cuore che minacciava di uscirmi fuori dal petto. Ero così nervosa che persino le mani avevano cominciato a sudarmi. E per cosa, poi? Non mi era mai successo, in vita mia, di dover "correre" dietro ad un ragazzo, eppure tutto era cambiato. Sembrava fosse un mondo parallelo, il mio.
-Sembra che tu stia per avere un'infarto.- Mi prese in giro Sarah, non appena suonò la campanella. 
-Simpatica.-
-Vedi di non peggiorare la situazione, Phoebe. Ci vediamo alla macchina di Alex e, ricorda, nessuna fretta.-
-Certo.- Raccolsi le mie cose e misi la borsa in spalla. -Facile a dirsi.-
-Stai tranquilla, sono sicura che chiarirete.-
-Si, si. Ci vediamo dopo.-

Cameron, come avevo immaginato, era vicino al suo armadietto ma, ciò che non avevo previsto, era il fatto che potesse essere in compagnia. Una parte di me avrebbe voluto cogliere al volo quella scusa e utilizzarla per scappare via ma, la parte più razionale, mi costrinse comunque a muovermi verso di lui.
Cameron mi era di spalle, quindi, i primi a vedermi, furono Mark e Will. O erano Chris e Arnold? Dio, il mio cervello era praticamente fritto. 
-Ciao, Phoebe!- Esclamò uno dei due. -Andate bene le lezioni?-
A sentire il mio nome, la schiena di Cam si drizzò, manco fosse stato colpito da una miriade di spilli. 
-Ciao...- mormorai. -Alla grande, grazie.-
Prima di girarsi, Cameron prese un profondo respiro e, dopo, mi rivolse un sorriso tirato. -Ciao.-
-Ciao!- Mi costrinsi a sorridergli. -Hai un minuto?-
Le sue sopracciglia schizzarono all'insù e poi si guardò intorno a disagio. I suoi amici, invece, captarono il messaggio implicito e dissero: -okay, amico. Siamo in ritardo. A domani.-
Li osservai andare via, prima di girarmi a guardare nuovamente Cameron. Lui, però, non mi guardava affatto. Finse di avere qualcosa da sistemare nell'armadietto.
-Allora?- Insistetti, un po' innervosita. -Ce l'hai un minuto, o no?-
-Per cosa?- 
-Dobbiamo parlare.-
-Di cosa?-
Incrociai le braccia e lo fulminai con lo sguardo. -Sul serio?-
-Phoebe, ho mia madre che mi aspetta fuori. Arriva al punto.-
-Cos'è successo?- Chiesi, spazientita.
-Dovrai essere più precisa, se vuoi che ti capisca.-
-Perché ad un tratto hai smesso di parlarmi?-
Lui sospirò e si mise le mani in tasca. -Non so di cosa tu stia parlando.-
Feci un passo indietro, ma non mi arresi. -E invece ho idea di sì. Voglio saperlo. Perché ti sei allontanato? Cosa ti ho fatto?-
Cameron si azzardò a lanciarmi un'occhiata ma non uscì nessuna parola dalla sua bocca.
-Oppure- decisi di continuare a parlare io. -Ti sei solo stancato di me e, esattamente come uno stronzo, ti sei allontanato senza nessuna spiegazione.-
Lui spalancò gli occhi, alla mia affermazione. -Davvero credi questo?-
-E cosa dovrei pensare, se hai smesso di parlarmi all'improvviso?-
-Phoebe, ti ricordo che ho quasi rischiato l'espulsione per un'idiota che ce l'aveva con te.-
-Questo non vuol dire niente visto e considerato che io non te lo avevo chiesto e, tra parentesi, dopo quell'episodio ti sei allontanato.-
-Ma sei seria?-
-Certo che lo sono. La tua non è affatto una spiegazione.-
-Phoebe, tu mi hai chiaramente detto che non ti interessa se quel tizio ti tratta male.-
-Cosa c'entra questo, adesso? Stai cercando di sviare il discorso. E, per la millesima volta, Jeremy non mi maltratta.- 
-Si che lo fa, e tu lo accetti come se nulla fosse.- 
-Non è affatto vero, Cameron! Non lo ascolto perché so che è uno stupido senza un passatempo.-
-Ti rendi conto che ti ha accusata di essere una troia, non è vero?-
-Che pensi quello che vuole. Io sapevo, esattamente come te, quale fosse la verità.- 
Cameron si passò una mano tra i capelli e si girò verso l'uscita. -Non ti capisco. Mi dispiace, ma io non sopporto le persone che parlano a vanvera.-
-Beh, questo è il mondo. Nessuno è perfetto e, per la cronaca, potrai spostarti di città in cittá quanto ti pare, ma troverai sempre persone così.-
-Il fatto che esistano persone così, non vuol dire che sia giusto sottomettersi a loro.-
-Io non mi sottometto a Jeremy. Quando mi fa girare le palle, gli rispondo e lo hai visto anche tu, quel giorno, alla mensa. Quindi non venirmi a dire che mi faccio maltrattare, perché sono tutte delle stronzate.-
-Come me?-
-Non lo so. Perché non me lo dici tu?- Lo sfidai. -E ci tengo anche a ricordarti che stiamo parlando di tutt'altro. Ancora non ho capito perché ti sei allontanato.-
-Perché tu mi confondi, okay?-
Restai un attimo interdetta. -Beh, immagina quanto mi abbia confusa tu, in questa settimana. Cosa c'entra Jeremy, in tutto questo?-
Lui prese un profondo respiro e poi tornò a guardarmi negli occhi. -Non avevo mai conosciuto ragazze come te, prima d'ora. Mai.- 
Prima che potesse continuare, lo bloccai. -Che intendi con "ragazze come te"?-
-Tu sei... un uragano, e non lo dico in senso negativo. Sei simpatica, solare, attiva, tranne durante la prima mattina, ma... insomma, con la tua turbolenza hai travolto anche me.-
Le sue parole mi fecero arrossire. -E allora? Che... che cosa c'entra questo?-
-Odiavo quella piccola città in cui vivevo, Phoebe. C'erano un sacco di ragazzi come Jeremy e anche peggio. Abitavo nel quartiere peggiore, io. Sai quant'è frustante ritrovarsi questo tipo di ragazzo difronte e non poterlo mai evitare? Ho avuto un grande senso di sopportazione per un po', ma poi non ce l'ho più fatta.-
-Che vuoi dire...?-
Lui si strofinò le mani sul viso, cosa che, per le tante volte che lo fece, interpretai come un gesto di nervosismo. Poi, prima di rispondermi, estrasse il cellulare dalla tasca. 
-Mamma.- Rispose. 
Probabilmente il suo cellulare era in modalità silenziosa, perché non lo avevo sentito squillare.
-Si, no, lo so. Mi dispiace, avrei dovuto avvertiti dei miei programmi pomeridiani.- Mi lanciò un'occhiata. -Okay, ci vediamo dopo. Si. Ciao.-
Non appena attaccò, incrociai le braccia, ansiosa di conoscere il resto della storia.
-Tu non hai nessuno che ti aspetta fuori?-
-Oggi sono con Sarah. Può aspettare. Completa ciò che stavi dicendo.-
-Non ce n'è bisogno.-
-Certo che ce n'è, invece!-
-Senti, Phoebe- sospirò. -Il fatto è questo: non mi sono mai piaciuti i ragazzi come Jeremy e neanche le ragazze che preferiscono subire in silenzio. Io... io non potevo ignorarlo quel giorno, alla mensa. Mi dispiace che il mio comportamento ti abbia spaventata, e non dire che non è così, perché l'ho vista l'espressione che avevi, poco prima di scappare via. Dopo, mi hai detto che non ti saresti aspettata quell'azione da parte mia, ma lasciami dire che neanch'io mi sarei mai aspettato quella risposta da parte tua. Soprattutto quando mi hai chiesto se potevamo fare finta che non fosse successo nulla. Quest'ultima frase è stato ciò che mi ha fatto fare retromarcia. Non capivo come tu potessi volerlo.-
-Perciò hai preferito allontanarti, piuttosto che provare a chiarire questa divergenza di idee?-
-Sono venuto qui grazie ad un miracolo divino. Volevo davvero cambiare aria, quindi si. Sono stato uno stronzo, ma l'ho fatto per proteggermi. Non posso cascarci un'altra volta.-
-In cosa dovresti cadere?- Lo spronai. -Credimi, io non subisco un bel niente. C'è una bella differenza tra subire e ignorare, Cameron.- 
-Ma tu non sei l'unica presa di mira, non è così?-
Le figure di Lisa e Caroline mi comparvero in mente. -Jeremy ce l'ha un po' con tutti.- 
-Ed io scommetto che sono in tanti coloro che riescono ad ignorarlo, Phoebe. Ma c'è anche chi non sa essere così forte. C'è chi può essere distrutto, da tipi come lui. Ricordalo.-
-Cam...- abbassai lo sguardo. -Io l'ho anche apprezzato il tuo gesto, alla mensa. Nessuno aveva mai fatto questo per me, ma ciò non vuol dire che sia giusto. Credo di capire ciò che pensi, e forse hai ragione. Però, Jeremy è solo un ragazzo. Dovrebbe avere la tua età. Che cosa dovremmo fare? Noi non sappiamo la sua storia.-
-Non sappiamo la sua storia, è vero. Ma pensaci: noi non conosciamo la vera storia di nessuno, in realtà. L'apparenza inganna. Non si dice così?-
Lo fissai. Chi era, in realtà, Cameron?
-Mi dispiace di essermi allontanato da te, Phoebe.- Mormorò. -Questa è stata di sicuro una delle idee più stupide, però ti ringrazio per essere venuta a parlare con me.-
-Non volevo lasciarti andare...- ammisi, arrossendo. -Non così, almeno.-
Lui alzò le sopracciglia, sorpreso, ma poi mi mostrò un sorrisetto. -Sei davvero carina anche quando arrossisci.- 
Spalancai la bocca. -Cos...-
Cameron non mi fece continuare, perché mi afferrò ridendo per un braccio e mi strinse a lui. -Abbiamo fatto pace?-
Pregai tutti i santi, affinché lui non avesse sentito a quale assurda velocità stesse andando il mio cuore. -Suppongo di sì.- 
-È assurdo.- Mormorò, sopra i miei capelli.
Io non mi mossi. -Che cosa?- 
-Come tu mi faccia sentire come se appartenessi a questo posto da sempre. Mi sei mancata, in questa settimana.-
La sua innocente affermazione fece sì che, oltre ad un banale rossore, la mie guance iniziassero ad andare a fuoco. Se avessi potuto essere un personaggio di un cartone animato, di sicuro mi avrebbero raffigurata con del fumo che mi usciva dalle orecchie, a parte la faccia rossa come un pomodoro.
In un attimo di coraggio, decisi di alzare lo sguardo verso di lui. I suoi occhi, di un azzurro ardente, sembravano essere incastonati perfettamente nei miei. -Anche tu mi sei mancato.- 
Cameron colse il mio sguardo e dischiuse le labbra, per poi deglutire. "Oh Dio, o la va o la spacca" fu tutto ciò che pensai, prima di mettergli le braccia al collo. Lui inclinò leggermente la testa ma, per la seconda volta, in poco tempo che ci conoscevamo, non avvenne nulla. 
-Cameron!- Esclamò una vocetta, facendo sì che ci staccassimo immediatamente. -Oh, ciao, Phoebe. Non avevo visto che ci fossi anche tu.-
-Ehi, Lizzie.- Mormorò lui, sorridendole imbarazzato. -Che ci fai ancora qui?-
-Tra poco ho allenamento e ho pensato di venire a prendere un snack. Tu piuttosto, che ci fai qui?-
-Ho bisogno del computer scolastico per una ricerca. Il mio è dal tecnico.-
-Ottimo. Allora potresti venire a vedermi, quando finisci.- Gli fece l'occhiolino. -Ti aspetto. Ciao, Phoebe.-
-Ciao a te.- Strinsi le labbra, per evitare di ridere. 
Dio, era davvero possibile che, ad un tratto, non potessi più essere fortunata?
-Una ricerca, eh?-
-È la prima cosa che mi è venuta in mente.- Ghignò lui. -Ma potrei farlo davvero. Mia madre non tornerà prima di un paio d'ore.-
-Mi dispiace che io ti abbia fatto scaricare qui.-
-A me no.- Ammise serio. -Mi farei scaricare altre cento volte pur di poterti parlare.-

-Oh. Mio. Dio!- Gridò Sarah, saltando –letteralmente– dal letto. -Lo sapevo! Lo sapevo che voi due vi amate segretamente.-
-E io lo sapevo che raccontarti tutto sarebbe stato rischioso.- Alzai gli occhi al cielo. -Avrei dovuto tenere la bocca chiusa.-
Sarah si mise a ridere, incontenibilmente. -Mi dispiace, sul serio! Ma sembra che tu e l'amore non andiate d'accordo.- 
Presi uno dei tanti cuscini poggiati sul tappeto, al centro della stanza, e glielo lanciai contro. 
-Ehi!- Rise lei, afferrandolo al volo. -Mi dispiace, scusa! Cercherò di essere seria.- 
-Certo.- Sbuffai, raccogliendo i miei libri. -Fammi un fischio non appena sarai ritornata in te.-
-Oh, andiamo, Phoebe! Fermati, non te ne andare.- 
-Non sono dell'umore giusto.-
-E invece dovresti, visto che hai chiarito con l'amore della tua vita.-
Le lanciai un'occhiataccia. -La vuoi piantare?-
-Sul serio, Phoebe.- Sospirò Sarah. -Perché sei di cattivo umore?-
-Perché è tutto così complicato, così assurdo! Non ho una grande facoltà mentale quando sono con lui.-
La mia amica strinse le labbra e poi sospirò sonoramente. -Dicendo queste cose, però, mi rendi tutto troppo facile.-
-Che dovrei fare?-
-Baciarlo.-
-Già, certo.- Mi lasciai andare sulla sedia. -A questo punto è più facile a dirsi che a farsi.-
-Dovreste scegliervi un luogo appartato. La prima volta che io e Alex ci siamo baciati...-
-Eravate nello sgabuzzino della palestra difronte casa sua.- Alzai gli occhi al cielo e ripetei esattamente ciò che avrebbe detto lei. -Lo so. Mi hai raccontato tutto, per filo e per segno, dieci minuti dopo e tutti i giorni successivi.-
-Beh, era solo per darti l'idea.-
-Siamo stati nel laghetto abbandonato dove MAI nessuno va, eppure siamo stati comunque interrotti. Cosa c'è di più appartato?-
-Mh... la tua camera da letto?-
-Guarda che non ho intenzione di invitare Cameron e stuprarlo nella mia camera.-
Sarah scoppiò a ridere e, non appena le lanciai un'occhiataccia, disse: -questa volta lo hai detto tu, non io!-
-L'importante è che non cerchi di allontanarsi ancora.-
-A parte nel caso in cui dovessi essere tu a costringerlo, non credo che lo farà. Sembra davvero preso.- 
Il mio cellulare iniziò a squillare e, nella schermata principale, comparve il numero di mia madre. 
-Mamma.- 
-Ciao, tesoro.- Notai subito che c'era qualcosa che non andava. La sua voce era tesa. -Dove sei?-
-Da Sarah.- Aggrottai le sopracciglia. -Lo sapevi, te lo avevo detto.-
-Ma sei proprio a casa sua?-
-Certo. In quale altro posto dovrei essere?- Il timore nacque in me. -Che succede?-
-I suoi genitori sono a casa?-
-No, siamo solo io e Sarah. Mamma, che succede?- 
-Nulla. Voglio solo essere certa che tu sia al sicuro.-
-Non ricominciare a nascondermi le cose. Ti prego.-
-Stai tranquilla, tesoro. Non muoverti da lì. Taylor verrà a prenderti tra un'oretta e non appena sarai a casa parleremo.-
-È grave?-
-Non ti preoccupare, Phoebe. Non ti succederà nulla, te lo prometto.-
-Va bene- sussurrai. -A dopo.-
-Che succede?- Chiese Sarah, allarmata. 
-Non lo so.- Mi misi le mani tra i capelli. -Mamma non ha valuto dirmelo per telefono.-
-Pensi che si tratti ancora di quello psicopatico?-
-Si.- 
-Okay, ma forse non è così grave o tuo padre avrebbe smosso mari e monti pur di riportarti a casa.-
-Questo è vero. Ma qualcosa deve pur essere successa. Era troppo tesa, mia madre.-
-Mi chiamerai non appena te lo avranno detto?-
-Non hai bisogno di stress ulteriori.-
-No. Sei tu che non dovresti essere sottoposta ad ulteriori stress, io sto benissimo.-
Mi massaggiai la testa. -Si, d'accordo. Ti chiamerò subito.-
-Oh, Phé...- Sarah venne ad abbracciarmi. -Vedrai che presto sarà in prigione.-
-Tu credi che ce l'abbia ancora con la mia famiglia?-
-È proprio questo il problema degli psicopatici, Phoebe. Non si sa mai cosa pensano o cosa faranno.- 
-Ho paura per Teddy...-
-Ted è grande e grosso e ha una guardia del corpo ancora più grande e grossa di lui. Sarà al sicuro al 100%.-

Quando, esattamente un'ora dopo, Taylor venne a prendermi, il nervosismo di impadronii di me. 
-Vuoi che ti accompagni giù?- Chiese Sarah.
-No. È più sicuro anche per te, se resti qui. Ti chiamo non appena avremmo finito.-
-D'accordo, sta attenta.-
Potrà sembrare anche stupido, ma ero letteralmente terrorizzata, mentre aspettavo che l'ascensore, dal dodicesimo piano, scendesse al primo. Quando le porte si aprirono, infatti, praticamente corsi verso la macchina di Taylor ed entrai in fretta e furia.
Taylor si girò verso di me, allarmato. -Che succede?-
-Non lo so.- Presi profondi respiri. -Perché non me lo dici tu? Mi farete venire un'infarto, prima dei vent'anni.-
-Dio, Phoebe. Sembrava che qualcuno ti stesse rincorrendo.-
-Mi dispiace, okay? Mamma mi ha spaventata. Che succede?-
-Devi stare tranquilla. Il panico è tuo nemico.- Mormorò. -Non appena sarai a casa i tuoi genitori ti diranno tutto.-
-Ne sei sicuro?-
-Si.- Affermò. -Non rifaranno lo stesso errore.-

Una volta varcata la soglia di casa, parte del nervosismo abbandonò il mio corpo. Attenzione però, ho detto 'parte', non tutto. Mamma e papà erano già seduti sul divano, posto sotto la grande finestra, ad aspettarmi. Girarono entrambi di scatto la testa verso di me, non appena mi videro, per poi balzare in piedi. 
-Che succede?- Mi portai un'unghia in bocca e cominciai a mordicchiarla. 
-Vieni a sederti.- Sorrise mamma. 
-Perché?- Feci un passo indietro e ripetei: -che succede?-
-Tesero, stai tranquilla.- Disse papà, porgendomi la mano. -Non devi mai farti prendere dal panico.-
-E come faccio se voi vi comportate così?-
-Vogliamo solo parlarti, stai tranquilla.-
Scrutai lo sguardo di papà e mi sembrò sincero, quindi presi un profondo respiro e mi andai a sedere trai due. 
-Come sta andando a scuola?-
-Volete parlare di scuola?- Squittii, incredula. -Non ditemi che mi avete fatta preoccupare per questo!-
-Phoebe, rispondi e basta.- Papà chiuse gli occhi per un attimo. -Per caso hai notato qualche comportamento strano, in qualche tuo amico, negli ultimi giorni?-
-Strani?- Le mani cominciarono a sudarmi. -Non saprei... strani in che senso?-
-Non ti viene in mente nulla? È andato tutto bene in questi giorni?-
-Perché non arrivate al dunque, invece di farmi scervellare? Che succede?-
-Phoebe- mamma mi prese una mano. -Che mi dici di Cameron?-
Spalancai gli occhi. -Cosa c'entra lui?-
-Vogliamo che tu ci parli di lui. Come ti sembra? Ha comportamenti sospetti?-
Restai a bocca aperta, senza sapere cosa dire. -Noi... abbiamo parlato oggi, dopo un po'.- Scossi la testa e cacciai via i brutti pensieri. -Ma perché stiamo parlando di lui? Che c'entra con Jack?-
-Jack è una storia a parte, tesoro.- Mormorò papà. -Abbiamo un'altro problema, oltre a lui.-
Lo supplicai, con gli occhi, di non dirmi che il problema fosse Cameron ma, papà, per tutta risposta, abbassò lo sguardo afflitto. 
-Non capisco. Che vuol dire tutto questo? Che c'entra Cameron?- 
-Cosa sai di questo ragazzo? Com'è?- 
-So che suo padre ha da poco trovato lavoro qui ed è per questo lui e tutta la famiglia si sono trasferiti a Seattle da una piccola cittadina che lui odiava.-
-Qual è?-
-Cosa?-
-La piccola cittadina da cui viene.-
Ammutolii e chiusi gli occhi. 
-Phoebe, tesoro, a parte il suo nome, di concreto cosa sai?- 
-Odia lo sport, ma il mattino presto, per tenersi in forma, va a correre.- Cercai di spremere le meningi per poterlo discolpare da qualsiasi assurda colpa i miei genitori gli avessero affibbiato. -È un anno più grande di me e non va pazzo per la pizza, ma per i dolci. Sua madre, sembra essere una donna davvero fantastica.-
-Sai il suo nome?- 
-Certo, si chiama Meredith.-
-È qual è il cognome di questa famiglia?-
Per la seconda o terza volta, restai senza parole. 
-Phoebe- sospirò papà. -Provvederò io stesso a mandare via da quella scuola quel ragazzo.-
-Che cosa?- Scattai. -Non puoi... non devi farlo! Il fatto che io non lo conosca bene è scaturito dal fatto che si è trasferito da poco!-
-È un ragazzo pericoloso.-
-Non è affatto vero!- Scacciai via dalla mente l'immagine di Cameron e Jeremy alla mensa. -State dicendo delle idiozie, e poi come fate a saperlo?-
Papà strinse le labbra. -Per la tua sicurezza, ho preferito fare delle ricerche su questo nuovo ragazzo.-
"Ovviamente." Incrociai le braccia, in attesa. 
-Il suo nome è Cameron Hughes e ha diciassette anni. Il 3 agosto ne compirà diciotto. Ciò che mi preoccupa, sono molti dati, di una relativa importanza, a non esistere. O meglio, esistono, ma neanche con il mio sistema riesco a trovarli.-
-Si chiama privacy.-
-C'è una sottilissima linea tra la privacy e il mentire, tesoro.-
-Che vuoi dire?-
-Oltre ad essere una persona violenta, potrebbe essere un sospettato. Troppo cose, della sua famiglia, non mi tornano.-
-Perché continui a dire che è violento? Non lo conosci neanche.-
Non ci capivo più niente e, al tempo stesso, cominciavo a capire tutto.
-Una cosa alla volta, tesoro. Ti ha mai parlato di un fratello?-
Alzai lo sguardo di scatto. -No, mi ha detto di essere figlio unico.-
-Stanno nascondendo qualcosa, Phoebe. È per questo che devo allontanarlo da te.-
-Ha fratelli...?-
-Uno. Ma, secondo le mie ricerche, sembra che sia morto in un incidente stradale. In macchina c'era tutta la famiglia, eppure l'unico deceduto è stato il bambino.-
-Ti sembra strano che sia deceduta solo una persona?-
-Mi sembra strano che di questa storia non ne abbia mai parlato nessuno. Non c'è nessun giornale, nessun sito web, di cui si parli di questo tragico giorno. Tutto questo non quadra. Il padre di Cameron, sembra avere anche un fratello, di cui non si hanno notizie.-
-Cameron questo me lo aveva detto! Suo zio e suo padre non si parlano più ormai da anni.- 
-Cameron ti sta mentendo su tutto, Phoebe.-
-Lo conosco da troppo poco, non puoi allontanarlo perché mi ha mentito sul fatto di avere un fratello. Lo ha perso. Non puoi fargliene una colpa.-
-Non è questo ciò che mi preoccupa di più. Ho saputo che ha avuto una rissa, a scuola. È vero?-
-Si, ma questo non vuol dire che...- 
-Phoebe.- Esclamò papà. -È stato messo ai domiciliari per un anno intero, per aver mandato in coma un ragazzo che, fortunatamente, si è risvegliato pochi giorni dopo. Sembra essersi immischiato in una rissa finita tragicamente.-
E ad un tratto, le sue parole... "Ho avuto un grande senso di sopportazione per un po', ma poi non ce l'ho più fatta." ebbero un senso.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Cinquanta sfumature di... / Vai alla pagina dell'autore: FaNgIrL_97