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Autore: vero511    21/01/2017    1 recensioni
Dal testo: "Perché dopo l’amore viene il dolore, e dopo ancora, ritorna l’amore. È un ciclo continuo."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era sempre stato un tipo particolare, con la testa fra le nuvole. Lo guardavo mentre si perdeva a pasticciare scarabocchi e mormorava assente frasi sconnesse. Non so dire con esattezza cosa mi spinse ad osservarlo così a lungo, e in maniera più insistentemente di giorno in giorno. Con il passare delle settimane, si accorse della mia presenza il che mi colpì. Una persona normale si sarebbe sentita studiata, ma lui non era ciò che si potrebbe definire “normale”. No, lui è sempre stato molto più di questo ed io l’ho sempre saputo. Ciò che non sapevo era che prima o poi mi avrebbe notata.

Nella mia vita, ho cercato di mantenere quello che si definisce un profilo basso. Non ho mai amato essere al centro dell’attenzione o dare nell’occhio, ma quando, in un giorno di primavera, rimasti soli in classe lui mi guardò, per la prima volta non mi sentii in nessuno modo fuori posto. Sembrava stranamente piacermi il modo in cui il suo sguardo solcava minuziosamente ogni dettaglio del mio corpo, a partire dalla frangetta spettinata, le ciglia lunghe, le lentiggini che favorivano a dare colore alla mia pelle altrimenti molto pallida; per poi scendere giù, fino al contorno delle labbra segnate dai troppi morsi del nervosismo, le clavicole scoperte lievemente dalla camicetta e infine risalire e fermarsi sui miei occhi. Ultimamente sento molto parlare di lui, ma soprattutto, leggo molto sul suo conto e pare che una delle sue qualità più acclamate siano gli smeraldi verdi che contornano le pupille scure. Niente da dire in contrasto a questa affermazione di bellezza, ma a me ha sempre detto che il suo colore preferito non era il prezioso verde limpido dei suoi occhi, ma il verde “sporco” dei miei. Si ostinava ad affermare che le mie iridi erano più profonde, reali e meno noiose delle sue. Spesso mi ripeteva che se fosse stato bravo a dipingere, avrebbe cercato in ogni modo di riprodurre questo tratto del mio viso, anche se non sarebbe mai riuscito ad avere successo, a detta sua.

Il primo mese passato insieme fu disastroso. Eravamo entrambi alle prime armi e nessuno dei due sapeva come prendere l’altro. Troppo timidi ed esperti per arrivare al dunque, e troppo ingenui per rinunciare a lasciarsi guidare dai sentimenti. Poi successe qualcosa: un giorno, mentre eravamo seduti su una panchina, in un parco, mi confidò di voler diventare un cantante. Mi disse che quello era sempre stato il suo sogno. “Canta per me” gli risposi soltanto. E lui lo fece. La sua voce era un misto di dolcezza e aridità allo stesso tempo e mi fece venire letteralmente i brividi. Ascoltai con attenzione ogni singola parola che volava via dalle sue labbra carnose e vedendolo così spensierato, sperai davvero che un giorno potesse realizzare il suo desiderio. “Che mi dici di te?” mi chiese infine. Lo guardai spaesata, senza capire. “Si, insomma, qual è il tuo sogno?” Non diedi alcuna risposta a quel quesito.                                            
Più tardi, sola nel mio letto, ci ripensai: da grande mi sarebbe piaciuto fare la scrittrice, ma questo, lui lo seppe solo dopo circa altri quattro mesi.

Le cose andavano a gonfie vele. Passeggiavamo mano nella mano, nei fine settimana andavamo al cinema, lui mi invitava a vedere le sue partite di calcio e io gli facevo leggere ciò che scrivevo. Eravamo felici, vivevamo la nostra relazione a pieno senza curarci dello scorrere del tempo che intanto passava inesorabile.                                         
Ci rendemmo conto di essere arrivati a un punto di svolta quando annoiati sdraiati sul letto della mia camera, ci guardammo negli occhi, persi. “Non credo di poter andare avanti così”. Le sue parole furono un duro colpo, ma non lo diedi a vedere più di tanto. Però lui, come sempre del resto, capì il mio dolore attraverso le mie parole. “Vuoi che ci lasciamo?” Apparentemente era tutto tranquillo, quasi indifferente. Ma entrambi sapevamo che non era così, sapevamo che nelle nostre teste gli ingranaggi si stavano  arrovellando per trovare una soluzione e che nei nostri petti, i cuori pulsavano allo stesso ritmo di dieci cavalli inferociti al galoppo. “No, no.” “A meno che non sia quello che vuoi tu…” era diventato insicuro e così mi affrettai a porre rimedio al malinteso che avevo creato. “No, non è quello che voglio”.                                              
Quella notte fu diversa da tutte le altre. Ancora oggi non so esprimere a parole quello che provai: fu un uragano di sensazioni mai neanche immaginate prima. Un momento era dolore e quello dopo un’immensa gioia in grado di riempirmi il petto d’amore. Perché fu proprio quello. Il mio primo amore.

Quando raccontai la storia a mia figlia per la prima volta, le dissi che un ragazzino dai ricci castani e ribelli e dagli occhi chiari come il mare delle isole tropicali, mi aveva rubato il cuore e che insieme avevamo passato dei momenti magici, come ad esempio, ammirare le stelle che inondavano il cielo notturno, le numerose passeggiate al tramonto e le tenerezze scambiate sotto la pioggia. Solo in un secondo momento, quando fu in grado di comprendere con maggiore pienezza il concetto di sofferenza, le raccontai che quello stesso ragazzo, bellissimo e con la testa sempre tra le nuvole, non era suo padre come credeva lei, ma solo un amore durato un paio d’anni della mia giovinezza. Le spiegai cosa accadde dopo, perché dopo l’amore viene il dolore, e dopo ancora, ritorna l’amore. È un ciclo continuo.

Mi recai a casa sua stringendo tra le mani un pacco di fogli rilegati e stampati ordinatamente. Avevo ragionato a lungo prima di prendere la decisione di fargli leggere quella che probabilmente sarebbe stata la mia opera migliore, ma decisi che era giusto così perché io e lui dovevamo condividere le cose importanti e questa per me lo era. Ero talmente emozionata che mi sembrava di sprigionare scariche di elettricità pura. Quando bussai, la mia mano tramava. “Eccoti finalmente” mi strinse a sé e mi prese in braccio facendomi fare una giravolta e io sorrisi a quel gesto ricco di sentimento. Poi mi rimise con i piedi per terra e mi diede un bacio sulla fronte. “Ho una notizia meravigliosa.” I suoi occhi brillavano più del solito e decisi che il mio lavoro poteva aspettare, così posai i fogli sul tavolo e lo guardai in attesa. “Mi hanno preso per il provino!” gridò improvvisamente. Qualcosa dentro di me si ruppe. Il tempo sembrò congelarsi: provavo un’immensa gioia derivata dalla consapevolezza che era un passo più vicino a raggiungere il suo sogno, ma al tempo stesso sapevo quali sarebbero state le conseguenze che ne sarebbero derivate. Fu come se nel mio cuore, acceso dalla felicità per il ragazzo davanti a me, si fosse creata una microscopica crepa di cui non mi curai in quel preciso momento; ma di questa mia incoscienza, ne subii gli effetti più tardi. In quel lasso di tempo, l’unica cosa fondamentale era esserci per la persona che amavo e poter condividere la sua soddisfazione con lui. Partì un paio di giorni dopo e il suo allontanamento mi fece soffrire come pensavo nient’altro sarebbe riuscito a fare. Ma fu in quell’istante che feci uno degli errori più grandi della mia vita, infatti mi sbagliai perché fu un altro l’episodio verificatosi di lì a pochi giorni, che mi avrebbe sconvolto l’esistenza e che mi avrebbe costretta a chiudere per sempre un capitolo, forse il più prezioso, di essa.

Mentre le selezioni procedevano, ci scambiavamo lettere e telefonate e quando mi spiegò che spesso si sentiva solo ed annoiato, ripescai dal fondo di un cassetto il mio scritto e gliene spedii una copia. Mi disse che fu contento di riceverlo e che l’avrebbe letto. Per alcune settimane, non ricevetti alcuna sua notizia ed iniziai a preoccuparmi. Tramite la televisione, seppi ce l’aveva fatta. Colui che amavo era riuscito a realizzare il suo sogno ed io non potevo far altro che congratularmi con lui, così lo chiamai e finalmente, rispose. “Ciao”. “Ciao, io…volevo farti i miei migliori auguri. Ce l’hai fatta”, ero timida come non ero mai stata con lui. “Si ce l’ho fatta. Ti ringrazio.” Ci fu silenzio tra noi e pensavo avesse attaccato, poi sentii delle voci e quelli che sembravano festeggiamenti. “Sicuramente avrai da fare, è meglio che tolga il disturbo.” “L’ho letto.” Mi disse prima che chiudessi la telefonata. “E?” Non potevo mettere giù prima del verdetto. “Hai scritto di noi due. Hai scritto la nostra storia. Sei brava, lo sei sempre stata” Provai un istante di ebrezza. “Ma?” sapevo che voleva aggiungere qualcosa. “Ma noi…” Era il suo momento, non volevo rovinarglielo, così parlai per lui: “Noi non esistiamo più”.

Mia figlia pianse quando seppe la fine del racconto del mio primo amore, e in lei rividi la giovane me con ancora in mano la cornetta del telefono e la me presente mentre rilegge quella vecchia opera. Quest’ultima venne pubblicata e fu un gran successo. Modificai i nomi, nessuno seppe mai che era un’autobiografia, nessuno tranne quel noi che ormai è andato disperso tra le pagine del tempo, come le lettere sbiadite di un antico manoscritto o le foglie secche sbriciolate e portate lontano dal freddo vento autunnale.


-N/A-
Buonasera! Innanzitutto vi ringrazio infinitamente per essere arrivati fino a qui. Sono consapevole che non sia il massimo, ma volevo mettermi alla prova e cimentarmi in una one-shot. Alcune piccole spiegazioni: naturalmente il protagonista maschile è Harry e la storia è un antefatto alla sua carriera da cantante. Non esiste il nome della protagonista perché desideravo creare questa sorta di mistero per cui lui la terrà fuori dalla sua vita e inoltre perché ogni ragazza che leggesse, potesse immedesimarsi meglio. E niente, accetto critiche costruttive e vi prego di farmi sapere cosa ne pensate di questo esperimento. Un bacio.
  
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