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Autore: syila    22/01/2017    7 recensioni
"...Bastava solo un granello di sabbia dentro quel disastroso ingranaggio perché si scardinasse e sapeva, con la sfrontata sicurezza dei vincenti, che doveva essere lui quel granello"
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Sole a Mezzanotte'
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Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.


Montale – Ossi di Seppia

"Non sceglierli troppo giovani, all'inizio la prospettiva di vivere per sempre gli sembrerà esaltante, poi arriveranno ad odiarti per le futili sciocchezze di cui li hai privati: il primo appuntamento, le vacanze con gli amici e malediranno ogni singolo tramonto di cui non hanno visto l'alba. Non prenderli nemmeno troppo in là con gli anni, quando la loro anima è diventata un groviglio di fallimenti, un cumulo di rovine, che si reggono sulle stampelle del rimpianto e della disillusione".
Gli insegnamenti di Yakov funzionavano per ogni tipo di condizione esistenziale ed era chiaro che, almeno nel secondo caso, stava parlando di sé stesso.
Lui si era attenuto scrupolosamente alle istruzioni del suo mentore e la nuova vita aveva finito per non essere molto dissimile da quella vecchia; manteneva una parvenza di normalità che gli consentiva di intrufolarsi nel consesso umano come una presenza discreta: affascinante se voleva interagire con le sue vittime, sfuggente nel momento in cui doveva sbarazzarsene.
Doveva?
Si.
Era controproducente mantenere un contatto prolungato con loro; nella prospettiva deformata di un essere immortale ogni cosa finiva per avvizzire e i sentimenti non facevano eccezione; i resti delle passioni estinte sedimentavano alimentando uno strato di cinismo e indifferenza che rendeva impermeabili a tutto, finendo per sopprimere anche gli istinti primari: la Sete, il Sonno, il Principio di Autoconservazione.
Allora la Morte, quella definitiva, veniva accolta come una benedizione da gusci ormai vuoti, insensibili perfino alle paure ancestrali, che sopravvivevano intatte durante la Trasformazione.

Apprendere, evolversi erano i comandamenti che Yakov gli aveva inculcato fin dalle prime notti; servivano ad imporsi in un ambiente piccolo, ma incredibilmente spietato e competitivo; una nicchia ecologica dove la selezione naturale era una variabile tra tante.
Tutto il resto: la voluttà, il desiderio, la seduzione, erano un elegante corollario al continuo perfezionamento dell'individuo.
Questo era il credo del suo mentore, nella loro "piccola società" molti lo condividevano, altri ne prendevano le distanze.
Delle correnti di pensiero, degli Evoluzionisti, dei Predatori, dei Concilianti lui poco si curava; da qualche tempo aveva maturato una visione personale della sua condizione dove l'evoluzione acquistava un senso solo se poteva essere condivisa con qualcuno, altrimenti era solo una fune tesa sul baratro della follia, un appiglio a cui aggrapparsi per sfuggire al miraggio di un'eternità sempre uguale a sé stessa.

Sui tempi e sui modi di questa condivisione aveva ancora qualche dubbio diversamente dal soggetto: lo aveva scelto per una sorta di affinità elettiva, perché non si era mai davvero allontanato dalla sua vita precedente, ma soprattutto perché sembrava la sintesi perfetta e paradossale del “Teorema di Yakov”: un giovane adulto carico di rimpianti e quasi del tutto privo di esperienze.
Non era ancora andato in pezzi e ciò rappresentava per lui un intrigante mistero; arrivava a sera e in qualche modo riusciva a tirare a riva la sua esistenza pronto a ricominciare l'indomani, incassando i colpi che una sorte matrigna gli riservava nello sport e nella vita, trattandolo senza troppi riguardi dentro e fuori la pista di pattinaggio.
O a bordo pista, come in quel momento, mentre confabulava con l'allenatore dopo l'uscita della classifica. Vide le sue spalle curvarsi sotto il peso delle considerazioni sulla performance e rispondere con un blando sorriso e un vago cenno di diniego ad una specie d'incoraggiamento, accompagnato da una affettuosa pacca sulla schiena, che lo spedì dritto verso gli spogliatoi, come se gli servisse una spinta per allontanarsi da lì.

Aveva già rinunciato alla fine del primo giorno di gare?
Altamente probabile se riferito al quadro generale che si era fatto di lui negli ultimi mesi.
Osservandolo dall'esterno riusciva a cogliere il meccanismo perverso in cui era intrappolato: si qualificava, otteneva un buon piazzamento e poi, per qualche motivo, si spegneva.
Qualsiasi fosse il programma, al di là di minuzie e piccoli errori, la sua esecuzione arrivava sfocata comunicando forse la metà del potenziale originario.
L'analisi tecnica terminò nel momento in cui la sagoma rassegnata del pattinatore scomparve al di là delle porte a vetri che immettevano negli spogliatoi; bastava solo un granello di sabbia dentro quel disastroso ingranaggio perché si scardinasse e sapeva, con la sfrontata sicurezza dei vincenti, che doveva essere lui quel granello.




“E' la mia doccia, sloggia Katsuki!”
All'affermazione sgarbata una testa bruna fece capolino dalla tenda e si guardò timidamente attorno.
“Le altre sono libere” obiettò sforzandosi di essere gentile, litigare col ragazzino russo a fine gara? No grazie, non era nelle sue opzioni.
“A me piace questa” scandì il biondino, esile, aggraziato, una silfide, ma con certi modi da scaricatore che avrebbero scoraggiato un santo, figurarsi lui, ancora impegnato a raccogliere dal pavimento i brandelli di autostima dopo la deludente esibizione.
La risposta fu quindi un compito inchino, seguito da un cavalleresco invito ad accomodarsi nel cubicolo a cui il suo interlocutore replicò con un'occhiata sprezzante e uno schiocco di lingua.
“Il tigrotto sta marcando il territorio non prendertela!” gli fece eco la voce musicale del collega svizzero che s'imponeva tra gli scrosci d'acqua.
“Cerchi rogne Giacometti?” s'intromise il russo.
La risata limpida di Christophe liquidò la minaccia del tigrotto e discorso proseguì su una falsariga disimpegnata “Se vuoi puoi farla insieme a me la doccia Yuuri, c'è abbastanza posto!”
“Cos...? N-no, no, no grazie! Fa come se avessi accettato!” la battuta, che sembrava preparata a bella posta scatenò un putiferio di fischi e risate nello spogliatoio e il suo autore sparì in quattro balzi nella cabina più lontana.
Scherzi e battute erano all'ordine del giorno; conosceva quegli atleti da anni ed erano la cosa che più si avvicinava al concetto di “amici” per uno come lui, sempre impegnato tra allenamenti, gare, qualificazioni, perennemente col borsone a tracolla ad arrancare verso il prossimo cancello d'imbarco, sballottato tra i fusi orari più improbabili con la prospettiva di tornare a casa un mese all'anno se andava bene.

Dal suo rifugio di piastrelle bianche rimase in ascolto finché la conversazione non venne dirottata su altri argomenti; il suo coach e Michele, il rappresentante italiano alla finale, forti delle comuni origini avevano iniziato un dibattito serratissimo sulla cucina e sul locale in cui avrebbero concluso la serata; a Milano rimanevano aperti fino a tarda ora e c'era l'imbarazzo della scelta.
Quando Phichit, il suo compagno di squadra, osò intromettersi nella discussione tra gourmet proponendo un Thai riesplose la bagarre.
Avevano una gran voglia di smaltire la tensione, rilassarsi, divertirsi, magari ubriacarsi, tutti tranne lui ovviamente; lui aveva bisogno di crogiolarsi nell'abbraccio caldo dell'acqua e di indulgere ancora un po' nell'autocommiserazione, quel tanto che bastava a trovare la forza di uscire, vestirsi, affrontare le telefonate della famiglia, il ritorno in albergo e infine seppellirsi nelle coperte fino al pomeriggio successivo.

Una volta fissata l'entusiasmante scaletta si decise ad abbandonare la trincea e constatò sollevato che la maggior parte degli altri pattinatori era già uscita; non doveva condividere il suo umore nero con nessuno... A parte Phichit.
Il ragazzo dalla carnagione ambrata gli si parò davanti all'uscita della doccia con un magnifico bouquet di rose trillando “Un fattorino le ha portate per te, sono come quelle dell'ultima volta!” e per ribadire il suo entusiasmo gli spinse i fiori sotto al naso fino a farlo starnutire.
“Chi le manda?” chiese con le palpebre socchiuse, mentre cercava a tentoni gli occhiali.
“Niente biglietto” annunciò “Hai un'ammiratrice davvero timida Yuuri!”
“E di buon gusto” anche Christophe purtroppo era ancora lì e colse subito l'occasione per impicciarsi “Rose Baccarà" valutò cogliendone una dal mazzo per osservarla con l'aria da intenditore“Molto belle e molto costose, le chiamano anche rose nere, per via del colore e credo che il loro significato sia... “passione profonda” concluse strizzandogli l'occhio.
Dio quanto sapeva assere allusivo lo svizzero quando ci si metteva!
“Potrebbero essere di uno sponsor” ipotizzò l'altro per mettersi al riparo da nuove insinuazioni equivoche.
“Se fossero di uno sponsor ci sarebbe un biglietto col logo più grosso del mazzo cher, perchè allora non di un... Ammiratore?”
“Christophe adesso che mi ricordo, c'è il tuo manager fuori, ti sta aspettando!” esclamò il giovane thailandese.
“Oh, impaziente come una donna, ma a farlo aspettare ho solo da rimetterci”
“Esco con te, e tu sbrigati Yuuri, sei sempre la solita lumaca!”
Phichit, caro ragazzo, cosa avrebbe fatto senza di lui?
“Andate avanti, mi asciugo i capelli e arrivo” rispose accennando un sorriso di gratitudine al compagno, che lo aveva appena salvato dalla maliziosa invadenza di monsieur Giacometti.

Fine prima parte



† La voce della coscienza †

Quella di Yuuri ogni tanto farà capolino durante la narrazione, la mia più modestamente la inserisco qui a piè di pagina, insieme ad alcune considerazioni personali:
Ho pensato a questo racconto come un omaggio al soggetto originale (che ho amato fin da subito) ma anche come una storia che potesse camminare con le proprie gambe partendo da un altro spunto che adoro: i vampiri.
Il risultato sono questi primi tre capitoli (di cui uno vede la luce adesso e gli altri non appena avrò terminato di litigare con l'edit) a cui faranno seguito eventi successivi.
Attenderò con piacere i vostri riscontri, che saranno importanti anche in vista degli sviluppi futuri della trama.

Un ringraziamento va a Old Fashioned, che si è coraggiosamente sobbarcato la lettura del malloppo dandomi un altro punto di vista e alcuni utili suggerimenti.
Un ringraziamento va anche a Syl, la mia socia di spericolate avventure narrative, altrettanto coraggiosa nell'affrontare la lettura e a fornirmi la sua opinione nonostante la folle mole di lavoro che la impegna in questo periodo!

Un'ultima precisazione:
La trama è ambientata nel 2018, perchè l'anno prossimo il Campionato Mondiale di Pattinaggio sarà proprio a Milano, un po' di orgoglio nazionale non guasta mai :)
   
 
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