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Autore: Dahu    22/01/2017    0 recensioni
Nati come un esperimento della Guardia Imperiale, i Baschi Neri sono tutti abitanti di un mondo assassino.
Classificati come ferali e considerati selvaggi dagli altri soldati, addestrati come forze speciali per operazioni mordi e fuggi, presto dovranno fare i conti con quello che sono in realtà; ragazzi di diciotto anni con un fucile laser tra le mani e nessuna idea di cosa gli riservi il futuro.
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Hernest vide la radura dove la testa della colonna si era scontrata con gli orchi sfilargli attorno.
C’erano parecchi nemici che giacevano scomposti nell’erba bruciacchiata e macchiata di sangue.
Anche alcuni veicoli nemici erano abbandonati, spesso con i cadaveri dell’equipaggio che pendevano da finestrini e cassoni.
Ma con un tuffo al cuore l’ufficiale vide anche due Tauros capovolti, uno dei quali era avvolto dalle fiamme.
Gli uomini che avevano formato gli equipaggi dei due veicoli e coloro che vi si erano imbarcati giacevano a poca distanza, come bambolotti spezzati.
“Spero che la missione riesca, spero che ne valga la pena!” Pensò.
Ed ebbe subito un moto d’insicurezza.
Era pur sempre un Frayn, sarebbe riuscito a riportare a casa i suoi uomini o si sarebbe trasformato in un involontario macellaio come suo padre?
Il vox operatore dovette chiamarlo due volte per ottenere la sua attenzione.
-Signore!- Tentò il soldato.
-Che vuoi?!-
Ringhiò lui in risposta, il suo umore era peggiorato parecchio a causa dei cupi pensieri sul passato della sua casata.
-Comunicazione dagli esploratori, Capitano-
Hernest strappò la cornetta dalla mano del soldato e rispose.
A quanto pareva Kran aveva infiltrato dieci dei suoi uomini nel complesso estrattivo, con l’incarico di trovare gli elysiani ed usare il loro vox per comunicare le coordinate, mentre il Sergente con altri nove uomini avrebbe fatto osservazione, registrando le coordinate dei bersagli da indicare ai mortaisti.
L’ufficiale sperò che gli esploratori fossero rapidi, poiché i Tauros non avrebbero impiegato più di venti minuti ad arrivare al sito.
 
Drake Varn imprecò sottovoce.
Le mani gli tremavano per lo sforzo e per la paura, non sapeva a che altezza si trovava, ma era certo che una scivolata gli sarebbe costata la vita.
Come tutti gli scalatori, il vendolandiano sapeva che il tremore era il peggior nemico di una buona tenuta e che cedere alla paura era il modo migliore per cadere di sotto, tuttavia non riusciva a farne a meno.
Con la voce rotta dal respiro affannoso prese a canticchiare tra se una vecchia canzone che suo padre era solito suonare con l’ocarina.
Smise quasi subito, per timore che qualche nemico in agguato potesse sentirlo.
Un piede prese a scivolargli verso il basso, se si fosse staccato dalla parete lo avrebbe fatto cadere.
Con un enorme sforzo il vendolandiano impose l’immobilità allo scarponcino da pattuglia, quindi tentò di muovere una mano, ma l’arto non rispose al suo comando.
Drake chiuse gli occhi e si maledì per essersi messo in quella situazione.
Respirò a fondo due volte, riempiendosi i polmoni di quell’aria malsana.
Voleva uscire da quell’oscura cavità di metallo; aveva bisogno di respirare aria pulita.
La mano destra del vendolandiano si mosse verso l’alto, lui vi impresse tutta la forza e mosse la sinistra.
Ora toccava ai piedi, prima il destro e poi il sinistro.
Non sapeva da quanto stava procedendo in quel modo, aveva l’impressione che la sua intera vita si riassumesse in una scalata infinità in quella condotta sporca di petrolio.
Improvvisamente la mano sinistra non trovò un appoggio verticale e lui fu costretto a poggiarla in orizzontale.
La luce era molto più forte di prima, ormai doveva essere vicino all’apertura e la condotta svoltava, mettendosi in orizzontale.
Il cuore del cacciatore esultò, vedendo vicina la fine di quell’incubo, ma lui si forzò a rimanere freddo; infilarsi in quel tubo di metallo non sarebbe stato facile.
Facendo forza con i piedi, Drake staccò cautamente la mano destra dalla parete, per metterla di fianco all’altra. Non appena la destra fu appoggiata, il giovane si diede una spinta, aiutandosi con gli avambracci, in modo da portare il torace oltre le mani.
I piedi scivolarono immediatamente, andando a scalciare nel vuoto, ma la parte più pesante del corpo del soldato era ora nella condotta orizzontale e questo gli evitò di cadere.
Con un enorme sforzo, reso più gravoso dai polmoni compressi a causa dell’incomoda posizione, Drake riuscì a portare tutto il corpo nella nuova condotta, rischiarata a tal punto da permettergli di distinguere chiaramente le linee della rappresentazione tribale di un thoruk in volo che, assieme a due ikran e tre lupi a sei zampe, decorava come una manica il suo avambraccio destro.
Un thoruk, rettili alati dal vivo colore arancione e blu e dall’apertura alare pari a quella di due cannoniere Valkyrie affiancate, era il responsabile del suo arruolamento.
Due anni prima, la bestia aveva attaccato il villaggio dove viveva la sua famiglia, evento tutt’altro che raro nella valle.
Tuttavia, quel giorno quasi tutti gli abitanti erano al mercato del paese vicino, lasciando sguarnito di lance il loro abitato.
Il thoruk era infine caduto sotto le frecce di Drake e di suo padre, ma con un ultimo spasmo d’agonia aveva sventrato l’uomo.
Nell’attacco avevano perso la vita anche sua madre, sua sorella maggiore ed i suoi tre fratelli.
Così quando la sorella minore del cacciatore, ultimo elemento della sua famiglia, aveva lasciato il villaggio per andare in sposa ad un abile artigiano della jungla, Drake aveva deciso di entrare nella Guardia Imperiale.
Non che vivesse male da solo al villaggio, ma il suo spirito d’avventura lo aveva spinto a cercare nuovi orizzonti.
Ora di avventura ne aveva avuta fin troppa, pensò mentre riprendeva a strisciare.
Drake si passò l’avambraccio sinistro sul viso, nel tentativo di tergere le grosse gocce di sudore che gli percorrevano fastidiosamente la fronte e lo ritirò completamente imbrattato di creme di mascheramento.
Davanti a lui vi era un’apertura di grosse dimensioni, per l’esattezza quasi metà della sezione era scomparsa, probabilmente colpita da un razzo.
La luce del sole gli ferì gli occhi, ormai abituati all’oscurità, ricordandogli che esisteva un mondo fuori da quell’inferno maleodorante.
Cautamente il cacciatore si accovacciò, sporgendo la parte superiore del busto e la testa fuori del riparo offerto dal metallo, sfrangiato dall’esplosione che lo aveva aperto chissà quando.
Si trovava in un breve tratto orizzontale della condotta, che precedeva una nuova curva verso il basso.
Il tratto orizzontale nel quale si trovava lui era sostenuto da alcuni montanti in metallo che poggiavano su di una specie di colonna in cemento, sulla sommità a base quadrata della quale, due metri più in basso, vi erano due gretchin armati di rudimentali fucili.
Per sua fortuna le due vedette erano girate di spalle l’una all’altra e non stavano guardando in alto.
Dalla sua posizione il vendolandiano poteva far spaziare lo sguardo su gran parte del complesso.
Quasi tutte le strade erano pattugliate da gruppi di orchi e dalle loro posizioni appariva evidente che gli elysiani dovevano aver trovato rifugio da qualche parte a Nord-Ovest, direzione dalla quale giungeva un chiaro crepitare di fucili laser e calibri orcheschi.
La mente del cacciatore vagò in cerca di una soluzione per alcuni secondi, ma l’unica cosa che gli venne in mente era che se i due pelleverde erano saliti su quella piattaforma allora era evidente che vi era una scala e che sarebbe riuscito a scendere per aprire la porta ai compagni.
Sempre che riuscisse a liberarsi delle due sentinelle.
Con gesto nervoso liberò il coltello dalla cintura, ruotandolo in modo da impugnarlo con la punta verso il basso.
Se almeno si fosse portato la pistola laser!
Il vendolandiano prese due bei respiri, pregando che i due mostricciattoli non guardassero in alto.
Doveva essere rapido, spietato e silenzioso.
Prese un ultimo respiro e si lasciò cadere.
Impattò con forza contro la prima sentinella, schiantandola contro il cemento.
La ginocchiera integrata nel pantalone della mimetica sbatté contro il torace nemico ed il cacciatore sentì chiaramente le costole che si frantumavano sotto il suo peso.
Il gretchin fece per urlare, ma la pesante lama del coltello vendolandiano gli tagliò la gola in profondità, recidendogli anche le corde vocali.
Il secondo nemico si stava voltando, quando la mano sinistra del soldato gli chiuse la bocca e trazionò, imprimendo alla testa del pelleverde un’innaturale torsione in alto e di lato.
Il coltello si piantò nel torace della sentinella, appena sopra la clavicola e  Drake ve lo lasciò infisso, per colpire la sommità del manico con la mano aperta, in modo da affondare la lama ancora più in profondità.
Il mostro fu scosso da uno spasmo e lasciò cadere la sua arma.
Il vendolandiano afferrò l’impugnatura del coltellaccio e tirò lasciandosi sfuggire un grugnito per lo sforzo di estrarlo dalle carni del nemico.
L’uscita della lama fu seguita da un solo getto di sangue scuro, che schizzò in faccia al soldato ed imbrattò la sua mimetica, poi il pelleverde ebbe un ultimo sussulto tra le braccia del suo uccisore e rimase immobile.
Drake lasciò cadere il cadavere, schifato per la puzza del sangue fuoriuscito dalla creatura e si accasciò contro un montante di metallo.
Rimase seduto con la schiena appoggiata alla struttura per alcuni minuti, in modo da permettere al suo cuore di rallentare i battiti.
Nessuno dei pelleverde che, una decina di metri più in basso, pattugliavano le strade aveva dato segno di averlo udito.
   
 
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