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Autore: shinepaw    23/01/2017    4 recensioni
Dal testo: - Lo senti? - bisbigliò il ragazzo dagli occhi blu, ansimando. - Fuori sta piovendo di nuovo, ma voglio che ti concentri solo su i rumori che produciamo noi. Cosa senti?
- Il tuo respiro - rispose debolmente Ares, senza fiato. Serrò le palpebre, sussultando e poi inarcandosi sotto il fidanzato. - Nnn...
- Cos'altro?
- Il tuo corpo contro il mio... Dean...
Egli ringhiò sommessamente e si accasciò su di lui, stravolto.
- E ora?
- Il battito del tuo cuore. Sta battendo davvero forte.

I temporali sono fenomeni atmosferici non da tutti apprezzati. Ares, di sicuro, non li apprezza proprio per niente, anzi, ne ha una paura folle! Ma si sa, dopo la pioggia arriva l'arcobaleno...
-
Ad Ale, con tutto il mio affetto. Buon compleanno, tarmetta!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Keeping Love Again'
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Un tuono rimbombò in lontananza. Ares alzò la testa di scatto, per poi sospirare.

Era solo un tuono.

Al suo tocco, lo schermo del cellulare s'illuminò. Erano le quattro e mezza di pomeriggio e non aveva alcun messaggio. Sospirò di nuovo. Dean non sarebbe tornato a casa prima dell'ora di cena.

Un altro tuono. Serrò le palpebre e prese un respiro profondo, sforzandosi di restare calmo. L'improvviso vibrare del telefono lo distrasse per un secondo e si precipitò a rispondere senza nemmeno guardare chi fosse.

- Pronto?

- Oh? Uh, ciao, Ares... scusa, ho sbagliato numero... sei tra i contatti preferiti e per sbaglio ho chiamato te al posto di Edward...

- Sono tra i tuoi contatti preferiti, Jay? - sogghignò, riuscendo ad ignorare per un attimo il fatto che due tuoni di seguito non avrebbero portato nulla di buono.

- Volevo dire... i più recenti... - si corresse imbarazzato il giovane aiutante barista.

- Certo, certo. Scommetto che avresti voluto togliermi dai preferiti quando ci siamo lasciati... ma non l'hai fatto - lo punzecchiò. Gli dispiaceva che avesse sbagliato numero? Nient'affatto.

- Credi di sapere tutto - sbuffò Jay. - Non so neanche perché non ho attaccato quando mi son accorto di star chiamando te e non Edward.

Il rosso schioccò la lingua.

- Io so tutto, piccolo.

- Ew - l'amico ridacchiò. - Non farti sentire. Soprattutto non da Ed. Perché poi ti permettevo di chiamarmi così? Hai un anno in meno di me e sei anche più basso.

- Di un paio di centimentri - ringhiò Ares. L'ennesimo tuono. Un brivido gli corse lungo la schiena.

- Sarà meglio che vada, si prospetta all'orizzonte un temporale con i fiocchi - annunciò il castano, per nulla preoccupato.

Al ragazzo dagli occhi azzurri sfuggì un impercettibile 'oh no'.

- Stai bene? - indagò Jay, a seguito di una pausa di silenzio.

- Sto bene - rispose lui automaticamente. - Salutami Edward.

E chiuse la telefonata.

'Salutami Edward'? Che diavolo mi è preso?

Inspirò ed espirò lentamente un sacco di volte, ma ciò non lo aiutò per nulla. Tutto ciò che mi serve è proprio un temporale mentre sono a casa da solo e Dean non tornerà a casa fino a stasera, pensò con crescente disperazione.

Abbandonò il cellulare sul tavolo, si alzò dalla sedia e si diresse verso la camera da letto. La pioggia aveva iniziato a rigare il vetro della finestra in salotto.

Guardò altrove, serrando i pugni e tentando di canticchiare qualcosa per concentrarsi, però nessuna canzone gli venne in soccorso. Un tuono lo fece sussultare.

Si affrettò ad andare in camera, ma gli pareva di avere le gambe di pietra, nonostante stessero tremando. Prese un gran respiro, dopodiché corse nella stanza e spalancò l'armadio, afferrando magliette e felpe di Dean del tutto a caso.

La pioggia bussò alla finestra. Tirò giù le tapparelle e s'infilò a letto, alzando le coperte fino alla testa e sprofondando il viso nei vestiti di Dean.

Il cuore gli batteva impazzito nel petto e aveva difficoltà a respirare. Poco importava essere circondato dal profumo del fidanzato: mancava il suo calore, la presenza del suo corpo, la sua voce bassa che gli sussurrava cose rassicuranti.

Serrò gli occhi, mentre nelle orecchie gli rimbombavano amplificati i suoni del temporale. Nella mente gli balenarono immagini che avrebbe desiderato ardentemente dimenticare.

No, no, no.

~~~

Dean rincasò poco prima dell'ora di cena. Il cattivo tempo imperversava. Aveva provato a chiamare Ares per avvisarlo che sarebbe arrivato un po' prima, ma lui - stranamente - non aveva risposto.

La tavola non era apparecchiata. Ancora più strano.

- Ares? - lo chiamò. Nessuna risposta. Notò il cellulare sul tavolo e aggrottò la fronte, perplesso. - Ares? Dove sei?

Apparentemente da nessuna parte. Andò in camera, trovandosi davanti un ammasso borbottante di coperte.

- Ares? Stai male?

Il borbottio incomprensibile proseguì. Dean lanciò un'occhiata alle tapperelle abbassate, contro le quali la pioggia martellava rabbiosa, e s'accinse a scostare cautamente le lenzuola.

- Dean, Dean, Dean - ripeteva ossessivamente il giovane pasticciere, con gli occhi azzurri sbarrati e colmi di terrore e le mani serrate attorno ad una felpa.

Non era la prima volta che accadeva una cosa del genere. Rammentava, durante la loro infanzia, di averlo spesso dovuto cercare, per poi trovarlo impossibilmente nascosto sotto il letto, mentre ripeteva il suo nome. Allora anche lui s'incastrava sotto di esso e gli restava vicino, non sapendo in quale altro modo confortarlo.

- Oh Ares - sospirò, scivolando sotto le coperte con lui e abbracciandolo. Egli rabbrividì come se avesse la febbre.

- Dean, Dean, Dean...

- Respira - gli impose, con voce ferma ma dolce. E lo strinse più forte, scostandogli delicatamente i capelli dalla fronte. I suoi occhi azzurri si sgranarono.

- Dean - ripeté. - Voglio vivere. Voglio vivere. Io... io non posso sopportare di...

- Sst - lo zittì, baciandolo dolcemente sulle labbra. - Lo so. Va tutto bene.

- Odio tutto questo. Lo odio, lo odio, lo odio...

Un tuono esplose nelle vicinanze, facendoli sobbalzare. Ares tremò di nuovo, ansimando.

- Va tutto bene - lo rassicurò il ragazzo dagli occhi blu. - Sono qui. Lo sono sempre stato. Ti amo.

Ti ho sempre amato...

Il fidanzato parve riscuotersi un poco dal folle attacco di panico che lo aveva assalito.

- Mi hai lasciato solo... con il temporale - lo accusò. Le sue mani si serrarono all'altezza del suo petto. - Idiota.

- Hai ragione. Sono un idiota.

- Non voglio restare solo. Non voglio!

Un bacio, più lungo del precedente, e non meno dolce.

Povero Ares, pensò Dean, prima suo padre, poi me ne sono andato e sua madre si è trasferita non appena ha potuto...

Ricordava il giorno in cui la propria, di madre, aveva dovuto informare il loro piccolo, vivace vicino di casa che il suo papà aveva avuto un incidente e non sarebbe tornato mai più, che era colpa della pioggia, del temporale, mentre lui gli teneva la mano e l'osservava trattenere stoicamente le lacrime - che avrebbe poi versato inconsolabilmente sulla sua spalla -.

Quel giorno gli era rimasto impresso a fuoco nella mente. Gli aveva fatto male. Un altro episodio che gli aveva fatto male era stata una telefonata, mentre era in America.

In Francia. È andata in Francia. Il motivo? Non ha voluto dirmelo. E l'ha lasciato qui, abbandonato come un cane. Solo in quell'appartamento. Oh Dean, perché non torni a casa? È rimasto qui perché ti sta aspettando, aveva detto sua madre. Ci aveva riflettuto seriamente, sul mollare tutto e tornare in Inghilterra per un po'. Poi si era convinto che non poteva. Che Ares non sperava davvero che tornasse.

Quante bugie mi son raccontato, in quegli anni?

- Sono qui - gli baciò la punta del naso e lui respirò rumorosamente. - Sono qui, amore mio. Sono qui, sono qui, sono qui...

Ares chiuse gli occhi, gli prese una mano e se la poggiò sul volto, strofinando la guancia contro il palmo di essa.

Era così docile, così fragile.

- Ti amo - mormorò Dean, accarezzandogli dolcemente il viso e baciandogli la fronte. Il respiro del fidanzato parve finalmente normalizzarsi. - Va meglio?

Egli annuì, seppur con una punta d'incertezza.

- Ti va di cenare?

Un altro cenno d'assenso. Il bel brunetto scostò lentamente le lenzuola, alzandosi e recuperando felpe e magliette. Le lisciò e piegò, prima di riporle nell'armadio. Il giovane pasticciere gli rimase timidamente appiccicato e lui pensò che sembrava un bambino.

Fu Dean a preparare la cena. Mangiarono in silenzio e il ragazzo dagli occhi azzurri sembrò evitare il suo sguardo. Il fidanzato si chiese cosa lo turbasse.

- Stai bene? - gli domandò, abbracciandolo dopo aver lavato, asciugato e riposto le stoviglie.

- L'ho già detto, ma... odio tutto questo - borbottò Ares, imbronciandosi. - Ad ogni fottuto temporale risprofondo negli incubi dell'incidente... e rivivo quella notte. Non è più solo mio padre, Dean... sei anche tu, tu sei l'unica persona che mi resti. Ti ho già lasciato andare per anni e quel giorno sarebbe potuto essere... per s-sempre.

Il ragazzo dagli occhi blu gli accarezzò i capelli senza dir nulla.

- Voglio vivere, Dean - le sue vivaci iridi azzurre esprimevano determinazione. - Non sopporto il pensiero di privarti della mia favolosa presenza.

E ridacchiò. Dean tirò un sospiro mentale di sollievo. Stava bene.

- Sarebbe troppo noiosa, una vita senza di te - gli concesse, baciandolo dolcemente. - Non avrei nessuno con cui litigare, nessuno da cui proteggere il mio prezioso fondoschiena, nessuno che mi faccia riordinare in continuazione la casa perché è più disordinato di me...

Il rosso lo fissò senza proferir parola.

- E soprattutto non avrei nessuno che mi aspetti a casa dopo il lavoro, nessuno con cui fare l'amore, nessuno che mi renda completo come fai tu... e nessuno da amare e rendere felice.

L'espressione sul viso di Ares si addolcì e le loro labbra s'incontrarono delicatamente. Il fidanzato lo prese in braccio e lo portò in camera.

Lo posò sul letto, sistemandosi sopra di lui e depositandogli teneri baci sul collo.

- Dean... - mormorò il giovane pasticciere, affondando le mani tra i suoi morbidi capelli bruni. Bastò loro scambiarsi un'occhiata per scoprirsi di comune accordo su ciò che entrambi desideravano.

~~~

- Lo senti? - bisbigliò il ragazzo dagli occhi blu, ansimando. - Fuori sta piovendo di nuovo, ma voglio che ti concentri solo su i rumori che produciamo noi. Cosa senti?

- Il tuo respiro - rispose debolmente Ares, senza fiato. Serrò le palpebre, sussultando e poi inarcandosi sotto il fidanzato. - Nnn...

- Cos'altro?

- Il tuo corpo contro il mio... Dean...

Egli ringhiò sommessamente e si accasciò su di lui, stravolto.

- E ora?

- Il battito del tuo cuore. Sta battendo davvero forte.

- Anche il tuo, Ares - rise piano Dean. Gli baciò un orecchio, sgravandolo del proprio peso. - È il mio suono preferito.

Il suo ragazzo non commentò. Si limitò a poggiare la testa sul suo petto, concentrandosi sul tum-tum ritmico e rilassante ora misto al ticchettare della pioggia contro le tapparelle.

-

Note dell'autrice:
konbanwa! È ormai risaputo che possiedo una memoria alquanto selettiva e spesso della durata pari a quella di un pesce rosso (tre secondi), ma sbagliando s'impara e quest'anno mi sono organizzata! Perché sì, è passato un altro anno ed oggi è di nuovo un giorno speciale... sai di cosa sto parlando, Ale. Mia carissima tarmetta. Stavolta sarò in anticipo sul fortunato giorno in cui ci siamo conosciute, ma assolutamente in tempo per... uh... offrirti questa 'cosa' come regalino. Ino. Molto ino. Non so esattamente cosa sia uscito. Inizialmente non era nemmeno così. But it doesn't matter. Sto divagando, quando invece dovrei dire: AUGURI!!! Buon compleanno ed evviva, un altro anno di... noi. Grazie. Grazie grazie grazie.

Isa
   
 
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