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Autore: Shadow writer    24/01/2017    2 recensioni
Dopo l'ultimo caso, che ha messo in discussione la sua carriera e la sua vita, il detective Harrison Graham credeva di aver finalmente trovato la pace insieme alla figlia, Emilia, e alla donna che ama, Tess. Ma un nuovo ed imprevisto caso lo trascina in un'indagine apparentemente inverosimile, in cui nulla è ciò che appare e nessuno appare per ciò che è. La ricerca lo costringe a collaborare con il suo acerrimo nemico, Gibson, ma soprattutto porta alla luce il fantasma del passato di una persona a lui molto, molto vicina, e a realizzare che forse, il detective non l'ha mai conosciuta veramente...
[AVVISO: "Smoke and Mirrors" è il seguito di "Blink of an eye", che potete trovare sul mio profilo]
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Tess entrò nella casa silenziosa, percependo la muta presenza di Harrison alle sue spalle.
Nessuno dei due aveva spiccicato parola per tutto il viaggio dalla centrale all'abitazione, ma ormai non avevano più la scusa del paesaggio intorno a loro a distrarli. Niente più vetri dietro cui nascondersi.
Raggiunsero il salotto, Tess si spostò verso il divano, senza sedersi e si voltò per guardare l'uomo.
Lui la stava fissando, assorto.
La donna strinse le labbra, abbassò lo sguardo sulle mani che torturavano l'orlo del maglione, poi tornò a rivolgere a lui gli occhi.
«Mi dispiace» gli disse «Davvero»
Lui annuì: «Va bene»
Tess fece un passo verso di lui: «Avresti potuto lasciarmi nella centrale, farmi arrestare, ma non lo hai fatto»
«Qualcuno mi ha detto che non era la cosa giusta da fare» replicò lui, monotono.
La stava guardando come se temesse di vederla diversa da come era abituato, come se potesse scoprire con un'occhiata che quella donna era altro, che non era la sua Tessie.
«Grazie» aggiunse lei, con voce flebile. La donna sentiva la necessità di parlare, ma allo stesso tempo aveva paura di dire la cosa sbagliata.
«Emi?» domandò.
«Sta bene» fu la risposta, poi lo sguardo di Harrison si fece più vivido: «Credi davvero che qualcuno abbia cercato di incastrarti?»
Lei annuì, senza esitazione.
L'uomo prese il cellulare dalla tasca dei jeans e se lo portò all'orecchio.
«Cosa stai facendo?» domandò Tess, allarmata.
Lui le rivolse un'occhiata seria: «Chiedo di mettere una pattuglia nella nostra strada. Emi sarà al sicuro dai miei genitori, ma non voglio tu possa trovarti in pericolo»
«No!» lo bloccò Tess avvicinandosi di scatto, ma subito dopo si pentì della velocità con cui aveva reagito, e si arrestò.
Sentì una voce rispondere dall'altro capo del cellulare e il suo cuore accelerò improvvisamente.
Harrison la guardò, le sue iridi verdi la perforavano da tanto era intenso il suo sguardo.
Poi, senza rispondere, chiuse la chiamata.
Tess tirò un mentale sospiro di sollievo, ma realizzò che era arrivato il momento che per dieci anni aveva temuto e che credeva di aver ormai superato. Da qualche anno aveva rimosso quel ricordo, sperando che ormai appartenesse al passato.
Ma a volte i demoni non esorcizzati tornano a bussare alla tua porta.
«Devo raccontarti tutto» gli disse, cercando di trattenere il tremore nervoso che l'aveva presa «E non farò sconti»
Harrison l'afferrò e la strinse al proprio petto, circondandola con le braccia.
«Va bene, Tessie, ma non ora, okay? Ormai è tardi e dobbiamo entrambi riposare»
La donna alzò il capo dal suo petto e lo guardò, con gli occhi pieni di lacrime.
«Sei sicuro?» farfugliò.
Lui annuì e si chinò verso il suo viso.
Tess chiuse gli occhi, sentì le labbra di Harrison sfiorare le sue e baciarla dolcemente.
Lui è la mia casa, pensò, e non lo lascerò mai.
 
 
La strada era buia. Una via piccola, stretta dai muri delle abitazioni che la delimitavano, come un vecchio borgo medievale europeo. La luce era sufficiente per distinguere le forme delle cose, ma non per stabilirne i colori. Proveniva dagli unici due lampioni della strada, posti uno all'inizio e una alla fine.
Più si avanzava, più la via si faceva scura, le tenebre dense e il silenzio della notte assordante.
Ogni piccolo rumore era un tuono che poteva significare il battito d'ali di un gufo, come dei ladri che cercavano di introdursi in un'abitazione, approfittando della notte.
Sulla sinistra della strada, stava un alto cancello di ferro, chiuso da un catenaccio massiccio. Al di là di questo si distingueva un cortile cupo, dei ciottoli su cui si allungavano forme ritorte e lugubri.
Tess si svegliò di soprassalto, con il fiato corto. Si era addormentata sul divano nel salotto, avvolta da una coperta calda.
La luce della cucina era accesa, segno che Harrison stava ancora lavorando, nonostante fosse ormai tarda notte.
Le immagini del sogno le tornarono improvvisamente alla mente, accelerando nuovamente il suo battito cardiaco.
Cercò di rimuoverle e si alzò in piedi, senza togliersi di dosso la coperta, e raggiunse Harrison, che come aveva previsto era seduto al tavolo della cucina davanti al computer e ad una seria di documenti cartacei.
Tess si fermò a guardarlo dalla porta.
«Ehi» la salutò lui, staccando gli occhi dallo schermo.
«Ehi» replicò, appoggiando la testa allo stipite «È tardi, io vado a letto»
Lui annuì: «Va bene ti raggiungo tra un attimo»
La donna esitò, perché sapeva che quell'attimo aveva una durata piuttosto imprecisata. Ma non poteva fare altro, così annuì e tornò da dove era venuta, poi salì al piano per superiore, decisa di mettersi a letto.
Contrariamente da quanto pensava, Harrison la raggiunse poco dopo. Lo sentì entrare nella stanza e infilarsi sotto le coperte al suo fianco.
La donna si avvicinò e lui allungò una mano per stringerla a sé. Tess cercò le sue labbra nel buio e quando le trovò, lo baciò con passione, mentre lui l'accarezzava dolcemente.
«Mi dispiace» gli disse «Mi dispiace così tanto per quello che è successo»
«Shhh» la zittì lui «Ti amo comunque, Tess»
Aspetta a dirlo.
 
 
I sogni continuarono a tormentare Tess per il resto della notte, così che, ancor prima che il sole sorgesse, decise di rinunciare a dormire, e scivolò fuori dal letto caldo, lasciando Harrison ancora addormentato, e scese al piano inferiore.
Si diresse in cucina, per preparare un infuso. Mentre aspettava che l'acqua bollisse, prese il cellulare per vedere che ore fossero, ma a colpire la sua attenzione fu un messaggio che le era arrivato qualche minuto prima.
Ora, fuori da casa tua. Vieni, diceva.
La donna guardò la cucina, vuota, incerta.
Harrison stava ancora dormendo al piano superiore e non si sarebbe svegliato se non dopo qualche ora. Avrebbe davvero voluto lasciarsi tutta quella storia alle spalle, confidandosi con lui, raccontando la verità a qualcuno, per la prima volta.
Ma Harrison non sapeva ancora nulla, e non poteva aiutarla.
S'infilò il cappotto sopra il pigiama, prese le scarpe e uscì nella strada, ancora buia e fredda.
Si guardò attorno e scorse una figura sotto al lampione davanti alla casa. La raggiunse con pochi passi rapidi.
Nel vederla arrivare, Calvin si era voltato verso di lei e la seguì con gli occhi fino a che non le fu davanti.
«Mi dispiace averti svegliata» le disse, guardando i pantaloni del pigiama che sbucavano dal cappotto.
«Non sei stato tu» replicò la donna «Ma i sogni»
Lui fece un cenno d'assenso: «Ne so qualcosa, ma non sono qui per questo»
«Prima che tu dica qualsiasi cosa, Calvin, lasciami parlare. Ho intenzione di dire tutto ad Harrison»
Lui parve spiazzato dalla confessione. Sgranò gli occhi, colto in contropiede.
«Gli hai già detto qualcosa?»
Lei scosse il capo: «No, ma lo farò domani. Non voglio più mentirgli, in nessun modo. Se vuoi andartene, fallo subito, così non ti troveranno. Io accetterò le conseguenze»
Calvin accennò un sorrisetto a metà tra il nervoso e il sarcastico: «Per quanto nobile sia il tuo gesto, temo che dovremo andarcene entrambi»
Fu il turno di Tess di ritrovarsi spiazzata.
«Cosa?» chiese stupita.
Lui affondò le mani nella tasca della giacca e le rivolse uno sguardo grave: «Qualcuno si è introdotto in casa mia. Hanno simulato una rapina, sottraendo gli oggetti di valore, ma ovviamente lo scopo era un altro. Hanno trovato i documenti che ho raccolto in questi anni riguardo Beaver»
Tess sbiancò.
«Credi...» prese un respiro profondo «credi che sappiano qualcosa?»
Lui strinse le labbra, poi rispose: «Quando ci hanno visti interessati ad omicidi e furti, hanno deciso di indagare e così si sono introdotti in casa mia. I miei sistemi di sicurezza sono troppo sofisticati perché dei semplici ladri riescano ad eluderli»
«Il solito paranoico» commentò Tess.
«La solita saccente» replicò lui «Ma fare la sapientina non servirà a nulla. Dobbiamo andarcene e poi penseremo ad un piano. Al momento la priorità è non farsi ammazzare»
«Sai chi siano questi criminali?» domandò Tess nervosamente.
«Sto cominciando a farmene un'idea, ma te ne parlerò quando saremo almeno a cinquanta miglia da qui, che ne dici?»
Tess si voltò a guardare la casa, casa sua, con le luci ancora spente.
«Se stai pensando che la tua partenza li farà soffrire» disse Calvin, alle sue spalle «immagina che effetto potrebbe fare la tua morte»
Tess continuò a guardare l'abitazione per qualche secondo, sperando che Harrison corresse fuori dalla porta, la stringesse tra le braccia, dicendo che si sarebbe occupato lui di tutto.
Tornò a guardare Calvin.
«Va bene» gli disse «Ma si farà a modo mio, intesi?»
La sua espressione decisa, impose all'uomo di annuire senza esitazione.
«Devi prendere qualcosa?» le domandò poi.
Lei scosse il capo.
«No, andiamoce. Ora o mai più»
 
 
 
Harrison fece il proprio ingresso in centrale con mezz'ora di ritardo, attraversò la sala a grandi passi e si diresse verso il proprio ufficio.
«Buon giorno» lo bloccò Sadie, nel corridoio «Gibson sta esaminando il furto avvenuto ieri durante un'esposizione in un negozio, in corrispondenza con l'omicidio di Shepard. Ha chiesto di raggiungerlo appena puoi, così potete parlare dell'omicidio»
«Digli che dovrà fare da solo» replicò lui «Ho un'altra pista da seguire»
S'infilò all'interno dell'ufficio, ma la donna non mollò la prese e lo seguì rapidamente.
«E quale pista sarebbe?»
Harrison prese posto alla scrivania: «Una cosa su cui sono esperto» alzò lo sguardo verso di lei: «Una scomparsa»
Sadie incrociò le braccia al petto, decisa ad andare fino in fondo.
«Chi è scomparso?» domandò.
«Questo non importa, torna da Gibson»
«Non sono un cagnolino, detective Graham, e dato che vi ho aiutati in questo caso, il minimo che mi dovete è condividere le vostre informazioni con me» replicò Sadie piccata.
«Tess» rispose lui secco «Tess è scomparsa. Ora sappiamo definitivamente che è coinvolta nel caso. Vuoi correre a dirlo a Gibson?» 
«Perché non sembri triste, spaventato o preoccupato?» domandò Sadie rivolgendogli uno sguardo penetrante, come per sondare il suo animo.
«Ho attraversato quelle fasi» replicò lui «Questa mattina, mentre lentamente realizzavo che se n'è andata volontariamente. All'inizio ero disperato e non riuscivo a trovare un senso a tutto questo. Poi ho realizzato che Tess non è stupida, non lo è per niente e se sta facendo qualcosa, significa che c'è un motivo» si portò un dito sulla tempia: «Per poter seguirla devo ragionare come lei, in modo scaltro e intelligente, senza lasciare spazio a sentimentalismi inutili»
La donna fece una smorfia: «Mi dispiace per Tess» fece per uscire, ma si bloccò all'ultimo: «E sei un coglione»
 
 
«Dov'è Graham?» domandò Gibson, durante quella che doveva essere la sua pausa pranzo, ma che era costretto a trascorrere in centrale, a causa del troppo lavoro.
«Ha passato la mattina correndo avanti e indietro» replicò Sadie, pilucchiando la sua insalata «Sta cercando di saperne di più sulla scomparsa di Tess»
«Parli del diavolo...» commentò l'uomo, voltandosi verso l'ingresso della sala, dove era appena comparso Harrison. Questi, non appena li individuò, si diresse verso di loro, con aria imperterrita.
«Come sospettavo» cominciò «anche Calvin Ward è scomparso»
«Come lo hai saputo?» domandò Sadie, attenta.
«Il cellulare di Tess» replicò il detective «C'era un messaggio, spedito alle quattro di notte: "Ora, fuori da casa tua. Vieni". Secondo la mia ricostruzione Tess ha preso scarpe e cappotto -che mancano- e ha ubbidito. Il numero non era salvato in rubrica, ma sono riuscito a risalire al proprietario, ovvero Calvin Ward. I due hanno parlato e di comune accordo hanno deciso di andarsene. Ho controllato la strada, ma non ci sono segni di lotta, quindi nulla ha costretto Tess ad andarsene. Sono andato a casa di Ward per saperne di più e il maggiordomo non mi ha fatto entrare. Sapeva che non avevo un mandato ed è stato irremovibile»
«Molto fedele» commentò Gibson.
«Troppo» replicò Harrison «Sta sicuramente nascondendo qualcosa»
«Davvero brillante, piccolo genio» fece l'altro ironico.
«In questo momento i tuoi commenti sono l'ultima cosa di cui ho bisogno. Ci servono informazioni, prima che muoia qualcun altro. Tess mi aveva promesso che mi avrebbe raccontato tutto, ma qualcosa deve averle fatto cambiare idea»
«O forse ha semplicemente mentito» commentò Gibson.
Harrison lo incenerì con lo sguardo: «Qualsiasi siano le informazioni che ci servono, sono convinto che Tess le abbia. Per questo è fondamentale ritrovarla»
Gli altri due annuirono.
«C'è una possibilità di ottenere il mandato di perquisizione» aggiunse Gibson, pensieroso.
Gli occhi di Harrison si spostarono di scatto su di lui, impaziente che parlasse.
«Ward è stato rilasciato su cauzione con l'obbligo di non allontanarsi dalla città. Se entro sera riusciamo a dimostrare che non ha rispettato i patti, posso chiedere un mandato»
Harrison accennò un mezzo ghigno di riconoscimento e fece un cenno di assenso col capo.
Ad interrompere il silenzio, fu la suoneria del suo cellulare. Harrison lo prese e lesse velocemente il messaggio che era arrivato.
«La carta di credito di Calvin Ward ha appena prelevato cinquecento dollari ad alcune miglia da qui» annunciò, guardando i compagni: «Andiamo»
Senza farselo ripetere due volte, anche gli altri due lo seguirono all'esterno della centrale.
Guidando ad alta velocità, Harrison dimezzò i tempi del viaggio, ma impiegarono comunque due ore per raggiungere la cittadina indicata.
Era già stato informato che il bancomat segnalato non era dotato di dispositivi di sorveglianza, così erano stati costretti ad attrezzarsi in modo differente.
Raggiunsero la cittadina indicata, piuttosto anonima e comune, e parcheggiarono accanto al bancomat, che avevano stabilito come punto di ritrovo. Al loro arrivo, li stava già aspettando un gruppo di agenti di polizia, da loro convocati per il lavoro.
Harrison si avvicinò con passo deciso e distribuì ad ognuno di loro un foglio, su cui erano stampate le fotografie di Tess e Calvin.
«Il nostro scopo, oggi, è raccogliere quante più informazioni possibili riguardo queste due persone. Questi fogli non devono essere in alcun modo dispersi, perché potrebbero raggiungere i ricercati. Se sapranno che siamo sulle loro tracce, agiranno di conseguenza, sulla difensiva. La nostra è un'indagine che deve avvenire in sordina, senza lasciar trapelare alcuna informazione»
Alle spalle del detective, Sadie e Gibson ascoltavano il suo discorso.
«Si sta comportando in modo cauto» commentò l'uomo, piegandosi verso la compagna «Non è da lui»
«Anche le persone più impulsive frenano i propri istinti quando devono occuparsi di questioni delicate. La donna che ama è una di queste faccende» replicò lei, serafica.
«È per questo che mi ha fatto convocare gli agenti più fidati?» aggiunse ancora Gibson «Graham è già irritante di per sé, non oso immaginare se diventasse un maniaco»
Sadie alzò gli occhi al cielo e commentò: «Pensa a fare il tuo lavoro, Paul»
Mentre stavano parlando, a loro si era avvicinato un uomo alto, dall'aspetto distinto, con i capelli scuri pettinati e ben in ordine allo stesso modo dell'abbigliamento elegante.
Harrison si voltò a guardarlo, sorpreso, ma prima che potesse parlare, fu Sadie ad intervenire: «Vi presento Napoleon, sono stata io a chiamarlo. Avete detto che servono persone fidate, così ho pensato che un paio di mani in più avrebbero fatto bene»
Harrison lanciò uno sguardo all'uomo e fece un cenno di assenso: «Sì, hai fatto bene. Noi ci siamo già incontrati al ricevimento»
«Ecco dove ci siamo visti» replicò Napoleon con un sorriso, allungando una mano. L'altro uomo la strinse con un gesto secco e fece per tornare al lavoro, quando un'auto entrò bruscamente nella via e inchiodò in mezzo alla strada, a pochi metri da loro.
Ne scese una donna dai corti capelli castani, che si diresse come una furia verso il gruppo, coprendo la distanza con lunghe e rapide falcate.
Superò tutti fino a piazzarsi davanti ad Harrison e lo avrebbe certamente schiaffeggiato, se lui non avesse previsto la mossa e afferrato il suo polso, a mezz'aria.
«Calmati, Nell» le disse, intercettando anche l'altra mano «Non è colpa mia»
«Non è colpa tua?!» sbottò lei, livida: «Da quando ti conosce, Tess non ha avuto che problemi! Prima è rimasta senza una casa, poi ti sei ubriacato tanto da...» per impedirle di dire altro, Harrison le tappò la bocca con una mano e la trascinò lontano dal gruppo, non facendo altro che aumentare la sua rabbia.
«Ascoltami per un secondo, Nell, solo un secondo» le disse, guardandola negli occhi: «Se Tess se ne è andata, è stato per qualcosa che è successo in passato e su cui io non ho nessun potere. Ti ho chiamata perché mi aiutassi, anche se capisco che in ogni situazione ci sia la necessità di trovare un capro espiatorio. Lo sarò io, non è un problema, se vuoi considerarmi colpevole, puoi farlo, ma aiutami a ritrovare tua sorella, per favore» 
Nell lo guardò negli occhi a sua volta, con le labbra serrate. Sembrava una bambina indispettita, ma questa volta la sua risoluzione pareva molto più forte.
«Come al solito, detective» disse, senza cambiare espressione «non lo faccio per te, ma per Tess»
Lui annuì: «Lo so. Grazie»
La ringraziò con sincerità, poi tornarono insieme dagli altri, che nel frattempo si erano spartiti le zone della ricerca. Ognuno aveva la propria coppia di fotografie e un'area assegnata.
Nell e Harrison si misero subito al lavoro. La loro era una zona residenziale, poco trafficata a quell'ora del giorno, e quindi furono costretti ad attraversare le strade suonando ogni singolo campanello.
Lo schema era sempre lo stesso: si presentavano, facendo vedere il distintivo, poi mostravano le fotografie e chiedevano se i due erano stati visti. Anche se con toni diversi, la risposta era sempre la stessa, e sempre negativa. C'era chi sbatteva loro la porta in faccia, chi rispondeva con un secco: «No», chi con più gentilezza, chi pareva dispiaciuto di non poterli aiutare.
Nell sapeva essere ancora più sfacciata di Harrison, soprattutto quando facevano notare la sua somiglianza con la donna nella fotografia. Aveva sempre la risposta pronta per ogni affermazione e sapeva come non perdere tempo se capiva che non avrebbero ricavato nulla.
«Hai mai pensato ad una carriera da detective?» le chiese Harrison mentre camminavano sul marciapiede deserto della strada.
«Quando sarò un avvocato» replicò lei «potremmo trovarci a lavorare fianco a fianco»
L'uomo accennò un mezzo sorriso: «Suona come una minaccia»
Nell gli rivolse uno sguardo tagliente, ma non aggiunse altro.
«Da quello che mi risulta» riprese Harrison «Tess se n'è andata insieme a Calvin Ward. Cosa sai di lui?»
«È un interrogatorio questo, detective?» replicò lei con un'occhiata penetrante.
«Più che altro una conversazione confidenziale» la corresse l'uomo «Voglio saperne di più riguardo quell'uomo»
Nell scrollò le spalle: «Erano amici alle superiori, forse il più grande amico che Tess abbia mai avuto. La mamma lo detestava»
Ad Harrison non sfuggì il particolare e domandò: «Per quale motivo?»
La giovane ci pensò su qualche secondo, poi rispose: «Tess si comportava come una normale adolescente, ripensandoci ora. E i nostri genitori come dei normali genitori. Solo che al momento era difficile accettare il cambiamento di una figlia, mentre era più facile trovare qualcuno a cui dare la colpa»
«Tua madre pensava Calvin portasse Tess sulla "cattiva strada"?» chiese Harrison, attento.
«Credo di sì» ammise lei «Più Tess cercava di contraddirli e ribellarsi, più loro davano la colpa al suo amico»
«Ed era vero?» domandò ancora lui, voltandosi a guardarla.
Il profilo di Nell era più simile che mai a quello della sorella, anche se i capelli corti le davano un'aria da folletto birichino. 
«Ero una bambina, Harrison, e Tess era la mia sorella maggiore, ovvero la mia massima aspirazione. Per me era la migliore, qualsiasi cosa facesse»
«E cosa ne pensavi di Calvin?»
Lei sbuffò: «Un quindicenne troppo alto per la sua età che sorrideva sempre e mi portava via la sorella quando volevo giocare con lei»
Harrison alzò gli occhi al cielo: «Non hai ricordi più affidabili? E magari più recenti?»
«Il padre di Calvin lo iscrisse ad un'accademia militare quando aveva diciotto anni. Da allora non ne ho più saputo nulla, nessuno ne ha più parlato, fino a quando lui e Tess sono stati arrestati, e ora scomparsi»
L'uomo cacciò le mani nelle tasche della giacca, pensieroso.
«Se non ha mai parlato di Calvin a te, che sei sua sorella, credo che non lo abbia mai fatto con nessun altro»
Nell scrollò le spalle: «Questo non è detto»
Lui si voltò a guardarla: «Cosa vuoi dire?»
«A volte è più facile confessare qualcosa a chi è estraneo dalla faccenda, in questo caso, chi non ha mai conosciuto Calvin»
«Ma pur sempre qualcuno con cui Tess era in confidenza» completò Harrison, poi ebbe un'illuminazione, ma subito il suo volto si rabbuiò.
«Si tratta proprio dell'ultima persona con cui voglio avere a che fare ora» commentò subito.
La giovane gli rivolse uno sguardo bieco: «Mia sorella è dispersa chissà dove, detective, e tu ti rifiuti di parlare con una singola persona che potrebbe aiutarti a far luce su tutto questo?»
Lui affondò ancora di più le mani nelle tasche, razionalmente motivato dalle parole di Nell, ma irrazionalmente ancora avverso all'ipotesi.
Sapeva che lei aveva ragione, ma davvero avrebbe giovato alla loro situazione parlare con Elliot Hooper?
   
 
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