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Autore: Mary P_Stark    25/01/2017    2 recensioni
Inghilterra - 1823
Elizabeth Kathleen Spencer, figlia di Christofer e Kathleen Spencer, si appresta ad affrontare la sua prima Stagione a Londra e se, per lei, questa è un'avventura in piena regola, per il padre appare come un incubo a occhi aperti.
Lizzie - come Elizabeth viene affettuosamente chiamata in famiglia - è ben decisa a divertirsi nella caotica Londra, in compagnia della sua adorata amica Charlotte, e non ha certo in mente di trovarsi subito un marito.
Al pari suo, Alexander Chadwick, secondogenito del duca Maxwell Chadwick, non ha interesse ad accontentare le mire paterne, che lo vorrebbero accasato e con figli, al pari del primogenito.
Per Alexander, le damigelle londinesi non hanno alcuna attrattiva, troppo impegnate a mostrarsi come oggetti di scena, per capire quanto poco, a lui, interessino simili comportamenti.
L'atteggiamento anticonformista di Elizabeth, quindi, lo coglie di sorpresa, attirandolo verso di lei in una spirale sempre più veloce, che li vedrà avvicinarsi fino a sfiorarsi, sotto un cielo di stelle, mentre il Fato sembra cospirare contro di loro. - Seguito di UNA PENNELLATA DI FELICITA'
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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2.
 
 
 
York – Aprile 1823
 
 
Controllando con attenzione i nastri che aveva tra le mani, mentre sua madre era impegnata a chiacchierare con la modista, Elizabeth si piegò verso Charlotte, la sua migliore amica, e mormorò: “Azzurro, o blu notte?”

“Con i tuoi colori? Puoi indossare quel che vuoi, e ti starà sempre bene” replicò l’amica, soppesando tra le esili dita due nastri di uguale colore, ma diversa larghezza.

La giovane Spencer, allora, consegnò quello blu notte a Charlotte, e tenne per sé l’azzurro ghiaccio, che ben si sarebbe abbinato ai suoi occhi.

Al contrario, quello blu notte sarebbe spiccato in tutta la sua eleganza, grazie ai capelli ramati dell’amica.

Nell’accostarlo alla massa di riccioli ordinati che Charlotte portava su un lato del capo, sorrise e disse: “Sì, questo è tuo.”

“Può anche darsi, ma non cancellerà il fatto che ho i colori sbagliati” si lagnò Charlotte, o Charlie, come la chiamava Elizabeth quando erano sole.

Quest’ultima scosse le esili spalle, sollevò tra pollice e indice uno dei propri riccioli castano dorati e replicò: “Neppure io sono bionda come una scandinava, né ho gli occhi azzurri come il cielo, mi pare. Eppure, non me ne faccio un cruccio, credimi.”

“Sei bellissima” sottolineò per contro Charlotte, sorridendole con affetto. “Molto più di me.”

“E’ opinabile. Tu hai bellissimi occhi verdi, come quelli di mia madre e mio fratello Andrew” le ribatté allora Elizabeth, prendendola sottobraccio per condurla in direzione degli scampoli di raso appena giunti da Parigi.

Curiosando tra quelle splendide stoffe, la giovane Spencer aggiunse meditabonda: “Inoltre, la bellezza non dovrebbe essere il metro di giudizio entro cui scegliere una moglie, ti pare? Dovrebbero apprezzare una mente brillante, oltre a una discreta proprietà di linguaggio, no?”

Charlotte nascose il suo risolino oltre l’orlo della mano sollevata a coprire la sua bocca a cuore, replicando divertita: “E quando mai a un uomo interessa il pensiero di una donna? E poi, noi non siamo qui per apparire giustappunto più belle?”

Elizabeth si guardò intorno corrucciata, i denti bianchissimi intenti a torturare il suo labbro inferiore – vizio che non aveva mai perso – e, poggiate le mani sui fianchi, borbottò: “A me piacciono i vestiti, ma non mi vestirò mai in modo speciale per far piacere a un uomo.”

Lanciando poi uno sguardo alla madre, la ragazza aggiunse: “Inoltre, mio padre tiene in grande considerazione le opinioni di mia madre. Il tuo non lo fa?”

Charlotte batté una mano sul braccio dell’amica e, sospirando leggermente, sussurrò: “Amica mia, i tuoi genitori sono più unici che rari, dovresti saperlo, ormai.”

Sinceramente dispiaciuta all’idea di aver detto troppo, Elizabeth fissò dolente l’amica che, per contro, scosse la testa con un sorriso e aggiunse: “Credo che, più che altro, mio padre non voglia far preoccupare la mamma. Sai quanto è cagionevole di salute. Forse, pensa che occuparsi anche delle questioni riguardanti la tenuta, potrebbe metterle inutili ansie addosso.”

“Oh, sì… hai ragione. Le febbri sono più tornate, dall’inverno scorso?” si informò a quel punto Elizabeth, sinceramente preoccupata per Annabeth, la madre di Charlie.

“Fortunatamente, no. Ma stavolta è stata più dura delle altre. Il medico era assai preoccupato” sospirò Charlotte, scuotendo il capo. “Se continuerà così, mio padre sarà costretto a vendere i suoi possedimenti qui al nord per trasferirsi a sud, nei pressi di Bath, o giù di lì, per permettere a mia madre di curarsi regolarmente.”

Elizabeth ansò di sorpresa e sgomento, turbata all’idea di poter perdere, da un giorno all’altro, la cara amica del cuore.

Il pensiero di sapere lady Annabeth malata, però, surclassò le sue personali ansie e, nel sorridere sicura a Charlotte, mormorò: “Sono certa che si aggiusterà tutto. E tua madre è più forte di quanto non possiamo noi tutti pensare.”

Lo disse per tirarla su di morale, ma non seppe dire, in tutta onestà, quanto vi fosse di vero nel suo dire.

Annabeth non era mai stata in salute ma, da quando era tornata da un viaggio in Spagna assieme al marito, non era più stata la stessa.

Continue febbriciattole l’avevano infastidita fino a farla crollare, due anni addietro, proprio durante le festività del nuovo anno.

Da quel momento, la donna era sempre rimasta sotto stretto controllo medico, e sapeva bene quanto Charlotte e suo padre Michael fossero in ansia per lei.

“Andiamo a vedere cosa combinano le nostre madri” le propose a quel punto Elizabeth, preferendo cambiare argomento.

Non voleva che l’amica si preoccupasse per nulla.
 
***

Alexander Jeffery Chadwick, secondogenito del duca Barrett di Aberdeen, stava avanzando in sella al suo stallone bianco, Apollo, lungo la via principale di York.

Al suo fianco, ritto sulla sella al pari del figlio, Barrett scrutava dinanzi a sé senza un solo pensiero al mondo, tranquillo e saldo come una roccia.

Sarebbe servito un contingente di soldati di Sua Maestà, per preoccuparlo anche solo minimamente e, con tutta probabilità, Maxwell Chadwick non avrebbe fatto altro che arrotolarsi le maniche e combattere.

Il fratello di Alexander, Wilford, di quattro anni più grande di lui ed erede del titolo, era della stessa stoffa del padre.

Alto, robusto come una solida quercia, dal pugno facile e più propenso a risolvere le dispute a suon di cazzotti, piuttosto che a parole.

Alexander, al contrario, aveva preso da sua madre, più riflessiva e attenta nel parlare, oltre che molto scaltra e sottile nell’esprimersi.

Da lei aveva preso anche i colori, dai neri capelli, alla carnagione chiara a quegli occhi blu che facevano pensare alle freddi e limpide notti invernali.

Amava inoltre portare i baffi ben curati e solo appena accennati, per sottolineare la bocca morbida e dal taglio vagamente sprezzante.

Alexander faceva un vanto di non aver mai perso una partita a scacchi, così come un duello in un dibattito politico… o a suon di pugni.

Indipendentemente da chi fosse il suo avversario.

Dopotutto, era pur sempre uno dei figli di Maxwell Chadwick e, pur se preferiva la favella alle mani, qualche pugno ben assestato sapeva tirarlo.

Persino con il Generale Wellington era riuscito ad averla vinta in una disputa politica, e lui ne andava particolarmente fiero.
“A cosa stai pensando, ragazzo? Hai lo sguardo perso nel nulla” lo richiamò Maxwell, con la sua voce tonante e profonda.

Alexander gli sorrise appena, tornando a curiosare dinanzi a sé da sotto la tesa della sua tuba, diritta sul suo capo corvino.
“Nulla di particolarmente interessante, padre. Stavo riandando con la memoria al mio dibattito con lord Wellesley.”

Maxwell rise fragorosamente, nel ricordarlo a sua volta e, dandogli una pacca sulla spalla, esclamò: “Oh, quella fu una giornata memorabile! Il mio figliolo che mette nel sacco niente meno che il generale Wellington!”

Potevano anche essere diametralmente opposti, come carattere ma, se c’era una cosa che Maxwell Chadwick sapeva fare, era apprezzare le qualità di tutti.

In primis, dei suoi figli.

Tutto gongolante, Maxwell aggiunse: “Lo hai davvero stracciato, ricostruendo passo per passo tutti gli errori commessi durante la battaglia di Waterloo, sottolineando come i nostri abbiano vinto soltanto grazie all’intervento del feldmaresciallo Von Blüchen.”

Sminuendosi il giusto per non apparire presuntuoso, Alexander replicò: “Ho solo sottolineato l’ovvio, pur rispettando l’immensa operazione portata avanti dalle nostre forze, congiunte a quelle dei prussiani.”

“Lo hai massacrato” sottolineò invece Maxwell, prima di rallentare l’andatura quando i suoi occhi si posarono su un quartetto assai gradevole da ammirare.

Alexander ne seguì curioso lo sguardo e, rivolgendosi al padre, domandò a bassa voce: “Chi stiamo osservando con così mirabile attenzione, padre?”

“La donna alta e sottile è lady Harford, la moglie Christofer Spencer, il conte …” gli spiegò Maxwell, sfiorandosi il bordo della tuba con una mano per salutare le signore di passaggio sul marciapiede.

Kathleen e il suo gruppo risposero al cortese saluto con un cenno del capo, prima di proseguire e Maxwell, sempre rivolgendosi al figlio, proseguì nell’elenco.

“La signora piccolina e pallida è lady Annabeth, la moglie di Michael. Dovresti ricordarti di lui. Michael Ranking, lord Fitzgerald.”

“Sì, mi rammento di lui. Mi piace come ragiona. Non è il solito borioso nobiluomo che scalda il suo scranno in Parlamento” assentì Alexander, facendo sogghignare divertito il padre.

“Vuoi forse insinuare che io, invece, lo scaldo e basta?” ironizzò l’uomo, facendo sorridere maliziosamente il figlio.

“Affatto, padre. Finché ci sarò io a consigliarti, ciò non succederà mai, ovviamente” sottolineò Alexander con tono serafico.

Maxwell scoppiò in un altro eccesso di risa, annuendo più volte e Alexander, lanciando un’occhiata fugace dietro di sé, domandò: “Le due fanciulle con loro, padre?”

“Mi sembrava strano che non le avessi notate” ghignò l’uomo, dandogli una pacca piuttosto poderosa sulla spalla. “La brunetta e magrolina, è la figlia di lady Kathleen Spencer, e si chiama Elizabeth. La rossa è lady Charlotte, la figlia di Michael e Annabeth. Hai puntato gli occhi su una di loro due?”

“Vuoi davvero liberarti così presto di me, padre?” esalò Alexander, levando le mani come per difendersi.

“Hai ventun anni, giovanotto, e vorrei avere altri nipoti, prima di diventare troppo vecchio per non poter insegnare loro come si fa a pugni” sottolineò Maxwell, facendo ridere il figlio.

“E se avessi solo femmine, per ipotesi?” ironizzò allora Alexander.

“Che diamine! Insegnerei anche a loro. Le damine di oggi sono troppo delicate e a modo, per un mondo inclemente come quello in cui viviamo. Non farebbe loro male un po’ di addestramento” brontolò allora Maxwell, portando il figlio a scuotere esasperato il capo.

Fosse stato per lui, la moglie di suo fratello Wilford avrebbe già dovuto imparare a tirar di spada e con il moschetto.

Peccato che suo fratello, quando si trattava della moglie Clarisse, diventasse un tantino protettivo… e nevrastenico.

L’idea di metterle in mano un’arma qualsiasi, non gli sarebbe mai passata neppure per l’anticamera del cervello.

D’altro canto, bastavano i quattro figli, a far rischiare la vita ogni giorno a Clarisse. E un esaurimento coi fiocchi.

Paul, il primogenito, Rascal, il secondogenito e le due gemelline Sabine e Juliette, erano qualcosa di molto simile ai quattro cavalieri dell’Apocalisse.

Non che Alexander non li amasse tutti, ma sapeva anche essere onesto, quando vedeva una cosa.

E i suoi nipoti erano delle calamità naturali.

Avrebbero dovuto fare santa Clarisse entro la fine del decennio, poco ma sicuro.

Puntando un dito proprio sul naso di Alexander, che sobbalzò di sorpresa, Maxwell lo strappò ai suoi pensieri e borbottò: “Se non mi porterai una nuora degna di tale nome, ti stringerò così tanto i cordoni della borsa, ragazzo, che finirai con lo strozzartici.”

Deglutendo a fatica, lui esalò: “Grazie,… padre. E chi dovrebbe essere questo concentrato di virtù? La madre di Gesù?”

“Non essere blasfemo!” lo redarguì Maxwell. “Non intendevo una pia verginella senza nerbo, ma una ragazza che sappia tenere testa a te e alla tua intelligenza. Non voglio una signorinella che sappia dire solo ‘sì, marito’. E’ chiaro?”

“Non dovrebbe, innanzitutto, piacere a me?” sottolineò con delicatezza Alexander, trovando quella discussione più che mai bizzarra.

Lui non aveva nessuna intenzione di sposarsi a breve. La vita da scapolo gli piaceva troppo, per cambiarla con un cappio al collo definitivo e senza scampo.

“No, affatto!” dichiarò lapidario Maxwell, scuotendo recisamente il capo.

“Va bene, padre. Lascerò a te la scelta, e io farò scappare a gambe levate tutte le dolci donzelle che sceglierai… come sempre” ironizzò Alexander, sorridendo beffardo.

“Tua madre doveva farti meno furbo” brontolò a quel punto Maxwell, pur tornando a sorridere.

“E’ anche colpa tua. O pensi di non aver partecipato?”

Maxwell allora rise, e replicò con un ghigno così ampio che Alexander non poté far altro che lasciar perdere.

Voleva troppo bene al padre, per farlo arrabbiare per più di cinque minuti di seguito.

“Forse, dovrei fare come fece il suocero di lady Spencer. Obbligare il figlio al matrimonio, e poi attenderne i frutti. Dopotutto, con loro non pare essere andata troppo male” dichiarò a quel punto Barrett, incuriosendo il figlio minore.

“Che intendi dire, padre?” esalò il giovane, lanciando un’occhiata dietro di sé.

Del quartetto di donne, non v’era più traccia, ma Alexander non aveva bisogno di rivedere lady Spencer, per rammentare la sua avvenenza.

“All’epoca, fu un mezzo scandalo, visto il fidanzamento brevissimo e la totale mancanza di una vera presentazione in società di lady Kathleen” gli spiegò Maxwell, facendo svoltare il cavallo alla sua sinistra, in una stretta via laterale.

“Non fu presentata a Londra?” esalò Alexander, più che mai sorpreso.

Conosceva abbastanza bene le genealogie familiari del luogo, per sapere che lady Spencer discendeva dal vecchio barone Barnes e da lady Gwendolin Richards.

Una famiglia più che mai altolocata, e dalla lunga discendenza nobile.

Lo stesso si poteva dire degli Spencer, che erano imparentati con la famiglia reale.

Quindi, cosa aveva messo le ali ai piedi alle due famiglie?

“Fu per una gravidanza indesiderata?” ipotizzò Alexander.

“Affatto. All’epoca, io ero solo un ragazzetto poco più grande di te adesso, e sentii mio padre lagnarsi delle intemperanze di noi giovani. Fortunatamente, io ero già sposato, e con te e Wilford a farmi da testimoni, perciò evitai ulteriori rimbrotti, ma venni a sapere da mio padre che Bartholomew, il vecchio Harford, fece maritare il figlio cadetto con lady Kathleen per poter avere un erede. Il figlio maggiore pareva destinato a non averne affatto e, poco tempo dopo, morì con la moglie in un incidente con il calesse.”

Sbattendo sorpreso le palpebre, Alexander esalò: “E così, usarono lady Kathleen come… agnello sacrificale?”

“Che brutta cosa da dire…” brontolò Maxwell. “… dopotutto, non è finita in mano a un mostro, no? Il giovane conte è un bell’uomo.”

“Ma dubito fortemente che lady Kathleen abbia avuto possibilità di scelta” replicò il giovane, accigliandosi.

“Tu e le tue idee liberali. Quando le donne avranno la possibilità di scegliere, il mondo si capovolgerà” replicò il padre, scuotendo esasperato il capo.

“Lo dirò a mia madre, e vedremo chi si capovolgerà” sorrise malizioso Alexander, notando un leggero pallore sulle gote del padre.

Tossicchiando nervosamente, Maxwell borbottò: “Fai una cosa del genere, ragazzo, e la tua borsa la chiuderò ora, e per sempre.”

“Impedendomi così di dare un futuro alla mia ipotetica consorte?” esalò fintamente sconvolto Alexander, facendo incupire ulteriormente il padre.

“Tu e la tua boccaccia…”

Il giovane allora rise sommessamente, scosse una mano per cancellare la minaccia e si limitò a domandare: “Quindi, cosa avvenne, alla fine?”

“Posso dirti quello che vidi io al matrimonio. Una coppia niente affatto bene assortita ma che, dopo poco più di un anno dal ritorno di Harford dalla guerra, rividi al battesimo dei loro gemelli. Beh, non avrei potuto incontrare coppia più affiatata e meglio collaudata” dichiarò Maxwell, sorprendendolo. “Perciò, chissà… forse, dovrei solo obbligarti a sposare una giovane non ancora presentatasi da Almack’s, e vedere come va a finire.”

“Padre, tu fallo, e io partirò per il Continente. Te lo giuro su quanto ho di più caro” lo minacciò Alexander, accigliandosi non poco.

Suo padre lo terrorizzava, quando parlava a quel modo.

Maxwell allora rise di gusto, bloccò il cavallo in prossimità di una succursale di una banca e, dopo essere disceso dalla cavalcatura, chiosò: “Vorrei quasi sfidarti a farlo, sai?”

“Sei impossibile” brontolò Alexander, imitandolo.

Maxwell stava ancora ridendo, quando entrarono in filiale.
 
***

Mentre la carrozza si inerpicava lungo la strada che conduceva a Green Manor, Elizabeth terminò di curiosare nelle borse della madre e chiese: “E così… chi era il gentiluomo che ti ha salutata, giù a York?”

Sorridendo divertita, Kathleen asserì: “Nessuno di cui tu ti debba preoccupare, mia curiosissima figliola.”

Arrossendo leggermente, la ragazza esalò: “Oh… ma non intendevo affatto insinuare che… che tu…”

La madre allora rise sommessamente ed Elizabeth, mettendo un broncio adorabile, borbottò: “So benissimo che non esiste al mondo uomo che tu ami più di mio padre, però… ecco, è raro vederti dare confidenza a gentiluomini che non conosco.”

“Non lo conosci ora, ma lo conoscesti da piccola, in effetti. Lord Maxwell Chadwick, duca Barrett, presenziò al battesimo tuo e di Andrew e, se non ricordo male, tu ti divertisti un mondo a giocherellare con la sua barba” le raccontò Kathleen, sorridendo spensierata.

“Oh… e come mai abbiamo perso i contatti con i Chadwick?” domandò curiosa Elizabeth.

“Semplice. Lord Maxwell vendette i suoi palazzi a York per trasferirsi sulla costa, ad Aberdeen, poiché lady Cristabel, la moglie del duca, ama molto il mare” le spiegò la madre, lanciando un’occhiata distratta al paesaggio, visibile oltre i vetri della carrozza.

“E suo marito è stato così premuroso da accontentarla? Deve averla molto a cuore” esalò sorpresa Elizabeth.

“Non li conosco così bene per poterlo affermare, ma so che Maxwell ha una famiglia molto unita, e un nutrito stuolo di nipoti… grazie al primogenito.”

“Il giovanotto con lui?” si informò la figlia, rammentando un giovane dal portamento elegante, il viso affilato e intelligente e due curiosi occhi scuri come la notte.

“No, lui è Alexander, il secondogenito. Scapolo impenitente, e ben deciso a rimanere tale, a quanto pare” sorrise Kathleen, facendo sorgere un risolino sulle labbra della figliola.

“Oh… un donnaiolo, forse?” ironizzò la ragazza.

“Non necessariamente. Non ho mai sentito di scandali legati al suo nome quanto, piuttosto, a voci sulla sua sottile astuzia e intelligenza. Pare abbia rimesso al suo posto persino lord Wellington.”

“Oh… niente meno!” esalò ora sorpresa Elizabeth.

“Chissà… forse lo rincontrerai a Londra, e potrai fare la sua conoscenza. Se vorrai, te lo presenterà tuo padre” le sorrise Kathleen, facendola leggermente arrossire.

“No, grazie. Sono sicura che, se è veramente così intelligente e sagace come dici, poco apprezzerà una donna che sa pensare. Basterebbe lui per tutti e due, non ti pare?” replicò scocciata Elizabeth, pur ripensando al giovane a cavallo, e al modo in cui aveva arricciato in un sorriso elegante quelle stupende labbra carnose.

Scuotendo leggermente il capo per scacciare quel pensiero, la giovane andò con lo sguardo alla campagna e, nello sporgersi, salutò i fratelli e il padre, di ritorno da una galoppata per il contado.

Non le sarebbe spiaciuto trovare qualcuno con il carattere di suo padre, o dei fratelli.

Voleva loro molto bene ed era certa che, qualcuno con le loro qualità, sarebbe stato adattissimo anche a lei.

Magari, che non le nascondesse le rane nel letto, però.







N.d.A. I nomi in grassetto appartengono a personaggi realmente esistiti.

Ecco che facciamo la conoscenza con due nuovi personaggi: Charlotte, l'amica del cuore di Elizabeth, e Alexander, che avrà un ruolo fondamentale, a Londra, per far vivere a Lizzie tanti momenti divertenti - e non.
Avremo modo di conoscerlo anche più avanti però, direi che già ora vi siete fatti una prima idea di com'è e di come sia la sua famiglia.
Grazie per aver iniziato con me questa nuova avventura, e alla prossima!

  
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