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Autore: Ormhaxan    25/01/2017    4 recensioni
Scandinavia, IX secolo. Nella società norrena, molti sono quelli che desiderano il potere, ma pochi sono quelli che lo detengono: Ragnar Loðbrók è il sovrano più rispettato e temuto di tutti e i suoi figli, vichinghi forgiati da numerose battaglie, sono pronti a prendere il suo posto, disposti a tutto pur di salvaguardare il loro onore e il proprio nome.
In una storia che narra di vendetta, di morte, ma anche di amore, si intrecceranno le vite di Sigurd Ragnarsson, Occhio di Serpente, e di Heluna, principessa di Northumbria, figlia dell'uomo che, più di ogni altro, ha osato sfidare l'ira dei giovani vichinghi.
Dal Prologo: "Vedo il serpente strisciare nella tana del cinghiale e la sua prole dilaniarlo, vendicando il proprio nome; vedo un’aquila ricoperta di sangue sorvolare i cieli oltre il mare, un giovane serpente venire addomesticato da una principessa dagli occhi tristi e i Figli del Nord prosperare per mille anni."
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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NORD_3

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Non era rimasto molto del sovrano che Heluna conosceva da sempre: vestito con una tunica un tempo candida come la neve, smagrito e a piedi nudi nella fanghiglia terrosa che ricopriva l’intera cella, Ælle sembrava un uomo comune e non l’uomo fiero che era stato.
Accovacciato in un angolo, ginocchia al petto e capelli arruffati e sporchi a ricoprirli il viso teso, guardava un punto fisso davanti a lui, nel vuoto della cella illuminata solo da una pallida torcia fissata sul muro esterno; i suoi pensieri erano confusi, la sua mente stava perdendo lucidità e la pazzia si stava insinuando subdola come un tarlo, consumandolo lentamente.
“Padre…”
Una voce lontana, una figura in penombra oltre le sbarre, un viso che in un primo momento non riconobbe: Heluna, la sua unica figlia ancora in vita, lo guardava con i suoi occhi blu che, in quel momento, gli parvero neri come la notte più buia; contro ogni sua aspettativa era ancora viva, in buona salute, senza un solo capello fuori posto.
Come aveva fatto a restare viva nonostante tutto quello che era accaduto? Come aveva fatto ad uscire illesa dalla presa della città, dalla conquista dei barbari norreni e dalla loro furia?
“Sei viva. - disse con voce rauca, in un’affermazione che non nascondeva stupore – Ti credevo morta, uccisa brutalmente insieme ai nobili e alle tue dame.”
“Gli uomini del Nord mi hanno risparmiata, così come hanno risparmiato le mie amiche… - disse con calma – Non hanno fatto del male alle donne o ai bambini di York.”
“Non ancora, vorrai dire… - la corresse – Sono dei pagani, dei diavoli mandati da Dio per punire i nostri peccati: non hanno una coscienza, non provano pietà, alcun sentimento.”
“Questo non è vero!” esclamò con rabbia la principessa, mordendosi la lingua subito dopo: aveva parlato troppo in fretta, con troppa foga, ma come avrebbe potuto fare altrimenti? Quella gente presto sarebbe diventata il suo popolo, con il passare delle settimane si era affezionata a molti di loro – non solo a Sigurd, ma anche a Gorm, al marito di Mary, Olaf e a tanti altri che si erano dimostrati gentili con lei – e non avrebbe permesso a suo padre, all’uomo che mai l’aveva amata o fatta sentire tale, di denigrarli.
“Solta! Cosa mai puoi saperne tu di questo popolo? Avranno anche risparmiato la tua misera vita, ma questo non significa che non morirai anche tu con me o che ti risparmieranno l’umiliazione di essere venduta come schiava. Vedrai, presto qualcuno di loro si insinuerà nel tuo letto, rubandoti il tuo onore e la sua innocenza e poi, quando saranno stanchi di te, ti venderanno a qualche barbaro straniero.”
“Allora pregate affinché mi risparmino la vita.”
Ælle sorrise algido: “Sciocca bambina, credi davvero che la tua vita valga qualcosa? Per giorni ho provato ad avere salva la mia, cercato di persuaderli con ogni mezzo, offrendo loro tutto ciò che ho… compresa te.”
Heluna sgranò gli occhi e il suo cuore sussulto: così in basso si era spinto suo padre pur di avere salva la vita, a tanto arrivava la sua meschinità, la sua vigliaccheria? Mesi prima avrebbe pianto, si sarebbe disperata e avrebbe pregato giorno e notte Dio per l’amore di suo padre, per quella felicità mai arrivata, ma ora tutto era cambiato. Adesso era forte, aveva superato le paure e, cosa più importante, era amata a felice.
“Non potete vendermi, Padre, poiché sono già loro… — la sua voce era ferma, fredda, sembrava non appartenerle — Sigurd Ragnarsson è il mio amante, un principe a cui ho dato il mio cuore e che mi renderà sua pari. Sarò la sua regina, padre, e sarò felice.”
Heluna osservò impassibile il viso del padre tramutarsi in una maschera d’odio e di disprezzo: la sua mascella squadrata si contrasse, i suoi denti ingialliti dal tempo si digrignarono, creando un suono stridulo e acuto, e il suo occhi… i suoi occhi scuri trapelavano puro odio.
“Sgualdrina! – urlò a pieni polmoni, alzandosi in piedi e scagliandosi contro la cella – Figlia del Demonio, lurida meretrice!”
Heluna fece un balzo indietro, portandosi le braccia al petto per proteggersi, e immediatamente Hvìtserk le fu accanto, ascia in mano, pronto a difenderla e a tranciare di netto una o entrambe le mani del furibondo sovrano che, oltre le sbarre arrugginite, continuavano a torcersi nell’aria fredda del tardo pomeriggio.
“Tu non sei figlia mia, — continuava a urlare – tu non sei mia figlia! Demonio, nelle tue vene scorre il sangue del diavolo. Tu sei la causa di tutte le mie sciagure, dei miei lutti, della morte di tutti noi.”
“BASTA!” urlò con disprezzo il figlio di Ragnar, tranciando parte delle dita della mano destra con la sua ascia, mettendo così a tacere i suoi deliri.
Ælle urlò, non per furia ma per dolore, osservando inorridito e impotente il sangue sgorgare copioso delle tre dita recise: come una bestia ferita si fece indietro, tornando nel suo angolo buio, nel fango e nel sudiciume a cui apparteneva, mentre il sangue continuava a colare sul suo braccio e sulla sua malconcia veste.
“L’unico da biasimare siete voi, padre: non siete mai stato un buon marito, tantomeno un buon padre; in effetti, non siete mai stato un buon sovrano e il tradimento di molti dei vostri uomini ne è la prova. – disse Heluna, impassibile – Meritate la morte che vi attende, così come io merito una vita migliore lontano da qui, da voi e dal male che mi avete fatto per sedici lunghi anni.”
Abbassò il capo, sentendo il suo animo più leggero, e con lo sguardò cercò quello del figlio di Ragnar e lo pregò di scortarla fuori da quel corridoio saturo di aria divenuta malsana.
“Medicatelo e lasciatelo senza cibo. – ordinò repentino Hvìtserk a una guardia poco lontana prima di allontanarsi, a passo veloce, insieme a Heluna dalle prigioni – Venite, sorella, torniamo nelle vostre stanze.”
Heluna annuì, troppo provata da ciò che era appena accaduto per gioire o accorgersi dell’appellativo che il norreno le aveva appena dato, per quella parola che non era una semplice parola, ma una testimonianza di appartenenza e accettazione; senza rispondere, la fanciulla si lasciò condurre fuori, verso la luce del sole morente, dove l’aria non sapeva di rancido e morte.



**



“Meglio?” chiese Sigurd più tardi, mentre le accarezzava affettuosamente un braccio sotto le pesanti coperte che coprivano entrambi.
Heluna gli dava le spalle, da minuti non parlava, ma il norreno sapeva che era sveglia: dopo quello che era accaduto nelle prigioni, difficilmente Heluna avrebbe trovato riposo quella notte, la tranquillità che lui stava cercando di infonderle con tutte le sue forze.
La rabbia aveva preso il sopravvento nel suo animo quando la fanciulla era tornata da lui, visibilmente sconvolta e sull’orlo delle lacrime, raccontando con voce rotta ciò che era accaduto; la rabbia lo aveva quasi spinto a cercare il sangue, a portare morte in quella sera tranquilla, e solo le parole di Heluna e i suoi baci disperati lo avevano fatto desistere.
Presto, molto presto, Ælle sarebbe morto nel modo più atroce possibile, attraverso il rito dell’aquila di sangue, esecuzione inflitta solo a coloro che si macchiavano dei crimini più orrendi: aveva solo sentito parlare di quel rito che si perdeva nella notte dei tempi e che suo padre spesso aveva descritto a lui e ai suoi fratelli come spietato, una delle morti più crudeli e sanguinose che avesse mai visto.

Vedo un’aquila di sangue sorvolare i cieli oltremare

Così il Veggente aveva predetto quella morte tanti mesi prima, utilizzando parole che, solo adesso, dopo la sentenza emanata da suo fratello Ivar, avevano finalmente senso: l’aquila di sangue, attraverso suo fratello maggiore, avrebbe spiccato il volo nel cielo della Northumbria, nei cieli oltre il freddo mare che separava quelle terre dalla Scandinavia, dalla sua casa.
Tassello dopo tassello, ogni parola pronunciata in quella capanna permeata dalla luce del sole nascente stava prendendo forma, acquistando un senso: il cinghiale era stato suo padre, morto in una fosse colma di serpenti che, uno dopo l’altro, lo avevano lentamente stritolato per volere di Ælle; lui stesso, poi, si era fatto serpente nei sogni di una giovane principessa dagli occhi tristi grazie all’uroboro che giaceva sin dalla sua nascita nel suo occhio, grazie al marchio del serpente che gli aveva conferito il suo secondo nome: Occhio di Serpente. Tutti loro erano diventati i Figli del Nord giunti per portare vendetta, condottieri di un’armata che ben presto sarebbe diventata sempre più grande, che avrebbe portato loro vittorie e fama, una gloria tramandata di generazione in generazione, che li avrebbe resi immortali.
“Mín kœrr? – la chiamò ancora, pronunciando parole non più sconosciute alle sue orecchie —  Heluna?”
“Sto bene, davvero. – rispose lei, senza però voltarsi – Stringetemi forte, Sigurd, ve ne prego.”
“Non avrei dovuto lasciarvi andare, farmi persuadere dalle vostre parole e dai vostri occhi blu…” sospirò e affondò il capo tra i biondi capelli di lei.
“Era una decisione che non spettava a voi, ma a me. – Heluna girò piano la testa, quel tanto che bastava per osservarlo con la coda dell’occhio — Dovevo farlo, Sigurd, dovevo affrontare mio padre prima della fine, ma non pensavo che…”
“Le sue parole sono le parole di un pazzo, di un uomo che vede la fine vicina e che non può fare nulla per impedirlo… - le baciò una guancia – Sappiamo entrambi che voi non siete ciò che vostro padre crede, che siete pura e coraggiosa, molto più simile a una di quelle donne morte in modo bislacco per la vostra strampalata fede che ai demoni che popolano il vostro Hel1.”
“Quelle donne sono Sante e sono morte per la loro fede. – lo corresse Heluna – E no, direi proprio che io non sono una Santa.”
“No, infatti. – sorrise – In caso contrario, Odino non ci avrebbe fatti incontrare, tantomeno ci avrebbe dato il dono dei sogni premonitori.”
Anche Heluna sorrise di rimando, avvicinando poi il viso al suo e strofinando in modo quasi infantile i loro nasi: era strano come Sigurd riuscisse a calmarla, come qualsiasi cosa, anche la più tremenda, con lui al suo fianco non sembrasse così tragica o insormontabile.
Sospirò quando Sigurd iniziò a lasciarle piccoli baci sul collo, rabbrividì percependo i polpastrelli callosi delle sue mani farsi strada sotto la tunica, accarezzarle la gamba con lascivia e desiderio.
“Sento il vostro cuore battere forte, - le sussurrò all’orecchio Sigurd – ha lo stesso ritmo del mio.”
Heluna sorrise in imbarazzo, non ancora abituata a quelle carezze, a quei momenti esclusivamente loro: ancora avvampava al ricordo di ciò che era successo l’ultima volta, al pensiero delle affusolate dita di Sigurd dentro di lei, della sua bocca sul suo seno. Ogni volta che ci ripensava, percepiva uno strano calore nel basso ventre, una voglia del tutto nuova che le faceva desiderare ancora una volta quel contatto tanto intimo quanto scabroso per una fanciulla non maritata, per la sua società bigotta e rigida.
“Cosa pensate che dicano gli altri di noi? – si ritrovò a chiedere con imbarazzo – Pensate che sappiano ciò che succede qua dentro, credete che mi ritengano oramai impura?”
“Se fossi la mia schiava, forse, ma siete la mia promessa sposa. I miei uomini mi conoscono abbastanza da sapere che mai e poi mai disonorerei una nobile prima del tempo, specialmente se a questa ho donato il mio cuore.”
“E direi che, all’inizio, vi ritenevo un barbaro pagano senza cuore.”
“Io, invece, vi odiavo per avermi reso debole. – confessò anche lui, continuando ad accarezzarle la schiena nuda da sotto la tunica – Non sono mai stato così, influenzabile e indeciso; al contrario, sono sempre stato forte, disinteressato nei confronti delle donne, che ho sempre utilizzato per soddisfare dei bisogni, esclusivamente desideroso di impugnare un’ascia, andare in guerra e conquistarmi l’ingresso nel Valhalla.”
“La vostra incoscienza vi ha quasi condotto da Odino… - ricordò, sfiorando delicatamente la spalla ancora dolorante del norreno – Ho davvero avuto paura di perdervi, sapete?”
Sigurd sospirò e annuì: era stato un perfetto stolto, un egoista che non aveva pensato lucidamente e a nient’altro che a se stesso e alla sua sete di sangue e vendetta.
“Presumo, dunque, che dovrò essere più accorto da ora in avanti. – disse mentre la faceva accoccolare sul suo petto — Presto sarò un marito e, con il volere degli Æsir e dei Vanir, anche un padre.”
Heluna immaginò un bambino con i lunghi capelli di Sigurd e il suo portamento fiero correre di qua e di là per il villaggio sulle coste del mare che molte volte il principe norreno le aveva descritto con minuzia; immaginò loro due felici, il suo ventre crescere di giorno in giorno e sorrise sognante.
“Dormite, adesso. – le disse subito dopo il norreno – Oggi, nonostante ciò che avete passato, mi avete reso orgoglioso di voi, ma domani sarà una giornata ancor più lunga e difficile ed entrambi abbiamo bisogno di recuperare le forze.”
Domani: Heluna si chiese se sarebbe stata in grado di sopportare l’esecuzione di suo padre, quella morte che non sarebbe stata una semplice morte, ma un vero e proprio rito fatto per compiacere gli dei e ottenere la vendetta tanto a lungo agognata.
Chiuse gli occhi e si strinse meglio a Sigurd, che continuò ad accarezzarle i capelli e baciarle il viso dolcemente fino a quando entrambi non si abbandonarono a un sonno tranquillo e senza sogni.

 


*



Angolo Autrice: Hello, folks! Capitolo di passaggio, inizialmente pensato come unico del precedente, in cui Heluna affronta i propri demoni e, soprattutto, suo padre. Anticipo già che il prossimo sarà abbastanza cruendo e non per i deboli di stomaco; inoltre, credo che rivedremo brevemente Thyri e Aslaug.
Non manca moltissimo alla fine della storia, credo, però posso dire con sicurezza che ho superato la metà. Non so bene quando e come finirà ancora, ma a questo ci arriverò a momento debito...
Spero che la storia, nonostante le poche recensioni degli ultimi capitoli, stia continuando a piacere. Insomma, questo per dire che pareri sono ben graditi, quindi se deciderete di lasciarmene sarò più che contenta.

Alla prossima,
V.
  
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