Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: paoletta76    25/01/2017    0 recensioni
Claire è un agente dello Shield. E' una brava agente; del resto, l'ha addestrata May. E un po' le assomiglia, testarda ed altruista. Claire nasconde un segreto, dal giorno in cui la terrigenesi le ha sconvolto la vita. Claire è inumana. Nasconde un segreto, già. E non è la sola.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Shield Strategic Unit, sei settimane dopo
 
Ehi.
Quella voce la sorprese con le dita intente a cercare frutta nella scatola dei cereali, lasciandola sorridere come non faceva da una vita. E di lì ad un istante la raggiunse il calore di quella presenza.
- Direttore..- piegò appena il viso, raccogliendo una tazza e fingendo di essere intenta a riempirla. Senza spostarsi, anzi lasciando che quel corpo le arrivasse addosso e quelle braccia le circondassero la vita.
- Vedo con piacere che non ti sposti dei tuoi soliti due metri. E che non hai perso il vizio di frugare nella scatola in cerca di frutti rossi.
- C’è scritto cereali alla frutta, un bravo agente verifica sempre.
- Già.- lui le si affiancò, cancellando il proprio tepore e lasciandola per un istante a desiderarlo ancora – tutto bene?
- Questo dovrei chiederlo io a te.
- Due mesi. Ancora due mesi, rinchiuso qui dentro.- lui mosse l’indice intorno, ad indicare il perimetro della base, senza arginare un sospiro – credo che impazzirò.
- Ma piantala, Mace. Non c’è nulla di più esaltante, per te, che sederti ad una scrivania a dare ordini.
- Ah. La pensi così.- lui incrociò le braccia, appoggiandosi di spalle al banco. Lei sorrise di nuovo, più aperta, continuando a mescolare frutta a pezzetti, cereali e yogurt – bene. Devo sentirmi offeso o lusingato?
- A lei la scelta, direttore.
- Sei una strega, O’Neill, lo sai?
- Da una vita.- lei sollevò le spalle, mantenendo quel tono malizioso, sollevando lo sguardo e costringendolo –come sempre- ad abbassare il suo – vuoi?
- Grazie. Li fai ancora?
- E’ una delle poche cose che sono rimaste della vecchia me. Sottile perfidia e colazione sana.
 
Lui si sedeva, sullo sgabello accanto al suo, ringraziando con un cenno per la tazza con la propria porzione di colazione sana. Un istante di più, concentrato com’era, prima di intercettarla:
- Mi stai fissando?
- No, direi più.. esaminando.
- Noti qualcosa che in precedenza ti sfuggiva?
- Sì. Con i riccioli spelacchiati sei molto più carino, direttore. E pure senza giacca e cravatta.
Lui sorrise, tornando ad abbassare gli occhi per un attimo e scuotendo appena la testa, leggero. Maglietta stropicciata, che gli lasciava a vista le braccia, muscolatura e traccia dei cerotti incluse. Pantaloni di una tuta che, dopo quelle settimane trascorse fermo in un letto, sembravano diventati di una taglia più grande, piedi nudi. Le stampelle con cui era arrivato fino al soggiorno appoggiate accanto allo sgabello, i capelli un po’ più lunghi del giorno in cui il destino li aveva fatti incontrare di nuovo. La barba di un paio di giorni e quegli occhi.
 
Il colore del mare in tempesta, quello di cui s’era innamorata senza nemmeno chiedersi perché.
Sei senza via d’uscita, agente O’Neill..
 
Heavy words are hard to take
Under pressure precious things can break
How we feel is hard to fake
So let's not give the game away

 
Ora lui si alzava, lentamente e senza nascondere una minuscola smorfia di dolore. Imbracciava le stampelle e faceva l’atto di andare a sciacquare la propria tazza.
- Lascia; faccio io.- gli disse, tendendo una mano e raccogliendola.
- Grazie.
- Di niente.
Lui si allontanò di una manciata di passi, per poi fermarsi prima di arrivare alla porta:
- Ah, Claire.. passa dal mio ufficio, quando vuoi. Le tue carte sono pronte.
- Ok..- rispose, continuando a dargli le spalle e fingendo di non aver provato quel colpo al cuore.
- Ci.. ci vediamo, allora.
- Ok.- ripeté lei, quasi senza tono, lasciandolo scomparire oltre il confine del corridoio.
 
Rispose distratta al saluto di tre o quattro persone, avviandosi verso il profilo vetrato degli uffici, un paio d’ore dopo. S’era data tempo, senza chiedersi perché l’avesse fatto, dato che desiderava questo momento da due anni. Ed ora si ritrovava lì, col pugno sospeso di fronte a quella porta. E l’unica domanda che riusciva ad elaborare la sua testa era se veramente lo voleva.
Se voleva davvero dirgli addio.
 
Just please don't say you love me
'Cause I might not say it back
Doesn't mean my heart stops skipping when you look at me like that
There's no need to worry when you see just where we're at
Just please don't say you love me
'Cause I might not say it back

 
Avanti!
Quella voce, scura ma ancora un po’ debole, rispose al suo bussare.
- Posso.. posso entrare? – fece capolino, incontrando la sua immagine in controluce, accanto alla finestra – ti disturbo?
- No.. non disturbi. Vieni.- lui mosse un paio di passi, arrivando alla scrivania ed aprendo un cassetto, con un’altra piccola smorfia di dolore – ecco. Sono complete. Puoi.. puoi controllarle, se vuoi.
- Ok..- lei raccolse quelle carte, le aprì e prese a sfogliarle, fingendo di esaminare le firme mentre in realtà si ritrovava ad osservare lui. Suo marito, l’uomo che l’aveva abbandonata e poi le aveva salvato la vita, senza pensarci un attimo, a sacrificare la propria.
 
Adesso è a me, che non importa più..
 
La sua voce, risoluta e triste, continuava a riempirle la testa. Di fronte a lei, viso rivolto di tre quarti alla finestra, c’era il fantasma di Jeff. E i suoi occhi in controluce erano limpidi e liquidi.
Una lacrima. Solo una, a rigare quello che per mesi era stato il profilo forte e fiero di un supereroe.
- Io..- Claire prese fiato, deglutendo a vuoto e cercando di evitare che la propria voce s’incrinasse – le carte sono ok; io.. io vado. Grazie.
Le rispose con un leggerissimo cenno del viso, evitando di voltarsi.
 
In pezzi. Ti sta lasciando libera, anche se la cosa lo manda in pezzi, Claire. E’ questo, che vuoi?
 
Raccogliere il fiato. Inspira, espira. I passi che si bloccavano al confine con la porta, la mano già sulla maniglia.
E poi un gesto, rapido ed improvviso. Le carte del divorzio strappate con forza, dalle sue dita, fino a ridurle in brandelli, mentre lui si voltava interrogativo e senza parole.
- Hai.. hai un cestino?
- S- sì.. lì.- lui le indicò l’angolo occupato dal trita documenti, lasciando che lo raggiungesse e vi lasciasse cadere quanto rimaneva del suo rancore. Poi, ancora incredulo, rimase immobile ad osservarla mentre si avvicinava ed arrivava a circondargli il busto con le braccia, appoggiandogli il viso contro il petto – Claire..
- Mi dispiace. Non ce la faccio. Non posso dire addio ad un uomo disposto a farsi ammazzare, per me.- rispose, minuscola, lasciandosi accarezzare i capelli, per poi sollevare lo sguardo contro il suo – sarai costretto a sopportare la mia isteria ancora a lungo, direttore..
- Non avrei sperato di meglio, sai.- le disse, ritrovando un sorriso in quegli occhi del colore del mare. E poi un bacio, quello che non credeva avrebbe avuto mai più.
 
Giacca, cravatta ed aria decisa e spavalda, il direttore Mace si presentava in conferenza stampa a due mesi dall’incidente che, durante l’azione decisiva per la cattura di uno dei più malvagi killer al soldo dei Watchdogs, aveva lasciato sul suo corpo quell’indelebile e profonda cicatrice.
Le dimissioni gliele aveva rifiutate direttamente Coulson, prima ancora che potesse rassegnarle. I patti erano quelli di restare al proprio posto, lasciando a lui la funzione di responsabile operativo; s’era limitato ad annuire, certo di aver fatto la scelta giusta.
La riabilitazione procedeva con ottimi risultati, e Simmons non aveva più bisogno di passare lo scanner lungo il suo torace per ripetere: bene, bene.. prima di lasciarlo con un sorriso. A cui rispondeva a quattro quarti.
 
La giornata appariva frizzante e stupenda, e davanti a quella piazza brulicante di curiosi e giornalisti si ritrovò a raccogliere il fiato, prima di raggiungere il microfono.
Uno sguardo indietro, il cenno d’intesa di May e lo sguardo orgoglioso di sua moglie.
 
Non aveva bisogno di armature, di sieri miracolosi. Non aveva bisogno di nulla, oltre a quello sguardo, per sentirsi l’eroe che da sempre desiderava essere.
 
Ma nessuno l’avrebbe mai saputo. Nessuno, a parte loro due.
  
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