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Autore: nikita82roma    25/01/2017    2 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Avevano parlato molto nei giorni precedenti, ora sembravano non voler parlare più, anche se avevano molte cose di cui discutere, sopratutto Kate, aveva molte cose di cui chiedergli conto, ma passò tutto il secondo piano. Beckett era rannicchiata sul divano, con la testa appoggiata sulla spalla di Castle, mentre accarezzava il suo petto da sopra la camicia.
Non avevano più la percezione del tempo.
Si accorsero quante ore erano passate solo quando si ritrovarono nella penombra e guardando fuori, vedevano New York avvolta dalle prime luci della sera. Si guardarono e risero, una delle tante volte di quel pomeriggio e Kate non avrebbe mai pensato quella mattina che il suo primo giorno fuori dall’ospedale sarebbe stato così. Si immaginava sola, in una stanza piccola e anonima a cercare di leggere qualche pagina di uno dei libri che si era fatta portare ed invece era stata tutto il pomeriggio tra le braccia di Castle e non importava dove, sarebbe andata bene anche quella piccola ed anonima stanza della sua mente. Era stata felice, era stata leggera e senza pensieri. Tutto quello che da tempo non era riuscita più ad essere lo era stata in un solo pomeriggio con lui, lasciando che Castle fosse Rick e lei fosse Kate, senza muri, senza barriere e senza paure, libera di ridere alle sue battute sceme, di baciarlo ogni volta che ne aveva voglia, di lasciarsi baciare quando era lui che voleva farlo. Per un pomeriggio aveva chiuso fuori da quella porta la vita reale, le paure, le scelte, il sentirsi braccata da qualcosa di diverso delle braccia di lui che non l’avevano mai lasciata. 

Le era piaciuto stare ad ascoltare i suoi racconti su tutte le volte in cui avrebbe voluto baciarla nel corso di quegli anni: ripercorreva momento dopo momento cominciando dal loro primo caso insieme. Così le aveva detto che quando lo aveva salutato in strada e dopo averlo provocato se ne stava andando, avrebbe voluto fermarla e baciarla lì, fregandosene di tutti quelli che li potevano guardare, anche se sapeva che dopo avrebbe rischiato come minimo uno schiaffo. Beckett annuì, specificando che uno schiaffo sarebbe stato il minimo e lui sorridendo la baciò. Era il bacio che le avrebbe voluto dare quel giorno ma non ci fu nessuno schiaffo, dopo. E continuò così recuperando quei baci non dati uno dopo l’altro, lasciando Kate senza parole per come si ricordasse perfettamente ogni momento, ma si stupì ancora di più di se stessa perché li ricordava tutti anche lei. Così bacio dopo bacio si era fatta sera ma Castle era ancora all’inizio del ripercorrere la loro storia.

- Ci vorranno molti altri pomeriggi così per arrivare fino ad oggi. Mi devi tanti baci Kate… - Disse baciandola ancora - … Tanti, tantissimi baci…

Kate rimase con le labbra socchiuse a e la testa leggermente inclinata, sospesa a mezz’aria dopo che Rick si era staccato da lei, dopo che le aveva morso il labbro superiore e lo aveva tenuto tra le sue labbra succhiandolo senza volerlo lasciare andare. Lo aspettava di nuovo, come era stato per tutto il pomeriggio, quando se Rick non parlava era perché la stava baciando sulle labbra o, se parlava lei, ma lo aveva fatto molto poco, sulla guancia scendendo lentamente sul collo e soffermandosi lì, in quel punto che aveva trovato subito come se ne avesse sempre conosciuto l’esistenza, dove lei era più sensibile e dove i baci le davano quel brivido in più. Più di una volta si era lasciata andare ed aveva manifestato tutto il suo apprezzamento per quel tocco gentile e deciso delle sue labbra, facendo nascere sul volto di Rick un sorriso che lei non avrebbe mai visto. Lui in compenso aveva visto tutti quelli di lei: quelli stupiti, quelli felici, quelli emozionati e quelli provocanti. L’aveva vista sorridere con gli occhi prima che con ogni altra parte del corpo, li aveva visti luccicare, ci aveva visto se stesso riflesso e se ne era innamorato sempre di più perché non c’era cosa più bella che vedere lei che lo guardava con quell’intensità e quella gioia. Non l’avrebbe mai immaginato quando era entrato lì ed era stato nuovamente attaccato da lei rintanata dietro le sue barriere, ma alla fine c’era riuscito, l’aveva resa felice quel pomeriggio, lo sapeva ed era la sensazione migliore che potesse provare, non desiderava altro, da sempre. Rick sapeva che lo poteva fare, forse sarà stato presuntuoso da parte sua pensarlo ma aveva sempre saputo che se lei glielo avesse permesso, lui sarebbe stato in grado di renderla felice, perché lo sentiva dentro che se il destino li aveva fatti incontrare c’era un motivo e quel motivo era tanto semplice quando ineluttabile, lui avrebbe dovuto farla uscire dalla torre nella quale si era rinchiusa e regalarle la felicità che lei meritava.

Si allontanò dal suo volto non prima di averle dato ancora un rapido bacio su quelle labbra rosse e gonfie, che testimoniavano quante volte lo aveva già fatto e che erano lì apposta per essere baciate ancora e ancora. Poi diede un colpetto sulla punta del naso con un dito e le sorrise e lei fece altrettanto. Le accarezzò una guancia con il dorso della mano andando a liberarle il viso da una ciocca di capelli che copriva in parte il suo profilo perfetto.

Ormai la stanza era quasi al buio, se si escludevano le luci che venivano da fuori ed una abat-jour su un mobile in fondo alla stanza che doveva essere rimasta accesa da sempre. Nessuno dei due voleva andare ad accendere la luce, perché sarebbe stata un’ammissione del tempo che era passato, inesorabile, era come se avessero paura che una volta che si fossero alzati da lì, la magia che li aveva racchiusi quel pomeriggio sarebbe svanita. Per Kate sarebbero tornate le paure, le preoccupazioni, il giusto e lo sbagliato, sarebbero tornati i dolori che aveva fatto finta di non sentire ed il buon senso a bussare alla porta della sua mente. Era stato tutto troppo per essere vero. Troppo bello, troppo coinvolgente, troppo perfetto e lei alle cose belle e perfette non ci credeva, perché poi arrivava sempre la realtà a farle ingoiare un boccone amaro, era accaduto così ogni volta che si era concessa di lasciarsi andare al sogno, ma Castle era troppo reale per permettersi di lasciarlo andare, di farlo inghiottire dai suoi incubi e dalle sue paure, per questo quando lui si allontanò, provando ad alzarsi lei si aggrappò alla sua camicia, impedendoglielo. Nelle mani strette sulla stoffa, nel viso nascosto tra le pieghe Rick percepì la sua paura e mai nessuna donna lo aveva mai stretto così, solo Alexis, quando era piccola ed aveva gli incubi, si aggrappava alla notte con forza al suo pigiama impedendogli di andare via dal suo lettino o obbligandola a portarla con sé ed avrebbe dormito tutta la notte tenendolo stretto e facendosi avvolgere dalle sue braccia protettive, proprio come faceva ora con Beckett. Non si era alzato, l’aveva anzi stretta a se cullandola, proprio come faceva con sua figlia quando era una bambina, aspettando che fosse lei a lasciarlo andare, quando si fosse sentita sicura. Nella sua vita Kate aveva attraversato uno tsunami e mille mari tempesta che l’avevano scossa, sbattuta da un porto all’altro inerme, lasciandosi trasportare dalle onde annullandosi senza opporre resistenza nè scegliere più la sua destinazione, pensando solo a sopravvivere. Ora quello che desiderava era solo un porto sicuro, il suo porto sicuro che era Castle, ma quegli uragani e quell’essere in balia delle onde, aveva lasciato dentro di lei dei segni indelebili e l’inquietudine che solo le tempeste in mare aperto possono avere. Lasciare la presa le sembrava come lasciare le funi che la tenevano in salvo ormeggiata al porto con la paura che la tempesta la trascinasse di nuovo via, lontana dalla pace e della felicità che lui le donava. Non aveva capito quanto avesse bisogno di lui fino a quando non aveva abbassato le ultime difese e si era abbandonata Rick: non era più solo bisogno ma necessità e in quegli istanti si chiese come aveva fatto a vivere fino ad allora senza conoscere la serenità che le braccia di Castle le sapevano donare. Rick le accarezzò dolcemente i capelli mentre sentiva che le sue mani allentavano la presa.

- Kate… Amore…

Lei alzò gli occhi e lo guardò imbarazzata di quel gesto istintivo che mostrava la sua fragilità.

- Scusa… Immagino che devi andare, vero?

Rick controllò l’ora, era più tardi di quanto pensava, in effetti.

- Se vuoi possiamo cenare insieme. Fammi solo avvisare mia madre.

- Alexis? - Non aveva più chiesto di sua figlia, se ne sentiva in colpa.

- È in Europa con le sue amiche. Abbiamo fusi orari diversi - le disse divertito - L’ho chiamata prima di venire qui.

- Sei sicuro che non ti dispiace rimanere? - Voleva esserne sicura, perchè le sembrava ancora impossibile che fosse lì, che tutto quello fosse vero.

- Sì, Beckett, in realtà vorrei essere altrove, tipo a casa a giocare con la mia xbox e fare la Rock Star con Guitar Hero, però ogni tanto devo fare qualche buona azione, tipo passare del tempo con la donna che amo, è un sacrificio lo capisci, vero?

Glielo disse così serio che all’inizio ci stava anche credendo e si era già rabbuiata, se ne accorse anche Rick che scoppiò a ridere prima di darle un altro bacio ed alzarsi dal divano. Recuperò il cellulare nella tasca della giacca, non ricordava nemmeno quando lo aveva messo silenzioso, forse prima di andare da lei, e trovò varie chiamate di Gina e messaggi in cui gli intimava di richiamarlo il prima possibile. C’erano anche delle foto di Alexis insieme alle sue amiche con le orecchie di topolino e lo sfondo del castello di Disneyland a Parigi e le venne subito in mente quando la portava ogni estate Disneyworld ed aveva ancora adesso, a distanza di anni, se chi tra i due si divertisse di più era lei o lui.

Rick si era messo in fondo alla stanza vicino alla finestra mentre parlava con sua madre ed inventava scuse per rimanere fuori a cena, come se fosse un adolescente che doveva giustificarsi. Vide Kate sorridere riflessa nel vetro mentre lui gesticolava esasperato dalla madre troppo curiosa di sapere cosa stava combinando e la vide anche sofferente alzarsi tenendosi l’addome e respirando profondamente. Si voltò e non stava già ascoltando più Martha, chiuse rapidamente la conversazione e si avvicinò a lei.

- Se stavi male e ti eri affaticata a stare seduta dovevi dirmelo. Scusami io non ci ho proprio pensato.

- Volevo stare lì.

La convinse ad andarsi a stendere e la seguì in camera da letto. Prese una delle sedie e la mise vicino a lei, per sedersi lì vicino come aveva sempre fatto in ospedale.

- Castle… Qui c’è spazio… - Gli disse indicando l’altra metà del grande letto. Rick rimase un attimo interdetto e poi si sdraiò al suo fianco e cominciò a leggerle tutto il menu del room service, scartando quelli che secondo lui non erano piatti che poteva mangiare. Kate sbuffava perché lui le proponeva solo cose “senza sapore” mentre lui decantava le qualità di ogni piatto che lei bollava come “da malati”. Non era servito a migliorare la situazione quando lui le aveva ricordato che lei tecnicamente era ancora un po' malata, convalescente, per la precisione. Si era quindi rifiutata di scegliere cosa mangiare tanto sarebbe stato tutto uguale e lasciò che fosse lui a scegliere. Rick le fece notare che era più difficile da gestire di Alexis quando era bambina e malata. Prese il telefono sul comodino e chiamò il room service nel disinteresse totale di Kate che sembrava non volergliela dare vinta. Non sapeva nemmeno lei da dove le venisse quella botta di regressione infantile ma sapeva che si sentiva bene anche così. Soprattutto così. Poteva permettersi per una volta di non fare quella seria e responsabile? Sì poteva e voleva.

Si girò su se stessa fino a trovare lui con la schiena appoggiata alla testiera del letto e le mani intrecciate dietro la nuca che guardava fisso davanti a se. Si avvicinò trascinandosi un po' mentre lui la guardava serio.

- Vedi di non farti male. Non vorrei rinunciare alla nostra cena e doverti riportare in ospedale.

- Il problema è rinunciare alla cena?

- Certo! Sarà un’ottima cena, nonostante il tuo scetticismo.

Kate sbuffò appoggiandosi al suo petto. Stava bene lì. E non solo perché era straordinariamente comodo, ma perché stava bene con lui. Gli stropicciò ancora di più la camicia sbottonandogli uno dei bottoni al centro, solo per infilare una mano sotto ed accarezzare la sua pelle calda. Ma Rick, invece sentiva solo brividi partire da ogni punto dove lei passava con le dita: chiuse gli occhi lasciandosi andare all’incanto del momento.

Quel momento idilliaco fu interrotto dal suono del campanello che faticarono a riconoscere e a contestualizzare. Castle aprì gli occhi quando sentì suonare una seconda volta, diede un bacio a Kate prima di alzarsi.

- Pronta per la nostra cena?

- Vai tu?

- Certo.

Le diede un altro bacio prima di andare ad aprire, mentre lei andò in bagno. 

Aprì la porta senza guardare o chiedere chi fosse, spostandosi di lato pronto a far entrare il cameriere con il carrello con la loro cena, ma davanti a lui si presentò tutt’altro.

- Signor Castle? Cosa ci fa qui? - Victoria Gates lo squadrava dalla testa ai piedi, soffermando la sua attenzione sulla camicia in parte sbottonata e fuori dai pantaloni ed i piedi scalzi.

- Io ehm… Sono rimasto a fare compagnia a Beckett… Stavamo aspettando la cena… - rispose imbarazzato

- Capisco… - Il capitano Gates entrò nella stanza senza chiedere il permesso e a Rick non rimase che chiudere la porta mentre la donna aspettava a braccia conserte la detective senza chiedere dove fosse.

- Allora Rick, questa cena? - Chiese Kate appena uscita di camera appoggiandosi alle spalle di lui per guardare verso il tavolo, senza accorgersi della presenza del suo capitano che si schiarì la voce per annunciarsi.

- Signore! - Esclamò Kate allontanandosi immediatamente da Castle, sorpresa ed imbarazzata.

- Buonasera Detective, la vedo… bene… - Disse la Gates tagliente

- Grazie Signore… - Beckett abbassò lo sguardo sperando di non essere arrossita troppo.

- Mi avevano detto Esposito e Ryan che mi avrebbe chiamato per ridiscutere della sua sistemazione perché non era di suo gradimento. Non avendola sentita, ho pensato di venire di persona per discutere con lei di dove sarà trasferita.

- Signore ecco… Questa mattina ero un po’ nervosa, va benissimo rimanere qui. - Rispose a disagio

- Ne è sicura Beckett? Non vorrei mai che dovesse passare del tempo in un luogo che non reputa confortevole.

- Sono sicura Capitano, la ringrazio.

- Bene, allora la lascio alla cena con il signor Castle.

- Arrivederci Capitano - La salutò Rick e la donna lo squadrò di nuovo mentre anche Beckett la salutava.

Quando si chiuse la porta alle spalle, Kate sembrò tornare a respirare.

- Castle perché non hai guardato chi fosse? - Lo rimproverò

- Io… non pensavo… cioè, pensavo fosse la cena! - Si discolpò

- Guarda come sei ridotto! - Anche lei lo guardò spettinato, con la camicia in disordine e scalzo. Rick si sistemò i capelli con le mani e abbottonò la camicia. - Pensi abbia capito qualcosa?

- Beh, la Gates è una donna sveglia e…

- Castle! Non mi aiuti così!

- Dovevo dirti di no?

- Sì! - Rispose esasperata

- Dovevo dirti di sì o di no? - Chiese perplesso Rick

- Lascia stare Castle!

Lo lasciò lì e andò in camera chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle. Suonarono di nuovo alla porta e Castle andò di nuovo ad aprire, poteva essere anche il capo della polizia in persona, non gli fregava nulla, ma la sua foga spaventò solo il cameriere che sembrava rifugiarsi dietro il carrello carico delle cloche. Senza dire nulla andò verso il tavolo e posò lì le pietanze dopo aver apparecchiato. Rick prese dalla tasca della giacca una banconota da cinquanta dollari e la diede al ragazzo che indietreggiò fino ad uscire dalla stanza, ricordandogli che quando avevano finito, potevano mettere il carrello con i piatti fuori dalla porta.
Non guardò nemmeno se avevano portato quello che aveva chiesto, si buttò sul divano, lo stesso dove avevano trascorso quel meraviglioso pomeriggio insieme passandosi con forza le mani sugli occhi e sulle tempie, chiedendosi perché la situazione doveva sempre precipitare così, senza un senso. Passò un po’ di tempo poi sentì la porta aprirsi piano e i suoi passi avvicinarsi. Si sedette vicino a lui, togliendogli le mani dagli occhi.

- Scusa. Ho avuto paura.

- Di cosa?

- Che la Gates ci scoprisse. - Gli disse con tono colpevole mordendosi il labbro come una bambina beccata a combinare un guaio.

- Anche io preferirei che rimanesse tra noi per ora, ma se lo scopre, cosa può farci? Può impedirci di stare insieme?

- Può impedirti di collaborare al distretto con noi. - Sbuffò Kate

- Per il momento non tornerai al distretto, non fino a quando non sarai completamente ripresa. Anche se fosse, poi ci penseremo. - Rick cercava di farla ragionare con la massima calma mentre la vedeva insofferente.

- Non ti dispiacerebbe? - Gli chiese Kate preoccupata.

- Certo che mi dispiacerebbe, poi chi ci sarebbe a coprirti le spalle e a proteggerti? - Le disse sorridendo spostandole una ciocca di capelli dal viso

- Dai Castle, fai il serio! - Prese la sua mano stringendola tra le sue

- Sono serio. Però mi dispiace più che si creino queste situazioni. È una colpa amarti Kate? È una colpa che tu sia amata?

Kate non rispose, abbasso lo sguardo sulle loro mani intrecciate.

- Devi imparare a farti amare Kate. Io lo so che tu mi ami, lo sento da come mi parli e mi sfiori, lo vedo nei tuoi occhi. Oggi l’ho sentito in ogni tuo bacio. Ma tu non sei capace di farti amare. A volte sembra che respingi volutamente ogni tentativo di farlo. Quelle rare volte che abbassi le tue difese e permetti di farlo, totalmente, incondizionatamente, non c’è cosa più bella. Ma dura sempre troppo poco. Ti prego, lasciami la gioia ed il privilegio di poterti amare senza che tu ne abbia paura, senza avere paura di far vedere agli altri che sei amata. Te lo meriti.

Beckett non rispose aveva paura di tante cose, anche di come lui la leggeva dentro. Sapeva che il viaggio che aveva intrapreso con e verso di lui era qualcosa che non prevedeva la possibilità di tornare indietro. Ne sarebbe uscita trasformata in un modo o in un altro.
Si convinse poi ad andare a mangiare e scoprirono quei piatti che erano ancora tiepidi nonostante il tempo passato. Kate si stupì di come fosse tutto molto più buono di quanto avesse immaginato e divise tutto con Castle, mangiando spesso dal suo piatto o imboccandolo con quello che aveva lei. Era tutto così bello, avrebbe dovuto solo renderlo anche facile.

   
 
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