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Autore: AlileFreedom    25/01/2017    0 recensioni
Se anche tu come me hai avuto un grande amico, ma per colpa del tuo orgoglio non le parli più, lo eviti e fai di tutto per cercare di odiarlo, spero ti possa riconoscere, almeno in parte, nelle mie poche righe e chissà che queste parole non aiutino solo me a sentirmi un po’ meno sola.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È nell’immensità che si perdono le nostre risate



Hey
So bene che non leggerai queste mie righe ed io non ti ripeterò mai a voce ciò che ho scritto, ma spero che qualcuno lo faccia per noi, spero che qualcuno ci riconosca e ti dica quello che il mio orgoglio m’impedisce di fare, ma che il cuore urla a squarcia gola;
e allora caro lettore mettiti comodo e preparati a leggere la storia di un’amicizia, della nostra amicizia, probabilmente non diversa da altre, ma mia e di quella che vorrei chiamare migliore amica.


Hai presente quando i genitori ti dicono, quasi allo sfinimento, che l’amore arriva all’improvviso?? Ecco sappi che persino le amicizie, quelle vere, arrivano quando meno te l’aspetti e proprio così è cominciata la nostra; passando gli intervalli insieme, parlando del più e del meno, in cerca di una qualche compagnia tra i tanti sconosciuti che come noi frequentavano il primo anno.

Sai all’inizio non mi stavi neppure simpatica; sulla sedia stavi sempre dritta, come un bastone, i capelli legati in uno stretto chinion, gli occhiali squadrati e l’apparecchio ai denti, poi all’intervallo parlavi pochissimo e al primo squillo della campanella ti fiondavi subito nell’aula.
Eppure qualcosa mi ha spinto a continuare a conoscerti ancora un po’ e senza nemmeno accorgermene ero seduta vicino a te all’ultimo banco, il nostro posto. I mesi sono passati veloci tra una risata e qualche scherzo eppure non ti consideravo veramente mia amica e sapevo anche che io per te non ero di più.

È stato un professore a definirci amiche e da quel momento ho cominciato a pensare: passavamo insieme tutta la giornata, sia durante le lunghe e noiose ore di lezione che durante i troppo brevi intervalli, il lunedì ci raccontavamo cosa avevamo combinato nel fine settimana, discutevamo del futuro, io mi fidavo e credevo che pure te ti fidassi di me, era forse amicizia la nostra? Decisi di si.

Di li in poi gli anni sono passati veloci, sempre infondo a parlare per ore senza mai stufarci, a volte litigavamo ma poi tornava tutto come prima; ci scambiavamo i libri, canzoni, bigliettini durante le verifiche, eravamo io e te contro il mondo. Per te ho litigato con uno dei miei più cari amici, ho scelto te a lui, non mi importava che gli altri mi considerassero il tuo cagnolino, che la maggior parte dei professori mi vedesse solo come Giulia l’amica di Luana, mi bastava la nostra amicizia.
Poi è arrivato quel ragazzo di cui nemmeno oggi riesco a scordare gli occhi, dello stesso colore dei cieli in montagna, ricordi te ne parlavo in continuazione e ti ringrazio per non avermi ucciso perché ero davvero stupida (ne parlavo in continuazione, come una qualsiasi stupida ragazzina, una di quelle che criticavamo sempre); tu lo conoscevi, era un vecchio amico della tua famiglia, non mi hai mai aiutato a conoscerlo, non ci hai mai presentato, ma non mi importava, conoscevo la tua timidezza e quanto ti costava parlare con gli sconosciuti, perché infondo per te era quello.

Quando mi trattavi male non mi importava, sapevo che era il tuo carattere e non potevi cambiarlo, ma io ti volevo bene, io volevo bene a Luana. So che persino io ti ho ferito e mi fa male ancora oggi, ma ogni scelta l’ho fatta pensando al meglio per entrambe.
E poi è arrivato quel giorno maledetto, quel giorno in cui hai detto davanti ad un professore che noi non eravamo amiche.
Persino oggi quando ci ripenso non so cosa dire, non esistono parole per descrivere tutto ciò o per dirlo ad alta voce, specialmente in quei mesi pareva assurdo. Dopo tutti gli anni passati gomito a gomito, condividendo ogni cosa, pareva impossibile anche solo pensare per la mia mente quello che per la tua era così facile dire.
Solo Dio sa quanto ho pianto, io che non piango mai, mi mettevo un cuscino sulla bocca e urlavo in modo che nessuno potesse sentire, aspettavo che la casa fosse vuota per mettere il volume al massimo dello stereo e poter piangere fino a finire le lacrime, singhiozzare.
Ma persino dopo quelle parole dal sapore amaro non riuscivo ad avercela veramente con te, come potevo eri la mia migliore amica, eri Luana.
Eppure qualcosa dentro di me si era rotto e sta volta non sarebbe bastato qualche giorno per pensare come uno dei tanti nostri litigi, in cui tutto tornava a posto da solo, poi tutto è peggiorato durante la fine di giugno quando abbiamo litigato pesantemente, non ti ho scritto per un estate intera, tu non mi hai scritto per un estate intera e ti andava bene così.


Al ritorno sui banchi di scuola ho provato a ricominciare la nostra amicizia, sapevo che non sarebbe stata quella che era prima, ma poteva essere qualcosa di nuovo e un giorno diventare migliore di quello che avevamo prima, ma ho fallito.
Ogni volta rivedevo il lo sguardo di quella sera, in cui mi hai guardato come guardavi tutti quelli che non sopporti, tutti quelli che detesti e sei costretta ad avere davanti a te, tu Luana hai riservato quello sguardo per me, Giulia.
Quello sguardo è stato la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo; nonostante tutto credo sia colpa mia, sono io che non so parlare, che spero che le persone capiscano senza dover alzare la voce, senza la necessità d’imporsi, tu conosci questo mio difetto e te ne sei approfittata.


Oggi tu mi manchi ogni giorno di più, i nostri scherzi agli ingenui compagni di classe, i nostri complotti, le battute sconce sui ragazzi, le discussioni sui grandi dubbi della vita di due adolescenti, i silenzi mai pesanti, la certezza che comunque vada ci saremo l’una per l’altra, che la vita è fatta di solitudine ma se restiamo insieme la solitudine diminuisce un poco.
Eppure vince il mio orgoglio, la voce che dentro di me m’impone di cancellare ogni ricordo felice, ogni sorriso, parola, gesto, tranne quelli negativi, quelli che mi hanno ferito. E sto male ogni giorno di più.
In questi mesi ho fatto nuove amicizie, riallacciato vecchi rapporti e conosciuto un ragazzo a cui piaccio così come sono e credo che anche a me piaccia, anche se quando vedo quei soliti occhi azzurri tutto si ferma e il resto del mondo non esiste più, eppure tutto questo non mi basta, perché loro non sono te.

Possibile che solo io senta tutto questo dolore, possibile che io non manchi a te?
So bene cosa pensi al proposito di scrivere stupide lettere da bimbe che vogliono credersi adulte vissute, ma non riesco più a tenere tutto dentro e il solo pensiero che qualcuno legga queste righe e si riconosca, almeno in parte, mi fa sentire un po’ meno sola e chissà forse un giorno riuscirò a dirti tutto questo a voce, anche se credo di non averne il tempo, la scuola per noi sta finendo, presto entreremo nel mondo di quegli “adulti” banali e standardizzati che tanto criticavamo.

Di noi, della nostra amicizia non rimane che qualche ricordo ridotto a brandello e le nostre risate destinate a riecheggiare nell’immensità del se, del domandarsi se solo entrambe non fossimo state così orgogliose.

Giulia.

   
 
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