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Autore: SexMessiah    25/01/2017    0 recensioni
Metalessi in prolessi
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti
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" "DXM! Cazzo! Come ho fatto a non pensarci prima!", echeggiava nella mia mente il rigagnolo più basso dei più curiosi umani istinti. Ecco che senza remore le mie incontrollabili labbra e corde vocali vomitano "Ricordo ancora fra, era un cazzo di trip pazzesco, tu ancora me stai a di dei funghi, questo con 8 euro in farmacia te la cavi". 
Devo ancora ben comprendere quella sera che ce ne stavamo in giro come due imbecilli, io e il mio compare quale percorso esistenziale definire. Entrambe queste anime perdute si trovavano su una di quelle navi senza timoniere in un mare di tempesta ha 3/4 dell'equipaggio impegnati a intrattenere rapporti con le puttane a bordo. Erano quelle sere vuote, quelle sere in cui la sigaretta scivola via e il tempo scorreva come i venti a migliaia di nodi. Un vortice di spettri, come un turbine diapositive mnemoniche si proiettava nella mente.
"

E queste erano, come un fiume in piena scorrevano incessanti, le cotante fesserie che dalla sua mente scorrevano incontrollate come cavalli in calore impazziti senza una meta. Quando la mente perdeva tempo si prestava a questi stupidi scherzi, e lei lo sapeva. "Torna al lavoro, imbecille! Hai due cazzo di consegne per il mese prossimo!", ma era il suo momento alternatoide e tutte le idiozie che gli frullavano per la testa doveva scriverle. Era come un fottuto martello pneumatico che nonostante le imprecazioni della domenica mattina sui lavori in corso continuava a battere in picchiata, come un pazzo psicopatico preso dai i suoi impulsi incontrollabili. 
Ma poi arrivava il momento, guardava il tempo e gli piagnucolava "merda! ti ho perso di nuovo!" mentre questo nel frattempo continuava a spassarsela allegramente senza rispetto. Eppure arrancava, cercava di tenerselo stretto, ma lui gli sputava in faccia. E quegli sputi correvano come pietre lanciate.
Non riuscivo a tenerlo d'occhio: saltava da una parte all'altra. Un momento scriveva, l'altro era in preda alle rimuginazioni, alle costanti preoccupazioni della società civile, alle storie passate, alle birre, allo xanax, alla pizza, ai cani che lo assillavano senza pietà. Pensava a mille cose. Era arrivato il momento di agire. Preso da tanta animosità e forza di volontà mi avvicinai con un fare come con un giocatore di poker ma allo stesso tempo con una nochalance che avrebbe fatto invidia a Uma Thurman nella pubblicità di Schweppes, gli dissi con generose e dolci parole che mi aveva rotto il cazzo e che se non si fermava un attimo lo avrei gambizzato con la motosega.
Provo a tenerlo fermo, ma mi rifila un pugno in faccia. Non mi faccio perdere d'animo. Ed ecco che inizia un inseguimento forsennato in una fredda radura ghiacciata, sotto un caldo atroce del riscaldamento del soggiorno, roba da fare invidia a una scena di Milano odia: la polizia non può sparare. Lo prendo, lo afferrò, mi trascina ma riesco a bloccarlo, finendo in alto mare. Eccolo che inizia ad urlare a scalpitare ma poi in un secondo dopo si sublima e diventa un flash, sparato dritto in un tunnel diretto verso in una destinazione in cui viene meno la dicotomia spazio tempo. 
Forse Lanza è stato sottovalutato quando ha fatto riferimento alla questione secondo cui la vita nell'universo sia solo una proiezione della coscienza. Non poteva esserlo da meno, specie dopo che tutto quello che si era verificato si era eclissato. Ma riuscivo a proiettarlo, ed eccolo che vagava. Vagava, sentendosi sollevato, ripensando alle tante stronzate confezionate e servite in passato, a me e agli altri. La soggettività è una componente che tendo molto spesso a sottovalutare, ma la colpa non era dell'oggettività se questa non avesse un'ermeneutica assai efficacie tale da riuscire a fargli aprire quei spiragli che la sua stessa mente non riusciva a tappare. Erano così, inafferrabili. Ma non inarrivabili.
Se n'era andato, finalmente! Sembrava come se tutto fosse l'epifania di un qualcosa di inevitabile. Era lì, che giaceva, dormiente, come le farfalle da collezione dentro una vetrina. Ogni tanto sembrava fissarmi, però non gli davo seguito. Se lo avessi fatto mi avrebbe trasceso l'anima, ed era quello che non volevo. 
Ecco che per sedare animi bollenti guardavo scene di una vita passata che, non so se fortunatamente o sfortunatamente, sono stato costretto a vivere. Fatto sta, che a diagramma di flusso, riconduce tutte quelle possibili ipotesi, a teoria delle stringhe sulla deontologia delle ipotesi probabili: cosa sarebbe stato se. Sicuramente. Le analisi certative non sono il mio forte. Eppure dovevo fare quello che avevo programmato. Portare a termine una serie di compiti e scartarne altri. 
E in quelli di scartarne c'era proprio uno che era il mio infallibile: l'ingegneria sociale. 
In quel pomeriggio mi sono sentito per un attimo fagocitato dall'incredibile impuslo psico-magnetico trasudato dalla piattaforma online dove stavo scrivendo. C'era un individuo, apparteneva ad un universo parallelo, passato. Stava lì, giaceva fermo come una cartolina. Era uscito dal nulla, ma ero certo che non fosse una proiezione. 
Mi giro di soppiatto, abbasso la musica. Lo guardo. Mi fissa. È una ragazza, è spaventata ma allo stesso tempo ride come una pazza. Mi volto di nuovo, ed ecco che me la ritrovo davanti a me a testa in giù come un pangolino. È strana e faccio davvero fatica a comprenderla: tiene in braccio un gorilla e una capra. La capra mi parla, mi insulta ma poi fa lusinghe sulla mia bellezza interiore: il braccio sinistro è teso, sembra indicarmi un percorso ma faccio fatica a comprendere di cosa si parli. Il gorilla sembra tranquillo; in un secondo momento assume delle sembianze umane, ma è l'esatto opposto da quanto presentato dalla cognizione comune della specie vivente, così come ce la presenta Danilo Mainardi. È triste, mi nomina una serie di cose relative riguardo alle stesse stringhe in cui è intrappolato.
- "Aiuto fammi uscire!" - lamenta in maniera completamente asettica.
- "Come posso aiutarti?" - gli replico.
- "Abbandonaci".
Resto perplesso. Non capisco. Non comprendo nel vero senso della parola, e non nel senso di chi si appella sterili costruzioni tassonomiche per ribadire superiorità intellettuale.
Gli lancio un bicchiere d'acqua ed ecco che ritrovo il mio corpo steso sul letto e la mia mente a sciorinare sulla tastiera.
   
 
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