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Autore: D3US    25/01/2017    0 recensioni
una tempesta inizia sempre da una goccia, una sola e unica goccia, poi due, poi tre e centinaia di migliaia. proprio come i problemi. Oggi però i problemi dei due fratelli stavano per finire per sempre, con un ultimo lavoretto si sarebbero portati a casa un biglietto di sola andata per la salvezza e la redenzione. Finalmente si sarebbero liberati del loro lavoro da assassini per iniziare a vivere una vita nuova, una vita dove potevano guarire dalle ferite del loro cuore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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CAP 1 : Il lupo e la gabbia

una tempesta inizia sempre da una goccia, una sola e unica goccia, poi due, poi tre e centinaia di migliaia. proprio come i problemi. Oggi però i problemi dei due fratelli stavano per finire per sempre, con un ultimo lavoretto si sarebbero portati a casa un biglietto di sola andata per la salvezza e la redenzione. Finalmente si sarebbero liberati del loro lavoro da assassini per iniziare a vivere una vita nuova, una vita dove potevano guarire dalle ferite del loro cuore.
Perché se fai questo lavoro e vieni dai bassifondi di Rokkan allora di certo hai scelto la sola strada per uscirne, ma anche la più veloce per finire in una fossa comune. Infatti per loro la vita avrebbe potuto seguire solo tre strade; dal momento in cui hanno messo piede nella casa delle cappe colorate: potevano morire giovani, morti ammazzati sul lavoro per l’inesperienza, potevano morire vecchi, pugnalati nel sonno dai propri alleati, oppure potevano essere così bravi da avere messo a vent’anni abbastanza da parte per poter tentare di dileguarsi coi risparmi, lontano da tutto e tutti. E loro erano certamente della terza categoria. Denominati “i fratelli dalla cappa bianca” avevano preso più vite loro tra i “nobili” d’Addal che la peste di Slatish; nel giorno in cui venne rilasciata da un seguace delle vie dell’infernum. Il loro nome negli ultimi sette anni era diventato leggenda, la storia dell’orrore preferita dagli orfani; per mettere i brividi ai loro compagni più fifoni, ma anche il terrore delle guardie cittadine e la paranoia di nobili e tagliagole vari. Divennero così famosi, che l’impero prese precauzioni speciali per loro, attuando raid notturni e creando task force punitive, accompagnate da montagne di fondi e investimenti. Ma era troppo tardi, erano già diventati i migliori. E la paranoia di quei grassi sacchi di carne poteva solo diventare bianco terrore nelle loro pupille, mentre venivano collezionati dalla sciabola del fratello maggiore, o abbattuti come bestiame dal moschetto della sorella. Lei la mente, lui il braccio. Nessuno gli avrebbe impedito di riprendersi ciò che quei maiali gli avevano tolto, perché a loro; avevano tolto proprio tutto. L’agglomerato delle isole Addal era stato riunito sotto l’insighna imperiale quattrocento anni prima, la classe dirigente con il tempo però si è abituata e adattata alle lamentele dei poveracci. in uno stato in cui le forze di guarnigione privata sono due volte superiori a quelle statali, la corruzione è il piatto principale di ogni trattativa. E gente come i fratelli Henrik si sono ritrovati più di una volta sommersi dalle offerte di lavoro. Letteralmente ogni uomo che aveva qualche soldo da parte gli chiedeva di mettere fine alle sofferenze di qualcuno; o di rubare qualche oggetto che era stato a sua volta sottratto. I primi giorni di fama furono i peggiori per la sorella, il suo cuore buono si trovò davanti un muro di malevolenza, che di certo tutt’ora non ha ancora superato. Ma almeno la grande disponibilità di lavoro gli permetteva di scegliere accuratamente le proprie vittime, trasformando i fratelli in eroi del popolo, cercando l’uomo più meritevole della loro attenzione si reincarnarono a giudici e in fine a paladini della giustizia. Ma è inutile, da terra cattiva nascono solo erbacce, e non importa quanta ne estirpi, ricresce sempre.
La noia dell’attesa faceva passare per la mente di Edmund questi fantasmi di un passato fatto di paura e privazione, si gli avevano rubato tutto, anche la propria moralità. Lui aveva capito la necessità di uccidere per sopravvivere già da quel giorno. Infatti le sue fiabe erano finite a dieci anni, quando decise che la vita di sua sorella valeva più dell’affetto di suo padre, più del benevolo sguardo degli dei e più della sua anima. Lui l’anima l’aveva venduta; perdendo assieme ad essa la sua infanzia e il colore dei suoi capelli. I suoi sentimenti li aveva legati solo a Emilia, la sola che non lo avrebbe tradito mai, la sola per la quale aveva dato tutto. Ma lei non ha tutta questa fermezza d’animo, ogni contratto la dilania nel profondo. Lui è la sua guida ed emi è la sua luce, il suo ultimo frammento di felicità.
Immerso in tutti questi pensieri Edmund si dimentica di essere appeso a testa in giù e il sangue gli inizia a sanguinare dal naso, macchiando i suoi capelli bianco cenere e sporcando i cannocchiali d’ottone d’Emilia.  E quando torna al presente, non si squassa, la vista dal “nido” avanzato di emi è fantastica. E la fortezza di kerm-Torn sembra solo un altro sperone della scogliera, mentre l’immensità dell’oceano la fanno ridurre a una pennellata sulla tela di dio. Visione ottimistica di una delle dieci fortezze inespugnabili di Addal, benedetta dal dio minore Torrianus, guardiano della luce stessa.
Plik, una goccia di sangue denso cade nell’occhio scuro di Edmund il quale si irrita terribilmente, costringendolo ad issarsi dalla ormai non più comoda postazione. Il ritorno del sangue al resto del corpo lo lascia quasi paralizzato per un secondo, gli toglie la vista. Quanto tempo era che osservava? da quanto vivevano in quel buco? Tre giorni, ecco quanto. Non abbastanza per dare per disperso l’obbiettivo, ma abbastanza da far preoccupare emi, lei odia i fuori programma, dopotutto lei è regista, sceneggiatore e ragazza delle ciambelle, comprensibile.
Ovviamente però anche questa attesa faceva parte del piano, emi aveva calcolato addirittura una settimana di ritardo. Il mare è terribile in inverno tra le Addal e i commerci vengono praticamente fermati fino all’arrivo della buona stagione, spaventando gli ingordi bastardi e decimando i pezzenti dei bassifondi. Il “nido” lo aveva costruito Edmund sotto attenta supervisione di emi, ci sono volute poche ore ma sarebbe durato per molto più d’una settimana.
Emilia era in posizione fetale in un angolo, nell’ormai loro, giaciglio. Finge di dormire, spiando da sotto la coperta, ma senza i suoi occhiali non vede molto e il fratello rimane solo una sagoma sfocata. Non sa perché ma lo osserva, aspetta, è stranamente impaziente di parlargli. Forse è l’imbarazzo per la sera prima? O forse è solo, ancora, bisogno di affetto? La cosa la faceva imbestialire, come può lei ispirare fiducia come progettista, se lei per prima esprime tutte quelle insicurezze? Cosa le passava per la testa? Come al solito Ed si è prontamente fatto carico di tutti i suoi pesi e di tutte le sue preoccupazioni, come al solito si sentiva inutile. Si gira e ficca il viso nel cuscino sentendosi sprofondare. Dal nulla quindi, una mano familiare le tocca la punta di un orecchio, una mano grande e ruvida, una mano che porta i segni del sacrificio. “lo sai che non ti merito fratellone… e non merito la tua compassione” la mano le si poggia gentilmente sulla testa, increspando i capelli corti e neri come la pece, facendole sentire un brivido di lussuria “Emi … guardami” lei scuote la testa, tanto per falsare la sensazione di piacere quanto per esprimere la sua vergogna “Sorellina …” Emilia allora cede e alza lo sguardo che si fissa subito sulla sua faccia insanguinata, su di essa però troneggia un sorriso, quello che sente più vero e sincero. Si estende per poco, è più un accenno che un vero sorriso, ma che può comunicare solo una cosa “non ti preoccupare” accompagnato con lo sguardo che lei immagina abbia un padre e la sicurezza di nessun’altro al mondo, cosi contagioso.
“Ti sei tagliato da qualche parte ?!” dice lei alzandosi fino a un palmo dal volto del fratello, “Mi daresti un’occhiata?” “sì certo, siediti, io bagno un pezzo di stoffa” disse; indicando il mucchio di coperte che dovrebbe rendere passabile come giaciglio la feritoia di osservazione da cui prima si era appeso. Emi esce da sotto le coperte, ma non prova freddo, il suo corpo tiepido gli dà una piacevole pelle d’oca. Si infila rapidamente i pantaloni trattenendo il respiro, fin troppo freschi, e si aggiusta gli occhiali tondeggianti sul naso. “non tenere indietro la testa, potresti soffocare” “ricevuto” Emilia allora prende un pezzo di garza, lo bagna immergendolo nell’acqua che si è raccolta vicino alle borse e si dirige verso un Ed intento a scrutare dalla feritoia con fare distante. “ei…” Ed si volta verso Emi, la quale è a un palmo dal suo volto ancora una volta, intenta a cercare di capire da dove proviene il sangue. Emi strizza gli occhi azzurri, concentrata a tamponare con delicatezza il volto di Ed. “ti sei solo fatto venire troppo sangue alla testa vero? Anche un mese fa a Talir ti- “la mano precisa e meticolosa di Emi ha rivelato qualcosa di nostalgico sul corpo del fratello, e le parole vengono bloccate in gola, dando lo spazio a ricordi lontani. Ancora una volta si era rivelata, imbarazzata si volta verso Ed per vedere se si è accorto di nulla, lo sguardo perso ora la legge nell’anima. “s-sei pulito dovrebbe aver s-s-smesso di sanguinare, c-cosa vuoi per c- “Disse Emi, mentre si alzava e rivolgeva il volto bollente verso l’altro capo della stanza. Ma eccola che ritorna, la mano gentile, che la ferma “Sorellina… ““scusa Ed … i ricordi a vol- “la mano quasi di colpo la traina verso di sé, trasformandosi in un abbraccio, uno di quelli in cui si sarebbe voluta raggomitolare, e lo fece. “sono così fortunato ad averti con me sorellina… ricordati, senza di te alle mie spalle io sono già sconfitto prima ancora che il combattimento inizi… senza di te tutti i nostri risultati sarebbero nulla e tutto ciò che abbiamo costruito non esisterebbe…” Emi sospira profondamente, e lo guarda con lo sguardo più arrabbiato che riesce a tirare fuori “se sopravviviamo… d’ora in poi dormiamo nella stessa branda, non ho incubi se so che sei accanto a me… fratellone” disse Emi con un filo di voce, nascondendo il viso nel petto marchiato del fratello, e di tutta risposta una mano gentile le accarezza i capelli, di tutta risposta Emi si riaddormenta.
I tuoni in lontananza illuminano la parte più oscura della stanza, quanto tempo era passato? Era nuovamente perso nel tempo, ma questa volta tutto era molto più chiaro. Lo sguardo di Edmund si posa sull’altro lato della stanza, dove è appoggiato l’equipaggiamento per la missione, i mantelli bianchi a collo alto e il resto del loro equipaggiamento era appoggiato in quell’angolo. Le loro maschere, erano state ricavate dal cranio di un lupo delle Addal, li sorvegliano con aria raccapricciante. Dono del loro maestro erano il simbolo, oltre alla cappa, della loro appartenenza alla comunità degli assassini; e ogni assassino ne doveva avere grande cura. Quella di Edmund era la parte superiore del cranio della magnifica bestia, dalla cui fronte spuntano due corni leggermente diramati, adornati da scaccia-incubi di piume, fatti con amore a mano dalla sorella nel tempo libero. Quella di Emilia invece è la mascella della bestia, completa di quarantanove denti per dilaniare la preda, una scelta molto azzeccata, dato che la cattiva vista di Emi le impone di indossare degli occhialoni completi di set ottico in ottone. Questi erano tanto necessari quanto di impareggiabile efficacia, le permettono di utilizzare il suo fucile ad avancarica con una naturalezza; che farebbe impallidire anche i tiratori scelti dei corpi segreti imperiali.
Eppure, a Ed viene così difficile credere che quella sia sua sorella, a Emi piace il cibo gustoso e ricco, le piace raggomitolarsi ed è viziosa, ma mai troppo, le piace rendersi utile e studiare i testi sacri. Quella era la sua sorellina, per lei quegli abiti sono solo una maschera, una maschera che intende strappare dal suo volto. Perché il vero mostro, dentro e fuori, è solo lui.
Un lampo illumina ancora la stanza buia, riportandolo alla realtà, seguito poi da un tuono e il ruggito del vento. Una tempesta di dimensioni colossali è in arrivo, e sembra che al molo sia arrivata una nave imperiale, probabilmente in fuga da questa. Di classe Zenit, l’incrociatore portava il nome “Karikkai” inciso a grandi lettere a poppa della nave, esso significa “vento verde” in lingua santa. “guarda la sua polena, il serpente di Sightard, la capitale… è di sicuro lei” disse emi appoggiando il mento sulla spalla di Ed “attendo ordini mia Zeris …” il nome di battaglia di Emi era “Zeris” o “Angelo tra gli uomini” in lingua santa, Ed lo usa solo quando vuole portare la mente della sorella a concentrarsi sulla missione “Prepariamo l’equipaggiamento… la caccia è stanotte, quelle nuvole… vedo che ha un occhio di riguardo per te come sempre” disse rivolgendo lo sguardo al muro nero pece che incombeva sulla fortezza “vuole solo assicurarsi che il suo portale verso il nostro mondo rimanga sano e in salute …”
C’è un grande trambusto sulla Karikkai, la tempesta che li ha inseguiti fino alla fortezza non accenna a fermarsi, ma almeno ora possono ormeggiare all’interno della baia e attendere fino a che non fosse passata. Una tempesta davvero indemoniata. Gli uomini irrequieti avevano sporto lamentele all’ammiraglio Utis; dando la colpa alla presenza femminile che le guardie avevano scortato sul vascello, essa non poteva essere altro che una strega e andava lasciata alla fortezza di kerm-torn. L’ammiraglio Utis non poteva nulla, l’insighna imperiale gli imponeva di scortale la nobile donna fino a dove lei avesse desiderato. Utis era dunque irrequieto, ma con le mani legate, sentendosi intrappolato in questioni che non dovrebbero più riguardare un vecchio come lui. “ragazzo, corri dentro alla fortezza e comunica di preparare gli alloggi reali, la signorina incontrerà il padrone di casa quando si sarà riposata” “SI, SIGNOR AMMIRAGLIO” un giovanissimo marinaio fini il nodo che stava approntando; per poi correre verso la guardia castellana più vicina. “mia signora, solo pochi minuti, le sue camere saranno approntate prima dell’arrivo della tempesta” un uomo imponente però fa ombra sull’ammiraglio, spezzando la sua linea visiva “non ti preoccupare per i convenevoli Utis, pensa alla Karikkai, e che sia pronta per ripartire il prima possibile” disse l’uomo per poi scendere dalla nave con il corteo imperiale al seguito; dirigendosi verso i portoni che davano sul molo della fortezza.
“thc- … non che cambi molto, non possiamo andarcene neanche se volessimo “borbottò il vecchio prendendo un lungo tiro dal suo sigaro, in sessant’anni di vita in mare, una tempesta così non la aveva proprio mai vista.
  
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