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Autore: elleonora    25/01/2017    0 recensioni
Virginia, da poco laureata in psicologia, decide di trascorrere l'estate in compagnia dei suoi amici di sempre. Una sera in discoteca vede un ragazzo dagli occhi ipnotici che la stregano, ma purtroppo viene trascinato via da un amico. Riuscirà la dolce Virginia a rivedere quegli smeraldi che tanto l'hanno colpita? Ma soprattutto, lui si sarà accorto di lei?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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INASPETTATAMENTE_ cap.15



All The Right Moves – Capitolo 15

 

 

24 Gennaio.
 
Ore 7:17
 
 
V’s POV.
 
 
Merda.
Odio svegliarmi così.
Io odio questa sensazione.
Tempie che pulsano.
Testa contemporaneamente vuota e pesante.
So che cos’è.
Lo so benissimo.
Conosco questa sensazione.
Ed è lei.
E’ il mio tallone d’Achille.
E’ quel qualcosa che riesce a rovinare, a volte, le mie giornate.
Quel qualcosa che mi fa stare male.
Molto male.
Benvenuto mal di testa.
Benvenuta maledetta emicrania.
Non provo neanche a girarmi dall’altra parte del letto perché so già che è peggio.
Se mi giro l’intensità potrebbe aumentare.
E non voglio che aumenti, già così è più che sufficiente.
Dovrei comunque accendere la luce per vedere che ore sono.
Magari sono già in ritardo.
Non è bello essere in ritardo per un appuntamento.
L’unica cosa al momento positiva è il mio appuntamento a cui devo andare.
Una sorta di appuntamento fatto a forma di colazione con lui.
Con Matteo.
Non posso avere la mia emicrania proprio oggi.
Non oggi.
Non sono Virginia quando ho il mal di testa.
Cioè sì, lo sono, ma lo sono al quaranta percento.
Merda.
Spero solo di riuscirmi ad alzare da questo letto.
 
Ok Virginia, una cosa per volta.
Un passettino alla volta.
Posso fare tutto.
Forse.
Posso provare a fare tutto.
 
Respira Virginia.
Mi porto l’indice e il medio di entrambe le mani fredde alle tempie, le massaggio facendo dei movimenti circolari e faccio entrare ancora un po’ di aria nelle mie narici e respiro più profondamente che posso.
Ok, ci sono.
Forse.
Cerco con una mano l’interruttore della luce e l’accendo.
Merda.
Mi dà fastidio la luce.
Era prevedibile, però non va bene.
No, non va bene per nulla.
Cerco di far abituare gli occhi alla luce.
Faccio cadere lo sguardo sulla sveglia: 7.19.
Ottimo, per lo meno non sono in ritardo.
Se la memoria non si prende gioco di me, Matteo ha detto che sarebbe passato per le otto e avemmo preso i mezzi insieme per andare a fare colazione in una caffetteria di sua conoscenza in centro.
Oh cavolo no.
Solo a pensare a un posto più o meno affollato di persone, il bus, il caldo sui mezzi pubblici, la strada, gli odori, il caffè, le brioche…
Non posso avere anche la solita nausea.
Cara emicrania, sei proprio una pessima compagna di avventure.
Era da un po’ che non succedeva. Dato che ogni tanto mi capita, sia in concomitanza del ciclo che durante i periodi molto stressanti. Ma le ultime due settimane sono state un po’ surreali e movimentate, credo di aver subito troppi sbalzi e ho anche perso la cognizione del tempo.
Posso essere così stupida? Evidentemente sì Virginia, ma non potevi programmare che ti venisse questa mattina la tua emicrania, quindi mettiti tranquilla e cerca di fartelo passare.
Mh, fosse facile!
Ok, ho circa una mezz’ora abbondante per cercare di alzarmi dal letto, prendere un farmaco, rendermi presentabile e andare a fare colazione con Matteo.
Uhm. Ma ieri sera ci siamo baciati!
Te ne sei accorta solo ora Virginia?
No, ma me ne sono appena resa conto.
Ti stai preoccupando per nulla.
Non è così.
Mi preoccupo solamente del “giorno dopo”.
Non avete fatto chissà cosa, era solo un bacio…
Questa mattina cosa dovrò fare appena lo vedo?
Lo saluto come?
Lo abbraccio?
Lo bacio?
Mi bacia?
E poi dove?
Guancia?
Bocca?
Non ti preoccupare Virginia, farai ciò che sentirai giusto di fare.
Mi sta salendo maggiormente il mal di testa.
Basta pensare Virginia.
Farai ciò che sentirai giusto.
Cioè lo bacio?
Al momento giusto vedrò.
Basta pensare Virginia.
Cerca di alzarti dal letto e di rimanere in piedi.
Ok, al tre mi alzo.
No, aspetta.
Prima le dita sulle tempie, ancora.
Ringrazio di avere le mani fredde, a volte mi servono.
Mal di testa per favore, vai via dai.
Ora provo ad alzarmi.
 
Ok, sono seduta sul letto e la situazione non è delle migliori.
L’unica cose che vorrei fare al momento è ritornare a letto o sbattere la testa contro il muro.
Ma non posso fare né la prima né la seconda delle opzioni.
Non posso tornare a letto, in realtà potrei ma non voglio.
Non voglio perché ho voglia di vedere Matteo.
Sei piuttosto stupida, lo sai Virginia?
Lo so.
So anche che il mal di testa potrebbe aumentare ma ho voglia di vedere lui.
Ho voglia di vederlo, di abbracciarlo, di baciarlo, di ridere con lui o di parlare con lui, anche solo semplicemente parlare…
Credo di essere patetica, lo so, ma Matteo mi piace.
Mi piace come non mi è mai piaciuto nessun’altro.
Mi piace e in realtà non mi dovrebbe piacere così tanto.
Ok, basta parlare di piacere e di Matteo che il mio cuore accelera e aumentano anche le pulsazioni sulle mie tempie.
Mi devo alzare da questo letto.
Devo alzarmi in piedi.
Ok, sono in piedi.
Vai via giramento di testa.
Riesco a stare in piedi, un punto per me.
Vado in bagno e poi mi dirigo in cucina. Dovrei mangiare un biscotto, almeno uno e poi prendere la mia solita medicina per il mal di testa. So benissimo che sarà un’impresa ardua farmelo passare con solo una pastiglietta ma se almeno rimanesse di questa intensità riuscirei ad uscire senza problemi. Quasi, senza problemi. Ma devo assolutamente uscire. Voglio assolutamente uscire.
 
In cucina trovo mia madre con un tazzone di caffè in mano, sì, ho ereditato da lei la passione per il caffè.
«Buon giorno bambina.» dice lei mandandomi un bacio.
«Ciao mamma.» le rispondo.
«Cos’è quel faccino bianco? Hai dormito male per caso?» chiede.
Possibile che le madri si accorgano sempre quando c’è qualcosa che non va?
«Non ho dormito male, Rose. Ho solo un po’ di…»
«Mal di testa?» conclude lei.
«Già, mangio un biscotto e prendo qualcosa.» mugugno io.
«Niente caffè?» domanda alzando un sopracciglio.
«No, lo prendo fuori. Cioè, vado fuori, con… Con Matteo.» dico imbarazzata.
«Oh! Ma che bella notizia! Non so bene perché, ma mi piace quel ragazzo, bambina mia.»
«Piace anche a me.» ammetto con un sussurro.
«Si vede che hai il mal di testa. Normalmente non ti sbilanci così tanto.»
Merda.
Devo stare attenta a quello che dico.
Il mal di testa non mi fa pensare lucidamente.
«Che deduzione, Sherlock.» rispondo con un sorriso.
«Mangia, prendi qualcosa e poi preparati. Vai solo se te la senti e se non è troppo forte. Se aumenta fatti portare a casa, non tornare a casa da sola. Non voglio che ti succeda nulla.»
Rose è in modalità “mamma preoccupata”, però bisogna ammettere che ha ragione.
«Sì, certo.» è la mia risposta.
«Bambina, non mi dire sì certo se poi torni tutta sola. Non farmi arrabbiare.» afferma lei seria.
«Va bene.» le rispondo con un sospiro.
«Promettimelo Virginia.»
«Prometto tutto, mamma.»
«Molto bene. Tesoro, ora scappo a lavoro, Lorenzo questa sera mi porta a cena fuori, festeggiamo il giorno in cui ci siamo incontrati…» dice così e gli occhi le brillano.
«Sì mamma, immaginavo. Mi troverete a letto, distrutta dal mal di testa se aumenta.» rispondo con un sorriso prendendo in mano un biscotto.
«Chiama se hai bisogno.»
«Vai mamma, non ti preoccupare.» le dico con un’aria super seriosa.
«Fosse facile.» risponde stampandomi un bacio sulla guancia. «Ciao tesoro.»
«Ciao Rose, buona giornata.»
Bene, biscotto a noi due.
Ti devo mangiare, devo prendere un farmaco e andare fuori con Matteo.
A proposito dell’uscita, non è che mi ha scritto per disdire il tutto?
E’ probabile, dopotutto gli imprevisti succedono e possono succedere. O semplicemente è rinsavito e ha deciso di non volere più a che fare con me.
Mangio il biscotto, prendo la pastiglietta e cerco il telefono.
 
Biscotto mangiato nonostante la nausea, potrebbero darmi addirittura un premio. Ora è arrivato il momento del farmaco. Prendo un bicchiere d’acqua e mando giù la pastiglietta. Sì, ora devo stare bene. Mi alzo con calma dalla sedia sulla quale mi ero seduta prima e torno in camera. La tempie pulsano comunque ancora un po’, forse ho fatto i movimenti troppo in fretta. Devo stare bene, ce la posso fare. Testa, collabora per favore. Il telefono è sul comodino, lo accendo e aspetto aprendo l’armadio.
 
Bzzz bzzz.
Bzzz bzzz.
 
Torno vicino al comodino e recupero il telefono.
C’è l’icona di WhatsApp che segnala diverse conversazioni da leggere.
Che faccio, mi preoccupo?
No, non mi preoccupo.
Da quando sei diventata così ottimista?
E’ colpa del mal di testa.
 
La prima chat aperta è di una certezza quasi sconvolgente: quella con Marco e Alessandro. Sospiro di sollievo. O forse no? Leggo i vari messaggi “Mia psicologa, ho dato il tuo indirizzo preciso al principe azzurro. Spero non sia un problema. Vi vedete ancora? Avete un altro appuntamento e noi non lo sappiamo? Rispondi appena puoi che siamo curiosi.” Sorridendo rispondo “Buon giorno splendori. Grazie per aver mandato l’indirizzo. Non è un altro appuntamento è solo una colazione!
Non è un appuntamento, giusto?
Una colazione non può essere un appuntamento.
Basta pensare Virginia, ti aumenta il mal di testa
E una chat è stata archiviata.
Ne manca una importante.
La conversazione con Matteo. Come minimo mi dice che non può venire. E invece, ogni tanto, adoro sbagliarmi leggendo un “Buon giorno! Non avendo un programma mi sono dimenticato precisamente dove abiti. Ho chiesto a Marco, se mi ha dato l’indirizzo giusto dovrei essere puntuale, mezzi permettendo. A dopo!
Questo ragazzo è decisamente diverso.
Diverso in senso più che positivo.
Almeno non mi ha dato buca.
Hanno avuto difficoltà anche Marco ed Alessandro le prime volte ad arrivare qui, quindi posso capire Matteo.
Lo capiresti in ogni caso, Virginia.
Sono psicologa non per nulla.
Basta Virginia, preparati.
Devo rispondere al messaggio?
Magari dopo, se non arriva.
Ora il problema è come vestirsi.
Guardo il mio armadio con aria di sfida.
Devo trovare qualcosa da mettere.
I miei occhi scorrono sui vari capi scegliendo cosa indossare.
Jeans scuri, maglioncino a collo alto, Converse e via.
Certo che potresti anche vestirti in maniera più femminile Virginia.
No, non oggi.
E’ solo che mettere un vestitino per una colazione è un po’ eccessivo.
Insomma, mi vestirei carina se mi portasse a cena.
Ma, non dovevamo andare a cena io e lui?
Una colazione va più che bene.
Almeno, per oggi.
 
 
Drin driiin.
 
Merda.
Merdissima.
E’ lui?
E’ lui.
Sono pronta?
Sì.
Cuore, non puoi fare così.
Devi rispondere Virginia.
Alzo il citofono e chiedo «Sì?»
«Buon giorno signorina! Scende?» un voce dolce, sensuale e squillante contemporaneamente mi risponde.
Mi apro in un sorriso.
Ora svengo qui.
Quel ragazzo non può fare così.
«Arrivo subito.» rispondo io con il cuore a mille.
Ok Virginia, metti il cappotto, recupera la borsa e scendi.
E’ il momento di fare colazione.
Già.
Col mal di testa e la nausea.
Ma c’è Matteo.
La cosa importante è proprio questa.
 
 
M’s POV.
 
 
Suono il citofono.
Se non mi risponde ho solo due opzioni: o scavarmi una fossa qui stile voragine di ieri sera a casa mia, oppure, idea decisamente più divertente, uccidere Marco.
«Sì?»
Allora è lei.
Marco ultimamente si sta salvando molto spesso, molto bene.
Devi rispondere Matteo, questo lo sai?
«Buon giorno signorina! Scende?»
Matteo, da dove ti è uscito? Dimmelo, perché io che sono la tua coscienza non lo so.
Ora come minimo si mette a ridere e non scende sicuramente.
Addio colazione!
«Arrivo subito.» mi risponde.
Riesco a prendere un bel po’ d’aria facendo un bel respirone e sorrido.
Anche a me sta andando bene troppe volte.
Meglio così.
Chissà, forse è la volta buona.
 
Sento il rumore del cancello che si apre e mi giro.
Eccola.
Virginia.
Possibile che sia sempre bellissima?
Ogni volta che la vedo è sempre più bella.
Un sorrido ebete è ovviamente stampato sulla mia faccia ma vedo che sorride anche lei.
Questo mi provoca una strana sensazione allo stomaco.
Matteo ti stai rincoglionendo sempre di più, non c’è altra soluzione.
«Buon giorno Matteo!» dice lei aprendo il cancello con un sorriso che mi rende ancora più idiota.
«Buon giorno a lei signorina.» e mi avvicino inconsciamente.
Merda, cosa devo fare?
Matteo, sei un uomo senza palle.
Smettila di rifugiarti in inutili parole, pensieri e indecisioni.
Decisione, ci vuole quella.
Decisione e un po’ di coraggio.
Faccio l’unica cosa che mi viene da fare.
Spontanea.
Senza pensarci troppo.
Mi avvicino ulteriormente a Virginia e l’abbraccio.
Un semplice abbraccio.
E lei ricambia.
Sento le sue mani che mi stringono.
Mi aspettavo un pugno o una denuncia per molestie.
Non posso semplicemente abbracciarla.
Avvicino le mie labbra a lei.
Le do un bacio sulla guancia.
Un innocente bacio sulla guancia.
Innocente?
Matteo, tu sei tutto fuorché innocente.
Ok, ci provo.
Devo assolutamente baciarla.
E pensare che non mi erano mai piaciute queste cose dolciose o troppi baci.
Preferivo altro, ai baci.
Matteo sei un pervertito.
Ma io voglio baciarla.
Io devo baciarla.
Lei mi fa questo effetto.
Cosa mi hai fatto Virginia?
Rimane tra le mie braccia, mi guarda negli occhi e mi sorride.
Avvicino il mio volto al suo e le do un semplice bacio sulla punta delle labbra.
Un piccolo e dolce bacio che mi viene così naturale.
E’ poi è innegabile che sia così giusto.
Dio starei ore a baciare quelle labbra così morbide.
Virginia ricambio il bacio, poi mi guarda e sorride.
Questa ragazza è meravigliosa.
«Ora è un buon giorno.» dico senza avere un filtro tra cervello e bocca. Niente, con lei le mie sinapsi non funzionano.
«Dici?» chiede lei sorridendo e staccandosi dalle mie braccia.
«Sì, direi proprio di sì.» le rispondo con estrema naturalezza.
«Dove andiamo?» chiede lei curiosa anche se, sembra avere un’aria stanca. Magari ha dormito male. Dopo glielo chiedo.
Da quando ti preoccupi così tanto Matteo?
Non lo so.
Ma mi viene naturale.
Con lei viene tutto naturale.
«A fare colazione?» chiedo a lei allungando il braccio piegato. «Prego signorina, andiamo a pendere i mezzi.»
«Non dovresti avere un tuo destriero?» risponde lei sorridendo e aggrappandosi al mio braccio.
«L’ho lasciato a casa. La prossima volta mi attrezzerò meglio.» ammetto sorridendo.
«Va bene.» mi guarda e ci avviamo verso la fermata del bus.
 
«Dimmi Virginia, ma stai bene?» le chiedo dopo essere saliti sul bus e aver fatto qualche fermata.
«Sì, più o meno…» dice lei sorridendo e togliendosi le mani dalle tempie.
No, non sta bene...
Sembra Stella quando cerca di fare finta di stare bene quando poi tanto bene non sta.
Eh, queste donne!
«Che succede?» le chiedo incatenandomi ai suoi occhi.
«Nulla di che.» risponde con aria innocente.
Sì, sembra decisamente Stella quando finge di stare bene.
«Sembri stanca.» azzardo con un sorriso.
«No, non sono stanca. Ho solo un po’ di mal di testa ma sto bene, davvero.»
«Sicura?» le chiedo e lei annuisce. «Facciamo così, se aumenta dimmelo che torniamo a casa. O insomma, ti riporto a casa.»
«Affare fatto.» risponde lei con un sorriso.
«Basta che mi avvisi.» le dico accarezzandole il viso con gli occhi.
«Mh mh.» risponde lei.
«Uh, siamo arrivati, scendiamo alla prossima!» dico premendo il pulsante per prenotare la fermata.
 
«Eccoci!» dico a Virginia aprendole la porta della caffetteria.
«Possibile che tu conosca tutti questi posti carini?» chiede lei entrando.
«Ma va! Sono posti normali!» dico seguendola all’interno del locale. «Che cosa prendi?»
«Un cappuccino, grazie.» risponde lei sorridendo.
«Solo un cappuccino?»
«Sì, non mangio quasi nulla quando sto così.» risponde chiudendosi nelle spalle.
Proprio come Stella.
«Ricevuto! Siediti dove preferisci, arrivo in un attimo.» le dico sorridendo e avvicinandomi al bancone per ordinare.
 
«Cosa prendi?» chiede il barista.
«Due cappuccini e una brioche alla crema, grazie.» rispondo io.
«Arrivano subito.»
«Mi dai anche un vassoio? Te lo riporto dopo.»
«Ecco a te.» dice lui passandomi il vassoio con i due cappuccini e la brioche.
«Grazie mille.»
«Figurati.» risponde sorridendo.
 
«Eccoci.» dico appoggiando il vassoio sul tavolo che ha scelto Virginia.
«Uh, eccoti.» dice lei alzando lo sguardo dal tavolo.
No, non mi piace il suo sguardo.
Credo stia male…
Merda, mi sento in colpa.
E’ fuori con me nonostante stia male.
Ok, dopo aver bevuto il cappuccino le chiedo ancora come sta.
«Mi piace il posto che hai scelto.» dico togliendomi il cappotto e sedendomi di fronte a lei.
«Sì, è un po’ isolato. Meno rumore, meno tutto. Non mi piace stare troppo tra la gente…» ammette lei diventando un po’ rossa in volto.
«Ti è aumentato, vero?» chiedo di getto versando la bustina di zucchero nel cappuccino.
«Uhm.» è la sua risposta.
«Dimmelo dai, non ti preoccupare.»
Tanto mi sento già tremendamente in colpa.
Fanculo me e le mie idee inutili.
Posso sentirmi in colpa?
Sì, che posso, devo sentirmi in colpa.
«Sì, un pochino.» mi risponde diventando rossa in viso.
«Dopo allora ti accompagno a casa. Anzi, andiamo subito!»
Subito è giusto, non dopo.
«Ma no, dai. Aspetta. Facciamo prima colazione, poi vediamo.» dice lei con una voce dolcissima.
Perché lei, con la sua voce dolce cerca di farmi cambiare idea?
Matteo, non puoi permetterti di cambiare idea.
Giusto.
«Ti porto a casa però.» le dico convinto.
«No ma…» insiste ancora.
Donne, chi le capisce è bravo.
Ma bravo davvero.
«Niente ma.» dico deciso.
«Ma… Non devi fare nulla? Non hai lezione?» chiede lei.
«Non ti preoccupare, la biblioteca può aspettare! Non ti lascio tornare a casa sola.» di certo Gabriele in biblioteca non può competere con te, Virginia. E quasi sicuramente con Gabriele c’è Monica, quindi meglio tardare un po’. Poi di certo non posso lasciarla sola se sta così. Assolutamente è mio compito portarla a casa sana e salva.
«Sicuro?» chiede ancora.
«Sicurissimo.» rispondo io aprendomi nel solito sorriso da ebete.
 
«Arrivati…» sussurro a Virginia mentre siamo davanti a casa sua.
La situazione è lievemente peggiorata in breve tempo. I cambi d’aria caldo-freddo-caldo e poi ancora freddo della caffetteria calda, aria fredda, caldo assurdo sull’autobus e freddo gelido dell’aria non hanno per nulla aiutato il mal di testa della povera Virginia. Non ha detto molto da quando siamo usciti dal bar, ripeteva ogni tanto solo qualche «Grazie» o «Sei davvero sicuro?»
E la colpa è tutta mia…
Matteo, riesci solo a combinare casini o guai.
Merda.
«Grazie Matteo. Davvero grazie.» dice lei con la testa appoggiata alla mia spalla.
Ha attuato questa posizione da quando siamo saliti sul bus.
L’ho trovata molto tenera, così appoggiata alla mia spalla…
E di certo un suo contatto fisico, anche se solo con la testa, non mi dispiace.
«Non ti preoccupare. Dove sono le chiavi?» chiedo io con un filo di voce.
«Nella borsa. Ma non devi salire per forza. La biblioteca. Lo studio.» sussurra lei.
Mi sa che sta proprio male.
E la colpa è mia.
«La biblioteca può aspettare, non posso lasciarti qui…» dico convinto.
«Rose sarebbe felice di saperlo.» commenta lei a bassa voce.
Rose?
Sua madre?
Per lo meno porto solo “in salvo” sua figlia.
Le altre volte facevo molto altro...
Matteo, non pensare alle altre volte.
Giusto, perché Virginia non è come le altre.
«Posso prendere le chiavi?» le sussurro.
«Sì certo, ecco. Cerca pure. Io sto qui appoggiata. La testa fa meno male così.»
Io ora la prendo in braccio, la porto a letto e la obbligo a dormire finché non sta meglio.
Il senso di colpa è una brutta bestia...
Anche il senso di protezione per questa meravigliosa ragazza.
«Mi spiace...» ripete lei per l’ennesima volta.
«Non ti preoccupare. Ora, basta che mi dici a che piano andare e qual è la porta di casa tua e va tutto bene.»
«Dio mio, potresti anche essere un ladro. Ma un ladro troppo gentile… E poi ti conosco... Ecco. Abito al secondo piano.» sussurra appoggiando ancora la testa sulla mia spalla.
Povera Virginia.
 
Secondo piano, secondo piano.
Arriviamoci in fretta.
Ascensore arriva, forza.
 
Arrivati al secondo piano.
«La porta?»
«Quella a destra…»
«Ottimo.»
«Eccoci…» dico aprendo la porta di casa di Virginia, fermandomi all’esterno e facendo entrare lei.
 
«Scusa ma, non entri?» chiede lei.
«Non sapevo se tu volessi…» dico mezzo imbarazzato.
«Entra pure… E’ il minimo.»
«Permesso.» dico facendo un passo ed entrando in casa.
Che bella casa.
Elegante e moderna.
A Stella piacerebbe un sacco questo stile.
Oh cazzo.
In tempo zero realizzo una cosa sconcertante.
Sono a casa sua.
Sono a casa di Virginia.
Matteo vuoi metterti a saltellare?
No.
Contieniti.
Ok.
«Come stai?» le chiedo.
Uhm, domanda intelligente Matteo.
Forse era meglio un «Come ti senti.»
«Mi metto una tuta e poi prendo qualcosa…» dice lei avviandosi da qualche parte.
Vuoi una mano?
Potrei benissimo spogliarti…
Matteo, per fortuna sei stato zitto.
Sei decisamente fuori luogo e lei sta male…
Giusto, basta pensare a lei nuda in questa casa che si spoglia.
Come se fosse semplice…
«Posso sedermi sul divano?» chiedo a nessuno come un imbecille, dato che Virginia è sparita e io sono in piedi come un palo della luce.
«Sì certo. Scusa la tuta ma…» riappare stringendosi nelle spalle.
«Non ti preoccupare.» dico io serio.
Dio mio, è incantevole anche con la tuta blu.
Com’è possibile?
E’ bellissima anche con una semplice tuta larghissima.
«Vuoi vedere un film?» chiede lei sedendosi accanto a me.
«No, leggo uno dei miei libri.» poi il rumore della tv è meglio di no dato il suo mal di testa.
«Merda…» sussurra lei quasi impercettibilmente.  
Quella ragazza riesce ad essere adorabile anche dicendo le parolacce.
«Che c’è?» le chiedo mezzo divertito.
«Uh, scusa.» Diventa rossa come un peperone.
«Dimmi pure.»
«Ho lasciato la pastiglia e il bicchiere d’acqua in cucina...» ammette lei cercando di alzarsi.
«Vado a prenderli io!» dico scattando in piedi come se mi avessero caricato con una molla.
«Ma…»
«Niente ma.»
Forse dovrebbe averlo capito che non tollero i ma quando una persona sta male.
Soprattutto se si tratta di lei…
«Grazie, davvero io non so come ringraziarti.»
«Di nulla.» dico sorridendole.
 
Torno in sala e trovo Virginia mezza sdraiata sul divano con sopra un plaid bianco.
«Scusami. Mi alzo subito.» sussurra lei.
«No, rimani giù. Alzati solo per prendere questa.» le dico avvicinandomi e allungandole la pastiglia e il bicchiere.
«Grazie.»
Ringrazia davvero troppo…
«Mi sono permesso di cercare il bagno e sono andato almeno a lavare le mani.» le dico imbarazzato.
«Sì, hai fatto bene. Io… Io non te l’ho neanche chiesto. Scusami davvero.» dice lei tornando con la testa sul divano.
«Non ti preoccupare. Non stai bene. Dormi un po’.»
Quando Stella non sta bene, lei dorme.
Magari funziona anche per lei.
«Tu… Rimani?» chiede lei arrossendo un po’ con aria quasi incredula.
Mi ha chiesto di rimanere…
«Se tu vuoi, sì.»
«Sì. Vieni qui?» dice facendomi spazio sul divano.
«Recupero un libro e arrivo.»
 
 
Credo sia una delle sensazioni migliori del mondo.
 
Ho un libro nella mano sinistra che non ho minimamente aperto e con la mano desta accarezzo i capelli di Virginia che si è addormentata da poco sulle mie gambe.
Sì, non sto sognando.
Mi son tirato un paio di pizzicotti ma credo sia proprio la realtà.
Anche se la situazione è una delle più surreali mai vissute. La colazione, il ritorno in bus, l’invito. Eppure, questa è la realtà. E’ successo tutto per davvero.
E questa realtà è davvero bellissima.
Bellissima come la ragazza che ha appoggiato la testa alle mie gambe con un «Posso?» e poi ha chiuso gli occhi.
 
Una ragazza davvero meravigliosa.
 
E’ una visione.
La mia visione.
La mia Virginia.
 
Hai detto mia, Matteo?
Sì.
Voglio che lei sia mia.
 
La mia Virginia.
Suona anche bene.
 
Continuo a guardarla e ad accarezzarle i capelli.
Appoggio il libro di lato.
Non posso perdermi questo spettacolo.
Altro che biblioteca…
Ho scritto su WhatsApp a Gabriele avvertendolo di un imprevisto e non potevo esserci oggi. Non credo che sia stato un problema per lui.
Preferisco milioni di volte lei alla biblioteca.
Lei... Io non so cosa mi ha fatto.
 
So solo che è una sensazione meravigliosa.
Mai provata prima d’ora.
 
E continuo a guardarla ed accarezzarle i capelli.
Mi sento quasi stupido ma è così giusto…
Matteo ma tu sei stupido.
Più che stupido, rincoglionito.
 
Dovevo ascoltare Stella questa mattina che prima di uscire ha voluto sapere tutto e mi ha detto «Vedrai, sarà una meravigliosa mattina, fratello. Comportati normalmente e andrà tutto bene.»
 
Sì Stella, avevi decisamente ragione.
Al suo compleanno dovrò ricordarmi di farle un bel regalo.
Non so se mi sono comportato normalmente, ma è andato tutto meravigliosamente.
 
Meravigliosa come la ragazza che dorme sulle mie gambe ora.
 
 
**
 
Buona sera a tutti e buon anno! Finalmente sono riuscita ad aggiornare e mi scuso infinitamente per il ritardo. Spero di riuscire ad aggiornare il prima possibile. Vi ringrazio per la pazienza e anche il solo fatto che leggiate di Virginia e Matteo. Magari vi aspettavate una colazione “vera” con molta sostanza. E invece… E’ stata una mattinata strana per Virginia, ma nonostante tutto e nonostante la sua emicrania, Virginia è uscita. E Matteo credo sia stato la persona più adorabile del mondo. Voi che ne pensate?
Infine, la canzone del titolo è una delle mie preferite in assoluto. “All the right moves” degli One Republic. E vi dirò, secondo me, con questo capitolo è davvero perfetta. Matteo ha fatto davvero tutte le “mosse” giuste.
 
Un abbraccio.
E.
   
 
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