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Autore: Kitsunelulu    25/01/2017    0 recensioni
Orlando ama l'arte, le piante, il sole, i dolci. Marco odia tutto, per primo se stesso.
C'è qualcosa nel loro passato, tuttavia, che li accomuna.
Storia di due rette parallele che si incontrano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Quando l’orizzonte  scomparirà  sotto le nuvole, quando non sarà né giorno né notte, ed il sole e le stelle rimarranno sospesi di fronte, quando l’azzurro sarà sotto di noi e l’oro coprirà le nostre teste, allora ci incontreremo.”
 
E’ sbagliato desiderare che il nostro passato cambi? Se ci fosse un particolare evento nella nostra linea temporale che turbasse tutti gli eventi successivi, sarebbe lecito desiderare che quell’evento non fosse mai avvenuto? Saremmo davvero noi stessi, ciò che siamo diventati, se il corso del nostro passato fosse diverso? Esiste il destino? Oppure è tutto una mera casualità? Una casualità fatale? Un mare di pensieri mi turba. Probabilmente, la mia risposta a tutte queste domande è che se si potesse cambiare un evento del passato, lo farei molto volentieri. Certo, non sarei ciò che sono diventato, ma ciò che sono diventato è ciò che mi fa desiderare di poter tornare indietro. Mi trovo davanti al monitor del mio pc, con le dita congelate: all’improvviso, dopo aver scritto due righe, si sono fermate. Come un film proiettato improvvisamente, diapositive di ricordi si susseguono nella mia mente.
 
Passeggiavo da solo in un vialetto alberato, la luna era altissima e splendente e faceva vibrare di bianco le gocce di umidità notturna. La sua luce risultava fastidiosa. Era il buio ciò che avevo dentro, un buio pesto, ed uscire nella notte doveva aiutarmi a sentirmi a mio agio con quella condizione. Ma la luna rendeva tutto luminoso. Neanche fuori c’era posto per me. Mi fermai su una panchina di legno e iniziai a osservare attentamente quella sfera tonda e argentea; poi provai a stringerla nella mano. Troppo lontana per essere spenta. Le lacrime iniziarono a scorrere abbondanti lungo il viso a destra e a sinistra finendo poi per conciliarsi sotto il mento. Chiusi gli occhi, con la testa rivolta ancora verso l’alto. Qualcosa se n’era andato per sempre, irrimediabilmente, qualcosa di insostituibile e necessario. Qualcosa che avevo sempre dato per scontato. La notte era bellissima, il fresco sulla pelle era piacevole. Il profumo degli alberi non era mai stato così dolce. “Perché proprio adesso?”, pensai.
 
Torno al presente, come svegliato da un sogno. Anzi, un incubo. Non so esattamente perché ma oggi è un giorno triste. Fuori piove. Stamattina ho dato un brillante esame di storia romana. Poi ho preso un caffè con Irene. Tornato a casa ho dormito per tre ore, poi ho provato a scrivere. Adesso, contemplo lo schermo senza produrre. Lancio sguardi che si perdono a metà strada. Sembra quasi che la mia mente cerchi di censurare i pochi successi che ottengo riportando a galla ogni ricordo più doloroso proprio nei momenti più felici del presente. Penso a Orlando. Piangendo di fronte a me, aprendo il suo cuore, mi ha trasmesso una vicinanza che non avevo mai provato. Pericolo di rapporti umani. E’ così che automaticamente il mio cervello interpreta questo stimolo, e così decide di ricordarmi come è andata a finire l’ultima volta. Tutto ciò a cui tengo si spezza, sparisce o decide di abbandonarmi. Come devo comportarmi adesso? Correre il rischio, dopo così tanto tempo, oppure impormi di tornare indietro? Non voglio. Ora che ho intravisto la possibilità di essere felice, non voglio tornare a vivere da solo. Eppure la solitudine è una condizione di sicurezza. Torno a dormire. Non è una necessità fisica, ma mentale. Se continuassi a pensare finirei in un vortice di tristezza senza ritorno. Probabilmente sognerò.
 
Un orizzonte lontano. Qualcosa di azzurro è sotto di me, ma quando provo ad abbassare lo sguardo la mia testa sembra non rispondere al comando. Non posso neanche camminare. Sono immobile e galleggio tra le nuvole, mi sento leggero. Le nuvole, invece, sembrano pesanti. Probabilmente sotto di esse c’è un temporale. Un’aura dorata arriva dall’alto, invece. Probabilmente è la luce del sole, ma non riesco a identificarne la natura. E’ giorno? E’ il tramonto? O forse, dove mi trovo io non ha senso parlare di giorno e notte. Sto osservando il sole da un punto di vista diverso da quello della Terra. Dove mi trovo?Vorrei indagare ma mi è negato qualsiasi movimento. Successivamente, mi accorgo di un nuovo dettaglio: c’è un punto lontano che si muove, avvicinandosi e facendosi sempre più grande. Sembra una persona. Chi sei? Vorrei parlare, ma anche la parola mi è negata. Cerco di osservare meglio. E’ Lilia? Due luci azzurre brillano nell’aura dorata. Sono i suoi occhi. Come dimenticarli? In fondo continuano a tormentarmi ogni giorno quando mi guardo allo specchio. Un battito di palpebre. Un solo battito di palpebre e la figura ignota mi è di fronte. Lilia?
“Tu non sei Lilia”

“Tu non sei Lilia.” Come potresti esserlo? Lilia è morta.
Mi sveglio sussurrando quelle parole, come se uscissi da un’apnea profonda, lunga tutta la notte. Tuttavia, non riesco a ricordare affatto cosa stessi sognando. Sono le undici e mezzo di un'anonima mattina di sabato e l’assenza della cena di ieri inizia a farsi sentire. Ho bisogno di mangiare, ma nessuna voglia di muovere un muscolo. Controllo velocemente il telefono. Ci sono tre chiamate perse, ma non controllo il mittente.
Torno ad affondare la faccia nel cuscino. Solo un altro po’, mi dico.


 
   
 
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