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Autore: thequeens    26/01/2017    0 recensioni
Questa è la storia di due anime sole che, incontrandosi, scopriranno valori di cui non avrebbero mai immaginato l’esistenza e diventeranno, l’una per l’altra, più importanti di quanto si aspettassero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Hai già ucciso tutti i miei compagni, che cosa vuoi da me?" implorò la voce disperata di un uomo: "Ti prego, risparmiami, farò tutto quello che vuoi!"

"Stai zitto" sibilò Chuuya freddamente e lo colpì con un pugno sul viso talmente forte da poter sentire distintamente l'osso del collo che si spezzava: gli diede soddisfazione.

Prese per i capelli la vittima e la trascinò fino ad una grandinata là vicino, per poi aprirgli la bocca e farla appoggiare su uno scalino.

Gli diede un calcio in testa e gli ruppe la mandibola spietatamente, poi lo girò e sparò tre volte al suo torace senza batter ciglio.

"Hai fatto?" chiese Dazai, che si trovava sulla sommità della scala appoggiato alla ringhiera.

"Di quest'ultimo avresti potuto occuparti tu, sai?" ribatté l'altro acidamente.

"Non avevo voglia di sporcarmi le scarpe."

Chuuya alzò gli occhi al cielo: "Non ti sopporto quando fai così" gli disse, dandogli una testata sul braccio.

"È questo il modo di trattare il tuo migliore amico, Chuuya?" domandò Dazai guardandolo con finto oltraggio.

"Silenzio" disse Chuuya, poi prese il telefono, compose un numero e rimase in attesa: "Signor Mori? Abbiamo finito."

Dazai osservò il suo amico illuminarsi in un sorriso e ringraziare molteplici volte; probabilmente Mori si era congratulato con lui per l'ottimo lavoro svolto. Era sempre così: appena riceveva un complimento dal boss sfoderava un'espressione fiera e ci voleva non poco per cancellargliela dalla faccia.

"È stato facile, sì... certo, glielo dico subito. Grazie ancora" salutò Chuuya chiudendo la chiamata: "Vuole parlarci appena torniamo al quartier generale" si rivolse così a Dazai mentre riponeva il telefono in tasca: "Forse un nuovo incarico, forse vuole premiarmi" fantasticò: "Secondo me a te farà una bella ramanzina perché non fai mai nulla."

"In realtà io mi occupo delle tattiche e organizzo le missioni, mentre tu spacchi solo teste. Non mi sembra che faccia meno di te, comunque" disse Dazai pacatamente.

"Però io rischio di più" insisté Chuuya.

"Ma ci sono io a guardarti le spalle!"

"Wow, ora sì che sono tranquillo..."

Continuarono a bisticciare scherzosamente per tutto il tragitto. Piacevano ad entrambi quei momenti, li facevano sentire uniti.

Ormai erano passati sei mesi dalla notte in cui avevano ucciso per la prima volta, e quella era diventata un'abitudine per loro: avevano superato da tempo il senso di colpa che togliere la vita agli altri gli provocava e, mano a mano, erano diventati una delle squadre più forti e spietate della Port Mafia. Ne erano entrambi molto orgogliosi, oltre a Mori, dal quale i complimenti non mancavano di certo, che li incoraggiavano a migliorare.

Quando giunsero al quartier generale si fiondarono nell'ufficio del boss: "Ecco i miei bravi ragazzi" li accolse lui: "Mi state dando un'enorme soddisfazione, voi due" disse allargando le braccia. I ragazzi si scambiarono uno sguardo complice e si sorrisero.

"Detto ciò, veniamo al punto: il prossimo incarico non sarà facile, per niente. C'è un'organizzazione che ci sta minacciando da mesi e, onestamente, mi sono scocciato di vedermela girare attorno" fece una pausa: "Dovete distruggerla, senza lasciare nemmeno un membro. Badate, però: saranno tanti. So che avrei potuto mandare una squadra intera, ma voglio provare con voi due. È una sorta di... esperimento. Voglio vedere quanto riuscite a spingervi oltre" concluse Mori.

I due fissarono il boss per un po', la loro espressione che cambiava dall'insicurezza per la responsabilità che gravava su di loro alla determinazione a volerlo stupire.

Quella determinazione, però, scemò quando, nascosti tra gli alberi, poterono notare quanti fossero effettivamente i membri di quella banda: circa una decina di guardia, e chissà quanti altri si celavano chissà dove.

"È impossibile" disse Dazai: "Come facciamo ad ucciderli tutti da soli?"

Chuuya sapeva bene come fare, ma sapeva che sarebbe stato rischioso, perciò esitò prima di iniziare a parlare: "In realtà un modo c'è" disse a bassa voce, come se stesse ancora pensando.

L'amico comprese immediatamente a cosa si riferiva e spalancò gli occhi: "No" disse fermo: "Non lo abbiamo mai usato in una battaglia vera e propria, è troppo pericoloso per te."

"C'è sempre una prima volta" gli ricordò l'altro, guardandolo con quel sorrisetto sicuro di sé. 

"Sei sicuro di volerlo fare?" chiese Dazai: "Mi stai affidando la tua vita, non sei costretto, se non vuoi."

"Prima ammazziamo questi davanti, al resto pensiamo dopo" disse Chuuya e, seguito da Dazai, fece piazza pulita in alcune decine di secondi, tanto che i nemici riuscirono a malapena a capire cosa stesse succedendo.

"Dazai" lo chiamò: "Dovrebbe durare poco, ma sta' attento, potrei farti male" lo avvertì.

"D'accordo."

Avanzò di qualche passo, e mentre iniziava a togliersi i guanti, pronunciò la frase:

"Voi, concessori dell'oscura sciagura, non dovete svegliarmi di nuovo."

Come aveva detto, non durò molto: appena attivata la forma corrotta iniziò a lanciare gravitoni agli uomini, mentre Dazai gli stava attorno, sparando a chiunque fosse riuscito a sfuggire alle bombe di energia e potesse essere una minaccia per il suo amico.

Dopo un po' dovette constatare che Chuuya stava iniziando a perdere sangue dal naso e dalla bocca, segno che il suo corpo era quasi arrivato al limite

(devo fermarlo, o non ce la farà.)

Un urlo disumano di Chuuya lo fece voltare di scatto: aveva appena lanciato un'enorme sfera di energia, che si abbatté violentemente al centro della radura, distruggendo ogni cosa fosse presente nel suo raggio d'azione in un boato assordante, lasciando posto ad un esteso cratere.

(saranno morti tutti, così. Ben fatto, amico mio.)

Dazai si diresse verso di lui, pronto a farlo tornare normale, ma l'altro aveva iniziato ad usarlo da bersaglio mentre rideva sguaiatamente: per un momento gli fece paura.

Riuscì, con non poca difficoltà, ad avvicinarsi all'amico, per poi toccarlo di sfuggita sul braccio: quel contatto bastò.

Chuuya tornò in sé mugugnando stremato poi, quando le sue gambe stettero per cedere, fu sostenuto da Dazai, che lo depose delicatamente a terra: "Sei stato grande" gli sussurrò, ma quelle parole non furono udite dall'altro, svenuto tra le sue braccia.

Dazai chiamò Mori per informarlo del successo della missione e riaccompagnò l'amico a casa, aiutato da un altro membro della Mafia che li portò fino a casa di Kouyou. La donna comprese subito cosa era successo a Chuuya, essendo stata lei insieme a Mori a scoprire della forma corrotta del suo protetto, e iniziò a riempire di domande preoccupate Dazai, il quale la rassicurò calorosamente: sapeva bene quanto lei tenesse all'amico, come fosse sua madre.

Dopo averla salutata si diresse verso il quartier generale per comunicare i dettagli a Mori: ne uscì più felice di quanto avesse potuto immaginare.

Il giorno dopo Chuuya fu bruscamente svegliato da Dazai, che entrò nella stanza in cui stava dormendo come un uragano, sbattendo la porta e gridando: "Chuuya, non ci crederai mai!"

Si diresse di corsa a spalancare la finestra per poter vedere qualcosa, oltre al buio, in quella stanza, poi saltò sul letto dell'amico che, lentamente, era riuscito a mettersi seduto decentemente, nonostante gli dolesse ogni singola parte del corpo, probabilmente a causa della Corruzione, e continuava a stropicciarsi gli occhi per farli abituare alla luce.

"Ho una notizia fantastica!" continuò Dazai, per niente scoraggiato dal grugnito irritato con cui gli aveva risposto Chuuya.

"Cosa?" chiese continuando a guardarlo di traverso.

"Mori mi ha convocato" iniziò Dazai: "Ha detto che sono diventato davvero bravo e che gli sto dando grandi soddisfazioni e..." continuò a vantarsi per un po'.

"E...?" lo interruppe Chuuya sempre più irritato.

"E..." ripeté il ragazzino: "Ora sono un esecutore della Mafia" esclamò tronfio.

Chuuya sgranò gli occhi incredulo: sapeva che il ruolo dell'esecutore era parecchio importante, gli bastava guardare Kouyou. A coronare il tutto c'era il fatto che Dazai aveva solo quindici anni e che un esecutore così giovane non si era mai visto.

"Ha detto anche che la carneficina che abbiamo commesso stanotte potrebbe passare alla storia della Port Mafia, circolano voci secondo le quali saremmo i peggiori nemici della malavita!" continuò Dazai: "Ora ci chiamano Soukoku!"

Chuuya sentì il petto riempirsi d'orgoglio, ma quella sensazione durò ben poco: "Perché ha nominato esecutore solo te?" chiese poi leggermente offeso, e il che lasciò non poco interdetto l'amico.

"Non so esattamente da cosa dipenda... Forse mi ha ritenuto maggiormente all'altezza?" azzardò prendendolo in giro per allentare la tensione, ma ottenne l'effetto contrario e Chuuya si spazientì ancora di più: "Non potevi dirgli qualcosa del tipo 'entrambi o nessuno'?" chiese.

"Non trovavo conveniente rinunciare ad un'offerta simile" spiegò Dazai: "E se mi vuole qui come esecutore un motivo c'è, avrebbe potuto arrabbiarsi."

"Egoista."

"Prego?"

"Egoista" ripeté Chuuya calcando quell'aggettivo: "Hai pensato solo a quali vantaggi avrebbe portato a te lasciandomi indietro!" 

"Se sei geloso non è colpa mia" lo provocò Dazai: "Sono stato più bravo di te e basta."

"Ma io ho rischiato la mia vita per questa missione, mentre tu stavi a guardare, come al solito!"

"Io ti stavo coprendo, se proprio vuoi saperlo. E ho rischiato grosso per fermarti, dato che in quel momento eri talmente fuori di te da potermi uccidere."

"In ogni caso non te ne sarebbe fregato molto, tanto pensi solo a voler morire, vero?"

"Ora stai diventando offensivo" lo fece ragionare Dazai con tono fermo.

"Te lo meriti."

L'altro rimase senza parole, mentre Chuuya continuava a guardarlo male: "Sei davvero uno stronzo, Dazai" gli disse freddamente.

"Mi stai prendendo a parolacce senza nessun motivo, te ne rendi conto?" domandò Dazai.

"C'è un motivo."

"Ma cosa sei, un bambino?" sbottò Dazai: "Non puoi prendertela per così poco! Con me, per giunta, come se fosse colpa mia!"

"Vattene, prima che perda la pazienza e ti prenda a pugni."

"Non vuoi nemmeno ascoltarmi..." commentò Dazai alzandosi.

"No, infatti, non voglio" rispose Chuuya incrociando le braccia.

Non ottenne risposta dall'altro, che se ne andò sbattendo la porta.

Chuuya rimase per un po' in silenzio a rimuginare, poi si alzò dal letto di scatto, incurante del dolore e si vestì velocemente, per poi dirigersi al quartier generale, sebbene Kouyou gli avesse lasciato un biglietto accanto al comodino, "che tu possa avere una buona giornata di riposo" scritto elegantemente.

Bussò urgentemente alla porta dell'ufficio di Mori ed entrò con foga, trovando Kouyou seduta su una poltrona, intenta a bere del vino in compagnia del boss, quando la voce calma di quest'ultimo gli sopraggiunse.

"Chuuya!" lo salutò: "Sicuramente Dazai te lo avrà detto, ma ci tengo a rinnovare i miei più sentiti complimenti per..."

"Perché Dazai è diventato esecutore e io no?! Io ho fatto la parte difficile del lavoro, non lui! E per di più..."

"Calmati e ricomincia da capo, non ho capito nulla" lo bloccò Mori infastidito dalla sua insubordinazione.

Il giovane respirò profondamente e ricominciò: "Non è giusto che solo Dazai sia diventato un esecutore." 

"Uccidilo, allora" suggerì Mori con un'alzata di spalle. Kouyou gli lanciò un'occhiata severa.

"C-cosa?" chiese Chuuya in un sussurro sconcertato: improvvisamente era come se la sua rabbia fosse svanita.

"Vuoi diventare esecutore, no? Bene. Uccidi Dazai e prendi il suo posto, è così semplice."

Chuuya rimase a lungo in silenzio, profondamente colpito da quelle parole: "Non voglio ucciderlo, solo..."

"Come no? Non sei arrabbiato con lui?" domandò Mori retoricamente.

Chuuya non rispose.

"Cosa è successo?" interruppe Kouyou notando il disagio del suo protetto e fulminando Mori con lo sguardo.

Chuuya raccontò brevemente della discussione con Dazai, sebbene si trovasse non poco a disagio nel parlare di certe cose davanti a Mori che, nel frattempo, era rimasto ad osservare con un leggero sorriso: sembrava quasi si divertisse.

"Dovresti scusarti con lui" constatò Kouyou alla fine: "Non sei stato molto gentile."

Il ragazzo si sentì leggermente offeso nel vedere che la donna non aveva preso le sue parti; stette per in po' in silenzio, imbarazzato.

"So che sei molto orgoglioso, ma provaci. Ne va della vostra amicizia" continuò lei dolcemente.

Chuuya annuì, poi li salutò entrambi brevemente e uscì rapidamente dalla stanza. Si vergognava per aver fatto una sfuriata simile davanti al boss.

"Devi per forza essere così melensa?" sbuffò Mori abbandonandosi sulla poltrona.

"Gli stavo solo dando un consiglio. Per quale motivo, poi, gli hai detto di uccidere Dazai?" gli scoccò un'occhiata di rimprovero.

"Volevo solo divertirmi un po' con lui. Hai visto che faccia ha fatto?" disse Mori ridacchiando.

"Non dovresti giocare con i suoi sentimenti" asserì Kouyou freddamente.

"Già, sono una cattiva persona. Tanto sono ragazzini, litigano e fanno pace dopo cinque minuti" disse Mori: "Però..." girò la testa verso la donna: "Cosa intendi per sentimenti?"

A quella domanda lei sorrise leggermente: "Te ne sei accorto anche tu?"

Mori la guardò: "Beh, è difficile non accorgersene. Basta guardare Chuuya... è completamente cotto, povero scemo."

"Non prenderlo in giro" lo stroncò Kouyou.

"No, no... allora? Che ne pensi?" chiese Mori guardandola complice.

"Alla loro età è normale voler provare nuove esperienze. E poi... tu lo sai bene, vero? Povero scemo."

"È successo tanti anni fa" le rispose stizzito lui: "Un altro po' di vino, cara?"

"Molto volentieri."

Nel frattempo Chuuya si era avviato a passo svelto verso la palestra. Nonostante fosse titubante all'idea di dover chiedere scusa a Dazai, aveva deciso di dare ascolto a Kouyou e di andare da lui. Come si aspettava, lo trovò lì intento a prendere a pugni il sacco da boxe, senza alcun impegno però: era chiaramente irritato a causa della discussione e voleva semplicemente sfogarsi. 

Chuuya si schiarì la voce a disagio: "Ciao" disse semplicemente.

Dazai interruppe la sua attività, bloccando il sacco che oscillava con entrambe le mani, e senza nemmeno voltarsi disse: "Che sei venuto a fare?" 

Quella risposta non incoraggiò di certo Chuuya, ma decise comunque di provare: "Sai... stavo pensando..." iniziò titubante, e dopo aver esitato per trovare le parole giuste da utilizzare proseguì: "Ho esagerato un po' stamattina" disse infilandosi le mani in tasca e avanzando verso l'altro.

"Oh no, non hai esagerato" disse Dazai, ma una punta di ironia nel suo tono di voce tradiva quello che aveva appena detto: "Tu non esageri mai Chuuya, se mi fai qualche cattiveria è perché me lo merito, tanto sono solo un idiota, no?" 

Quella risposta così tagliente spiazzò totalmente l'altro: gli stava rinfacciando tutte le volte in cui aveva reagito con iracondia ai dispetti o commenti sarcastici e offensivi nei suoi confronti.

"No, intendevo..." esitò ancora una volta: "In fondo non è stata una tua decisione" continuò, il tono di voce iniziava ad abbassarsi.

"No, non lo è stata" gli rispose Dazai: "Però sono stato davvero uno stronzo a prenderla senza prima chiedere il permesso al mio invidioso amichetto del cuore" disse enfatizzando particolarmente quell'aggettivo.

Chuuya iniziava a perdere la calma, sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose, ma le risposte così ciniche di Dazai lo stavano innervosendo.

"Oh che sciocco, non ti avrò fatto arrabbiare sbattendoti in faccia la verità?" lo sentì dire con nonchalance, come se gli avesse letto nel pensiero: non credeva di essere così trasparente. 

Strinse ancora di più i pugni, chiuse gli occhi e prese un respiro profondo per calmarsi: "Smettila, dai. Non immagineresti mai a cosa stavo pensando prima" disse guardandolo e sforzandosi di sorridergli appena.

"Volevi ammazzarmi, Chuuya?" 

Quella domanda così retorica da parte di Dazai fu come una freccia dritta nel petto: "Come..." fu tutto quello che riuscì a dire con un filo di voce. La rapidità con cui l'altro aveva compreso la situazione lo turbò non poco.

"Come lo so? Per un attimo ho creduto fossi qui per quello..." disse Dazai amaro.

"Mi credi davvero capace di una cosa simile?" chiese Chuuya offeso: "Davvero pensi che potrei ucciderti?" insisté. Sentiva che Dazai non si fidava totalmente di lui e ciò lo faceva sentire ferito.

"Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme" alzò la voce Chuuya, il silenzio di Dazai ad incoraggiarlo a ribaltare la situazione: "Ti permetti di insinuare che..." scosse la testa scandalizzato: "Non sono così cattivo come credi."

A quelle parole, Dazai si voltò a guardarlo e iniziò a dirigersi lentamente verso di lui: "No infatti, tu sei una brava persona, mi vuoi così bene che sei riuscito a mettere da parte il tuo orgoglio e hai deciso di scusarti, ammirevole" disse, ormai trovandosi faccia a faccia con l'altro, che aveva iniziato ad indietreggiare, poi proseguì: "Ora ti aspetti che ti perdoni e che, magari, ti faccia i miei complimenti per aver rinunciato al tuo prezioso orgoglio pur di fare pace con me?" 

Chuuya si era ritrovato con le spalle al muro, incastrato tra di esso e il corpo del, forse non più così tanto, amico, e malgrado la situazione quella vicinanza lo fece sentire più a disagio di prima. Ormai ne comprendeva il motivo e gli dispiaceva che fossero arrivati a quel punto.

"Sì, sono profondamente commosso da cotanto affetto, grazie Chuuya per essere arrivato a tanto solo per me" disse fingendo di asciugarsi una lacrima, poi uscì dalla palestra, lasciando l'altro lì, da solo.

Sentiva il sangue ribollire nelle vene.

(Questo è quello che ottengo per essermi scusato?!)

Quel pensiero, tuttavia, non fece altro che confermare le parole che Dazai gli aveva rivolto poco prima: si aspettava di essere perdonato solo per, secondo lui, essere sceso così in basso arrivando a pregarlo di fare pace.

Non riusciva ad accettare che l'altro avesse ragione, tirò ripetutamente dei violenti pugni alla porta e uscì dalla palestra.

Il giorno seguente, però, dovettero affrontarsi un'altra volta: non potevano fermarsi con il lavoro e gli allenamenti solo per qualche sciocco dissidio. 

Quando Chuuya fece il suo ingresso Dazai era già lì e, per la prima volta, aveva iniziato senza di lui: non poté negare che quel fatto lo infastidì leggermente. 

Si diresse verso un altro sacco da boxe, non prima di essersi scambiato uno sguardo omicida con Dazai. Quella fu la loro unica interazione, finché Chuuya non prese parola: "Le tue doti nelle arti marziali sono al di sotto della media della Port Mafia, mi chiedo secondo quale assurdo criterio tu sia riuscito ad ottenere un ruolo così importante."

Dazai lo ignorò, non si voltò nemmeno di poco; proseguì imperterrito nella sua attività.

"Mi hai sentito?" fece Chuuya spazientito: anche questa volta non ottenne risposta.

Non amava essere ignorato, tanto meno dal suo amico, nonostante ora avessero litigato. 

"Perché mi ignori?!" gridò.

"Oh, credevo fossi arrabbiato a morte con quello stronzo di Dazai che è così egoista da lasciarti indietro" disse finalmente l'altro, con tono estremamente pacato.

Chuuya strinse i pugni: "Smettila di fare così." 

"Devo smetterla di sbatterti in faccia la verità?"

"Chiudi quella fogna!" sbraitò raggiungendolo in poche falcate e afferrandolo per il colletto della maglia.

Dazai non si scompose e restò fermo lì, senza muoversi di un centimetro, anche quando l'altro gli fu addosso. Poi, sempre con calma, gli disse: "Credevo non volessi essere ignorato."

"Infatti, specialmente perché stavo cercando di essere gentile con te!"

"Anche io ieri mattina lo ero stato, ma tu mi hai offeso comunque." 

"Ma poi ho cercato di parlare in modo civile e tu non hai fatto altro che insultarmi!"

"Perché te lo meriti, no?"

Quando Dazai citò le sue stesse parole, Chuuya non seppe cosa rispondere e in preda ad una rabbia impotente lo colpì in pieno volto con un pugno, non troppo violento, non voleva fargli davvero male, era stato più un gesto avventato.

Dazai si passò una mano sulla guancia dolorante e lo sguardo che rivolse all'altro metteva i brividi. Si fiondò su di lui, tirandogli un pugno a sua volta: "Ma che cazzo ti prende, sei impazzito?!" sbraitò.

"Ti sei servito di me e mi hai lasciato indietro!" lo accusò Chuuya, poi si scagliò contro di lui colpendolo alla pancia e facendo cadere a terra entrambi.

Continuarono a darsele di santa ragione rotolando sul pavimento, finché Chuuya non riuscì a rialzarsi prendendo l'altro per i capelli e tirandolo su, guadagnandosi, però, l'ennesimo pugno sul volto.

Stava per sferrargliene un altro di rimando, quando si sentì afferrare da dietro e si ritrovò bloccato, trattenuto per le braccia: Kouyou e Mori, attratti dalle urla e dal trambusto, erano intervenuti prontamente nel fermarli, e ora ognuno tratteneva il suo protetto. I due giovani respiravano velocemente per regolarizzare il battito cardiaco, accelerato a causa dello sforzo.

Fu Kouyou a parlare per prima: "Che vi è preso?! Guardate come vi siete ridotti!"

"Ha cominciato lui!" si giustificò Dazai.

"La causa sei tu e solo tu!" sbraitò Chuuya in risposta, cominciando a dimenarsi per liberarsi dalla presa.

"Silenzio!" tuonò la donna: "Non mi interessa chi ha cominciato, non cambia il fatto che arrivati a questo punto siete ridicoli!"

"Mi meraviglio di voi" aggiunse Mori.

Furono trascinati in infermeria a farsi medicare le molteplici ferite che si erano inflitti a vicenda. Erano seduti a debita distanza su due lettini diversi, costringendo l'infermiera a schizzare da un lato all'altro della stanza per potersi prendere cura di entrambi. Il silenzio era interrotto dai continui gemiti di dolore che emettevano ogni volta che un punto particolarmente dolorante veniva sfiorato. Una volta che ebbe finito di disinfettare le loro ferite, li lasciò soli: erano perfettamente in grado di tenere il ghiaccio premuto contro la guancia autonomamente.

"Quanto cazzo fa male" si lamentò ad alta voce Chuuya.

"Nemmeno dopo essermi allenato con Mori sentivo così tanto dolore" lo appoggiò l'altro.

Chuuya ridacchiò: "La prossima volta ci penserò due volte prima di prenderti a pugni" disse mentre l'ennesimo gemito uscì dalle sue labbra.

Dazai rimase in silenzio per alcuni secondi, poi disse: "E io ci penserò due volte prima di dirti certe cose.

Chuuya rimase colpito da quell'affermazione: si stava scusando con lui? Eppure sarebbe dovuto essere lui a chiedere perdono, ma allo stesso tempo fu felice di sentire che l'amico non era più così arrabbiato: "Credo di doverti delle scuse..." iniziò titubante, cercando le parole giuste. Dazai si voltò di colpo verso di lui incredulo, come a voler essere sicuro che quella scena fosse reale.

"Come dire..." continuò, il tono di voce che si faceva sempre più basso: "Io... ti ho detto cose orribili e ti ho accusato senza motivo, e..." esitò: "Ti chiedo scusa" riuscì a dire alla fine, con un filo di voce e continuando a dargli le spalle.

Dazai sbatté le palpebre un paio di volte, poi un sorrisetto dispettoso si fece strada sulla sua bocca: "Non credo di aver sentito bene" cinguettò.

Chuuya lo fulminò con lo sguardo, poi tornò a fissare il muro dal lato opposto, e a voce leggermente più alta ripeté: "Ti chiedo scusa."

"Continuo a non sentire" lo sfotté ancora l'altro.

"Ti chiedo scusa!" sbottò voltandosi di scatto verso l'amico, e ora che lo stava guardando, Dazai riuscì a notare il leggero rossore che gli copriva le guance.

"Oh, Chuuya si è scusato!" esclamò Dazai giulivo: "Questo  che passerà alla storia della Port Mafia, e non solo!" lo prese in giro. 

Il rosso sentì l'impulso di sferrargli un altro pugno, ma, per quella volta, decise di metterci una pietra sopra e andò a sedersi accanto al migliore amico appena ritrovato.

"Allora, amici come prima?" chiese Dazai tendendogli il mignolo.

Senza esitare Chuuya glielo strinse col suo: "Amici come prima."

 

 



 

Angolo autrici:

Chiediamo perdono per il capitolo più lungo del solito.
E ci tenevamo a precisare che quello con il mignolo non è un modo infantile di fare pace, ma i giapponesi, quando si fanno una promessa, se lo stringono, proprio come fanno i bambini qui in Italia, solo che loro lo usano a mo' di "croce sul cuore" :D
Alla prossima,
A&G

 

   
 
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