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Autore: Mick_ioamoikiwi    27/01/2017    0 recensioni
Las Vegas, tre anni dopo.
Le cose sono un po' cambiate per l'agente CSI Michelle Williams. Ora ha una nuova famiglia e, sopratutto, un lavoro importante. Tuttavia l'avvenire è molto più impegnativo di quanto sembri: un matrimonio meraviglioso ma forse solo in apparenza, il lavoro che continua ad accumularsi e quello che sembra essere l'omicidio di una prostituta faranno scoprire a Michelle quanto siano importanti gli amici.
Una nuova indagine tutta da scoprire.
[Sequel di "Viva Las Vegas"]
Genere: Fluff, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, David Hodges, Greg Sanders, Nick Stokes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'viva las vegas.'
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Capitolo 19
 
 
Greg aveva rinunciato ad entrare in camera ed era pressoché calato il silenzio in casa, l’unico rumore a smorzarlo era il ticchettio della pioggia sul vetro della finestra. «Credi che potremo parlare guardandoci in faccia, prima o poi?» Chiese lui ad un tratto, probabilmente si era seduto nella mia stessa posizione ma dall’altro lato della porta. Sospirai, ripensando a quello che avevo fatto: non gli avevo neanche lasciato il tempo di spiegarsi o di dirmi se aveva già pensato ad accettare oppure rifiutare l’offerta. In quel momento sentii il mio telefono squillare, lo cercai in tasca ma mi ricordai che lo avevo lasciato nella giacca, buttata malamente per terra vicino all’ingresso. Sentii Greg alzarsi per andare a rispondere, sentivo uno strano nodo allo stomaco che tentai di affievolire portando le ginocchia al petto. Dalla conversazione capii che era stata Sara a chiamarmi, forse voleva sapere se avevamo parlato. «No, si è chiusa in camera e non vuole uscire. Tranquilla, me la cavo io. Grazie.» Lo sentii dire, poi più niente, aveva chiuso la chiamata ed era tornato a sedersi dov’era prima. «Senti...» Iniziò. «...non ho ancora preso in considerazione fino in fondo l’idea di Russell. Sapevo che avresti reagito così, per questo ho aspettato a parlartene.»
Appoggiai il mento sulle ginocchia. «Non voglio ritrovarmi in mezzo a te e il lavoro, Greg.» Gli dissi. «Non voglio che tu sia costretto a scegliere tra me e Washington.» Ero sul punto di piangere mentre lui continuava a stare in silenzio. «Non posso e non voglio perderti, non ora.» 
«Non voglio abbandonarti, Michelle. Dopo ciò che hai passato, sarei un vero bastardo se ti lasciassi qui per andare a Washington.» Fece un sospiro. «Credo sia una decisione da prendere insieme.»
«No Greg, è una tua decisione... ma se tu volessi andare via sappi che io non verrei con te.» Dissi di getto, quasi per liberarmi da quel peso. Il nodo che avevo allo stomaco si fece sentire ancora di più, quasi a farmi venire la nausea. «So solo che in questi tre anni ho messo tutta me stessa per conquistarmi il ruolo che ho nella squadra, finalmente ho trovato il mio posto e non credo di essere pronta ad abbandonare tutto.» Cominciai a piangere, le lacrime scendevano calde lungo le guance.
«Lo so.» Disse lui, il suo tono di voce sembrava incrinato. «Per quanto possa valere, la mia idea iniziale era di tornare a casa il venerdì, dopotutto sarei a Las Vegas con qualche ora di volo...» Vista da quella prospettiva non sembrava neanche male come idea, ma c’era sempre tutto il Paese in mezzo. «E poi c’è Skype, possiamo vederci ogni sera.» Disse quasi per rassicurarmi.
«Quindi hai deciso di accettare?» Chiesi freddamente. Dovevo pensarci e ripensarci, ma non volevo convincermi che quella fosse la soluzione giusta.
«Non lo so ancora, sarebbe un’occasione da non perdere. In ogni caso posso provare e, se la cosa non dovesse funzionare, tornerei subito alla scientifica. Però...» Fece una pausa. «Questa è la mia grande occasione, e voglio che tu sia felice con me a Washington.» Disse. In quel momento non ci vidi più: non mi avrebbe portato via nessuna delle cose che mi ero costruita negli ultimi anni, non lo avrei permesso a nessuno, tantomeno a lui che avrebbe dovuto capire i miei sentimenti più di chiunque altro. «Las Vegas è casa mia, Greg. Non verrò con te dall’altra parte del Paese.»
«È anche casa mia! Diamine, pensi che per me sia facile?» Il suo tono era drasticamente cambiato. Se aveva voglia di litigare era il benvenuto.
«La verità è che pensi solo più a te stesso ultimamente, non sei più il ragazzo che ho conosciuto sulla Strip.»
«Forse perché io sono maturato, al contrario di te che sei rimasta la solita ragazza infantile di un tempo!» Disse quasi urlando. «A volte penso che non ci saremmo dovuti sposare. Avrei dovuto pensare di più al lavoro!»
«Quindi sono solo un impiccio per te? È questo che pensi adesso?»
«Michelle, per l’ennesima volta, smettila di fare la vittima.» Disse urlando.
«Non sto facendo la vittima!» Mi alzai in piedi e iniziai a camminare su e giù frettolosamente. «Ti sto solo spiegando le mie ragioni!»
«Le tue ragioni? Prima hai detto che ero io quello che pensava solo a se stesso ma tu stai facendo esattamente la stessa cosa. Vuoi obbligarmi a rinunciare a un’occasione importante per far contenta te stessa.»
Aveva maledettamente ragione ma il mio orgoglio non volle dargli ragione. «Anche tu mi stai chiedendo di rinunciare a tutto questo per seguirti!»
«Dio. Michelle, quando fai così penso di capire tuo padre! Aveva ragione a mandarti via.» Mi portai le mani alla bocca, come se avessi assistito ad una tragedia. Questa volta aveva esagerato. Aveva davvero esagerato, gli occhi mi si erano riempiti di lacrime e bruciavano come non mai, mentre il nodo che avevo allo stomaco si era stretto ancora di più, il respiro mi si bloccava all’altezza della gola per poi sbloccarsi in una serie di sonori singhiozzi. Feci una serie di profondi respiri per potermi calmare. Il sangue mi ribolliva nelle vene, lui sapeva cosa avevo passato e non aveva nessun diritto ad usare quella storia contro di me. Aprii la porta di getto, lui era davanti a me, immobile ma quando vide il dolore che stavo malamente nascondendo cambiò espressione. «Non intendevo dire quelle cose.» Disse.
Le lacrime continuavano a scendere, lasciandomi un segno scuro sulle guance. «Vattene Greg. Vattene a Washington se è questo che desideri.»
«Ti prego Michelle» Tentò di dire altro ma lo fermai alzando una mano. «Avresti dovuto pensarci prima di dirmi quelle parole. Non voglio essere d’ostacolo alla tua carriera quindi forse è meglio se ognuno va per la sua strada.» Raccolsi il telefono dal pavimento. «Scusami Greg, non pensavo che le cose stavano in questo modo. Ho bisogno di una boccata d’aria.» Presi le chiavi dell’auto intenta ad uscire ma mi fermai a metà corridoio girandomi a guardarlo ancora una volta: era rimasto fermo davanti alla porta della camera da letto, le spalle leggermente curvate in avanti, la testa che fissava un punto a metà tra la porta e il pavimento, il viso contratto in un’espressione di tristezza e di rammarico e i pugni, stretti fino a farsi venire le nocche bianche, indicavano che dentro di sé si sentiva in colpa. Nonostante tutto ciò che voleva farmi credere, sapevo che era rimasto il ragazzo solare di un tempo. Deglutii per andare via quell’ultimo sprazzo di singhiozzo che avevo in gola poi uscii dalla porta.
Salita in macchina mandai un messaggio a Sara con scritto che avevo bisogno di parlarle e che stavo andando da lei. Poco più tardi lasciai la macchina davanti complesso di case dove abitava. Quando le suonai il campanello non ero propriamente lì, o meglio, il mio corpo sì ma la testa era ancora a casa a litigare con Greg.
Mi aprì quasi subito, aveva addosso il pigiama. «Ehi, posso entrare?» Le chiesi. Mi aprì la porta per farmi entrare ma quando vide le righe rosse sul mio viso sgranò gli occhi. «Ma che è successo?» Chiese preoccupata. A stento trattenni le lacrime, poi Sara mi fece sedere sul divano. Mi portò una tazza di the appena fatto, probabilmente aveva in previsione di andare a dormire di lì a poco. Perfetto, adesso ho rovinato anche la mattinata a Sara, pensai. «Io credevo che Greg ti avesse parlato.» Disse lei quando si sedette accanto a me.
«Oh, abbiamo parlato. Diciamo che abbiamo urlato come facciamo di solito in queste situazioni.» Fissavo il mio riflesso al centro della tazza. «Stavolta però ha esagerato...» Le raccontai tutto quello che mi aveva detto, fino a quando aveva sostenuto che mio padre aveva fatto bene a cacciarmi dalla famiglia. Era rimasta scioccata. «Ti ha detto così?»
«Già. Io... io non voglio perderlo, Sara. E non voglio nemmeno perdere voi e il lavoro.» Dissi bevendo un sorso.
Sara fece lo stesso, poi si fermò un secondo a pensare. «Sai, Michelle, io ci sono già passata con Gil. Noi abbiamo fatto la stessa cosa e non ha funzionato, forse non ha mai funzionato in partenza tra noi due ma per te e Greg è diverso. Voi vi amate sul serio e io sono sicura che le cose potrebbero risolversi molto prima di quanto pensi.»
«Che vuoi dire?» Chiesi sorseggiando altro the.
Lei sorrise. «Conosco Greg fin troppo bene, è sempre stato un po’ l’ultimo del gruppo, i primi anni che veniva con noi sul campo gli facevamo fare le peggio cose e lui ha, come dire, risentito di questa cosa, quindi vede questa situazione come un modo per emergere nella squadra.» Posò la tazza sul tavolo, poi congiunse le mani sulle ginocchia. «Greg non è portato per il lavoro che gli ha proposto Russell, io penso che dovresti dargli la possibilità di andare a Washington per provare sulla sua pelle che quella non è la vita adatta a lui.»
«Tu dici?» Ripensai al Greg che conoscevo: lui era il classico topo di laboratorio, uno di quelli che ama stare con il camice addosso a trafficare tra provette e DNA, e non un nerd da computer. Sara forse aveva ragione, quello non era il lavoro adatto a Greg, dovevo lasciarlo provare. «Forse hai ragione.»  Le dissi ancora. «Però» feci una pausa, sentii di nuovo il nodo allo stomaco. «Non riesco a perdonarlo per ciò che mi ha detto... Mi ha fatto veramente male, oltretutto non mi sarei mai aspettata sentirmelo dire proprio da lui.»
«Lo so e per questo lo andrei a prendere a pugni.» Disse Sara con un sorriso che nascondeva molta cattiveria. «Il mio consiglio è di prendervi una pausa. Lascia che lui vada a Washington ad annoiarsi, ci prenderemo cura noi di te nel frattempo.» Disse sorridendomi. «Ora vai a casa, parlane con lui. Sono sicura che le cose si sistemeranno.»
Le sue parole mi rincuorarono, e ringraziai per aver trovato un’amica come lei.

 
   
 
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