Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Kitsunelulu    27/01/2017    2 recensioni
Kira Yoshikage è morto.
C'è un insolito dettaglio, tuttavia: lui non lo sa. E' finito in un posto sconosciuto, dove lentamente gli è sottratta la memoria. Deve combattere con tutte le sue forze per tenersi stretto la lucidità.
Riuscirà, alla fine di questo bizzarro soggiorno, a perseguire il suo sogno di una vita tranquilla?
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, introduco brevemente questo testo prima di lasciarvi alla lettura!
La vicenda è collocata a metà tra la fine di Diamond is unbreakable e l’inizio di Deadman’s question, in un ipotetico purgatorio attraverso il quale Kira è liberato dal suo passato. La sua punizione, come sappiamo, non è l’inferno, ma una condizione di vagabondaggio eterno senza possibilità di redenzione. Attraverso questo diario mi interrogo su un tema preciso: un uomo, privato della sua memoria, rimane ciò che è stato in passato? Le azioni che compie sono dettate dalla sua natura o da una serie di circostanze? Inoltre, rifletto sul dover scontare una pena senza sapere qual è stato il proprio peccato. Dev’essere terribile, secondo me.
Ma questo lascio deciderlo a voi! Buona lettura,
Lulu

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Ho visto cose orribili, spettacoli degni delle peggiori fantasie umane. A volte desidero profondamente di poterli considerare miei deliri. Ma sono così concreti, così tangibili da non lasciare il beneficio del dubbio. È la tetra realtà che mi circonda. Sono qui da tre giorni, e da tre giorni mi ripeto che non sono pazzo. Non sono pazzo, non lo sono. Sono lucido. Intorno a me è tutto reale. Bisogna aggrapparsi ai dettagli insignificanti per ricordare che non si sta vivendo solo un incubo passeggero: conto il numero dei respiri, controllo che i cornicioni della finestra siano sempre uguali, dello stesso sordido verde, mi assicuro che la lunghezza dei passi sia costante. E tornato nel mio letto, finalmente solo, vomito sulla carta di questo diario clandestino tutto ciò che ho visto e che ho fatto. E mi ripeto che non sono pazzo.
 
 Oggi ho deciso di registrare su questo diario la mia identità, poiché temo che l'obbiettivo di queste persone sconosciute sia quello di portarmela via. Mi chiamo Yoshikage Kira, ho 33 anni. Vivo nella città di Morio. Lavoro come impiegato in un ufficio. Ho un potere stand, Killer queen, anche se da qualche giorno è sparito. Confido nel suo ritorno per poter uscire di qui. Amo le passeggiate primaverili, svegliarmi presto e fare una ricca colazione, pettinare indietro i miei capelli biondi. Amo l'ordine e la tranquillità. Già, soprattutto la tranquillità, che qui è assente. Tutti urlano, o peggio, sussurrano continuamente parole incomprensibili.
 
 Il tarlo del dubbio si insinua tra le crepe della mia coscienza, che vacilla sotto l'effetto delle pillole. Non so cosa siano. Sono grandi pillole bianche. Quando mi è possibile le getto via nel bagno o giù dalla finestra, ma generalmente sono osservato finché non le ho mandate giù. Ho paura che di questo passo la terapia a cui sono designato agirà contrariamente alle previsioni: ammattirò, altro che guarire. Guarire da cosa, poi? Io non sono pazzo. Ero solo un uomo alla ricerca di una vita tranquilla. Sono quattordici giorni ormai che me lo ripeto, ed ho iniziato a trattare questa frase come una fede. Ho bisogno di crederci incondizionatamente per non lasciarmi andare. Io non sono pazzo. Amen.
 
 Ieri ho inciso la frase "Io non sono pazzo" sul bordo ligneo del letto. È il mio crocifisso. Ogni giorno ripeto tre volte la filastrocca prima di dormire, nella speranza di rimanere ancorato alla mia mente. Me la stanno portando via, lo sento ogni giorno più forte. Ho paura. Vorrei giocare a scacchi ma mi è vietato: coloro a cui è permesso non distinguono una pedina da una candela. Lo interpreto come un buon segno, anche loro sanno che non sono pazzo. Le unghie hanno smesso di crescere. Le ho addentate una dopo l'altra e tirate via pezzo dopo pezzo fino a sanguinare. Non ho più bisogno di previsioni sulla mia fortuna: quali previsioni si possono avere in un luogo come questo?! Nessuna speranza. Solo disperazione.
 
 Io, Kira Yoshikage, non sono pazzo. Non lo sono mai stato, anzi, la mia mente è sempre stata più lucida di quella altrui. Ho sempre calcolato esattamente il momento giusto in cui agire per non dare fastidio al prossimo. Ho assecondato la mia natura senza ledere la libertà altrui di definire terribili le mie azioni. Quale colpa ne ho io? La natura è sinistra, ed i criteri con cui agisce sfuggono all’uomo. Ha creato me, ed ha creato il senso comune.
 
Ieri, tornando in camera, mi sono accorto che il mio diario era sparito. Ero disperato: su di esso avevo registrato le prove della mia lucidità, prove inconfutabili e fondamentali per mantenere sveglia la mia coscienza. Ma soprattutto, senza un diario non avrei la possibilità di continuare a ripetere ogni giorno che non sono pazzo. Ogni giorno leggevo tutte le pagine precedenti, perché il tempo si allontana sempre di più da quei passati momenti di libertà ed ho bisogno di ricordarmene, per continuare a desiderarli. Il diario è tornato: l'ho trovato sul letto, tutte le vecchie pagine strappate. Ora è vuoto, bianco, come se fosse nuovo. Poco male, fino ad ora non ho perso la cognizione di me stesso. Posso ricominciare: io non sono pazzo.
 
Non c'è niente di buono in questo posto. Nulla, neanche un minimo dettaglio di positività riesce ad alleviare la mia sofferenza. Mi sembrano passati secoli dall'ultima volta che ho provato una sensazione piacevole. Inizio a dimenticare le piccole cose: lo sfrigolio delle uova sulla padella, il canto delle cicale estive, l'odore del ciliegio. Ma soprattutto, sto dimenticando cosa è l'ordine. Tutto è caos, qui. L'unico ordine che a fatica posso mantenere è quello nella mia mente.
 
Mi sono accorto di una realtà inquietante: il mio diario è sostituito ogni giorno, in modo che sia sempre nuovo. Non mi è dato registrare avvenimenti. Ma ciò che mi terrorizza più di tutto è che la mia memoria inizia ad accorciarsi fastidiosamente. Ripeto a me stesso ogni notte ciò che ricordo dei giorni passati, ed ogni giorno c'è qualcosa in meno nel mio resoconto. Si allunga del giorno presente, si accorcia di due giorni passati. E così facendo il ricordo del tempo della libertà sparisce dalla mia mente e con esso la speranza. Come sono finito in questo posto? Non ne ho idea. Ormai non ricordo nemmeno se l'ho mai saputo, o se è un altro dei ricordi bruciati nelle pillole. Per qualche tempo ho provato a vomitarle segretamente, ma un infermiere è sempre pronto a somministrarmene una nuova, non appena venga fuori dai luoghi privati. È come se sapessero, se mi osservassero perennemente, con delle telecamere invisibili.
 
Non c'è via di fuga. Ieri ho disegnato una dettagliata piantina di questo ospedale (o carcere, o manicomio, qualsiasi cosa esso sia). Me la sono disegnata sulla pelle, in modo che guardandomi allo specchio potessi osservarla chiaramente sul torace. Oggi, quando ho messo piede fuori dalla camera da letto con l'intento di perlustrare luoghi nuovi, la disposizione del corridoio era completamente diversa. E non solo del corridoio: tutte le stanze avevano cambiato posto, come se mai avessero avuto la disposizione da me disegnata. Ma come? Come è possibile che in una sola notte una struttura così grande cambi in modo così radicale? Forse sono stato trasferito in una sede nuova. Drogato, come di consuetudine, per rendere il mio sonno pesante quanto una coperta di metallo. E così conciato trascinato in una nuova stanza di una nuova struttura del tutto identica alla precedente, anche le incisioni sul letto e le macchie sui cornicioni, tutto tranne la disposizione delle camere e la forma dei corridoi. È possibile, giusto? Potrebbe essere. C'è qualcosa di impossibile in questo limbo? Io sono Yoshikage. E non sono pazzo. So con certezza di non avere le allucinazioni.
 
Stamattina sono stato in grado di ricordare un sogno. Per quanto io stesso ne sia sorpreso, considerando le mie condizioni attuali, non era un sogno spiacevole. C'era una donna, sono sicuro di conoscerla per qualche motivo, ma non ricordo quale. I suoi capelli rossi erano intrecciati e tenuti in alto, svelando il collo longilineo ed elegante. Indossava un maglioncino azzurro ed una gonna a pois, coperti da un grembiule da cucina. Sorrideva, anche se non mi è possibile ricostruire esattamente il suo volto. Probabilmente il sorriso che sto immaginando adesso è quello di qualche altra donna, ed il suo viso così ricostruito è un ibrido di tratti somatici di molte donne diverse del mio passato. Ciò che ricordo con sicurezza è che nel sogno pensassi fosse molto bella. Per un attimo la scena si era spostata sulle sue mani. Oh, che mani. Del color pesca delicato di un'alba estiva. Solo a guardarle ne percepivo la morbidezza e per una frazione di secondo le immaginavo stringersi intorno al mio collo. Poi, scivolare in basso, sul petto, superare delicatamente gli addominali e infine soffermarsi con un tocco divertito, quasi infantile, sul pube. Adesso quel pensiero mi possiede. Sognare è stata la cosa più bella che mi sia capitata negli ultimi tempi. Finché permarrà il ricordo del sogno, posso aggrapparmi ad esso per non dimenticare cosa sia il piacere.
 
Sto impazzendo. Dubbi assurdi si insinuano nella mia mente senza che possa farci nulla. La scorsa notte mi è stato impossibile dormire, per quanto non desiderassi altro. L’ho passata crucciandomi nel pensiero fisso di essere morto. Si, ho iniziato a crederlo. Questo luogo sigillato ermeticamente non permette né entrata né uscita. La sensibilità svanisce dai miei arti, la memoria scivola via dalla mente, goccia dopo goccia. Deve esserci un motivo: nessun tribunale dei diritti umani permetterebbe un trattamento simile, per quanto gravi possano essere le mie colpe. Sono finito all’inferno. Devo aver fatto cose terribili, in vita. Ciò che riesco a ricordare è il mio nome, Yoshikage, e che conducevo una vita tranquilla finché non ho ucciso delle persone. Ma chi ho ucciso? E perché l’ho fatto? E come? A pensarci adesso mi sembra impossibile. Mi sento l’essere più vulnerabile al mondo. L’unica spiegazione è che qualcosa mi è stato tolto, un tipo di energia particolare è stato tirato fuori dalla mia anima. Comunque, ora mi hanno reso un involucro e nient’altro, svuotato dall’interno della propria coscienza. Per convincermi di essere vivo mi infliggo dolore in ogni modo possibile. Tiro via a morsi le unghie per controllare che il sangue scorra nelle vene, mi schiaffeggio per testare la sensibilità della pelle. Tutto mi fa pensare di essere ancora vivo e vegeto. Tutto, tranne il fatto che mi trovo all’inferno.
 
Vacilla, la mia mente perfetta non esiste più. Ormai vedo volti sconosciuti apparire sulle facce anonime e tutte identiche degli infermieri, per poi sparire e tornare nel passato ormai perso. Sono le vittime che mi perseguitano? Non posso rispondere, perché non ricordo nulla ormai della mia vita precedente, assolutamente nulla, se non la mia colpa, ed il mio nome. Io, Yoshikage, sono un assassino. Lo facevo per divertimento, o era il mio lavoro? Me ne sono mai pentito?
Ormai desidero impazzire completamente, tanto da non rendermi conto di cosa mi succede intorno. Questo defluire lento della mia coscienza, che mi viene portata via senza fretta, mi sta consumando l’anima. Inizio a credere che i miei deliri di morte possano avere un fondamento. Mi lasceranno in questo stato d’agonia per l’eternità? Di quale crimine un uomo debole come me si è potuto macchiare, per meritare questo? Il non sapere mi uccide ogni giorno di più. Se ricordassi che pena sto scontando, probabilmente lo farei con più zelo, mi arrenderei ad essa prendendo atto delle mie terribili azioni. Ma nella mia testa non vi è che innocenza, e dolore. Ad uccidere è stato uno Yoshikage che non sono più io.
 
Stanotte ho fatto un sogno piacevole. Le mani di una donna bellissima mi scivolavano sul corpo, lentamente,  prendendosi gioco del mio desiderio. Mi aggrappo a quel sogno e proseguo con la fantasia. Un fremito d’eccitazione mi percorre la spina dorsale, risvegliando un desiderio per il piacere che si era assopito ormai da tempo. Desidero il loro calore, che mi sfiorino il corpo appena, poi afferrando il mio membro con decisione. Desidero l’attrito della pelle liscia sulla mia. Desidero baciarle, accarezzarle, stringerle. Ah, ripensandoci adesso, non provo meno attrazione. Il sogno di quelle mani è l’ultima nota di piacere che mi è rimasta. Ma quando qualche minuto dopo, chiuso a chiave il bagno, mi accingo a toccarmi con febbrile impazienza, ecco che tutto si fa buio improvvisamente. Un buio mentale, che non deriva da assenza di stimoli visivi. Quando apro gli occhi sono nel mio letto, ed il ricordo di quelle mani si è fatto sbiadito, indefinito. Non sento più alcun impulso, il calore che mi pervadeva dalla cinta in giù si è ormai fatto asettica indifferenza. Sono bloccato in questa condizione di sofferenza. Non mi è dato nemmeno di ricordare cosa sia il più infimo e miserabile piacere carnale.
 
Ci siamo, domani avrò delle risposte: mi è stato consegnato da uno dei soliti infermieri tutti identici un biglietto con su scritto
“Domani avverrà la liberazione del sig. Yoshikage Kira”.
Aspetterò cercando di ricostruire la mia vita passata come un mosaico, con i pezzi che sono rimasti a mia disposizione. Ma presto mi accorgo che non è possibile costruire un mosaico se si posseggono solo due tasselli. Si, solo due informazioni sono rimaste nella memoria: il mio nome è Yoshikage Kira, ero un assassino. Cosa ne sarà di me quando uscirò da questo posto? Non ne ho idea, non appartengo più ad alcun luogo. Non so se c’è qualcuno ad aspettarmi oltre la parete di cemento senza porte. Ma anche essere solo al mondo e senza alcun posto dove andare è meglio che rimanere in questo inferno. Sono eccitato al pensiero di essere rilasciato, troppo eccitato. Devo calmarmi. Quanto tempo è passato da quando sono arrivato? Non posso saperlo, non esiste il tempo in questo luogo. Il tempo che mi è dato registrare si limita a pochi giorni fa. Potrebbero essere anni, o mesi. Se fossi morto, potrebbero essere secoli. Non posso neanche valutarlo in base ai cambiamenti del mio aspetto, perché non ci sono specchi in questo posto, né superfici riflettenti di qualsiasi tipo. Non ho la minima idea di quale sia il mio volto. L’idea che domani potrei scoprirlo mi terrorizza e mi eccita contemporaneamente.
Non riesco ad assopirmi. Sono stanco fisicamente, ma la mia mente sta lavorando troppo nella formulazione di ipotesi e previsioni. Tutte basate sul nulla, ma è piacevole anche solo immaginare.
Ho nascosto la piccola matita con cui scrivo ed una pagina di diario vuota nella tasca interna della mia camicia. Li porterò con me.
A domani, diario. Nella speranza che sia un grande giorno.
 
Il mio nome è Yoshikage Kira. Sono un uomo, e sono morto. Di me non so altro. Sono uno spirito vagante per il mondo alla ricerca di tranquillità. Tranquillità che non potrò mai ottenere: tutto, nella mia esistenza, è tormento. Non posso rimanere per troppo tempo nello stesso posto. Non mi è possibile il contatto con ciò che è tangibile. Ormai ho dimenticato cosa si prova ad ascoltare la propria musica preferita, a contemplare la bellezza di un quadro, o la bellezza di una donna. Nulla è in grado di muovere il vuoto che ho dentro. Non ho idea di cosa fossi in vita, anche se sono in grado di comprendere che il mio vagabondare senza meta nella condizione di spirito sia la punizione per qualche grave peccato. Una meritata punizione. Così crudele da non lasciarmi il ricordo di ciò che l’ha provocata.
Sono Yoshikage Kira, uno spirito, e sto scontando la pena dell’uomo che ha vissuto con il mio nome.
Tutto ciò che desidero è un’esistenza tranquilla. 
   
 
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