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Autore: Dangerous_Mind    28/01/2017    1 recensioni
"Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo.
Ti aspetterò laggiù”.
La meravigliosa storia d'amore fra la Regina Anna e D'Artagnan vista con gli occhi di lei.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO DICIASSETTESIMO

 
«E’ meglio che io non ceni stasera. Rimetterei anche quella.»
Brigitte annuì mentre faceva cenno di andar via all’inserviente che annunciava la cena.
«E’ normale nelle vostre condizioni, Altezza.»
«Già.» Anna storse le labbra e guardò fuori. Non aveva ricevuto nessuna visita nonostante molti dei partecipanti al banchetto del giorno precedente fossero rimasti alla Reggia. Neppure D’Artagnan si era degnato di farsi vedere.
«Brigitte, credi che Madame de Chevreuse se la sia presa per qualche motivo? Non mi pare di essere stata scortese con lei. Anzi.»
«Non saprei Maestà, davvero. Le avete detto qualcosa che avrebbe potuto fraintendere?»
«Hm no, insomma, direi di no.» Anna percorse mentalmente e per l’ennesima volta la serata precedente e, ancora una volta, giunse alla conclusione che non era stato detto nulla che la Chevreuse avesse potuto interpretare come un’offesa.
Anna si infilò le scarpe e si avvolse in un ampio scialle scuro. Non aveva intenzione di passare la sera a sentirsi in colpa o ad arrovellarsi il cervello per cercare di decifrare il criptico comportamento altrui.
«Vado a parlarle»
Brigitte, nonostante fosse poco concorde, le trotterellò dietro.
Era estate, certo, ma quella sera l’aria era abbastanza umida. Nel discendere ai pieni inferiori, Anna sentì un brivido percorrerle la schiena e si strinse nel suo scialle.
La Chevreuse non era a cena, non era in terrazza e nemmeno sul patio con le altre dame di corte. Anna non fece in tempo a raggiungere il giardino -posto dove sarebbe potuta essere- che fu avvicinata dal Duca di Chevreuse palesemente agitato.
«Maestà, avete un minuto?»
«Duca! Ma certo, stavo giusto cercando vostra moglie!» Anna era confusa e, a dire il vero, anche un po’ spaventata.
«E’ successa una cosa terribile, Maestà.»
Ad Anna si annodò lo stomaco.
«Cosa-cosa è accaduto, Duca?»
Il Duca di Chevreuse, quasi alle lacrime, si stava torcendo le mani dalla disperazione.
«Mia moglie sta male!»
Il cuore di Anna perse un battito. Cosa stava succedendo? 
 


Due ore Prima

«Do’ solo un’occhiata Athos, te lo prometto.»
«Non voglio neppure ricordarti cosa ci è accaduto l’ultima volta che hai detto così, Charles. Vai se vuoi andare. Ti coprirò ma non ti seguirò.»
«Molto bene.»
«Charles!»
«Sì?»
«Non farti coinvolgere.»

D’Artagnan, seppur non era riuscito a convincere Athos ad essere suo complice, era comunque riuscito ad ottenere il suo silenzio.
Il moschettiere, con l’autorità del suo nuovo grado militare, era riuscito a penetrare fino agli alloggi degli ospiti e fino alla camera in cui era morta la Hautefort. Era certo che, seppur pulita e riordinata dalla servitù, la stanza avrebbe potuto suggerirgli qualcosa.
C’era un bel divano di seta rossa, alcuni pouf, un grande tappeto ed uno specchio enorme. In un angolo, una serie di elegantissimi vestiti da donna con relativi accessori erano impilati in grosse scatole multicolore conservate in un enorme armadio di vetro e legno.
Ispezionò prima il tavolino da tè, poi controllò sotto al divano e nelle pieghe dei cuscini; poi esaminò lo specchio, il suo retro e le fessure della cornice; infine diede un’occhiata sotto il tappeto e dietro i quadri.
Non c’era nulla. 
Era deluso ed anche un po’ contrariato perché, se gli avessero concesso di esaminare la stanza prima che venisse rassettata, probabilmente sarebbe riuscito a trovare qualcosa di interessante. Era tutta colpa del vecchio Trèville!   
Decise che sarebbe andato via.
Nell’aprire la porta si trovò a dover evitare l’impatto con una donna sconosciuta. Era piccolina, magra e molto elegante. Di sicuro non era della servitù. Si guardarono spaventati e trattennero il fiato come se ognuno avesse colto l’altro in flagranza di reato.
«C-chi siete?» chiese lei mentre provava a ricomporsi in un aristocratico contegno.
Al moschettiere non fu difficile controllare il panico perché aveva già valutato la possibilità di finire nei guai o comunque di incontrare qualcuno.
«Io sono D’Artagnan, tenente dei Moschettieri del Re.» Mostrare sicurezza era l’unico modo per apparire insospettabile. La divisa ed il suo grado avrebbero dovuto schermarlo da ogni domanda riguardante la sua presenza in una stanza il cui accesso era stato perentoriamente proibito. Sperava che lei non sapesse che Tréville aveva vietato le indagini altrimenti ogni buon proposito sarebbe saltato.
«Ah, un moschettiere, finalmente!» La donna si posò una mano sul petto e sospirò: sembrava essersi tranquillizzata. «Vi prego tenente, non restiamo qui, entriamo.»
D’Artagnan eseguì anche perché era certo non fosse molto saggio rimanere lì nel corridoio, alla vista di chiunque. Tuttavia pensò che non fosse un’idea troppo brillante rischiare di essere sorpreso da solo con una donna, per di più nobile, in una stanza proibita nel cuore della Reggia. 
«Ma'am, io…»
«Siete qui per l’omicidio della Hautefort?» La Chevreuse non usò mezzi termini per palesare la sua conoscenza dei fatti, perché avrebbe dovuto? Era un’ospite e, seppur fosse stata scoperta, al massimo sarebbe stata allontanata con un richiamo. Per lei era solo un divertente passatempo, un modo come un alto per sentire il brivido del proibito. Situazione diversa per D’Artagnan, lui rischiava decisamente di più.
Ad ogni modo, a D’artagnan non quadravano parecchie cose. Perché una sconosciuta, seppur nobile, sapeva che c’era stato un omicidio? Probabilmente al ricevimento qualcuno avuto la lingua lunga. E perché se ne interessava? Ma, ancora più importante, perché si era recata in prima persona sulla scena del crimine?
«Voi chi siete, madame?»
Il moschettiere non era solito essere così sfacciato, non avrebbe mai osato porre simili domande ma la situazione sfavorevole per entrambi lo richiedeva.
«Sono Marie de Rohan, mademoiselle de Chevreuse.Molto lieta, tenente. Ma non mi avete risposto. Siete qui per indagare sull’omicidio Da quando aveva chiuso la porta, la donna era diventata molto più sicura di sé. Iniziò a frugare fra le pieghe del divano, sotto al tavolino, tastò i parati ed ispezionò lo specchio. Il moschettiere si accomodò su uno dei pouf perché sapeva che, se non aveva trovato nulla lui, difficilmente lei avrebbe fatto di meglio.
«In verità no, madame.»
Madame de Chavreus si era infilata nell’armadio ed aveva cominciato a frugare fra la montagna di abiti che erano appartenuti alla Hautefort e che ora giacevano inermi ed inutilizzati.
«Che puzza qui dentro!»
D’Artagnan trovava il comportamento della Chevreuse decisamente singolare per una donna di quel rango. Sembra una ragazzina viziata, pensò.   
«Voi, piuttosto? Non che io voglia farmi gli affari vostri, madame, ma perché siete…- cosa succede?» Un tonfo interruppe il moschettiere e lo costrinse a voltarsi verso l’armadio ove la donna stava ancora frugando fra gli abiti della defunta.
«Vi prego tenente, venite!»
D’Artagnan fu immediatamente lì mentre la Chevreuse indietreggiava fino a scivolare contro la parete più vicina. Era spaventata a morte, pallida come un cencio, sudava freddo e respirava a ritmo incalzante.
«Cosa…? State bene?»
«L’armadio. L’armadio, Tenente!»
Cosa diavolo c’era lì dentro? Il moschettiere si avvicinò con cautela, scostò alcuni capi ma non vide nulla. Non c’era sangue, non c’era niente che si muovesse, solo strati di stoffa gettata alla rinfusa e l’odore di chissà quale assurdo deodorante ad impestare l’aria. Si avvicinò di più, osservò le ante, ispezionò il fondo e, ancora una volta, gli parve di non notare nulla di insolito.
«Qui non c’è niente.»
Si voltò verso la Chevreuse che ora giaceva inerte, rannicchiata sul pavimento, bianca e immobile.
«Madame?»
Tutto gli fu chiaro in meno di un secondo. La comprensione gli si spalancò dinnanzi agli occhi limpida e cristallina mentre si accasciava anche lui al suolo. Le gambe non lo reggevano, il cuore gli martellava in petto e la vista s’era chiazzata di nero. Boccheggiava come un pesce appena pescato mentre quell’odore continuava a pungergli le narici e ad irritargli la gola. Sentiva il suo torace stringersi e la testa gonfiarsi. Stava morendo. 

 


«Io gliel’avevo detto. Lo avevo avvisato di non immischiarsi!» Athos non aveva la minima intenzione di abbassare la voce. Camminava avanti e indietro per la stanza ma, per gli occhi ancora deboli di D’Artagnan, non rappresentava altro che un’ombra.
«Io…h…c…to»
«Cosa?» Aramis, che si adoperava per inumidire la fronte dell’amico con uno straccio bagnato, si avvicinò per sentire meglio.
«Zitto, Athos!! Charles, ripeti, cos’hai detto?»
Athos, Porthos e Aramis si piegarono sull’amico con le orecchie aguzzate.
«Ho…ca..capito…»
«Ha detto “ho capito”»
Confermò Porthos.
«Abbiamo sentito anche noi, Porthos.» Commentò ironico Aramis. Athos roteò gli occhi al cielo e sbuffò.
D’Artagnan non aveva la più pallida idea di quanto tempo fosse passato, s’era giorno o se era notte, se accanto a lui c’era ancora qualcuno o era solo. Fatto sta che, quando finalmente prese di nuovo coscienza, lo fece con la consapevolezza di aver appena ripercorso ed elaborato quanto accaduto.
«Ho capito! Ho capito tutto!»
Si tirò su fino a sedersi al centro del letto. Era nudo e madido di sudore, tuttavia si sentiva discretamente bene.
Aramis era lì e pareva essere stato appena svegliato dall’improvviso rinsavire dell’amico. Di Porthos e Athos non c’era traccia.
«Stai fermo Charles, non sei ancora nelle condizioni di alzarti.»
«Aramis, so come è stata uccisa la Hautefort e probabilmente so anche chi è stato!»

L’eccitazione per quell’illuminazione gli conferì l’energia per scendere dal letto e fiondarsi alla sedia dove erano stati impilati i suoi indumenti. Aramis non lo fermò, sapeva che sarebbe stato inutile.
«Dici sul serio?»
«Sì, devo parlarne con Trèville!»

«Oh, se fossi in te non mi farei vedere da Trèville. Ha saputo che eri nella stanza della Hautefort senza la sua autorizzazione ed è furente.»
D’Artagnan rallentò.
«Come sta Madame de Chevreuse?»
«Si riprenderà anche lei. Siete stati fortunati entrambi. Perché eravate insieme?»
«Lascia stare.» Abbottonò la casacca, strinse la cinta alla vita e chiuse la spilla che gli legava il mantello alle spalle. Ecco, era pronto ad andare.
«D’Artagnan»
«Cosa c’è Aramis?»

« Trèville, in questa storia, non è nostro amico.»
Si guardarono per qualche secondo e infine D’Artagnan annuì.
C’era una sola persona con cui poteva parlare e doveva farlo anche in fretta. Sapeva che la scure di Trèville stava per abbattersi su di lui.  
  
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