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Autore: Ehiitssammy    28/01/2017    1 recensioni
Durante la Seconda Guerra Mondiale ogni crudeltà è concessa, ogni cosa che il nazismo non permette viene puntito.
Nel campo di concentramento di Hinzert, nell'ovest della Germania, le regole sono molto severe.
Adeline, figlia di un generale delle SS, cerca comunque di alleviare la pena degli ebrei deportati con piccole gentilezze e gesta di umanità che ridonano la speranza a persone che non sanno ormai quanto potranno vivere. Con il suo fascino umile conquista il giovane Eden, figlio di ebreo componente della servitù del padre.
Il rapporto che nasce è già destinato a morire in principio, ma la passione che unisce i due ragazzi va oltre la carne, passione che il padre di Adeline non potrà trattenere.
Genere: Angst, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Olocausto
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Seduta sul sedile imbottito, Adeline guardava fuori dal finestrino e osservava case, fienili e boschi che scorrevano sotto i suoi occhi, mentre, la macchina su cui viaggiava, avanzava verso la meta. Se fosse stata vista lì seduta, con quella struttura squadrata, la fronte ampia e i capelli di un colore biondo scuro che le cadevano sulle spalle, sarebbe stata presa per una ragazza solida ed affidabile e si avrebbe avuto ragione. A un certo punto Adeline cominciò a saltellare impaziente sul sedile. "Ma quando sarebbero arrivati a destinazione?" Pensava osservando l'acqua di un lago che costeggiava la strada: come uno specchio rifletteva il cielo limpido e gli alberi che si sporgevano per sfiorare il pelo dell'acqua. La piccola automobile prese una buca e Adeline rimbalzò sul suo posto tenendo la borsa di pelle marrone. -Mi perdoni, fräulein Weissberger.- Disse l'autista dal posto davanti, sempre composto, non si voltò nemmeno. Lei era abituata a farsi trattare con rispetto, ma il rispetto non è sinonimo di freddezza. Senza dire niente riposò lo sguardo sul campanile del piccolo paesino oltre la distesa d'acqua. Tante piccole casette bianche col tetto spiovente erano poste intorno ad esso fino a tornare un minuscolo centro urbano. La ragazza pensò a quanto fosse bello quel posto, provò ad imprimerlo come una macchina fotografica fa sulla pellicola. Voleva avere in mente qualcosa di bello prima del suo arrivo alla casa di suo padre. Non che odiasse suo padre, il generale Weissberger, anzi, ma odiava il posto in cui stava andando. Poco tempo prima aveva deciso di trasferirsi per abitare vicino al campo, finchè lei si trovava in Inghilterra. Adeline non ne sapeva nulla, e forse era meglio così. La macchina si fermò, riscuotendola dai suoi pensieri. -Siamo arrivati.- L'autista scese per  portare i bagagli in casa. Adeline fissò un attimo la struttura: era una piccola villetta di color mattone, dei roseti sotto le finestre del piano terra e degli imponenti gradini di marmo bianco per raggiungere l'entrata. Una nuvoletta di fumo si elevava dalla canna fumaria, a qualche chilometro più lontano se ne stagliava un'altra più scura ad accompagnare la prima. Appena entrata in casa notò che c'era un gran silenzio. La giovane pensò che non fosse normale. Si diresse verso la cucina e lì notò un ometto seduto su uno sgabello a pelare le patate; era vestito con degli abiti, strappati in vari punti, a righe. -Ciao...- Azzardò la ragazza prima che l'uomo si alzasse facendo cadere a terra lo sgabello ed inchinandosi con un'espressione come avesse appena visto il diavolo. -B-buongiorno signorina...-. Adeline gli sorrise -Vuoi una mano?-. Sembrava in tranche e, per quanto possibile, si spaventò ancor di più. -Oh no vi prego Signorina, mi-mi puniranno.- Balbettò risedendosi prima che il fratello di Adeline si precipitasse in cucina. -Eccoti!- Disse guardando la sorella senza nemmeno aver notato l'uomo -Vieni, mamma e papà ti stanno aspettando di là, in soggiorno.-. Adeline rivolse un cenno di saluto con la testa all'uomo che, come risposta, continuò a pelare la sua patata molto interessato. Sua madre la raggiunse non appena varcò la porta dell'ampia stanza -Adeline, tesoro!-Esclamò la donna contenta abbracciandola. -Buongiorno madre.- Salutò lei senza nemmeno alzare le braccia per ricambiare. Quando la donna si staccò dal gesto di affetto, Adeline notò anche il padre su uno dei divani di velluto verde e oro. Abbassò il capo e fece una piccola riverenza -Salve padre.-. L'uomo se ne stava seduto con la schiena appoggiata allo schienale con in mano un giornale molto grande  che lo copriva praticamente del tutto. Udito il saluto della figlia ripiegò le pagine e le sistemò in un angolo tra sua gamba e il bracciolo. -Adeline.- Disse semplicemente suo padre con tono distaccato come se nemmeno avessero un rapporto di parentela. Adeline detestava quando usava gli stessi atteggiamenti in casa come con i suoi uomini. Non si vedevano da settimane e quella era l'unica cosa che aveva da dire? La madre notò un evidente tensione tra i due, quindi invitò Adeline gentilmente a sedersi sulla poltrona. Poi la donna aggiunse: -Perché non ci racconti del tuo viaggio? È andato tutto bene?- -Sì, dicci che cosa hai fatto!- Aggiunse il fratello. Adeline raccontò tutto quello che aveva visto a Berlino, tutti i luoghi dove era stata e i suoi acquisti nella capitale. -Hai percaso visto il Fürer?- Chiese suo padre senza distaccare gli occhi dalle notizie in bianco e nero, evidentemente più interessanti. Adeline fissò i capelli color mogano ben tirati dell'uomo, unica parte intravedibile della testa. Poi scosse il capo: -No... Non mi pare.- Disse più che altro non interessata veramente a intraprendere quella conversazione. Il padre ammirava molto il capo della nazione e gli era molto fedele, ma lei pensava che fosse un uomo spregevole e non poteva esprimerlo o avrebbe perso per sempre i contatti con la sua famiglia. Una persona entrò silenziosamente nella stanza: era un uomo vestito in un completo grigio con dei guanti bianchi, la divisa del personale, che reggeva un vassoio da cui saliva del vapore. Reggendo con un braccio quest'ultimo, posò sul tavolo quattro tazzine e vi versò del tè bollente. -Buon pomeriggio fräulein, quanto zucchero desidera?- Domandò l'uomo rivolto ad Adeline. Lei lo fissò ancora in trance dalla conversazione appena avuta con i genitori -Ehm...- La ragazza si era resa conto di non aver dato una risposta articolata. -mi perdoni.- Si riscosse mettendosi un ciuffo ribelle dietro l'orecchio -Due cucchiaini, grazie mille.-. L'uomo obbedì impassibile e andò avanti a servire gli altri membri della famiglia. -Chiama i musicisti. Vorrei un po' di atomsfera.- Ordinò la madre avendo notato il silenzio creatosi. L'uomo abbandonò il locale e pochi minuti dopo entrarono cinque nuove presenze, alcuni reggevano degli strumenti, e si sistemarono nell'angolo della sala creato per un piccolo insieme. Si sistemarono, tutti nelle loro postazioni: due violini, un flauto traverso, un violoncello e un ragazzo, molto più giovane degli altri al pianoforte. Aveva i capelli castani, quasi neri, ricci e la pelle abbastanza chiara, magro ma in forma. Anch'egli aveva il completo della servitù. Si sedette alla panca del pianoforte sistemandosi i vestiti perché non gli fossero di intralcio. Schioccò le dita per poi posarle sui tasti aspettando di partire. Con la coda dell'occhio guardò Adeline, che, solo in quel momento si era resa conto di fissarlo e distolse immediatamente lo sguardo imbarazzata. La musica cominciò: Lacrimosa di Wolfgang Amadeus Mozart. Afferrò la tazzina con il tè ancora fumante e si immerse nel liquido profumato, lasciandosi riempire i polmoni dall'aroma speziato. Mandò giù un sorso, ma posò subito il piccolo recipiente, facendolo tintinnare sul piattino, e si portò una mano davanti alla bocca. Il tè era troppo e si era scottata. -Tesoro, stai bene?- Chiese sua madre preoccupata -Portatele un tovagliolo!- -Non preoccupatevi madre, sto bene.-Sentenziò la ragazza -Sono un po' distratta.- Il fratello rise -Sei sempre la mia solita, imbranata sorellina.- Adeline ridacchiò e sua madre sorrise. -Concordo. Se fossi meno maldestra non ti saresti bruciata.- Constatò duramente suo padre ancora trovando l'inchiostro più interessante della riunione di famiglia. La ragazza restò leggermente ferita dalle quelle parole pronunciate con quel tono freddo. -Vado a sistemarmi nella mia stanza.-Annunciò la ragazza alzandosi ed incamminandosi verso l'uscio. Quando fu sulle scale si rese conto che non aveva la minima idea di dove fosse la sua stanza nella nuova casa.
   
 
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