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Autore: Snow Rain    28/01/2017    3 recensioni
[William e Noora]
Lui ama lei e lei ama lui.
Sono la cura l'uno dell'altro.
Ma è difficile guarire quando continuano ad aprirsi nuove ferite.
[What if... Questa fanfiction non tiene conto degli avvenimenti riguardanti William e Noora della terza stagione, quindi la loro storia viene ripresa dalla 2x12 e loro non sono mai partiti per Londra, sebbene gli eventi legati agli altri personaggi rimangano invariati].
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, finalmente riesco a pubblicare il nuovo capitolo. Purtroppo la sessione esami non mi dà tregua, in più questo capitolo è stato bello tosto da scrivere. Anticipo che è un capitolo di passaggio (quante volte ho già usato la parola capitolo?), ma necessario per chiudere la parte introduttiva della storia, infatti è un po' più lungo degli altri. Era indispensabile che i nostri due ragazzuoli mettessero bene in chiaro delle cose tra di loro, per essere pronti a quello che avverrà da qui in poi. Spero che non vi annoi, perché a me è piaciuto tantissimo scriverlo, mi ha aiutato ad entrare un po' di più nei personaggi.

La smetto con i miei sproloqui e vi lascio alla lettura.

Grazie per essere qui. :)

Capitolo 3. Certain Things [James Arthur]


28 Giugno 2016


Quel martedì William e Noora si alzarono presto, nonostante non avessero nessun impegno. Volevano godersi gli ultimi giorni che li separavano da quel tribunale che avrebbe deciso che cosa ne sarebbe stato delle loro vite per i prossimi mesi. Se fosse stato condannato – ed era molto probabile che ciò avvenisse, anche se non severamente –, William avrebbe portato il segno indelebile di quella vicenda per tutta la vita.

Entrambi ebbero l'idea di tornare ad Ekeberg per approfittare del panorama offerto dalla loro splendida città dall'alto e sedersi di nuovo su quella panchina alla luce del sole, senza la tensione e le barriere dell'ultima volta in cui ci erano stati.

Per un po' oziarono in silenzio, appagati dalla reciproca compagnia e dal tepore del sole. Noora era così rilassata che stava per addormentarsi appoggiata a William, quando lui decise che era arrivato il momento di mettere in chiaro esplicitamente tutto il necessario perché potessero far fronte a ciò che sarebbe venuto da lì in poi.

“Quando ci siamo messi insieme... ero già innamorato di te”, esordì, in tono incerto. Aprirsi in quel modo così diretto non era nelle sue corde, ma sapeva che lei aveva bisogno di sentirsi dire quelle cose, e voleva che non avesse assolutamente alcun dubbio su quanto di se stesso stesse investendo nella loro relazione.

Noora si scostò per guardarlo in faccia, temendo di non aver sentito bene. “Eh?”.

William inspirò ed espirò lentamente, cercando il coraggio di fare quell'ultimo passo che lo avrebbe messo completamente a nudo. Le prese una mano e intrecciò le dita alle sue, per avere qualcosa di concreto a cui aggrapparsi. “Quel giorno, quando sono venuto a prendere Vilde da Eva e tu hai inventato quella scusa per sua madre, non so che cosa mi sia successo. La mattina dopo ho cercato il tuo profilo su Facebook e da lì sono riuscito ad avere qualche notizia su di te. Qualche tuo amico spagnolo ha menzionato il tuo secondo nome in un commento ad una vecchia foto profilo. Amalie, come mia sorella. Non ci potevo credere”. Scosse la testa, ancora incredulo.

“Già... Amalie, come la mia nonna materna”. Sorrise, perché quando aveva saputo da Mari di Amalie, anche lei non aveva potuto fare a meno di notare la coincidenza.

“Non riuscivo a togliermi quel dettaglio dalla testa”, aggiunse lui.

“Ma è soltanto un nome, William”.

“Sì, è vero. Penso che fosse un modo di metabolizzare quello che sentivo, perché all'inizio non riuscivo ad accettarlo”, ammise.

“Eppure hai cercato il mio numero di cellulare e hai iniziato a scrivermi”, gli ricordò.

William rise divertito al ricordo del momento in cui aveva deciso di farsi avanti. “Quello è successo dopo che ti ho vista tirare fuori le unghie per difendere Vilde. La biondina più carina della scuola, quella che odiava attirare l'attenzione su di sé, per la seconda volta si stava esponendo per il bene di una sua amica. A scuola non sono molte le persone che si sarebbero messe contro di me, lo sappiamo entrambi”.

“Oh, perché William Magnusson è così figo”, scherzò lei, scimmiottando un'espressione di ammirazione.

Lui si fece serio. Era stato toccato un nervo scoperto. “Non mi ci sono messo io, in quella posizione, Noora”.

“In parte hai ragione, ma ci hai sguazzato parecchio da quello che ho visto. Le ragazze non aspettavano altro che ricevere cinque minuti delle tue attenzioni, mentre i ragazzi ti vedevano come il loro leader, e a te stava bene così”, gli rispose lei, con la sua stessa serietà. Parlare di quell'argomento le ricordava tutti i motivi per cui aveva pensato che fosse una pessima idea lasciarsi coinvolgere da lui. Quando aveva realizzato di provare dei sentimenti per l'unico ragazzo per cui credeva che non avrebbe dovuto, si era sentita quasi intrappolata, sconfitta. D'altro canto, lui adesso voleva spiegare quella parte di sé fino in fondo, e Noora lo avrebbe ascoltato.

“È comodo essere considerati in quel modo, quando hai un carattere come il mio. Tu puoi tenere d'occhio tutti, ma quasi nessuno riesce ad avvicinarti veramente”, le fece notare.

“Lo so. Devi esserti sentito così solo...”. Se lei aveva una certezza, era quella. William non aveva fatto altro che circondarsi di vuoto e solitudine, con la sola eccezione dei suoi amici, a cui aveva voluto bene in una sua maniera personale, ossia tenendoli lontani dalla propria anima, ma avendo cura della loro.

Lui rimase in silenzio per qualche istante, stringendo i denti per non dare a vedere il dolore che portava con sé quell'affermazione.

“Comunque, in quel momento ho voluto convincermi che sarebbe stato divertente provare a conquistarti, ma in realtà sapevo benissimo che mi era scattato dentro qualcosa che non potevo ignorare. I miei amici non riuscivano a credere che te l'avessi fatta passare liscia, ma non ero stato in grado di dirti nulla. Mi faceva sorridere il tuo modo schietto di dire esattamente quello che pensavi, però ho capito subito che quella parte di te veniva fuori soltanto quando non eri il soggetto della conversazione. Avrei dovuto sentirmi offeso, e invece continuavo a pensare ai tuoi occhi puntati nei miei, senza vacillare nemmeno per un secondo, mentre mi davi del frustrato”.

Noora abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per aver calpestato i suoi sentimenti nello stesso modo in cui lui aveva fatto con quelli di Vilde. William aveva avuto ragione a dirle che non era stata più corretta di lui. “Quel giorno mi sembravano le cose giuste da dire, adesso invece credo di non essere stata migliore di te”.

William le sollevò il mento e puntò gli occhi nei suoi. “La differenza è che tu stavi difendendo Vilde e le tue convinzioni, io cercavo il modo più veloce di far allontanare la tua amica da me”.

Non la convinse del tutto, ma lei lasciò cadere la questione. Ciò che le premeva capire ora era altro.

“Perché mi stai dicendo queste cose proprio adesso, William?”

“Perché devi sapere senza alcun dubbio che qualunque sarà la sentenza fra due giorni, tu rimarrai la mia priorità. Ho capito che lo eri nel momento in cui mi sono fatto convincere a scusarmi con Vilde, ma lo sei stata dalla prima volta in cui ti ho vista rimanere senza parole per un mio complimento. E forse lo eri già diventata quel giorno in cui ti ho sorpresa ad ascoltare Justin Bieber, quando ho visto la ragazza che eri sotto la corazza che indossavi. Non c'è niente che sia più importante per me che stare con te, ma verrà sempre prima il tuo bene. Capisci che cosa ti sto dicendo?”. Si assicurò di mettere in quella dichiarazione tutta la determinazione, tutta l'intensità, che voleva trasmetterle. E tutte le sue intenzioni.

Lei si innervosì visibilmente, quindi William cominciò a disegnare dei cerchi sulla sua mano con il pollice per cercare di tranquillizzarla.

“Non ho intenzione di lasciarti se dovrai passare del tempo in prigione. Pensavo che ormai avessimo superato la fase in cui cerchi di proteggermi allontanandomi”.

“Io non smetterò mai di proteggerti, così come tu non smetterai di proteggere me”, ribatté lui, come se fosse la cosa più ovvia.

Lei alzò gli occhi al cielo, ma poi si rilassò. “Ci sono alcune cose che non si possono cambiare, eh?”.

“Noi dobbiamo essere una di quelle”.

Rimasero incantati a guardarsi negli occhi e sorridersi per un po'.

“Finalmente cominci a dire qualcosa di sensato, Magnusson”.

“Devi sempre fare la saputella. Neanche questo si può cambiare”, le disse con un sorrisino provocatorio, poi la conversazione si spostò su temi più leggeri, sebbene Noora non riuscisse ad archiviare qualcosa che prima aveva notato soltanto distrattamente, ma che adesso la stava ossessionando.

“Non avevi mai nominato tua sorella prima”, disse infine, non avendo più la forza di trattenersi.

Vide William sbiancare, come se avesse appena visto un fantasma.

“Sicuramente sai già tutto. Non è un segreto quello che è successo”, cercò di tagliare corto.

“Ma lo è il tuo punto di vista”, insisté lei.

William sospirò prima di iniziare a raccontare l'unica storia di cui tutti conoscevano la trama, ma della quale non aveva mai fatto parola con nessuno, nemmeno con Chris.

Noora si preparò ad ascoltare tutto ciò che lui le avrebbe detto, sapendo che se l'avesse interrotto anche solo per un istante, lui si sarebbe nuovamente chiuso a riccio.

“Io e Amalie stavamo facendo i compiti. Di solito ci aiutava la ragazza alla pari, ma quella volta aveva ricevuto una telefonata urgente ed era dovuta andare via, così siamo rimasti da soli con mia madre e Niko. Mia madre era troppo impegnata con il vino come al solito per badare a noi. Ad un certo punto Niko è venuto da noi, euforico, e ci ha detto che aveva avuto una bella idea. Io ed Amalie eravamo d'accordo con lui ancora prima che ce ne parlasse, non succedeva quasi mai che Niko ci coinvolgesse in qualcosa, di solito teneva le distanze da tutti noi, sempre troppo arrabbiato per tollerare la presenza della sua famiglia. Noi due stravedevamo per lui, era il nostro fratello maggiore, volevamo assomigliargli, ma lui ci respingeva sempre. Quella volta lo abbiamo seguito senza esitazione”. Si interruppe per ingoiare il groppo che gli si era formato in gola. Rivangare il passato era un'agonia che aveva evitato per tutti quegli anni.

“Dopo che la macchina è finita giù da quella collina, io sono svenuto e mi sono svegliato soltanto quando mi hanno tirato fuori. Niko non ha ripreso conoscenza finché non è arrivato in ospedale. Amalie, invece... lei è morta sul colpo”.

Noora gli strinse la mano, poi lo abbracciò rifugiandosi contro il suo petto, per distogliere lo sguardo dal suo in modo da lasciargli gestire il dolore in maniera privata e allo stesso tempo fargli sentire che era vicina. Lui in risposta la strinse forte.

“Era la mia gemella, sai cosa significa? Che nessuno dei due era mai esistito senza l'altro. Io nel vero senso della parola, perché sono nato qualche minuto dopo di lei”. Un sorriso appena accennato spuntò sulle sue labbra a quel pensiero. Amalie gli mancava ancora, sempre con la stessa intensità del primo giorno, eppure ormai gli sembrava il ricordo di un'altra vita. Era un pezzo di lui che si era staccato per non ritornare mai più, e con lei si era portata via tutto il calore. Ma quel calore era tornato con Noora, e questa consapevolezza gli diede il conforto indispensabile a proseguire il racconto.

“Da quel momento la mia famiglia non è più esistita. Mia madre ha iniziato ad aggiungere ansiolitici e antidepressivi al vino, mio padre a non tornare a casa neanche nel weekend, ora so che il lavoro non era l'unica ragione. Se prima non gli importava niente di Niko, a quel punto ha iniziato ad odiarlo. Per quanto riguarda me, sono semplicemente diventato invisibile, come se fossi morto insieme a mia sorella. Ogni volta che potevano mi ricordavano che io ero vivo e lei no. Alla fine ho iniziato ad evitarli il più possibile. Per ironia della sorte mi sono avvicinato a mio fratello, ma era già il bastardo che è adesso. Quando mi sono accorto che tutto quello che faceva aveva lo scopo di farmi vivere nella sua stessa miseria, mi sono allontanato anche da lui”. Le diede un bacio tra i capelli e la avvicinò ancora di più a sé, per quanto fosse possibile. Noora si ritrovò con il viso contro l'incavo del suo collo. Chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo, infilando una mano tra i suoi capelli. Era felice che lui l'avesse coinvolta fino a quel punto nella sua vita, e sapeva che prima o poi anche lei avrebbe dovuto tirare fuori dall'armadio gli ultimi scheletri rimasti. Ma non adesso, per quel giorno era già stata messa abbastanza carne al fuoco.

Tuttavia desiderava dargli le stesse certezze che le stava dando lui.

“William, anche tu sei la mia priorità. Non dovrai più affrontare niente di tutto questo da solo, che sia una telefonata di tuo padre o una qualche recriminazione da parte di tua madre. Tuo fratello per un bel po' non potrà fare altre stronzate”.

“Niko non sarà mai innocuo, ma non aveva mai dovuto fare i conti con le sue azioni in questo modo, forse mi lascerà in pace”, concordò.

“Anche se dovesse tornare a tormentarti, adesso non dovrà affrontare solo te”.

Noora sentì le mani del suo ragazzo stringersi in due pugni contro la sua schiena.

“Più penso a quello che ti ha fatto e più mi sento stupido per come ho reagito. Mi sono fatto manipolare. E in fondo, anche senza aver letto i tuoi messaggi, lo sapevo che non poteva essere come diceva lui, ma mi sono spaventato così tanto per il modo in cui mi sono sentito al pensiero che...”.

“Non ha più importanza adesso”, lo interruppe.

“Sì, ne ha. Ne avrà sempre. La paura ha preso il sopravvento come ogni volta. Non riuscivo a pensare lucidamente, era tutto così confuso: l'intensità del dolore al pensiero che tu avessi potuto tradirmi; la delusione per il fatto che non ti fossi fidata abbastanza di me da condividere la tua angoscia, quando ho capito che non potevi aver fatto una cosa del genere di tua volontà; l'orrore al pensiero che se Niko ti aveva coinvolta nei suoi giochi mentali la colpa era mia, per averti fatta entrare nella mia vita; e il terrore per aver realizzato di non avere il minimo controllo sui miei sentimenti per te... È stato troppo, ma avrei dovuto stringere i denti e rimanere ad ascoltarti, rispondere alle tue chiamate, leggere i tuoi messaggi. Invece ogni volta che arrivava una notifica da parte tua cancellavo la conversazione senza aprirla. Non ho ascoltato l'unica persona che amo. Avevi ragione a non fidarti di me”. Si tormentava per non essere stato all'altezza della persona leale che credeva di essere, e per aver abbandonato nel momento del bisogno la ragazza a cui aveva promesso che non le avrebbe mai fatto del male.

“E adesso da dove viene tutta questa insicurezza?”, gli chiese lei, tentando di sciogliere la tensione nelle sue spalle facendo scorrere le mani su e giù sulla sua schiena.

“Cazzo, Noora, abbiamo passato un mese a fare finta che andasse tutto bene, io non ce la faccio più”, sbottò William, districandosi all'improvviso dal loro abbraccio.

Noora rimase impietrita.

“Non ce la fai più a fare cosa?”, chiese incerta.

“A fingere. A lasciare da parte la rabbia che sento quando penso che fra due giorni tutto si complicherà ulteriormente proprio quando la mia vita è esattamente come vorrei che fosse”, confessò abbattuto. L'angoscia era chiara nei suoi occhi lucidi.

Noora riprese la sua mano fra le proprie e se la portò al viso. Doveva rassicurarlo, non era abituata a vederlo così combattuto, William era la persona più forte e decisa che avesse mai incontrato.

“Lo abbiamo sempre saputo che sarebbe arrivato il momento di affrontare questo casino una volta per tutte, e lo abbiamo accettato. Entrambi. Sei solo spaventato. Di nuovo”, gli disse serenamente, come per trasmettergli la pace con cui accoglieva quella situazione e tutto il bagaglio emotivo che portava con sé.

“Hai ragione”, sospirò lui.

“Non si rovinerà niente tra me e te, William. Te lo prometto”.

“Dio, quanto ti amo”, le disse, attirandola in un impeto per darle un bacio.

“Sarà meglio, perché ti amo anch'io”, gli rispose lei maliziosa, citando quasi testualmente un suo vecchio SMS.

“E qui arriviamo al punto in cui ti ricordo che dicevi che non ti saresti mai innamorata di me”, la rimbrottò scherzosamente.

Noora sentì l'entusiasmo svanire. Quella conversazione stava diventando la prova che anche la più innocente delle battute poteva attivare mine ancora inesplose tra loro, matasse che era necessario sbrogliare una volta per tutte.

“Come potevo pensarla diversamente? Tu ti comportavi come se fossi il re del mondo, e io è tutta la vita che cerco di stare alla larga da quel genere di persone. Mi arrivavano voci di te che prendevi a pugni qualcuno ogni weekend, spuntava sempre fuori una ragazza diversa che narrava la sua avventura con il decantato William Magnusson. Anche se riuscivo a intravedere qualcosa di reale in te tra le crepe, la mia parte razionale non riusciva ad accettare che potessi provare qualunque tipo di emozione o sentimento per te. Semplicemente non c'era nulla che riuscisse a convincere la mia mente che io fossi qualcosa di più di un altro trofeo da vincere. So di essere considerata una ragazza carina, non ho mai finto il contrario, ma non ho mai voluto che questo mi definisse, e avvicinarsi al ragazzo più popolare della scuola non aiutava la mia causa. Non volevo essere il tipo di ragazza che si fa incastrare dal primo fascinoso pieno di sé che pensa che il mondo sia ai suoi piedi. Per il resto sai bene che cosa pensavo di te all'inizio e cosa credevo di pensare ancora quando ci siamo messi insieme. E il modo in cui ti comportavi con Vilde... quello confermava le mie convinzioni, non mi serviva altro. Sei andato a letto con lei e non hai neanche usato il preservativo, 'perché io di solito faccio così', da quanto ha detto lei. Che razza di idiota fa una cosa del genere? Poteva essere incinta”.

“Mi aveva detto che prendeva la pillola”, tentò di giustificarsi lui, con poca convinzione.

“Questo non importa, William. Nemmeno la conoscevi ed era la sua prima volta. E poi le hai detto quelle cose orribili. In quel momento mi hai ricordato il ragazzo con cui stavo a tredici anni”. Finalmente glielo aveva detto. Quel tarlo che scavava sin da quel giorno in cui lo aveva affrontato nel cortile della scuola adesso se ne stava tra loro due in attesa di essere schiacciato.

Lui chiuse gli occhi un istante per mettere in ordine le idee. Quando lei gli aveva confessato perché fosse tanto restia al sesso, si era sentito morire dentro, e allo stesso tempo aveva dovuto lottare per trattenere la collera. Non solo i suoi genitori l'avevano trattata come se non avessero mai provato affetto nei suoi confronti, ma quello stronzo da cui lei aveva cercato un contatto umano sincero si era portato via l'ultima speranza che le era rimasta di sentirsi meritevole di amore.

“Mi dispiace, Noora. Io...”, inizò William, ma lei lo interruppe.

“Ora so che tu non sei così. Ma non puoi biasimarmi se all'inizio ho pensato quelle cose di te. Era quello che avevi scelto di far vedere a tutti”.

“Sto provando a comportarmi diversamente, perché adesso ho capito che non serve. Ma ci saranno momenti in cui senza rendermene conto ritornerò ai vecchi schemi, è quasi inevitabile, questo lo sai?”, cercò di spiegarle.

“E io sarò lì a ricordarti che non è quella la persona che vuoi essere”, annuì lei.

“A meno che non sarai tu la persona che ferirò”.

“So che non lo farai, non intenzionalmente. Però niente più bottiglie in testa alla gente”. Tentò di strappargli un sorriso, riuscendo nell'intento.

“Va bene, cercherò di essere più creativo”, le promise, scompigliandole i capelli.

Noora allontanò il suo braccio con un colpo secco.

“Spiritoso”.

William la afferrò per i fianchi, sollevandola per farla sedere sulle sue gambe. Le diede un bacio per prepararla a quello che stava per dirle – qualcosa che avrebbe chiuso con il giusto spirito quella mattinata di confessioni –, poi sganciò l'ultima bomba che aveva in serbo per quella giornata.

“Non sei mai stata come le altre per me”.

“Eh?”, disse lei, presa di nuovo in contropiede.

“Nemmeno per un istante ti ho vista come un passatempo. E la prima volta che ci siamo baciati... appena ti ho toccata ho capito tutto. Quando sto con te in quel modo è come se sapessi perfettamente chi sono. Prima quando toccavo una ragazza lo facevo per perdermi, con te lo faccio per ritrovarmi”. La sincerità e l'abbandono nei suoi occhi erano così disarmanti, che Noora non seppe fare altro che ripagarlo con il medesimo dono.

“È lo stesso per me. Non mi facevo toccare da nessuno perché avevo paura di perdermi di nuovo, come qualche anno fa. Quando ho lasciato che tu lo facessi, invece, mi sono sentita come se finalmente fossi del tutto presente a me stessa”.

“Non pensare a noi come se esistessero un modo giusto e uno sbagliato di gestire le cose. È stato chiaro fin dall'inizio che tra di noi non poteva funzionare in maniera ordinaria. Devi pensare a ciò che ti fa stare bene”, la pregò William, con la fronte accostata alla sua.

“Non lo faccio più da un pezzo, William”.

“Sarà difficile, ma ce la faremo”, la rassicurò.

“Ne sono convinta anch'io”.

E ne era certa davvero. La speranza brillava in lei più splendente che mai.

  
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