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Autore: Makil_    28/01/2017    31 recensioni
In un territorio ostile in cui la terra è colma di intrighi e trame nella stessa quantità con cui lo è dell'erba secca, il giovane ser Bartimore di Fondocupo, vincolato da una promessa fatta al suo miglior confidente, vedrà finalmente il modo per far di sé stesso un cavaliere onorevole. Un torneo, un'opportunità di rivalsa, una guerra ai confini che grava su tutte le regioni di Pantagos. Quale altro momento migliore per mettersi in gioco?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Pantagos'
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Il manto sauro della giumenta era divenuto un tutt’uno con il terriccio arido di quella piana.                                      
Quando si era accasciata per terra, Bart aveva capito che era giunta la sua ora, e aveva avuto la decenza di allontanarsi dalla cavalcatura, accompagnandola dolcemente per terra. “Non avrei mai pensato di doverti dire addio così rapidamente” rifletté “eri l’unica compagnia che mi restava”. Si avvicinò dolcemente al corpo della giumenta e si mise a gattoni al suo fianco.                                                                                                                          
«Quantomeno sei andata via senza soffrire …» sospirò «o forse mi sto sbagliando, eh, vecchia mia?». Bart si era affezionato abbastanza a quella bestiola dopo essere partito da Sette Scuri. Avevano trascorso parecchie settimane insieme lungo la strada. Se chiudeva gli occhi poteva udire ancora gli insistenti nitriti di rabbia che emetteva quando Bart non le dava il suo pezzo di carota, parte della sua calda pagnotta o almeno un po’ d’acqua. “Acqua … è quella che ti ho fatto mancare”. Purtroppo la guerra aveva ridotto allo stremo i villaggi, e con loro anche gli uomini. Il cibo era venuto a mancare immediatamente, e l’acqua era come evaporata. In giorni caldi come quelli l’acqua serviva più del cibo, perché se alla fame si poteva resistere, la sete non tollerava i deboli. Bart si dissetava bevendo pinte di birra su altre pinte di birra, ma ad una giumenta non si poteva dar da bere qualcosa di simile. S’inginocchiò sul terreno, posando al suo fianco la spada e la cintola per mettersi comodo. Tentò di scavare con le mani, ma tutto ciò che ottenne fu un dolore atroce alle dita. Il terreno era troppo duro e secco per poter essere bucato. Decise allora di togliere il corpo rinsecchito dalla strada e di nasconderlo da sguardi indiscreti. In realtà avrebbe preferito seppellire la giumenta per proteggerla dai corvi o dalla pioggia, lei ne era terrorizzata. Ma dovette rimpiazzare presto quell’idea. Alzatosi da terra, Bart afferrò la giumenta per le due gambe anteriori e la trascinò di forza. “Pesa meno di quanto peserebbe se fosse la metà di quel che era”. Si era ridotta ad un insieme accozzato di ossa sporgenti, ognuna delle quali riconoscibile attraverso la pelle fina ed asciutta. Nel trascinarla Bart impresse qualche solco sul terreno. Si allontanò di poco dal punto in cui aveva lasciato spada e cintola, quindi fece un ultimo e decisivo sforzo prima di adagiare gli arti della giumenta dietro ad un cespuglietto.
«Voglio sperare che tu sia sempre al sicuro qui dietro.» disse Bart guardando le spoglie della sua compagna di viaggio. Poi, estrasse una carota fresca dalla tasca larga delle brache e la posò accanto alla sua testa. «Chi mi terrà compagnia adesso? La strada fino a Roshby è ancora lunga, vecchia mia. Sarai sempre nei miei pensieri, dolce creatura. Spero che per te sia lo stesso». Malgrado la sua devozione alle Grazie, al momento non gli balzava in mente nessuna preghiera da dedicare alla sua compagna di viaggio. “È stata gentile con me. Un dono gentile”. Era stato Dalton Kordrum, signore di Sette Scuri, ad affidargli quella giumenta. Lo aveva fatto per permettergli di vincere la distanza che lo separava dalla sua meta; Roshby. L’infermo Dalton stava ancora perendo sul letto di morte quando Bart aveva lasciato il regno di Sette Scuri su suo ordine. «Tua è la mia giumenta, valoroso cavaliere. È una creatura incauta e di pessima compagnia.» l’aveva redarguito prima di salutarlo per l’ultima volta «e si adatta a te, Bart lo Sventurato». Per un momento avvertì come una fitta allo stomaco. “Il tuo signore non avrebbe mai permesso che la sua giumenta perisse tanto a lungo” si disse. “Lui avrebbe posto fine alle sue sofferenze senza ridurla allo stremo. Sciocco, ecco cosa sei”.
Il sole stava calando ad ovest e il suo chiarore stava andando sempre più affievolendosi. Gettò un’ultima occhiata alla giumenta coricata su un solo fianco. «Adombrati, dolce bestiola, e abbi cura di te.» disse infine, quindi la baciò e poggiò una carota sulla coscia della giumenta. Quando si ricompose, il sole era scomparso oltre le dune ad ovest, e l’aria si stava raffreddando un po’. “Quel minimo che basta per implorarle di restare ancora ed ancora” pensò stanco Bart. La giumenta lo aveva tenuto talmente tanto impegnato da non fargli notare cosa stesse accadendo attorno a lui. Sotto le braccia, seppur protette da una leggerissima camicia di lino, si erano formati due enormi chiazze di sudore. Aldilà di quelle due prove schiaccianti, per nessun altro motivo si poteva dire che Bart avesse faticato. Eppure si reggeva in piedi a stento. Negli ultimi giorni la sua marcia oltre le valli si era fatta sempre più ardua. Aveva lasciato la strada alle sue spalle parecchie settimane dopo la partenza, per immettersi nuovamente sul percorso solo dopo aver superato Pugno Sbocciato. Il territorio ostile delle Terre dei Venti era dimora fissa di predoni e razziatori durante quei periodi avversi, e Bart non avrebbe potuto sopportare l’idea di correre un rischio così elevato passando sotto il naso di tanto losche personalità. In primo luogo avrebbe dovuto rispettare la sua promessa, e certamente non sarebbe stato possibile se l’avesse infranta in partenza. Sapeva che Dalton era stato sconfitto, ma finché i suoi sostenitori vivevano anche lui avrebbe continuato a vivere. E Bart, fino a prova contraria, si reputava uno tra i tanti amici del trapassato signore di Sette Scuri. «Va’ e battiti in mio nome sul campo di Roshby. Vinci, se proprio è necessario, ser Bart, ma lasciati sconfiggere almeno una volta per dare ad altri la soddisfazione di avermi abbattuto. E sii forte». Non avrebbe dimenticato mai le parole pronunciate da Dalton Kordrum poco prima di abbandonarlo al suo destino. Era stato il suo signore, il suo educatore ed il suo guerriero preferito. Bart tornò nel punto in cui la giumenta era collassata per prendere ciò che aveva lasciato per terra. Impugnare per un momento la spada gli immise nuovamente una piccola ma febbricitante voglia di proseguire, seppur da solo, il viaggio. Secondo le parole dell’ultimo esperto che aveva incontrato lungo il tragitto, patres Vynn, Roshby non distava poi così tanto.                         
Bart era molto meno forte di quanto lo era stato prima di partire da Sette Scuri. Il viaggio aveva tentato di indebolirlo e sfiancarlo, ma il ragazzo aveva resistito bene ai colpi. Era un giovane alquanto slanciato per la sua età, dalle spalle larghe e le braccia forti, malgrado fosse abbastanza magro. La folta zazzera di capelli biondi era scossa da delicati soffi di vento, che mischiava le ciocche dorate al bronzeo colore della sua pelle. Improvvisamente la leggiadria del silenzio di quel momento venne smorzata dal delicato suono di una campana che risuonava in lontananza. Bart portò una mano sulla fronte per guardare meglio verso nord. A giudicare dalle rigide mura nere che scorgeva a poca distanza da quella stradicciola, il suono doveva provenire dalla cittadina di Werny. Aveva bisogno di mangiare e riposare, e non gli dispiaceva affatto il pensiero di passare una notte su un letto comodo e sotto delle calde coperte.  La campana suonò un’altra volta.  “Due rintocchi ci invitano al raccoglimento e alla preghiera. Sono sicuro che a Werny ci sarà un posto per un cavaliere come me. Oltretutto ho una giumenta da pregare.

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Note d'autore: 
Carissimi lettori, vi ringrazio calorosamente per aver letto fino a questo punto del capitolo!
Volevo spendere poche parole in merito a ciò che avete letto (una cosa che mi proporrò di fare nel tempo, per assicurarmi che tutto proceda per bene). Questa è la prima storia a cui mi dedico con serietà, determinato a proseguirla fino ad una possibile conclusione. "Il cavaliere e la fanciulla bionda" altro non è che una raccolta di novelle incentrate sulle vicende a Pantagos di Bart di Fondocupo. Chiaramente avrete letto molti termini a cui non sapete dare un'esatta definizione. Vedrete che capirete molto di più col proseguire degli eventi. Lavoro su questo mondo, comune ad un altro romanzo, da più di due anni e ho sentito che, oggi, c'era il bisogno di condividerlo in parte con voi. Per questo motivo vi esorto a lasciare una recensione, buona o cattiva che sia, in grado di farmi capire quanto possa valere la mia storia. Non c'è molto da dire su questo capitolo, spero siate così gentili da continuare la lettura. L'aggiornamento avverrà ogni settimana, il lunedì (salvo imprevisti da cui non sono esonerato). Buona serata a tutti! :)

 
   
 
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