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Autore: Sethmentecontorta    29/01/2017    0 recensioni
|steampunk|pirati&sirene|mini-long di cinque capitoli|4418 parole totali|Storia partecipante al contest "Steampunk tendecies" indetto da Haykaleen sul forum di EFP|

William Nightshade è un pirata. Un corsaro per la precisione, ma non è ricco come gli altri capitani della sua specie. Ha una nave di nome Ella, una ciurma per cui darebbe la sua stessa vita, una ladra mezzafata dal perenne sorriso sornione come compagna di viaggio ed un numero spropositato di lettere bianche come latte della sua Regina, poco altro.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Seth's corner: Hiya guyzzz! LO SO SONO IN RITARDO IMPERDONABILE. Vi chiedo scusa un milione di volte, ma purtroppo il mondo è contro di me. Sono totalmente immersa nel tentativo di recuperare le insufficiente prima della fine del quadrimestre e mi è passato di mente, e così è andato giovedì, venerdì e sabato non ho potuto vedere il mio computer neppure da lontano. Vi chiedete se almeno ho finalmente finito i disegni che vi prometto dal primo capitolo? No, lol. Li ho persi. Sono pessima, lo so.
Il prossimo capitolo arriverà domani, anche perché il contest si è ufficialmente concluso e mi sono pure classificata ultima, kek. Putroppo mi aspettavo di aver fatto un lavoro non buono, per cui non mi sorprendo molto. Oh beh, a volte capita, se non altro imparerò la lezione. 
A domani con l'ultimo capitolo!


IV

il canto della malinconica

 
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William fissò dritta negli occhi la figura che emergeva dalle acque scure come inchiostro, visibile dal busto in su. Aveva l’aspetto di una giovane donna dal fisico snello, dai capelli color corallo, che le ricadevano sulle nude spalle in ciocche bagnate, che gli ricordavano una massa di alghe. Aveva labbra sottili, zigomi più che definiti, naso schiacciato, narici ridotte a due fessure, occhi taglienti della stessa tonalità del mare. La sua pelle sembrava presentare, a tratti, delle scaglie che rifrangevano la luce solare sulla loro superficie umida. Nonostante tutte queste caratteristiche piuttosto discutibili, gli sembrava di non poter pensare di lei altro se non che fosse bellissima e seducente. 
– William Nightshade, – esordì la creatura, scrutandolo con sguardo di altezzosa superiorità, il mento appuntito sollevato nella sua direzione. – cosa ti porta a chiedere udienza a me, Maira, sovrana di tutte le sirene del mar Nerissimo?
Il pirata si concesse di lasciar scorrere lo sguardo sulla moltitudine di pinne e code che guizzavano in acqua, rimestandola, sollevando sbuffi, schizzi e schiuma, a cui la mano dalle dita adunche e leggermente palmate della sirena gli aveva accennato. 
– Vengo in nome della Grande Regina, sono stato inviato in questo luogo con intenti completamente pacifici, desidero unicamente recuperare un monile di cui la nostra Sovrana ha bisogno. – spiegò lui, torcendo le mani, intorpidite dalle corde strette saldamente intorno ai propri polsi, che lo tenevano legato all’albero della nave. 
– Vedo che non si è risparmiato sulle precauzioni, mio caro corsaro. 
– La mia compagna di viaggio temeva che potessi gettarmi tra le acque perennemente in tempesta di questo mare, lasciandomi annegare ammaliato dal vostro canto. – con la testa, fece un cenno nella direzione di North, in piedi poco lontano, le braccia incrociate al petto, le labbra che per una volta sembravano non possedere il loro usuale sorriso. – Avrei voluto evitare un gesto del genere, per mostrarvi la fiducia che ripongo nel terminare la questione in un dialogo amichevole, ma non è nella mia natura di far preoccupare inutilmente una fanciulla. 
La sirena rivolse le pupille da serpente al viso pallido della ladra, lasciando scorrere la lingua sulle labbra violacee. 
– Figlia di Swami, il sangue di fata che scorre nelle tue vene ti rende immune alla nostra voce, ma fossi in te risparmierei quello sguardo sprezzante per situazioni più consone. 
North detestava le sirene, la loro voce sibilante, non comprendeva il fascino che suscitavano sugli umani, quelle creature viscide e tutt’altro che di bell’aspetto. Le fate come sua madre, perlomeno, ammaliavano gli uomini con tutto il loro essere, con tutta la loro bellezza. Oltretutto, nessuno sulla nave credeva che sarebbero davvero riusciti a risolvere la questione pacificamente, non vedeva perché il loro capitano dovesse umiliarsi in quel modo. 
– Noi sirene non possediamo futili gioielli, la tua regina deve aver preso un abbaglio. – sputò Maira, tornando a rivolgersi a William, stringendo la presa sulla lancia di metallo verdastro che teneva in mano, come se sapesse già dove la discussione sarebbe andata a parare. Anzi, probabilmente lo sapeva realmente, rifletté la ladra, erano creature intelligenti.  
– La tiara di Alike. 
– Folle! Credi forse che cederemmo a voi umani il nostro unico tesoro? – uno stridio acuto emerse dalla sua gola, non paragonabile al verso di alcuna creatura terrestre. 
– La nostra Regina è disposta a fare un patto, non necessita della tiara per molto. – spiegò quieto. 
– Non scendiamo a patti con voi umani. Siete essere infimi, infedeli perfino tra i vostri stessi simili.
– Disse colei che seduce gli uomini per poi divorarli. – borbottò North. 
– Taci, figlia di Swami, non credere di poterci mancare di rispetto solo perché non possiamo usare il nostro dono su di te. Potremmo ugualmente ucciderti, se lo volessimo.
William poteva dire con certezza che fosse sul punto di esplodere, e una North arrabbiata era una cosa che non avrebbe augurato a nessuno. La richiamò, ammonendole con lo sguardo di calmarsi; lei abbassò il capo ramato. 
– Non cederemo nulla per il bene di una regina che non riconosciamo. – continuò Maira. – Andatevene, prima che decida che non lascerete questo mare. 
– Oh, noi lo lasceremo. E la tiara verrà con noi. 
Alle parole del capitano, North corse ad aprire la botola che dava sulla stiva della nave, da cui l’equipaggio si riversò sul ponte, tutti con marchingegni dalle fattezze di cuffie, in grado di isolare da qualunque suono, alle orecchie. Tristran fu il primo ad aprire il fuoco, sparando con una delle sue pistole in direzione di una sirena, emersa dall’acqua poco lontano dalla loro sovrana. La creatura affondò, mentre intorno al suo corpo tutto si tingeva di un sangue particolarmente scuro e viscoso. 
Il popolo marino esplose in un unanime, acuto grido di lotta, stordendo William, che era privo di difese, legato all’albero maestro della nave. Le sirene iniziarono ad arrampicarsi sullo scafo con i loro artigli bagnati e grigi, mordendo e ghermendo tutto ciò che potevano raggiungere. Il robusto Hans prese a farle saltare in aria col suo cannone maneggiabile – William si era sempre chiesto come accidenti facesse a sollevare un simile peso. Di quando in quando un uomo veniva trascinato in mare, dove, tra agonizzanti grida, veniva azzannato e velocemente ucciso. Sangue umano e di sirena si amalgamavano nell’acqua, che diveniva melmosa e più scura di quanto già non fosse.
La concezione di William di ciò che lo circondava iniziò a farsi confusa, il canto della sovrana, tanto potente che neppure il frastuono della battaglia riusciva a sovrastarlo, lo ammaliava. Chiuse gli occhi, divenuti appannati ed umidi. I suoni gli arrivavano sovrapposti, seguivano il ritmo della rabbiosa canzone di Maira. Si sentiva avvolto da uno strano tepore, caldo, eppure piuttosto minaccioso, la voce che gli rimbombava nelle orecchie gli intimava di dormire, di abbassare le difese. Gli vennero alla mente immagini della sua nave che solcava acque chiare e schiumose. Sul ponte egli rideva beatamente di North, intenta a rubare il coltellaccio con cui Cesar, il timido e gracile mozzo, ostentava sempre di essere rozzo e forte. Accanto a lui vi era un uomo, che intuiva essere più anziano di lui, che gli infondeva un senso di sicurezza e pace. Tentò di osservare il suo volto, ma era confuso dalle ombre che macchiavano tutta quella visione.
D’improvviso, tutto s’infranse. Aprì gli occhi, trovando quelli gialli di North; ogni suono aveva lasciato il posto ad un totalizzante silenzio. Lei aveva un’espressione preoccupata. Si rese conto che fino a pochi istanti prima si stava dimenando per liberarsi. Il dolore esplose dalla carne dei suoi polsi, ferita e bruciata alla torsione delle corde. Notò solo in quel momento che la ragazza gli aveva posto le cuffie sul capo, salvandolo da quella piacevole agonia in cui era precipitato. Mormorò un ringraziamento, mentre la ladra, assicuratasi che stesse bene, provvedeva a slegarlo. Estrasse repentinamente le pistole, precipitandosi ad aiutare i suoi amici e compagni.
   
 
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