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Autore: calock_morgenloki    29/01/2017    4 recensioni
Sherlock ripercorre con la mente la sua storia con John, dalla prima all'ultima sera che hanno vissuto insieme.
Con il senno di poi, forse non nel momento più opportuno.
Dal testo:
"Era invecchiato, John: i capelli ora erano quasi più grigi che biondi, il taglio era diverso da quando si erano conosciuti. Anche lui era cambiato, però: John non era l'unico ad avere qualche ruga in più sul viso. Sette anni prima, nel lontano 2010, Sherlock non avrebbe mai pensato che quello sarebbe stato il suo futuro. Davvero, sarebbe scoppiato a ridere se qualcuno gli avesse raccontato le cose che avrebbe fatto per quell'uomo basso e idiota accanto a lui. Era molto meno flessibile, all'epoca. Forse anche più stronzo, ma quello era un altro discorso."
{post season 4; Johnlock}
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non sono padrona dei personaggi eccetera, i diritti e la proprietà sono della BBC, dei Mofftiss e di zio Arthur eccetera eccetera, ormai la solfa è questa

 

Note: non so cosa questa... cosa debba essere. Davvero, non lo so: è scritta di getto, probabilmente pure maluccio, ma ero talmente presa dai feels da voler pubblicare qualcosa sui Johnlock per il loro anniversario. Dunque... eccoci qui. Vi prego di tenere i pomodori per la fine e di lanciarli solo se davvero maturi, merci beaucoup ♥

 

 

 

 

29th January

 

 

Era passato tanto tempo da quel giorno.

Sette anni, ad essere precisi: un numero abbastanza alto. Almeno, per uno come lui lo era. Gli sembrava un'eternità. Mycroft continuava a parlare in sottofondo, ma Sherlock decise volontariamente di pensare ad altro e non dargli retta: quando voleva, suo fratello sapeva dimostrarsi incredibilmente tedioso. John, in piedi accanto a lui, sembrava ascoltarlo attentamente. Gli stava bene, quel completo, la cravatta blu si intonava ai suoi occhi. Sherlock si complimentò con se stesso per la scelta vincente.
Era invecchiato, John: i capelli ora erano quasi più grigi che biondi, il taglio era diverso da quando si erano conosciuti. Anche lui era cambiato, però: John non era l'unico ad avere qualche ruga in più sul viso. Sette anni prima, nel lontano 2010, Sherlock non avrebbe mai pensato che quello sarebbe stato il suo futuro. Davvero, sarebbe scoppiato a ridere se qualcuno gli avesse raccontato le cose che avrebbe fatto per quell'uomo basso e idiota accanto a lui. Era molto meno flessibile, all'epoca. Forse anche più stronzo, ma quello era un altro discorso.
"The name is Sherlock Holmes and the address is 221B Baker Street"
Sherlock sorrise lievemente al ricordo del viso di John dopo quella sua uscita, a metà tra lo stupore e la confusione. John aveva sempre avuto un modo particolare di guardarlo, adorante e stupito allo stesso tempo- a volte faceva finta di essere scocciato, ma di solito non gli teneva mai a lungo il muso. Non gli ci era voluto molto per accorgersi di quegli sguardi: John aveva continuato per anni a declamare ai quattro venti che non era gay, ma Sherlock non ci aveva messo granché a capire come stessero veramente le cose. Non che di solito ci mettesse più tempo, comunque. Però John era sempre stato speciale ai suoi occhi, anche quando pensava di essere un idiota o banale. Forse era per questo che, in silenzio, lo aveva sempre amato così tanto.
Sherlock ripensò a quello sguardo strabiliato, incantato, che gli aveva rivolto nel taxi, dopo la sua deduzione su Harry e l'esercito. Ripensò al suo sorriso quella sera a Baker Street, dopo la cena da Angelo: erano appoggiati al muro, cercando di respirare di nuovo dopo quella corsa a perdifiato per Londra. Sherlock ricordò anche la sua soddisfazione nel non vederlo zoppicare più.
Alla mente tornò anche il dialogo con John dopo la morte del tassista: nessuno aveva mai rischiato tanto per lui, prima. E invece John, praticamente uno sconosciuto, aveva ucciso un uomo- una brutta persona e un tassista ancor peggiore, a dirla tutta- per salvarlo. Sherlock non era mai stato molto ferrato sul romanticismo e quelle cose, ma se quello non era un gesto d'amore... Beh, nemmeno lui avrebbe saputo dire cosa fosse stato.
Altro fatto curioso era quello della piscina: Moriarty minacciava Londra e John, pur di salvarlo, era stato pronto a farsi saltare in aria insieme al cattivo. Non aveva funzionato, troppi cecchini, ma Sherlock sapeva che l'avrebbe fatto, se necessario. Così come sapeva che entrambi erano disposti a morire per il bene della città. A farlo insieme.
"I don't have friends. I've just got one"
Quel giorno si era sbilanciato un po', effettivamente: aveva sempre considerato John un amico, ma da un po' di tempo a quella parte avrebbe voluto considerarlo in altro modo. Ovviamente la paura e l'atmosfera tesa avevano fatto il loro gioco e le cose non erano andate come previsto. Detestava i sentimenti, l'aveva sempre fatto: troppo complicati e poco logici. Ce n'era uno che però trovava divertente: la gelosia.
John era un tipo geloso, su questo non ci pioveva: chi mai avrebbe tenuto il conto dei messaggi di Irene Adler, se no? Messaggi a cui Sherlock tra l'altro non aveva nemmeno mai risposto. Okay, ogni tanto l'aveva fatto, ma non per flirtare o fare chissà cosa. John sembrava non capirlo, comunque.
"Goodbye, John."
"SHERLOCK!"
Il suo nome, quel grido di dolore, continuava ad inseguirlo negli incubi. L'aveva fatto per John, per salvarlo. Ma Dio, aveva fatto male. Probabilmente John pensava che avesse pianto per rendere l'inganno più credibile, ma non era andata così: la sua voce sarebbe dovuta restare ferma, sicura, forse anche un po' ironica e fredda. E invece no: il pensiero di ingannare John a quel modo era già di per sé insopportabile, quello di ferirlo poi... Non aveva potuto consolarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene, che sarebbe tornato presto. Non aveva potuto dirgli che lo amava: lo avrebbe fatto soffrire di più e Sherlock non voleva che John, il suo John, soffrisse più di quanto avrebbe già fatto. Sarebbe stato inutilmente crudele.
Non si era aspettato Mary, no. Dentro di sé, si era convinto che John l'avrebbe aspettato, ma col senno di poi si rese conto che lui doveva essere morto: cosa avrebbe dovuto aspettare, John? Un cadavere, uno zombie? La testata aveva fatto male: il naso gli era rimasto sensibile e dolorante per giorni. John non sembrava molto intenzionato a mettere una pietra sopra alla faccenda. Anzi, no, una pietra sopra l'avrebbe messa volentieri, sì: sopra a lui, però. E poi, proprio quando stava iniziando a disperarsi sul serio, aveva dovuto salvarlo: mettere John in un falò era stato crudele, però per lo meno aveva contribuito alla loro riappacificazione, portata poi a termine su quel treno.
Una volta aveva letto che, in situazioni di estremo pericolo, le persone tendono a confidare i loro intimi segreti e pensieri alle persone lì con loro. Con quella bomba sul punto di esplodere, Sherlock aveva cercato di capire se ci fosse ancora una possibilità per loro due o se tutto fosse stato irrimediabilmente compromesso. Era finito per essere il testimone di nozze dell'uomo che amava.
Il matrimonio era stato una tortura, a livello emotivo: Sherlock vedeva John e Mary felici, insieme e lui, pur di non pensarci, si era buttato a capofitto nell'organizzazione. John gli aveva chiesto una mano e lui avrebbe fatto tutto per John, anche scegliere il colore per l'abito delle damigelle, il vio- lilla. Era lilla.
Con il discorso si era lasciato un po' andare: voleva far capire a John che lo amava, che l'avrebbe sempre amato, senza però rovinare tutto nel caso non avesse capito. Mary ovviamente l'aveva fatto, ma lui no. Tipico di John. L'aveva anche abbracciato, gli occhi lucidi per le lacrime e lui, pur di non crollare, aveva continuato a fare finta di nulla, restando algido e fingendosi un po' confuso da quell'improvvisa ondata di lacrime scatenatasi nella sala ricevimenti. Alla fine aveva dedotto, quasi per caso, che Mary fosse incinta. Il mondo gli era crollato addosso: John, il suo John, sarebbe stato un padre amorevole e marito felice. E lui, da bravo migliore amico, se ne sarebbe rimasto sullo sfondo, frequentandolo saltuariamente e distraendolo dalla vita domestica per qualche ora. La droga aveva aiutato.
Principalmente si era fatto per il caso Magnussen, ma diciamo che la situazione sentimentale in cui versava non era stata d'aiuto a contenersi. E poi Janine, Dio quella donna... Non sapeva ancora come avesse fatto a baciarla e fare il fidanzatino amorevole senza mai scoppiarle a ridere in faccia. John era rimasto scioccato nel vederli avvinghiati. Addirittura inorridito, forse. Era stato piacevole, doveva ammetterlo.
Mary, nonostante tutto, gli era sempre piaciuta: era sveglia, intelligente, spiritosa... Era diventata sua amica, alla fine e Sherlock si era roso dentro, perché erano diventati amici, sì, ma lui avrebbe voluto odiarla, perché gli aveva rubato John. Avrebbe davvero voluto farlo, però non ci riusciva. Poi lei gli aveva sparato e le cose erano cambiate.
Non ricordava granché di quella esperienza: c'era lo shock, Molly, Anderson e Mycroft nel suo Mind Palace e poi anche Moriarty. Moriarty, che gli ricordava che morendo avrebbe abbandonato John, stavolta per sempre. E lui aveva trovato la forza di tornare dal suo John, per salvarlo ancora una volta. Perché era questo che facevano, che avevano sempre fatto: salvarsi a vicenda.
Sherlock avrebbe dato la vita per John, ne era sempre stato consapevole: in un certo senso, uccidendo Magnussen, l'aveva fatto. John era felice con Mary. Se Mary fosse stata in pericolo o in una situazione infelice, anche John lo sarebbe stato. E non poteva permetterlo.
L'aeroporto. Dio, credeva che il peso delle cose non dette l'avrebbe ucciso, quel giorno.
"Sherlock is a girl's name." gli aveva detto.
"I love you." avrebbe voluto- e dovuto dirgli.
Ricordava poi alquanto vagamente un trip mentale dovuto alla droga in cui lui e John erano nell'Ottocento, insieme a tutti gli altri, Molly era un uomo e Mycroft una palla di grasso. Ma soprattutto, il livello di tensione omoerotica tra lui e John aveva raggiunto picchi record. La sua mente giocava brutti scherzi, sotto l'effetto di droghe.
Alla nascita di Rosie, Sherlock si era ormai rassegnato a fare lo zio. Twitter era stato d'aiuto a distrarlo, ma la nauseante felicità parentale di John e Mary era più ingombrante del previsto. Quando poi il passato di lei era tornato a tormentarli, Sherlock aveva cercato come sempre di aiutare John, cercandola e ritrovandola. Aveva promesso che l'avrebbe protetta, per lui. Aveva fallito, lasciando che lo salvasse da un proiettile diretto al suo addome.
John non l'aveva presa bene. Espressione assimilabile alla categoria di eufemismo, ma sì, non l'aveva presa bene. Mary gli aveva mandato un disco, un messaggio: "Save John Watson. Save him". Mary sapeva che la sua morte avrebbe distrutto John e credeva che fosse Sherlock l'unico in grado di salvarlo. E per farlo, avrebbe dovuto farsi salvare a sua volta.
Imbottirsi di droghe non era stato difficile, quella volta. Bastava pensare a John, al fatto che lo odiasse, a come non avesse saputo impedire che Mary venisse uccisa, al suo essere sempre troppo arrogante rovinando ogni cosa, a Rosie che sarebbe cresciuta senza una madre... Era stato così facile. Faith Smith- anzi, Eurus aveva reso le cose ancora più facili, gettandolo tra le braccia del pericolo e quindi in pasto a Culverton Smith.
Non aveva opposto resistenza quando John l'aveva picchiato. Lui doveva sfogarsi e Sherlock espiare le sue colpe. Andava bene così, davvero: per poco meno di un'ora erano tornati ad essere quelli di sempre e lui vi si era crogiolato. Ma nulla dura in eterno. C'era stato un terrificante momento in cui, mentre Smith tentava di soffocarlo, Sherlock aveva seriamente temuto che John non sarebbe venuto a salvarlo, quella volta. Aveva più paura di quello che della morte in sé, del fatto che John avrebbe potuto abbandonarlo. Grazie al cielo non era andata così. Avevano anche catturato un serial killer.
Che voleva di più dalla vita?
John. John era rimasto con lui a Baker Street per un po', una volta dimesso dall'ospedale. Avevano parlato e lui stava per andarsene. Sherlock non voleva che lo lasciasse e in modo alquanto patetico aveva provato a trattenerlo. La svolta era stata quel messaggio, quello di Irene: Sherlock la sentiva ancora, di tanto in tanto. Più che altro lei era curiosa di sapere se finalmente lui e John erano diventati una coppia, altrimenti scriveva solo per gli auguri di rito. John si era ingelosito di nuovo, dopo avergli fatto gli auguri. Sherlock sospettava che questa cosa di non aver mai saputo quando il suo compleanno fosse l'avesse innervosito parecchio, nel corso degli anni e al momento John manifestò la sua indignazione spronandolo a scrivere alla Donna e tentare un approccio romantico, quando l'unico approccio che Sherlock avrebbe mai voluto tentare era proprio con lui. John era sempre stato lento a capire quelle cose.
Il tradimento virtuale di John era stato uno shock. Sherlock non se lo sarebbe mai aspettato, così come lo sconvolse vederlo parlare al fantasma di Mary. Quando poi scoppiò in lacrime, avrebbe voluto stringerlo a sé e cercare di consolarlo almeno un po'. E lo fece. La sensazione della pelle di John sotto le dita era inedita e piacevole, confortevole e il suo corpo premuto contro di sé gli irradiò un senso di calore in mezzo al petto. L'aveva stretto a sé mentre piangeva, fino a quando non si era calmato del tutto. Erano andati a mangiare una fetta di torta con Molly, a quel punto. Sherlock aveva messo il cappello. A John era piaciuto.
E poi... Poi tutto era precipitato. John aveva scoperto che Sherlock aveva una sorella, Eurus. Sherlock non riusciva a ricordarla ed era frustrante, molto. Allora John aveva proposto un piano, francamente ridicolo ed esageratamente teatrale, per terrorizzare Mycroft e carpirgli la verità. Sherlock si era divertito a vederlo interagire con quel clown e John aveva addirittura riso.
Il giorno dopo il 221B era saltato in aria. Uno dei giorni peggiori della sua vita. La traversata per Sherrinford gli aveva dato l'occasione di fare il pirata ed era stato divertente per un po', specialmente perché il suo secondo in comando era stato John. A Sherrinford aveva conosciuto- o meglio, riconosciuto Eurus: terrificante, subdola, gli somigliava. E suonava anche il violino. Con una smorfia di disappunto Sherlock ammise a se stesso che lo suonava meglio di lui, d'accordo.
Quell'esperienza era stata traumatica: aveva dovuto ferire Molly, spezzarle il cuore; aveva dovuto condannare un uomo e vederlo morire; aveva dovuto scegliere chi salvare tra Mycroft e John. Suo fratello aveva deciso di sacrificarsi, perché sapeva che senza John non avrebbe potuto vivere. Alla fine non era stato necessario, ma Sherlock aveva apprezzato comunque il gesto.
Sherlock sperimentò nuovamente il terrore quando John si trovò prigioniero in un pozzo, legato e con l'acqua alle ginocchia. Eurus minacciava di ucciderlo e a quel punto ricordò con orrore la verità e capì che, se non avesse fatto qualcosa per impedirlo, avrebbe perso per sempre John, così come da bambino aveva perso Victor. Era un pensiero insopportabile, forse fu proprio quell'input che gli permise di salvarlo. Non aveva mai sperimentato un sollievo così elevato come quello che provò quando, calata quella fune nel pozzo e aiutato John a liberarsi della catene, erano tornati in superficie, insieme.
Il 221B era ancora distrutto, ma poco a poco John l'aveva aiutato a ricostruirlo. L'avevano fatto insieme, ancora una volta. John aveva iniziato a guardarlo di nuovo come i primi tempi, dopo quel messaggio di Mary.
"I know what you could become"
Sherlock gli aveva rivolto uno sguardo, a quel punto: anche lui lo sapeva e, sotto sotto, anche John. Rosie cresceva e diventava sempre più bella e sveglia e simile a John e Dio, Sherlock iniziava a capire perché tutti i genitori fossero sempre così esaltati riguardo ai loro pargoli: iniziava a comportarsi così a sua volta, dato che, vivendo sotto lo stesso tetto, Rosie stava diventando anche un po' figlia sua. E lo adorava.
John una sera si era presentato al 221B con valige a seguito e Rosie in braccio. Aveva deciso di vendere l'appartamento, gli aveva detto. Troppi ricordi del passato e una casa troppo grande per lui e la bambina. Gli aveva chiesto se lì ci fosse posto per loro. Sherlock aveva risposto di sì senza la minima esitazione, ricordò con un sorriso.
Era successo qualche tempo dopo. Sherlock stava imboccando Rosie- o meglio, ci stava provando senza successo e John li stava osservando divertito dall'altro capo del tavolo. All'ennesimo tentativo fallito, Sherlock aveva emesso un grugnito esasperato e John era scoppiato a ridere, per poi avvicinarsi e prendere Rosie in braccio.
"Sherlock non ha molta pazienza, tesoro, si stufa in fretta..." aveva detto John, dandole un bacio tra i sottili capelli biondi, "Ma è anche per questo che lo amiamo, no?"
Sherlock aveva sollevato di scatto lo sguardo dall'omogenizzato, sgomento. John gli aveva rivolto un sorriso appena accennato, poi era andato in salotto a giocare con Rosie. Tre sere dopo, dopo aver risolto un caso particolarmente difficile e mentre Rosie era da Molly in trasferta, si erano baciati. Avevano fatto l'amore per la prima volta, quella notte. Sherlock non si era mai sentito così vivo.
"Sherlock?"
Sherlock voltò la testa verso il compagno, in piedi accanto a lui. John lo stava guardando in attesa che parlasse e il moro rivolse a sua volta un'occhiata a Mycroft, davanti a loro e con in mano il Codice Civile, per poi chiedergli:
"Non stavo ascoltando. Cosa dovrei dire, a questo punto?"
Mycroft roteò gli occhi, esasperato e John lo rimproverò con lo sguardo, anche se era evidente che sotto sotto fosse divertito. Alle loro spalle, Mrs. Hudson piangeva a dirotto, mentre Mrs. Holmes cercava di consolarla alla bell'e meglio insieme al marito e Rosie, in braccio a Molly, emetteva versetti contenti. Greg faceva di tutto per non scoppiare a ridere.
"Lo voglio, Sherlock. Semplicemente questo." rispose il fratello, secco. Sherlock annuì e riportò lo sguardo su John. Il biondo gli sorrise, prendendogli la mano e Sherlock gli strinse più forte le dita tra le sue.
"Lo voglio."
"Bene. Ora siete legalmente sposati: congratulazioni."
Mycroft rivolse loro un sorrisetto di circostanza, chiudendo poi il Codice con un colpo secco. I pochi invitati alle loro spalle iniziarono ad applaudire, facendo loro i migliori auguri per un futuro felice, ma Sherlock non li ascoltava: l'unica cosa che riusciva a fare era guardare il sorriso felice e lo sguardo luminoso di John.
Il suo John.
Lo attirò a sé e disse, sorridendogli mentre lui appoggiava le mani sulle sue spalle:
"A quanto pare, ora sei ufficialmente mio, Dr. Watson: il gioco è finito."
"Ah, non essere ridicolo." mormorò John, sfiorandogli le labbra con le sue, "È appena iniziato."
Sherlock rise e lo baciò, stringendolo a sé mentre John, il suo John, ricambiava il bacio.
Mycroft cercò di restare impassibile davanti a quella scena, ma suo malgrado non riuscì a trattenere un lieve sorriso. Prese la penna e inserì la data sul certificato di matrimonio.

 

29/01/2017

   
 
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