L’aveva
sentito andar via. Aveva trascorso il resto della notte immobile, gli
occhi
stretti nella speranza di riprendere sonno, ma la sua mente continuava
a
lavorare e l’udito le riportava i passi dell’uomo,
sempre più distanti, lievi,
finché era tornato il silenzio. Al mattino Adam non era
ancora rientrato, al
suo posto un uomo bizzarro si era presentato alla porta. Era anziano, i
capelli
bianchi spettinati lo rendevano ancora più sbarazzino di
quanto non facessero i
vestiti larghi che indossava o l’enorme sorriso, sprovvisto
di un paio di
denti, che aveva mostrato al suo ingresso. Aveva un fisico minuto, i
polsi
piccoli e le gambe magre, ma i capelli non erano per nulla radi e la
pelle, per
quanto ricoperta di rughe, era ancora rosea.
Maurice
lo guardò per alcuni istanti, gli occhi sbarrati per
cacciare il sonno e il
corpo rilassato.
-Sì?-
domandò e l’uomo non attese oltre,
entrò in casa e poggiò la sua minuscola
borsa a terra, accanto alla porta.
-Sono
un amico di Adam-
-Oh-
Maurice sembrò scrutarlo un momento, prima di stringere gli
occhi. –Lei
è l’uomo di cui mi ha parlato- lo
soppesò un istante ancora, prima di scuotere la testa e
tornare sui suoi passi,
brontolando.
-Una
strega va bene, ma due.. guarda un po’ Maurice se non ti
cacci sempre nei guai-
Belle
fece un passo verso il vecchio, seguendo i suoi movimenti.
-Mi
scusi.. cosa.. lei chi è?-
-Sono
un mago naturalmente-
-Un..
? Cos..?-
Senza
aggiungere altro, iniziò a rovistare tra le poche stoviglie,
la schiena curva.
Di tanto in tanto sbuffava.
-E..
ehm, perché è venuto qui?-
-Ho
visto che avevate bisogno di aiuto, cara- rispose pacato, come se fosse
l’
ovvietà del giorno.
-Oh
finalmente!- si sollevò, stringendo nella mano un pentolino
non molto capiente
e le sorrise.
-Un
the?-
Aveva
iniziato a fare caldo e lei avrebbe preferito di gran lunga
un’aranciata, ma
dubitava che sarebbe comparsa a breve in quel posto.
-Mmm..
d’accordo-
Maurice
li aveva raggiunti in tempo per vedersi consegnare una tazza fumante.
-Sapevo
che quel giovanotto avrebbe combinato un pasticcio,- esordì
il vecchio,
sedendosi senza troppe cerimonia -ma
bevete il the, su, rilassa le membra-
Ne
aveva preso un sorso, iniziando a volgere la mente altrove, ma il mago
aveva
subito richiamato la sua attenzione.
-Belle,
giusto?- le aveva porto la mano, stringendo la sua in una presa troppo
salda
per una persona della sua età e continuando a sorriderle
allegro.
Aveva
esitato, ritirando lentamente la mano e lanciando uno sguardo furtivo a
Maurice.
-Sì-
Il
vecchio l’aveva scrutata ancora per qualche istante, prima di
volgere la sua
attenzione ad un Maurice particolarmente eloquente, permettendole di
rilassare
i muscoli.
Il
sole si alzava velocemente e lei approfittò di un momento di
silenzio per
rivolgersi all’amico.
-Dov’è
Adam?-
Maurice
si irrigidì, sospirando e abbassando le spalle, prima di
voltarsi verso di lei.
-Se
n’è andato stamattina, lui non.. non
tornerà, Belle-
Lei
annuì, alzandosi e posando la sua tazza, ora vuota.
Quando
vide lo sguardo indagatore dell’altro, si sforzò
di sorridere.
-Non
mi interessa cosa gli succederà, davvero-
Già,
non le interessava. Che scappasse via, che diventasse una bestia, non
le
importava.
-Attenta
a ciò che dici, ragazzina, le bugie non le sai dire-
Il
nuovo arrivato non la guardava, ma lei lo vide ruotare leggermente la
propria
tazza, scrutandone il fondo.
-Qui
è diverso dal posto da cui vieni, non è
così?-
Si
voltò verso l’uomo alla sua destra, che le
sorrideva mesto, e tornò a guardare
davanti a sé, scrutando l’oscurità
della vegetazione in cerca di una risposta
che la luce del giorno non riusciva a darle.
-Sì-
gli rispose, sospirando. Era un tipo strano, quel mago.
Da
giorni il silenzio dei suoi sogni la tormentava, frustrandola
più degli insetti
che le pungevano la pelle o del modo incondizionato in cui era
costretta ad
affidarsi a Maurice in quella terra che non ricordava. Le aveva
raccontato
tutto ciò che Adam aveva riferito a lui su
quell’uomo e non aveva ancora
digerito il fatto che Adam avesse spiattellato il segreto dei suoi
sogni ad un estraneo.
Inoltre, il silenzio non le permetteva di dormire, costringendola a
rimuginare
più di quanto avrebbe voluto.
Così
aveva ipotizzato varie alternative.
Uno:
l’avevano rapita, drogata, magari le avevano dato anche una
botta in testa e
ora stavano utilizzando l’amnesia a loro vantaggio, per farle
chissà cosa.
Due:
l’assurda storia della bestia, dell’ ex-moglie
incazzata e di lei che tornava
indietro per salvare il bestione antipatico era vera. Nella sua testa.
In
sintesi, era diventata pazza.
Tre:
la storia della bestia, dell’ex-moglie incazzata e di lei che
tornava indietro
per salvare il bestione antipatico era vera. Per davvero. E lei era
pazza
comunque. Oh, andiamo, perché diavolo avrebbe voluto mettere
a rischio la sua
vita per salvare quell’uomo così scostante, che
ora molto probabilmente correva
tra i boschi, a quattro zampe, ricoperto di peli, ululando alla luna?
Era
fantastico, no, davvero, chi poteva vantare nel proprio curriculum la
voce
‘matta da legare’?
Beh,
in effetti i sogni premonitori erano stati un primo enorme segnale. E
ora non
si facevano più vivi, bastardi. E lei brancolava nel buio,
giorno o notte che
fosse.
-Sì-
ripetè. –Da dove vengo io è diverso-
-Cosa
c’è qui che lì non c’era?-
Si
voltò a guardarlo e incontrò i suoi occhi pacati.
Cosa
c’è qui che lì
non c’era?,
sentì ripetere una vocina nella sua testa.
-Lì
c’erano i miei sogni, qui.. –
-Qui
no?-
-No,
ci sono anche qui, almeno credo, ma prima era tutto chiaro, mentre ora
mi
sembra di essere su una strada senza luce e non so dove mettere i piedi
e.. –
-E
non trovi la strada di casa-
-Cosa?
No, io..- si prese la testa tra le mani e inveì sottovoce.
–Vorrei ricordare,
ecco tutto- terminò, la voce più calma.
-Capisco.
Non sai perché sei qui, né se gli uomini che hai
incontrato siano davvero tuoi
amici, né se tutta questa stramba storia che ti hanno
raccontato sia vera. Non
sai chi sei-
-Io..
perché non ricordo più nulla? Come posso fare se
non ricordo nemmeno le mie
stesse azioni?-
-Se
non ricordi nemmeno i tuoi stessi pensieri?-
-Già-
alzò nuovamente lo sguardo su di lui.
–Tu sei un mago, vero? Puoi aiutarmi?-
-Potrei,
ma io posso restituirti solo le immagini, pallide, gelate scene di
vita. I
ricordi sono qualcosa di solo tuo e solo tu puoi toccarli, ripescarli.
Io posso
darti il passato, ma è davvero ciò che vuoi?-
Le
sfiorò appena la spalla, senza aggiungere altro
né aspettare che assimilasse le
sue parole e si allontanò silenziosamente, tornando in casa.
Belle
riportò lo sguardo sull’oscurità,
ripensando alle parole del vecchio.
Quella
notte, dopo quasi un mese di notti silenziose, fu proprio un sogno a
svegliarla.
Destra,
sinistra. Un
piede dopo l’altro. Avanzava nel buio, rassicurata dalla
candela che creava una
bolla di luce attorno al suo corpo, ben salda nel suo piedistallo
dorato.
Strinse la presa nel minuscolo manico, continuando a camminare, le
spalle
dritte, il passo deciso e lo sguardo alto, senza chiedersi dove stesse
andando
o dove dovesse andare.
Un ramo spezzato la
fece voltare di scatto, cercando nella sua sfera luminosa
l’autore del rumore e
trovò a fronteggiarla una figura di donna bellissima e
sorridente, i cui occhi
luccicavano alla luce della candela.
Ammirò i suoi lunghi
capelli d’oro, il viso aggraziato e la pelle bianca.
-Chi sei?-
-Vendo rose-
-Ma io non ho come
pagarle-
-Rose rosse
scarlatte-
-Davvero? Devono
essere bellissime-
-Erano bianche, ma io
ho usato il sangue per tingerle di rosso-
Arretrò lentamente,
inorridita, squadrando quella figura angelica, dallo sguardo
luccicante.
-Chi sei?-
La donna le porse la
mano, ma lei arretrò ancora.
-Chi sei?!- urlò, ma
la donna, con il viso non più angelico, ma freddo, livido,
fiore della morte,
rimase in silenzio.
-Possiedi anche tu
delle rose?- chiese in un fiato ghiacciato che le scivolò
lungo la spina
dorsale, facendola rabbrividire.
-No! Io non sono come
te!-
Trasalì, scottata da
una goccia di cera bollente, lasciò la presa, la candela
cadde a terra, si
frantumò con un suono sordo, la bolla di luce
scoppiò, sentì un alito
ghiacciato ad un soffio dal suo viso e scappò via.
Sotto i suoi passi
terrorizzati, il terreno franò, la terra la
inghiottì, facendola precipitare
nell’acqua limpida e fresca che le chiuse i polmoni,
infiammandoli. Lei
scalciava, arrancava, colpiva l’acqua, cercava di farsi
largo, di tornare a
riva, di respirare, spinta
sempre più giù.
Lottava sommersa, l’acqua irruppe al
posto dell’aria. Annegava.
-Cosa
ti è successo alla faccia?-
Tenne
gli occhi fermi sul boccale quasi vuoto, il quinto.
Dannato
bambino. Faceva troppe domande.
-Sto
parlando con te-
E
non gli piaceva per niente.
-Lo
so. Ti sto ignorando-
-Qualcuno
ti ha picchiato? Chi ha vinto? Lo hai ucciso?-
-Non
uccido gli uomini- lo
guardò. E sollevò
un lato della bocca in un ghigno nascosto dall’ ombra soffusa
della locanda. –Ma
tu potresti essere il primo-
Il
bambino sostenne il suo sguardo, ma alla fine abbassò gli
occhi.
-Tornatene
da tua madre-
-Io
ti ho visto con la strega. Non zoppicavi, prima-
-Neanche
tu zoppichi, per ora-
-Ti
sei ferito mentre cercavi di prendere lui?-
Sbuffò. –Chi?-
-La
bestia-
Strinse
la presa sul boccale, digrignò i denti.
-Lo
prenderò. Appenderò la sua testa sulla mia parete
dei trofei. Presto. –