Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: usotsuki_pierrot    30/01/2017    1 recensioni
"Era strano. Decisamente strano. Nessuno avrebbe mai pensato che tutta la Generazione dei Miracoli si sarebbe potuta unire nuovamente, per di più insieme ad Elizabeth, Hitomi e Yuki. Non sapevano neppure chi l’avesse proposto, ma alla fine si erano davvero ritrovati tutti lì, accanto al campetto di basket situato all’esterno. Erano all’incirca le due di pomeriggio, le due di pomeriggio di quel non troppo freddo 31 gennaio."
Genere: Comico, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa: in questa fanfic sono presenti tre oc. Il mio è Yuki, capelli e occhi neri. Elizabeth, capelli castani e occhi blu, e Hitomi, capelli viola e occhi ghiaccio, sono oc di due delle mie più care amiche (che ringrazio ancora per avermi permesso di usare i loro pg~).



“Ora che siamo tutti qui… che si fa?”

Era strano. Decisamente strano. Nessuno avrebbe mai pensato che tutta la Generazione dei Miracoli si sarebbe potuta unire nuovamente, per di più insieme ad Elizabeth, Hitomi e Yuki. Non sapevano neppure chi l’avesse proposto, ma alla fine si erano davvero ritrovati tutti lì, accanto al campetto di basket situato all’esterno. Erano all’incirca le due di pomeriggio, le due di pomeriggio di quel non troppo freddo 31 gennaio.
Gli ultimi ad arrivare furono Murasakibara e Akashi, che si presentarono comunque in orario.
“Innanzitutto… Auguri Kuroko!”, esordì Elizabeth con un sorriso lieve ma carico di affetto, seguita da Yuki che però non si fece sfuggire l’occasione di lanciare un’occhiata complice ad Hitomi, che del resto era già diventata rossa come un peperone e cercava invano qualsiasi cosa su cui posare gli occhi color ghiaccio, sebbene nulla sembrasse offrirle una distrazione abbastanza grande.
Uno ad uno, anche tutti gli ex compagni di squadra fecero lo stesso, chi più imbarazzato, chi meno. Momoi dovette resistere alla tentazione di abbracciare l’azzurrino, dato che aveva saputo che ormai non era più libero sotto quel punto di vista, e si limitò a porgergli un grande sorriso e a tirare qualche leggera gomitata alla fidanzata, sempre più rossa in viso.
“Grazie a tutti...”, rispose il festeggiato, le cui labbra si curvarono seppur lievemente all’insù.
“Qualcuno ha un’idea su come passare il pomeriggio?”, chiese curioso Kise, portandosi una mano dietro la testa in segno di confusione.
“Ma come? Giochiamo, no?”, rispose Yuki, che posò subito il borsone che aveva portato con sé per poi aprire la grande cerniera e tirare fuori un pallone da basket.
Akashi sorrise lievemente a quel gesto.
“Pronta a tutto come sempre, eh Yuki?”.
La ragazza dai capelli neri come la pece gli rivolse uno sguardo determinato, mentre allungava il braccio ancora coperto dalla giacca in avanti, la mano che reggeva la palla nella direzione del rosso.
“Te l’avevo promesso il giorno della finale, ricordi? Avremmo giocato insieme e ti avrei battuto!”.
“Gio...care? E come facciamo?”, riprese il biondino, che sfoderò un piccolo broncio diretto alla più bassa del gruppo.
“Kise, non ci arrivi proprio eh?”.
“Aominecchi, non essere già così cattivo dall’inizio!”.
“Mh, in effetti non è una cattiva idea”. Fu Midorima ad interrompere i due, portandosi le dita agli occhiali per poterli sistemare meglio sul naso, abitudine che faceva fatica a morire.
“Midorimacchi, cosa intendi dire?!”.
“Non intendevo quello, Kise. Mi riferivo alla proposta di Yuki”.
“Eeeh? Ma non sapevo di dover arrivare fin qui solo per giocare un paio di partite...”.
“Murasakibara, puoi anche startene in disparte a guardarci”.
“Mido-chin, non ho detto quest-”.
“Lizzy, procedi...”. Quella volta, fu Yuki ad interrompere il piccolo litigio che stava scoppiando tra il più alto e il verdino, bloccandolo sul nascere e sospirando. L’interpellata arrossì vistosamente, e distolse lo sguardo avvicinandosi lentamente al titano viola.
“A-Atsushi, davvero non vuoi giocare..?”.
Fu difficile per il resto del gruppo tentare di non scoppiare a ridere nel momento in cui le guance dell’impassibile Murasakibara si tinsero di un rosso vivace e intenso, mentre le sue labbra mutavano in uno dei suoi soliti bronci e lo sguardo dapprima concentrato sulla ragazza dai capelli castani cominciava a vagare di modo che gli occhi potessero evitare di incrociare nuovamente quelli della più bassa.
“P-Potrei anche accettare… Ma solo se non mi chiederete di dividere gli snack dopo la partita!”.
Tutti accettarono di buon grado la proposta del viola, e la maggior parte dei ragazzi e Hitomi cominciarono a togliersi le giacche, che avrebbero solo impedito i movimenti. Dopotutto, il clima non era neanche così gelido, pur essendo la fine di gennaio.
Lizzy e Yuki si scambiarono un’occhiata complice e qualche istante dopo sorrisero, iniziando anch’esse a levare quell’ingombrante capo d’abbigliamento. L’ultimo a decidersi fu Kuroko, che rimase qualche minuto a guardare i suoi vecchi compagni di squadra e le ragazze prepararsi per giocare e si lasciò sfuggire un sorriso quasi inaspettato persino da parte sua. Nemmeno lui avrebbe mai immaginato che quel giorno sarebbe arrivato.
“Mh? Testuya, hai forse bisogno di una mano a spogliarti?”. Quella domanda intrisa nel tono fin troppo innocente della ragazza dai capelli viola fece avvampare l’interpellato, che si dovette bloccare qualche secondo per elaborare il significato di quella frase così ambigua.
Tutti i presenti, o perlomeno coloro che avevano potuto sentire Hitomi pronunciare quella strana domanda, si voltarono verso la coppia con uno sguardo interrogativo misto a malizia. Poco dopo, il viso di lei si dipinse di un rosso intenso, il cui calore poteva essere percepito ad una notevole distanza.
“I-Intendevo la giacca!! T-Togliere la giacca, stupidi!!”. La fragorosa risata che scoppiò pochi istanti più tardi fu la risposta all’imbarazzo evidente della coppia, che evitava di incrociare gli sguardi, quasi come se avessero avuto paura di rompersi al solo contatto, o di trasformarsi in statue di pietra.
Dopo qualche minuto speso a ridere, non tanto per ridicolizzare i due ma solamente per il puro divertimento del momento, ognuno dei ragazzi presenti si annunciò pronto, uno ad uno. Yuki si avvicinò alla palla che aveva temporaneamente abbandonato a se stessa a terra, e mise piede all’interno del campo, seguita man mano da tutti gli altri. L’ultima ad entrare fu Momoi, a cui fu affidato l’arduo compito di tenere d’occhio i borsoni dei giocatori e di svolgere il ruolo da arbitro. Soprattutto le tre ragazze notarono quanto emozionata la rosa fosse, quanto i suoi occhi di un colore chiaro e limpido si stessero inumidendo, e quanto la sua espressione fosse finalmente serena. Lizzy e Yuki erano incredibilmente felici di vederla così tranquilla dopo tanto tempo, e dentro di loro silenziosamente giurarono che avrebbero vinto, anche per lei.
Hitomi alzò un braccio per rompere il silenzio e per attirare l’attenzione di tutti.
“Abbiamo già deciso gli schieramenti della prima partita!”, disse, solenne.
“Cosa?? Hitomicchi, c’è qualcosa che non avete organizzato?!”.
“Guarda il lato positivo, non dobbiamo fare niente noi...”.
“Aomine, sei sempre il solito…”.
“Mh? Di certo non avrei lasciato il compito a te, Midorima… Chissà cosa ti sarebbe venuto in mente, probabilmente saresti andato solo a vedere l’oroscop-”.
“Aomine-san, non fare così per favore...”.
“Dobbiamo stare fermi ancora per tanto? Mi sta venendo fame...”.
L’unico che si rifiutò di spiccicare parola fu Akashi, che si limitò a tirare un lungo sospiro. Quando cominciavano a litigare in quel modo sembravano quasi dei bambini.
La ragazza dai capelli viola mise il broncio.
“Mi fate parlare oppure no??”. A quel richiamo, tutti si zittirono, e calò il silenzio sull’intera Generazione dei Miracoli. Di certo non avrebbero fatto altro che peggiorare la loro situazione in partita se avessero continuato a farla arrabbiare, l’aveva capito anche Aomine.
Dopo un breve sospiro ad occhi chiusi, la ragazza ricominciò a parlare.
“Le prime due squadre saranno composte da me, Elizabeth e Yuki da una parte, e da Tetsuya, Murasakibara e Akashi dall’altra”.
“Mmh? Hitochin, non sapevo foste masochiste...”.
“Murasakibara, non ti conviene farla arrabbiare, sei anche contro di lei...”.
“Mido-chiiin, ma siamo in vantaggio...”.
“Vorrà dire che vincerete senza problemi, no?”.
“Aominecchi, non provocarlo anche tu!!”.
Akashi dal canto suo, si avvicinò alla ragazza dai capelli neri, che stava nel frattempo togliendo i guanti, che avrebbe poi riposto nelle tasche della giacca, e le fasce che le avvolgevano quasi sempre le mani. La guardò liberare lentamente le mani che di rado vedevano la luce del sole, e alzò successivamente lo sguardo, aprendo la bocca quasi come se avesse dovuto iniziare uno dei suoi interminabili discorsi.
“Akashi, dovresti prepararti!”, disse lei, battendolo sul tempo. Il rosso sorrise lievemente, sapeva che la ragazza non gli avrebbe permesso di dire una sola parola che riguardasse quella condizione.
Dopo qualche minuto di riscaldamento, le due squadre erano pronte, al centro del piccolo campetto. Non era stato necessario indossare le pettorine, dato che gli schieramenti erano evidenti, ma quelle semplici casacche colorate riposavano comunque nel borsone della più bassa, in vista delle partite seguenti.
“Satsuki, a te...”. il ragazzo dai capelli blu si avvicinò alla manager con il pallone in una mano, che quest’ultima accettò con un sorriso spensierato rivolto al più alto, che rimane quasi di stucco a vederla così in fibrillazione.
La rosa si diresse verso il centro del campo, dove Murasakibara, Kuroko e Akashi erano allineati di fronte ad Elizabeth, Hitomi e Yuki, che se ne stava rilassata, in profondo contrasto con le compagne, che erano pronte a saltare in ogni momento per afferrare per prime il pallone arancione. Dopotutto, essendo la più bassa, sapeva di non essere in grado di avere la meglio in quell’azione iniziale, perciò preferiva di gran lunga essere pronta a tornare in difesa il prima possibile.
I cinque giocatori saltarono in contemporanea non appena la ragazza dai lunghi capelli rosa lanciò la palla in aria. Murasakibara, grazie alla sua altezza, fu il primo a toccarla e a stringerla al petto, osservando l’area circostante per poter cercare di scorgere qualsiasi spazio libero o compagno non marcato. Akashi fu il primo, essendo libero da pressioni avversarie, a farsi avanti, superando il viola e attendendo il passaggio da quest’ultimo. Murasakibara si accorse di lui nel momento in cui lo vide corrergli accanto e gli tirò la palla, che finì nelle mani del rosso, il cui sguardo passò in una manciata di secondi dalla sfera arancione al canestro che si trovava non molto distante da lui. Nel frattempo, Elizabeth era corsa in difesa, dove era già presente Yuki, e Hitomi continuava a marcare strettamente l’azzurrino senza togliergli gli occhi di dosso.
“Sei insistente, eh, Hitomi-san!”.
“Certo, Tetsuya! Non ti farò scomparire come al tuo solito!”.
Elizabeth riuscì a raggiungere in un battibaleno il rosso, e con un balzo finì direttamente davanti a lui. Quest’ultimo dovette fermarsi, quasi spaventato dalla rapidità con cui la giocatrice era giunta di fronte a lui. Continuava a palleggiare, guardandola negli occhi. Non che fosse in difficoltà, ovviamente. Proprio per quel motivo evitò di usare le sue abilità e si limitò a lanciare un piccolo ghigno di sfida alla rivale, per poi passare la palla a sinistra, sapendo che in un modo o nell’altro Kuroko sarebbe arrivato nel punto giusto.
E in effetti così fece; nei pochi secondi in cui Hitomi voltò leggermente la testa per poter essere sicura che Elizabeth fosse pronta a marcare Akashi, l’azzurrino era sgusciato via dalla sua visuale, superandola grazie al suo Vanishing Drive e lasciandola non tanto di stucco, quanto quasi irritata dalla sua velocità.
Quando questi fu in linea con Akashi, pronto a ricevere il passaggio, la palla aveva già abbandonato le mani del rosso, ma non fece in tempo a raggiungere l’azzurro. Yuki era rimasta coscientemente dietro alla compagna, aspettando quel momento che sapeva sarebbe arrivato, e con un movimento non tanto veloce quanto astuto riuscì ad allungare un braccio e ad intercettare il passaggio tra i due avversari, lasciandoli con l’amaro in bocca. La ragazza cominciò a correre, palleggiando rapidamente, e non appena lanciò un’occhiata ad Hitomi, questa annuì e con uno scatto repentino riuscì a seminare Kuroko, che già stava cercando di tornare alla sua posizione originale il più in fretta possibile per poter bloccare la violetta.
La più bassa intanto si avvicinava sempre più al canestro, difeso però da Murasakibara, che già si preparava (lentamente, come al suo solito), a bloccare quella che paragonata a lui poteva sembrare una formica.
Senza dire niente, piegò di poco le ginocchia e aprì le braccia, per impedirle qualsiasi movimento, nonostante fosse ancora troppo distante. Infatti, quella distanza permise alla ragazza di passare la palla velocemente alla compagna dagli occhi ghiaccio, che tuttavia si trovava troppo vicina alla meta e venne raggiunta dal largo campo di difesa dell’avversario. Si fermò per qualche istante, continuando a palleggiare e guardandolo negli occhi. Si prese qualche secondo per pensare ad una soluzione che fosse la più adatta possibile. Yuki era ancora al lato del canestro, pronta a ricevere la palla in caso di emergenza, e si sentì in parte sollevata. Tuttavia sapeva di non poter usare il suo potere contro il titano viola, dato che non era propriamente marcata in quel momento e non sarebbe stata utile in quel tipo di situazioni, perciò optò per un passaggio rapido alla ragazza poco distante da lei, che saltò. Il viola allungò una mano, nel momento esatto in Yuki si trovava al culmine del salto, con le braccia alzate.
“Murasakibara, è una trappola!!”. L’urlo di Akashi fu come una secchiata d’acqua gelida.
Proprio quando il difensore pensava di aver messo con le spalle al muro la squadra avversaria, la corvina sfoderò un piccolo ghigno e buttò le braccia all’indietro facendo cadere la palla, che arrivò dritta nelle mani di Elizabeth; la giocatrice infatti era riuscita poco prima senza difficoltà a liberarsi di Akashi nella propria metà campo e si era ritrovata in un batter d’occhio nel punto esatto, dietro la compagna.
“Cosa?!” gridò Murasakibara. La castana si abbassò quel tanto da immagazzinare abbastanza energia nelle gambe, dopodiché scattò improvvisamente in avanti, raggirando il titano viola, saltando a pochi centimetri dal canestro e segnando il primissimo punto, aggrappandosi con forza all'anello metallico. Il suono del fischietto proveniente dalla panchina, più precisamente da Momoi, indicò la fine della prima azione di quell’avvincente scontro. Gli occhi di Lizzy scoppiarono di luce, come quelli di un bambino al quale viene regalato il più bel giocattolo che potesse desiderare a Natale, mentre i pugni si chiudevano in preda all’emozione del momento, le gambe che quasi tremavano; da quanto tempo non provava una sensazione simile?
Hitomi non riuscì a trattenersi e quasi come una piccola bomba ad orologeria saltò alzando le mani. Dopodiché si avvicinò alle due ragazze con le braccia ancora a mezz’aria, i palmi completamente aperti in attesa di un contatto con quelli delle compagne, che si guardarono sorridendo e batterono il cinque alla violetta.
Intanto, Murasakibara si era avvicinato imbronciato ad Akashi, il quale aveva mosso i primi passi verso la propria metà campo per prepararsi alla prossima azione.
“Aka-chin, avevi detto che sarebbero state più deboli delle medie…”.
“Infatti è quello che credevo, ma a quanto pare sarà molto più difficile del previsto… Hanno agito così in fretta che sono cascato anche io nel loro trucco, Yuki non va mai a canestro”.
“Le ragazze sono forti, Murasakibara-kun… Non ho mai dubitato di questa loro forza…”. Kuroko sorrise lievemente, con lo sguardo in direzione di Hitomi che si stava complimentando con Yuki e Lizzy per l’inaspettata collaborazione. Il viso del più basso si tinse di una pura determinazione, non dettata dalla sete di vittoria, ma dal semplice desiderio di giocare al suo meglio.
Pochi minuti più tardi, la partita aveva già ripreso il suo corso, con Akashi in possesso di palla. Quest’ultimo fu abbastanza rapido da raggiungere in una manciata di secondi non solo la metà campo avversaria, ma addirittura il canestro, protetto dalla corvina che sembrava quasi aspettarlo.
“Non passera-!!”, Yuki non riuscì a finire la frase. Si ritrovò faccia a faccia con il rosso, che tuttavia non si sarebbe lasciato cogliere impreparato, come invece era successo con Elizabeth. Sapeva dopotutto che Yuki non sarebbe stata capace di contrastarlo, perlomeno non se si trattava di difendere il canestro. Bastò veramente poco per bloccarla usando l’Occhio dell’Imperatore, e sarebbe anche riuscito direttamente a segnare, se solo non fosse stato nuovamente per Elizabeth, che sfruttò ancora una volta la sua velocità per fiondarsi davanti a lui.
“Heh… Elizabeth, sei veloce, sai?”.
“Se si tratta di impedire a te di andare a canestro, potrei continuare a vita!”, rispose lei sorridendo, determinata.
Akashi diede una rapida occhiata ai dintorni; purtroppo il compagno di squadra era saldamente marcato da Hitomi, che quella volta non sembrava intenzionata a lasciarlo passare. Così fece il primo passo, seguito dalla ragazza che era mossa dallo stesso desiderio della compagna, e nei secondi successivi i movimenti di entrambi si fecero così rapidi e sconnessi che difficilmente qualcuno avrebbe potuto seguirli con gli occhi. Proprio nel momento in cui a tutti era sembrato quasi che la squadra femminile stesse avendo la meglio, il rosso fece una veloce giravolta che colse totalmente impreparata la ragazza che anzi rischiò di ruzzolare a terra a causa della posizione altamente contorta in cui si era ritrovata. Yuki intanto era riuscita con molta fatica a muovere i muscoli quasi indolenziti e si voltò di scatto allungando come poco prima il braccio per impedire alla palla di trovare un possibile varco che l’avrebbe sicuramente portata a canestro. Tuttavia, a causa degli effetti ancora piuttosto forti dell’abilità del capitano della Rakuzan, non fu in grado di darsi una spinta abbastanza potente; poté solo mordersi il labbro in segno di rassegnazione, mentre il braccio si abbassava lentamente. Il tiro era già stato eseguito, e la ragazza poteva già vedere benissimo che sarebbe andato a buon fine; pur essendo stato messo alle strette, Akashi era riuscito a posizionarsi perfettamente, la palla stava seguendo la traiettoria più adatta possibile, lo poteva vedere chiaramente. Di fatti, ancor prima che l’azione giungesse al termine, si sentì un “mi dispiace” sussurrato a denti stretti. Il rumore della palla che entrava nel canestro fu anche più forte del solito, così come il fischio dell’improvvisato arbitro dai capelli rosa.
Dopo qualche istante in cui il tempo sembrò quasi essere congelato, fermo immobile, come se quel canestro avesse potuto avere qualche sorta di potere magico, Elizabeth lanciò un sospiro.
“Aaaaah, c’eravamo quasi!!”, disse Hitomi, che incrociò le braccia mettendo un piccolo broncio.
Il giocatore che aveva appena donato un punto alla propria squadra si voltò verso la ragazza dai capelli neri, che aveva indirettamente battuto e che teneva lo sguardo lievemente abbassato, ma non troppo, non come avrebbe fatto ai tempi delle medie.
“Quella era la prima volta che Akashicchi usava l’Occhio dell’Imperatore su di te, Yukicchi!! Come hai fatto a liberarti così in fretta?!”, un urlo dalle panchine ruppe il momentaneo silenzio di quegli attimi.
“Mh? Kise..?”, Yuki diresse lo sguardo in direzione del biondo, che le rivolse subito un esplicativo pollice in su. Nel frattempo, accanto a lui, Aomine si era portato una mano dietro la testa e, con gli occhi chiusi e la testa lievemente abbassata, aveva cominciato a parlare, seppure solamente a versi, perlomeno all’inizio.
“Kise ha detto una cosa sensata per una volta… anche se odio ammetterlo. Ohi, Yuki! Non provare a farti battere da Akashi solo per questo!”.
“Questi due potrebbero avere ragione…”, Midorima si sistemò lentamente gli occhiali sul naso, socchiudendo gli occhi. “Ricordo bene gli effetti di quell’abilità…”.
“Hanno ragione, Yuki. Sei stata brava”. L’interpellata si voltò nuovamente e si ritrovò faccia a faccia con Akashi, che sfoderò uno dei suoi sorrisi più leggeri e soprattutto sinceri. Ricambiò il sorriso, annuendo e ringraziando i due ragazzi in panchina e soprattutto il rosso; non si sarebbe fatta travolgere di nuovo dalla paura, non quella volta. Era in squadra con due ragazze incredibilmente forti e determinate a vincere, non era da sola e avrebbe anzi dovuto essere lei a guidarle verso la vittoria.

“Alla fine… un pareggio, eh?”. Kise sembrava quasi deluso da quel risultato. Era stata una partita decisamente fuori dal comune, ma proprio per quello avrebbe voluto avere un vincitore con cui potersi congratulare.
“Non abbiamo ancora finito!”, disse Hitomi. Non che ce ne fosse bisogno, nessuno avrebbe voluto fermarsi lì.
“Le prossime squadre verranno scelte a caso, ma essendo noi ragazze le organizzatrici giocheremo in tutte le partite~”, continuò la violetta con tono quasi divertito.
“Eh? Tutte le partite? Siete sicure che non vi stancherete?”.
“Mh mh, che coraggio… A me è già venuta fame…”.
Un’occhiata gelida come il ghiaccio fece zittire sul colpo il blu e il gigante viola, che anzi percepirono quasi un brivido dietro la schiena.
“Murasakibara… L’hai sentito anche tu vero?”.
“Uh… Credo che mi sia quasi passato l’appetito…”.
“… Aspetta, TETSU, PERCHÉ STAI RIDENDO?!”.
“Kuro-chin, mi fai venire voglia di schiacciarti”.

Yuki, Akashi, Midorima contro Hitomi, Lizzy, Aomine. Questi furono gli schieramenti che si sarebbero scontrati nella partita successiva.
“Eeeeeh?! Yukicchi e Akashicchi nella stessa squadra? Insieme a Midorimacchi?!”.
“Qualche problema..?”.
“Akashicchi, ce ne sono tanti di problemi in questo sorteggio!”.
“Ohi, Kise!! Pensi che non potremo batterli per caso?!”.
“Aomine-kun, buona fortuna…”.

Il fischio d’inizio diede il via al secondo scontro. Il primo ad afferrare la palla fu Aomine, che con grande velocità aveva saputo darsi la spinta necessaria per oltrepassare senza difficoltà Akashi, con una rapidità tale che impedì a quest’ultimo di usare qualsiasi tecnica su di lui. Nel frattempo, Lizzy rimase in difesa, al contrario di Hitomi che, libera dal dover marcare strettamente Kuroko (che in quella partita non giocava), aveva cominciato subito a correre in avanti in linea con il blu. Sapeva che non le avrebbe passato il pallone tanto facilmente, avendolo ormai conosciuto, ma non sarebbe riuscita a rimanere senza far niente nella propria metà campo. I capelli viola le si scompigliavano sulle spalle mentre allungava il peso del corpo in avanti così da poter stare al passo con il compagno incredibilmente veloce. Ma in fondo lei non era da meno.
Aomine si ritrovò faccia a faccia con Yuki, che, coscia del fatto che non l’avrebbe fermato con facilità, si preparava a mettere in atto una delle sue tecniche.
Abbassò leggermente lo sguardo, quel tanto da poter concentrarsi su qualcosa che non fosse il viso dell’avversario, e nel momento in cui quest’ultimo riuscì a scartarla, aveva raggiunto ormai il suo obiettivo.
“Daiki”.
Il giocatore si bloccò, completamente. Gli occhi blu erano intrisi quasi di terrore e sgomento. Riuscì ad avere la forza necessaria per continuare a palleggiare, ma nulla più. Hitomi fece un passo verso di lui, ma quell’aura così… strana, la fece indietreggiare e stringere i pugni.
“Non vorrai mica andare a canestro, vero? Dammi la palla, Daiki”. Lo sguardo di Yuki era estremamente concentrato, il suo corpo era fermo e gli occhi puntati a terra, ma non sembravano fissare il cemento.
A quel punto, Aomine mosse il braccio e lanciò la palla in aria, ma all’indietro, in un piccolo passaggio diretto proprio alla corvina. Quest’ultima afferrò la palla, ringraziando l’avversario, dopodiché tirò un lungo sospiro ad occhi chiusi e prese a correre in direzione del canestro. Elizabeth sembrò la meno sorpresa dalla situazione, ma non si mosse alla propria posizione di difesa; Hitomi scosse in fretta la testa e cominciò a correre per raggiungere la sua postazione, ma Midorima e Akashi erano pronti poco più avanti della compagna di squadra, nessuno dei tre sembrava avere l’intenzione di fermarsi. Il primo a puntare i piedi saldi a terra, smettendo completamente di muoversi, fu il verde. Gli occhi erano già puntati al canestro, nonostante avesse da poco superato la metà campo.
Yuki fece per voltarsi verso di lui, le braccia già allungate per il passaggio, ma si ritrovò davanti agli occhi Hitomi, che sembrava essere comparsa dal nulla. Per un attimo, alla corvina parve di veder muoversi non l’avversaria, bensì Kuroko. Non appena riottenne parzialmente il controllo del pallone, prese a muovere le braccia per impedire alla violetta di ottenere qualsivoglia vantaggio in quella situazione, ma quest’ultima non accennava a smettere un solo secondo di seguire le sue mosse. All’improvviso, gli occhi di Hitomi presero a brillare di un’insolita e lievissima luce, che però solo la ragazza davanti a lei avrebbe potuto vedere. Stava decisamente mettendo in atto la sua tecnica più efficace, l’Eyes Fear, ma nonostante tutti i tentativi per non cascarci, Yuki si ritrovò a fissarla in quegli occhi color del ghiaccio, che dapprima la affascinarono. Aveva sempre pensato che fossero stupendi, così come la maggior parte delle persone che la conoscevano, ma mai come in quel momento. Più li guardava, più sembrava ipnotizzata, più sentiva di perdere il controllo del proprio corpo. Una strana angoscia poi la colse impreparata, tanto che le mani cominciarono a tremare, lo sguardo si crucciò in preda alla preoccupazione, ad una paura ignota, le gambe si bloccarono; non era come l’Occhio dell’Imperatore, sentiva di riuscire a muovere pressoché ogni parte del proprio corpo, non si sentiva paralizzata, ma… aveva paura di farlo. Era stata così ipnotizzata e catturata in quello sguardo, che la fissava senza perdere di vista un solo secondo il suo viso, che non osava muovere un muscolo. Dentro di lei sentiva una strana sensazione, era come se temesse la freddezza di quegli occhi, ma allo stesso tempo ne fosse talmente affascinata da voler rimanere in quella posizione in eterno.
“Yuki!!”. Il grido del compagno di squadra dai capelli rossi la risvegliò da quel sogno che presto si sarebbe trasformato in incubo; cercò un varco da poter usare per passare la palla a Midorima, che si trovava nella posizione perfetta per effettuare un tiro vincente, ma non riuscì a trovare nessun punto libero.
“Tsk...”, la ragazza si morse il labbro e lanciò la palla in un punto non coperto da Hitomi, ma la palla venne intercettata da Elizabeth, come del resto aveva previsto. Sapeva che non ci avrebbe potuto far niente.
La castana cominciò a correre spedita in direzione del suo canestro, dove già si trovava Aomine che pur essendosi anch’egli “risvegliato” aveva deciso di aspettare l’occasione giusta per muoversi. Nessuno dei tre avversari riuscì a fermare la ragazza che con un’agilità incredibile, sola davanti al canestro, spiccò un salto che fece rabbrividire tutti i giocatori a riposo. In aria, con il braccio allungato sopra la testa, la cui mano reggeva la palla arancione, fu un gioco da ragazzi per lei arrivare in un batter d’occhio ad aggrapparsi all’anello e ad infilare con forza la sfera nel canestro; il pallone rimbalzò non appena toccò terra, mentre l’autrice del punto se ne stava ancora arrampicata con una mano all’anello. Allungò un braccio verso la propria metà campo, in cui si trovavano ancora praticamente tutti i giocatori tranne il blu, con un sorriso innocente che mise ancora più sotto shock tutti i ragazzi.
“E-Elicchi è inquietante...”.
Il rumore della busta delle patatine che si apriva fece voltare tutti verso il più alto, che nel frattempo ne aveva approfittato per iniziare a mangiare qualche snack.
“Murasakibaracchi!!”.
“… Che c’è? Ho fame...”.
“Mukkun, sei proprio insaziabile!”, Momoi sorrise in direzione del viola, che si limitò ad iniziare ad ingurgitare patatine, rivolgendo però lo sguardo verso la castana, che era appena atterrata nuovamente sul campo pulendosi le mani.

Il terzo scontro vide schierarsi Kise, Hitomi e Kuroko contro Elizabeth, Yuki e Murasakibara. La castana era felice di poter contare sul titano viola in difesa, nonostante tutti sapessero che non era solamente quello il motivo. Del resto, anche la violetta continuava a lanciare timide occhiate sfuggenti all’azzurrino, che ricambiava ogni volta con un leggero sorriso quasi imbarazzato.
La partita procedette regolarmente la maggior parte del tempo, dopotutto nemmeno Yuki era invogliata ad usare le sue tecniche senza che ci fosse Akashi in campo, le sembrava quasi di fare un torto alla squadra avversaria, così si limitarono tutti a giocare semplicemente al massimo delle loro capacità, finché all’improvviso Kise non si ritrovò in attacco. Correva rapido verso il canestro, palleggiando, con gli occhi puntati davanti a sé. Era solo, nessuno l’aveva ancora raggiunto. Con la sua agilità, fu decisamente facile per lui riuscire a smarcarsi sempre in un battibaleno. Tuttavia, quando fu arrivato a pochi passi dal canestro, pronto a passare al livello successivo e ad imitare una delle abilità di Aomine (che dal canto suo continuava a gridargli contro dalla panchina), Yuki gli si parò davanti, con lo sguardo fisso sul suo, il volto impassibile.
“Mh? Yukicchi, cosa stai cercando di fare?”.
“Sto guadagnando tempo, Kise...”.
“Eh? Per cosa?”. La palla continuava a palleggiare, nonostante il ragazzo fosse effettivamente stato fermato.
La corvina lo fissava, senza distogliere l’attenzione su di lui.
“Sei stato bloccato, Kise. Non puoi più far nulla per andare a canestro. Probabilmente avresti anche voluto imitare il tiro di Midorima, vero? Quando eri oltre la metà campo. Ma sei stato incosciente, hai pensato che nessuno ti avrebbe raggiunto, e invece sei stato fermato e adesso sei troppo vicino al canestro per ritornare ai tuoi piani originali. Non puoi usare nemmeno l’Occhio dell’Imperatore, perché sei convinto che con me non funzionerà una sua copia, ovviamente le tecniche di Kuroko sono fuori questione da questa posizione, così come quelle di Murasakibara. Ti resta solo...”.
“Tsk… Farò canestro anche così!!”. Il biondo riuscì, imitando, come secondo la sua idea iniziale, le tecniche e l’agilità del blu, a smarcarsi dalla corvina. Il ghigno di quest’ultima, però, fece perdere velocità al ragazzo, che non si aspettava una reazione così positiva, quasi come se l’avversaria stesse aspettando solo quello. E infatti, non riuscì a fare un passo in più, dato che davanti a lui si piazzò Elizabeth.
“Kise, ricordi? Lizzy è come Kagami...”.
“Non vuol dire che riuscirete a fermarmi!!”. Il biondo stava evidentemente perdendo la pazienza, e cominciò a muoversi seguendo passo passo le mosse di Aomine, ma niente poté superare la velocità della castana, che fu in grado di bloccare ogni singolo movimento.
Kise realizzò in quel momento che sarebbe stato impossibile fermare Elizabeth a causa della sua rapidità quasi disumana, ma in quello stesso istante, mentre riavvicinava il braccio a sé per continuare quelle sue tattiche disperate, Yuki con un gesto istantaneo della mano riuscì ad afferrare il pallone, si allontanò quel tanto che le permise di avere maggiore controllo dei dintorni, alzò le braccia per poter tirare a canestro, lanciò e proprio nel momento in cui la sfera arancione stava per entrare nell’anello, la compagna di squadra saltò proprio sotto al cerchio metallico e schiacciò prepotentemente, segnando l’ennesimo punto grazie ad un fantastico Alley-oop.
Ma nello stesso istante in cui la ragazza atterrò nuovamente, un leggero mugolio di dolore fece attirare l’attenzione di tutti su di lei. Si teneva la gamba, riusciva a stare in piedi ma non avrebbe retto ancora per molto.
Yuki le si avvicinò, lo sguardo che non si separava dalla gamba dolorante della compagna di squadra.
“Lizzy, hai fatto un ottimo lavoro...”.
“Cosa..? Perché me lo dici così, Yuki-chan? Io… Io posso ancora giocare!”.
“Non se ne parla, sei impazzita?”, la corvina posò le mani sui fianchi tirando un profondo sospiro, gli occhi chiusi e i capelli che ormai non le lasciavano libero il viso da quanto erano in disordine.
“Devi andare in panchina, Lizzy”. La castana scosse la testa.
“Non voglio andare, voglio rimanere fino alla fin-”.
“Ascolta il tuo capitano ed esci dal campo!”.
“… Da quando eri tu il capitano, Yuki-chin?”.
“Murasakibara, non è il momento...”. Detto questo, la ragazza allungò una mano sui capelli della compagna di squadra, mettendoli ancora più in disordine, mentre un sorriso si dipingeva sul suo volto.
“Grazie, Lizzy...”.
Di fronte a quello sguardo e dopo quelle poche parole, Elizabeth non riuscì a non rassegnarsi all’evidenza, tirò un sospiro che non aveva minimamente l’intenzione di nascondere la tristezza che l’aveva improvvisamente avvolta, e annuì, ritornando a rivolgere lo sguardo e gli occhi azzurri alla ragazza.
Dopodiché, grazie all’aiuto della più bassa, riuscì a raggiungere con qualche piccola difficoltà la panchina e vi si sedette, mordendosi un po’ il labbro.
“Bene...”, Yuki guardò la ragazza dai lunghi capelli rossa che nel frattempo si era avvicinata alla castana con un pesante velo di preoccupazione sul volto.
“Momoi…”, allungò una mano verso di lei, sorridendo. “Benvenuta nella squadra...”.

Quello sarebbe stato l’ultimo scontro della giornata. Aomine, Kise e Hitomi contro Momoi, Yuki e Midorima. Non fu facile convincere la ragazza che precedentemente si era improvvisata arbitro a prendere il posto della castana, ma Yuki e gli altri seppero essere abbastanza convincenti da farla desistere; gli occhi le si inumidirono e un sorriso carico di felicità le apparve sul volto nel momento in cui annuì, accettando finalmente il cambio di giocatore.
Aomine avrebbe avuto il compito di marcarla, e nonostante avesse detto che non ci sarebbe andato piano solo perché si trattava di lei, non le sarebbe stato troppo addosso come invece avrebbe fatto in altri casi. Non l’avrebbe mai ammesso, ma dentro di sé era estremamente sollevato di vedere la sua amica d’infanzia così serena e tranquilla.
Per rispetto nei confronti della nuova arrivata, il gioco proseguì molto più lento rispetto a quanto non avesse fatto fino a quel momento. Del resto, Yuki e Hitomi cominciavano ad accusare la stanchezza di essere state in campo fin dall’inizio e di aver dato in ogni secondo il meglio di sé, perciò tutti furono d’accordo sulla silenziosa proposta di rallentare il ritmo.
Tuttavia, Hitomi non si sarebbe arresa così in fretta alla debolezza che pian piano sentiva crescere dentro di sé, soprattutto a causa del braccio che cominciava a provocarle fitte di dolore.
Avrebbe dato tutta se stessa in quell’ultima azione. Il sole stava lentamente iniziando a calare, e avrebbe approfittato della luce che pian piano lasciava il posto all’oscurità del tardo pomeriggio invernale per mettere in atto la sua seconda tecnica.
Proprio quando mancavano pochi secondi alla fine, Hitomi ottenne il possesso di palla grazie a Kise, che era stato marcato da Midorima. La violetta iniziò a correre verso il canestro, la strada era spianata, solo Yuki si trovava come al solito nel suo campo visivo, e come aveva previsto in pochi istanti se la ritrovò davanti agli occhi. Sapeva che mancava solo una misera manciata di secondi allo scadere del tempo, era la sua ultima occasione. Tirò un profondo sospiro, ferma, mentre la mano destra faceva palleggiare lentamente la grande sfera arancione.
La corvina la guardava, pronta a tutto, non si sarebbe lasciata sopraffare un’altra volta da Hitomi. I secondi passavano, la ragazza non sembrava avere l’intenzione di muovere un singolo passo, gli occhi erano chiusi, in profonda concentrazione. I capelli viola oscillavano, mossi dal leggero vento gelido che li aveva avvolti. All’improvviso, cominciò a muovere un passo, ma quegli occhi ghiaccio non si aprivano. Non avrebbe fatto ricorso all’Eyes Fear, e Yuki si sentì quasi sollevata; sensazione che tuttavia durò ben poco. Non aveva idea di cosa stesse progettando, ma mentre prestava la massima attenzione a seguire le sue mosse, cercando di bloccare con le braccia ogni via d’uscita, la sua vista divenne sempre meno vivida e chiara. Cominciava a vedere quasi sfocato, o era una sua impressione? Quei movimenti, quel modo così particolare di palleggiare, quella velocità… D’un tratto, davanti a lei, per qualche attimo, non vide più Hitomi. Quello era Aomine, nella sua mente. Fu quasi spaventata, non riusciva a credere che il blu fosse riuscito ad arrivare così in fretta, riuscendo a superare la marcatura seppur debole di Momoi. No, quello non poteva essere lui, era nella stessa esatta posizione di Hitomi, e non l’aveva mai persa di vista nemmeno per un secondo. Doveva essere lei, ma davanti ai suoi occhi vedeva solo il ragazzo!
Fu nel momento in cui la violetta aprì gli occhi che l’effetto svanì, Yuki si immobilizzò quando si accorse che Aomine era praticamente scomparso lasciando nuovamente il posto ad Hitomi, e dopo aver lanciato una rapida occhiata preoccupata alle spalle dell’avversaria… vide Aomine, il VERO Aomine, non quello creato dall’illusione della giocatrice, correre verso il canestro. La ragazza dagli occhi ghiaccio gli passò la palla, senza che nessuno se ne accorgesse, quasi come se tutti i giocatori si fossero dimenticati della presenza del blu in campo, anche la stessa Momoi. Il fischio proveniente dalla panchina, questa volta provocato da Elizabeth che guardava esterrefatta Hitomi, segnò l’ennesimo canestro eseguito quel giorno.
“Quello era… l’Eyes Deceiver di Hitomi” pensò Yuki, che la fissava, con la bocca semiaperta in preda ad un sentimento di sorpresa e ammirazione misto a sgomento e confusione.

“Alla fine la maggior parte delle partite è finita in pareggio...”, sospirò Aomine. “Tutta fatica sprecata”.
“Assolutamente no!”, sbottò Hitomi, lanciando un’occhiata di rimprovero al ragazzo.
“Ci siamo divertiti tutti insieme, no?”, continuò Elizabeth, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi pieni di dolcezza.
“Mh? Yuki, va tutto bene?”. Akashi guardò la corvina, che si era portata una mano al mento e si era quasi immersa nei suoi pensieri quasi come se si fosse ricordata all’improvviso di un qualcosa di estremamente importante.
“Yuki-san, a cosa stai pensando..?”. La ragazza su cui d’un tratto si riversarono tutte le attenzioni di quel gruppetto costruito all’ultimo minuto guardò l’azzurro che aveva appena parlato e che le rivolse uno sguardo interrogativo.
“Mh… Sì, si potrebbe fare…”.
“Yuki, giocare troppo ti ha fatto salire il sangue al cervello?”.
“Aominecchi, non essere sempre così cattivo!”.
La corvina aspettò qualche secondo, dopodiché fece un piccolo gesto con la testa, quasi come se stesse annuendo a se stessa, e riprese a guardare tutti i presenti.
“Venite con me!”.

La casa di Kagami era abbastanza grande per accogliere tutti i membri della Seirin, che avevano, durante l’assenza della ragazza dai capelli neri e del festeggiato, preparato tutti gli addobbi e le decorazioni sulle pareti, sul soffitto, sul tavolo imbandito di prelibatezze e dolcetti per celebrare il compleanno del numero undici della squadra.
“Kagami, non azzardarti a mangiare niente!!”.
“Eeh? Ma se ho cucinato tutto io!”.
“Riko, non essere così diretta con lui, in effetti è stato fin troppo buono…”.
Lo sguardo di rimprovero del capitano della Seirin fece borbottare l’allenatrice, che buttò per qualche istante gli occhi sull’orologio appeso alla parete.
“E’ piuttosto tardi… Dove saranno?”.
“Mh, in effetti è da un po’ che sono fuori...”. Izuki finì di preparare le ultime piccole decorazioni da tavolo, mentre Koganei e Mitobe mettevano a punto le piccole trombette che Kiyoshi aveva portato da casa.
“Non sei preoccupato per Yuki, Kagami?”, il gigante buono della squadra rivolse uno sguardo confuso verso il rosso, che si voltò per ascoltarlo.
“… In effetti… Sono in giro dalle due...”. L’asso si portò la mano al mento, pensieroso.
“Io ho sentito che si sarebbero incontrati con i ragazzi della Generazione dei Miracoli...”, intervenne Furihata, che come al solito preferiva dire la sua solo quando sapeva di essere al sicuro. Ovvero, quando non c’era Akashi nei paraggi.
“… La Generazione dei-”, il volto di Kagami si incupì alla velocità della luce, una scintilla prese a brillare negli occhi dello stesso colore dei capelli, mentre univa il pugno alla mano aperta per scrocchiare bene le dita.
“Quello stupido di Aomine… spero non abbia osato farle niente”.
Himuro sorrise, sorpreso ma non troppo nel vedere quanto quella semplice frase avesse fatto preoccupare l’amico di infanzia.
“Ora che ci penso… Chissà come se la sta cavando Shin-chan...”. Quella volta il momentaneo silenzio fu rotto da Takao, che si era infiltrato nella festa, a discapito del proprietario della casa.
All’improvviso, si sentì il suono delle chiavi che entravano nella serratura e giravano per aprire la porta chiusa. La prima ad entrare nell’edificio fu Yuki, seguita da Kuroko. Non appena l’azzurrino mise piede all’interno, tutti i ragazzi della Seirin si alzarono in piedi e augurarono all’unisono un buon compleanno al bassino, che sorrise lievemente in preda all’entusiasmo del momento.
“Si può?” la testa di Hitomi sbucò dall’esterno, prima che tutto il corpo apparisse a pochissimi passi dalla porta. La ragazza entrò guardandosi intorno, gli occhi color del ghiaccio che esploravano ogni punto dell’abitazione.
“Hitomi?!”. Takao rivolse uno sguardo sorpreso alla compagna di scuola.
“Wooooooah! È proprio una bella casa, complimenti Kagami!”.
“… Cosa? COSA?!”. Il rosso non poté trattenere un urlo quando si ritrovò davanti non solo la violetta, ma l’intera Generazione dei Miracoli.
“Oh, Murasakibara… Mi chiedevo dove foste finiti, stavo cominciando a preoccuparmi... Ciao anche a te, Lizzy!”.
“Ciao Himuro~! Oh, Kagami, mi dispiace se siamo arrivati qui senza preavviso…”, la ragazza dai capelli castani si piegò in un piccolo inchino, sotto gli sguardi confusi e impanicati di tutta la squadra bianca e rossa.
“Mido-chiiin, è stato stancante…”. Il titano viola non si fece grossi problemi e si avvicinò subito al corvino sedendosi accanto a lui, trascinando con sé la giocatrice dagli occhi blu.
“Shin-chan!”. Il verdino si voltò di poco a guardare Takao, che si era comodamente seduto sul pavimento, e non poté neanch’egli nascondere un’espressione decisamente sorpresa.
“Takao?! Che ci fai qui?!”.
“Mi ero perso…” cominciò a spiegare Himuro. “Vedete, Taiga non è molto bravo a disegnare e così quando mi ha dato il foglietto con indicata quale fosse casa sua ho finito col non capirci più nulla…”.
“Per fortuna sono arrivato io e l’ho portato sano e salvo qui~”.
“Avevamo finito di giocare e ho pensato che sarebbe stato bello portarli tutti qui per festeggiare insieme!”, annunciò sorridente Yuki, che intanto aveva chiuso la porta e stava aiutando i ragazzi a mettere a posto giacche ed eventuali borsoni.
“Hitomi-chan? Eri anche tu con loro?”, Kiyoshi posò lo sguardo sorpreso sulla ragazza che annuì con un ampio sorriso.
“Esatto~ Non ti ho detto niente perché sapevo che ti saresti preoccup-”.
“Stai bene?! Ti fa male il braccio? Hai freddo per caso? Non è che ti verrà il raffreddore, adesso?”.
“Teppei, calmat-”.
“Te l’avevo detto di non giocare se non durante gli allenamenti, Hitomi!”.
“Eeeeeh… Kiyoshi sembra essere molto preoccupato per quella ragazza…”, disse Koganei, che li guardava da lontano.
“Intendi Hitomi? Beh, come ci hanno detto loro, sono amici da moltissimo tempo, Koga!”, rispose Izuki sedendosi accanto a lui e a Mitobe quando la situazione si fu calmata abbastanza.
“Ohi, Kagami!! Non dirmi che non hai neanche una rivista porno?!”, ovviamente non mancò il commento di Aomine, che prese a cercare furiosamente per la casa del rosso.
“Non sono mica come te, Aomine!!”, fu la risposta dell’asso della Seirin. Sul volto del blu si dipinse un ghigno non molto rassicurante, e il giocatore si voltò verso la corvina, che lo guardò confusa e un po’ timorosa.
“Aomine?”, chiese, mentre questi si avvicinava minacciosamente.
“Yuki…”, iniziò avvolgendo il braccio intorno alle spalle della più bassa. “Sappiamo entrambi benissimo che ne hai tanti quanti ne ho io, dai tempi delle medie… E credi che mi sia scordato come mi hai ingannato usando la tua abilità durante la partita?”.
Yuki non poté negarlo, aveva tirato un colpo basso chiamandolo per nome tramite la sua abilità. Così sospirò, lievemente rossa in viso.
“E va bene, te li presto, ma non rovinarli!”. Detto questo, si incamminò verso la sua camera seguita dal più alto, con gli sguardi increduli di tutti puntati addosso, incluso il viso di Kagami che si era fatto in tinta con i capelli e quello coperto dal palmo della mano di Momoi e Lizzy.
“Solo tette grandi, mi raccomando!”.
“LO SO!”.

“Kagami-kun…”.
“Mh? Oh, Akashi!”. Il capitano della Rakuzan si sedette accanto a colui che era stato il suo avversario più temibile durante la finale della Winter Cup, non appena questi fu distratto abbastanza da scordare momentaneamente l’imbarazzante scena tra Yuki e Aomine.
“Ti volevo ringraziare, Kagami”.
“Hah? Ringraziare? E di cosa?”. Il ragazzo dai capelli più scuri fissò il più basso con aria interrogativa; non capiva dove volesse arrivare.
“Per Yuki. Stento ancora a credere che quella che vedo adesso sia la stessa ragazza con cui sono andato a scuola per tre anni di fila…”.
Kagami posò lo sguardo sulla corvina in questione, che era appena uscita dalla sua camera seguita da Aomine, che reggeva come minimo dieci riviste e con il quale parlava animatamente di solo loro sapevano cosa. Si ritrovò a sorridere, nonostante la situazione fosse alquanto inusuale.
“È cresciuta…”.
“Grazie a te”. Akashi lo guardava ancora, serio. “È stato grazie al tuo aiuto che… non è finita come gran parte di noi temeva”.
“Mh? Ma, Akashi, l’hai aiutata moltissimo mentre io non c’ero, no? Non importa cosa tu le abbia fatto di male… Se ancora tiene a te un motivo ci sarà. Non ti fidi di lei?”.
Il ragazzo si ritrovò spiazzato da quell’affermazione. Per la prima volta, fu lui a posare lo sguardo su di lei, che si era messa a ridere insieme al blu, come se effettivamente ci fosse qualcosa di divertente su quelle pagine piene di modelle dalle forme impeccabili.
Sorrise lievemente, un po’ per rispondere alla domanda del membro della Seirin, un po’ per il semplice fatto che era da moltissimo tempo che non vedeva la ragazza ridere in quel modo così spensierato.
“Mh? Yuki, ora che ci penso!”, Kagami si alzò e l’interpellata posò gli occhi su di lui.
“Fammi vedere le mani… Ti sei tolta le fasce, o sbaglio?”.
“Ma non avrei potuto giocare altrimenti!”. La ragazza mise il broncio.
“Kagamicchi, sei proprio insistente~”.
Il biondo si beccò un’occhiata fulminea e poco rassicurante del rosso, che fece alzare da terra la corvina.
“Andiamo, te le bendo di nuovo io…”.
Il viso della più bassa si fece sempre più rosso, man mano che percepiva l’attenzione e gli sguardi di gran parte dei presenti su di sé.
“K-Kagami, faccio da sola..!”.
“Non essere sciocca, te lo faccio sempre io! Non hai detto che è difficile fasciarsele da soli? Siediti…”.
I due si sedettero per terra, accanto al tavolo e a fianco di Akashi, nella stessa posizione occupata prima dal ragazzo.

“Ora che Kagami-kun e Yuki-chan hanno finito, possiamo dare il nostro ultimo augurio a Kuroko-kun~”. La voce di Riko si espanse nella stanza, oltrepassando tutte le altre quasi come se avesse subìto l’effetto di un amplificatore.
Ognuno dei presenti si alzò in piedi, prendendo una piccola trombetta e un cono spara coriandoli. L’azzurro si ritrovò esattamente al centro, e rivolge a quel gruppo così insolito uno sguardo confuso, come quello di un cucciolo; sembrava quasi che facesse fatica a capire fino in fondo in che situazione si trovasse.
“Uno, due e TRE!”.
“AUGURI, KUROKO!”. Un urlo si levò, alcune trombette suonarono, i mille coriandoli svolazzarono nell’aria ricoprendo in parte il povero giocatore, che dovette chiudere un occhio per impedire che lo accecassero.
Hitomi gli si avvicinò in mezzo alla confusione del momento e, d’un tratto, baciò sulla guancia l’azzurrino che si ritrovò in men che non si dica rosso come un peperone, mentre alcuni fischi contenti annunciarono quanto il “pubblico” avesse gradito la scena. La ragazza sorrise lievemente, imbarazzata, e gli sussurrò nuovamente gli auguri. Kuroko dapprima la guardò, dopodiché gli occhi dello stesso colore del cielo vagarono per la stanza, passando in rassegna uno ad uno ciascun invitato (e infiltrato) presente. Il suo viso si illuminò lentamente di un ampio e sincero sorriso ad occhi chiusi.
“Grazie… a tutti”.
   
 
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