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Autore: MaxB    31/01/2017    5 recensioni
In barba al mio terrore delle scadenze, quest'anno partecipo anche io alla Gajevy Week, e non solo da lettrice!
Spero che il mio piccolo contributo possa piacervi e riempirvi le vene di fluff^^
31/01: Bonus day - Dojo Au
14/02: 1 - Matching
15/02: 2 - Longing
16/02: 3 - Pillow Talk
19/02: 6 - Grief
26/02: 7 - Living Together
17/10/2018: 5 - Trouble Twins
Prompt dei prompt: il letto ;)
Enjoy the Week♥
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Pantherlily
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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0. Bonus Day
Dojo AU



T-shirt grigia.
Pantaloni larghi neri, con il cavallo che arrivava alle ginocchia e il tessuto che gli fasciava le caviglie.
Polsini di metallo.
Elastico per legare i capelli.
Il giovane uomo dallo sguardo così rosso da sembrare sangue fresco osservò gli indumenti e gli attrezzi che aveva accuratamente disposto sulla panchina dello spogliatoio maschile. In quel momento, c’era solo lui ad occuparlo.
Primo giorno di lavoro nel dojo.
Primo giorno di lavoro e basta, a dire il vero.
Il ragazzo scrollò le spalle e poi allungò le braccia facendo stretching, concentrandosi sulla sensazione dei suoi muscoli che si allungavano, tiravano e distendevano per cercare di placare l’ansia. Fastidioso come una mosca e doloroso quanto la puntura di un’ape, il pensiero fisso di quella prima lezione da maestro invece che da allievo lo stava mandando all’inferno. Sicuramente non lo aiutava ricordare chi avesse come categoria di studenti.
Non i bambini.
Magari i bambini!
No.
Gli avevano assegnato delle giovani donne sulla soglia dei vent’anni che, allarmate di fronte al numero sempre crescente di femminicidi e aggressioni da parte di maniaci delinquenti, o forse solo invasate di fronte ai lavaggi del cervello proposti da film come le Charlie’s Angels o videogiochi come Tomb Raider, volevano imparare l’arte dell’autodifesa e della distruzione di alcuni organi fondamentali mediante l’applicazione delle arti marziali.
Delle ragazzine! A lui!
Il neo istruttore batté con rabbia il pugno su un armadietto, producendo un suono metallico e disturbante che si propagò nell’aria immobile e vuota come l’eco di una sirena della polizia.
- Porc… - mormorò, scrollando la mano per far passare il dolore.
- Gajeel! – chiamò una voce in lontananza, allarmandolo.
Era in mutande, e quella era la voce di Mirajane, la segretaria, contabile, direttrice e chissà che altro del dojo.
Gajeel infilò al volo l’accappatoio e nascose l’ultimo oggetto che aveva posato con cura sulla panca, imbarazzato.
- Posso? – chiese Mirajane, bussando sulla porta dello spogliatoio.
- Entra – comandò Gajeel, togliendosi i polsini per fasciarsi le braccia fino al gomito con una benda bianca. Il suo maestro di arti marziali gli aveva spiegato diverse volte l’utilizzo tecnico e lo scopo di quelle strisce di stoffa immacolate e innocenti che ordinava ai suoi allievi di indossare in parti improbabili del corpo, ma a distanza di anni Gajeel continuava a sospettare che l’unica funzione di quelle protezioni fosse quella di sembrare più fighi. Quando si rimirava allo specchio prima di un incontro o di un torneo, doveva ammettere che, utili o no, quelle strisce lo rendevano davvero figo, per cui non aveva mai osato mettere in discussione le idee del suo vecchio sensei.
- Tutto a posto? – chiese la ragazza dai lunghi capelli bianchi e dagli occhi chiari entrando timidamente nello spogliatoio maschile. – Ho sentito un rumore forte e pensavo ti fossi fatto male.
- Tutto a posto – la rassicurò lui in modo un po’ brusco, scrollando la mano come per farla tacere.
- Nervoso? – lo incalzò lei, appoggiandosi al muro e incrociando le braccia sotto al seno prosperoso, a mala pena contenuto nel vestitino color vinaccia che le arrivava a metà coscia, attillato quanto bastava per non lasciare spazio all’immaginazione. Non si era sorpreso nel momento in cui Laxus, fidanzato di Mirajane e nipote del proprietario del dojo, gli aveva fatto un interrogatorio più che un colloquio di lavoro quando la ragazza gli aveva proposto il corso formativo per diventare insegnante di karate, MMA e tutte le altre varie categorie che comprendevano il combattimento corpo a corpo.
- Nah – borbottò, testando la fasciatura e cominciando a lavorare sull’altra mano.
- Meglio così, sono sicura che te la caverai alla grande. Te l’ho già detto che è un corso fondamentalmente nuovo e sperimentale, quindi avrai piena libertà espressiva nell’insegnamento. Solo…
- “… mi raccomando, sono giovani donne che devono acquistare fiducia in loro stesse per poter fronteggiare il mondo, quindi non demolirle come faceva Makarov con te, Gray e Natsu, perché loro potrebbero spezzarsi e…” bla bla bla – la interruppe Gajeel, scimmiottandola.
Mirajane ridacchiò. – Scusa, te l’ho ripetuto sette volte ormai, vero?
- Diciassette – la corresse lui, puntandole il dito tra gli occhi e avvicinandosi a lei fino a ridurre la distanza a una misura che Laxus avrebbe definito “critica” e “passibile di omicidio”.
La ragazza ridacchiò ancora. – Scusa – ripeté, abbassandogli delicatamente il dito. – So che andrai bene, davvero, frequenti il dojo da prima di me e il Master Makarov non avrebbe potuto scegliere maestri migliori di te, Gray e Natsu, ma… sai, la maggior parte delle ragazze con cui lavorerai sono mie amiche e…
- Ti farò fare bella figura – la liquidò lui, tornando alla sua panca.
- Va bene, allora vado ad aprire il dojo, è quasi ora. Natsu e Gray sono pronti?
Gajeel scrollò le spalle e si infilò nuovamente i polsini metallici, evitando di indossare i guanti consunti che lasciavano le dita libere. Durante la prima lezione non sarebbero serviti. – Meno li vedo, meglio è, quindi sono felice se oggi non li incrocio.
Mirajane lo fissò con perplessità. – Ma non vivete insieme?
- Appunto – sancì lapidario, tirando il cordone che legava il suo accappatoio, invitando tacitamente la ragazza a levare le tende.
Lei, confusa e leggermente preoccupata, si precipitò fuori con il telefono in mano e il numero dei ragazzi pronto per essere digitato.
Gajeel sospirò e osservò i suoi indumenti prima di allungare la mano e riprendere l’oggetto che aveva nascosto alla vista di Mirajane. Si rigirò la conchiglia protettiva di fronte al viso e poi si tolse l’accappatoio, riponendolo nella borsa con cura.
- Le ragazze devono imparare l’autodifesa? Bene, ma io voglio l’autodifesa dei miei gioielli contro i loro calci vaganti.
 
Poco tempo dopo Gajeel si aggirava per i corridoi del dojo con i piedi nudi e la silenziosa sinuosità di un ninja. Negli spogliatoi si udivano già chiaramente le risatine delle ragazze che presto avrebbero iniziato le lezioni. Che fossero nuove o vecchie frequentatrici, imbranate o macchine assassine poco importava: lui non avrebbe fatto sconti a nessuno.
Con la coda dell’occhio incrociò la chioma bionda di Laxus che passeggiava al fianco di suo nonno, il Master del dojo, il suo vecchio sensei, e alzò la mano in segno di saluto.
O meglio, provò ad alzare la mano in segno di saluto, ma urtò qualcosa di piccolo, morbido e decisamente leggero che rimbalzò indietro e atterrò con un tonfo.
- Ahio! – mormorò una giovane donna a cui sembrava essere esploso un pezzo di cielo in testa. Aveva capelli azzurri e mossi che le si aprivano attorno al volto come gli aculei di un morbido porcospino.
- Ehi, guarda dove vai! – lo sgridò una ragazza bionda con due codine da bambina e grandi occhi color cioccolato, che si chinò per aiutare la sua amica dopo aver fulminato Gajeel con lo sguardo.
Quando fu in piedi, Gajeel si rese conto che la ragazza che aveva colpito era davvero, davvero piccola. Non gli arrivava nemmeno alle spalle con la sommità della testa, e gli venne da ridere quando la vide alzare la testa per guardarlo negli occhi, imbarazzata. Erano più chiari di quelli della sua amica bionda e dentro avevano un mondo di innocenza che gli fece intuire che, se lei fosse stata la vittima di un incidente, probabilmente si sarebbe scusata con il colpevole, attribuendosi la causa dello scontro.
- M-mi dispiace – mormorò, prima di arretrare per non dover piegare il collo innaturalmente. – Avrei dovuto badare a dove mettevo i piedi.
- Levy, smettila! È colpa sua, deve scusarsi lui! – la incalzò la sua amica, l’unica offesa da quell’incidente corporale.
- Colpa mia? Mi scuserei se fosse grande e grossa, ma è così piccola che non è difficile immaginare come mai io l’abbia quasi schiacciata! Dovrebbe stare più attenta lei a dove cammina! – sbraitò lui, chinandosi per guardare negli occhi l’avvocato del diavolo.
La biondina assottigliò i suoi e lo fissò con rabbia. – Ora capisci, Levy, perché ci serve un corso di autodifesa? Questo bruto primitivo sarebbe già a terra se sapessi come colpirlo!
- Ma Lucy… - protestò la sua amica, Levy, così imbarazzata da non riuscire a guardarlo in volto. – Smettila, ha ragione.
- No che non ha ragione! Ehi, Juvia, diglielo anche tu! – chiamò l’amica quando un’altra ragazza dai capelli celesti le raggiunse.
- Juvia deve dire cosa a… oh, ciao Gajeel-kun! Pronto per la tua prima lezione? – salutò la nuova arrivata, entusiasta.
- Che ci fai qui, Juvia? – ribatté Gajeel, raddrizzandosi e fissando in tralice il trio.
- Juvia frequenta con le sue amiche il corso di autodifesa! Non sei contento?
Gajeel sbuffò e alzò gli occhi al cielo, rimpiangendo di non essere stato assegnato ai bambini, che erano capitati a quell’ingrato del suo compagno Natsu.
- Tu lo conosci, Juvia? – sbottò la bionda, Lucy, fissando l’amica.
- Certo, Gajeel-kun è amico di Juvia da quando sono piccoli. Juvia ha insistito molto per fare il corso perché Gajeel-kun è il nuovo istruttore e Juvia voleva portargli tante clienti.
- Lui cosa?! Il nuovo istruttore? Di autodifesa?!
- Gihi – bofonchiò lui, stupendo Lucy con la sua risata alquanto particolare e incuriosendo Levy, che tornò a fissarlo. – Attenta, biondina, o ti faccio fare addominali extra – la intimidì prima di allontanarsi con un ghigno sinistro stampato sul volto.
- Autodifesa lui?! Aspetta… addominali?! Juvia ma cosa mi hai…?!
Mentre le urla di Lucy si perdevano tra i corridoi del Dojo delle Fate, Gajeel continuò a ridacchiare e imboccò la sala nuova in cui avrebbe tenuto la lezione, facendo scrocchiare il proprio collo.
- Gajeel? – lo chiamò Mirajane dall’entrata, dove c’era la reception. – Ehm… tutto bene?
- Più che bene, Mira. Più che bene – canticchiò afferrando dei nunchaku e iniziando a scaldarsi.
 
Levy lo trovò così, con quell’arma letale e dolorosa che roteava a velocità troppo elevata per essere colta dall’occhio umano, quando entrò nella sala insieme a parecchie sue amiche. Il movimento di quei bastoni legati da una catena la ipnotizzò e Levy si bloccò in mezzo alla palestra a fissare Gajeel, il suo istruttore, che sfoggiava le sue abilità senza un capello fuori posto o una goccia di sudore. Poi il suo sguardo venne calamitato dai muscoli del suo tronco, fin troppo visibili sotto la canottiera grigia e aderente, e si affrettò a raggiungere le amiche prima che Kana si accorgesse di dove si fossero posati i suoi occhi e la mettesse in ridicolo.
- Dobbiamo usare quei cosi assassini? – sbottò Lucy quando Gajeel bloccò i nunchaku e li ripose, prendendo un lungo sorso d’acqua.
- Non dovete usare quei cosi assassini. Non ne siete in grado. Non ancora. Ma grazie a me lo sarete, tra qualche mese – rivelò Gajeel prima di sedersi per terra e invitare le quasi venti ragazze a fare lo stesso. - Ora, la prima lezione che vi insegnerò oggi è che il rispetto è l’unica regola fondamentale di questo dojo. Rispetto tra insegnante e allieve. La seconda, che io preferisco e su cui mi dilungo sempre molto, è che ciò che dice il sensei non si discute mai.
Venti paia di occhi sbarrati e ricettivi lo fissarono rapiti, e altrettante teste annuirono in sincrono. Tranne quella di Lucy, che aveva voglia di fare guerra.
- Detto ciò, biondina, chi è il sensei qui? – chiese Gajeel, indicando Lucy.
- Dici a me? – ribatté lei, perplessa.
- Quante altre bionde vedi qui?
Lucy ruotò velocemente la testa e appurò di essere l’unica bionda nella sala. – Oh. Sì, be’, sei tu il sensei, no?
- Quindi come mi chiamerai?
- Idiota? – chiese lei, sorridendo malignamente.
- Lucy – la ammonì Levy, dandole delle gomitate riprensive.
Gajeel ghignò e Lucy capì di aver sbagliato di grosso a rispondere così.
- Juvia vieni qui. E anche tu, biondina – ordinò alzandosi. Prese un blocco di cemento dal cesto degli attrezzi e lo diede a Juvia, mostrandole come tenerlo in alto e lontano dal viso con le braccia tese. – Bene – disse poi, rivolto a Lucy. – Sai fare questo?
Fulmineamente, tirò un calcio al mattone e lo spezzò in due, senza smuovere un capello di Juvia o sorprenderla.
Lucy, invece, negò con la gola secca.
- Esatto, non sai farlo. E io sì. Perché?
- Perché tu sei il sensei? – azzardò flebilmente, facendosi piccola.
- Brava biondina. Ora, siccome sono il sensei, potrei ordinarti di spezzare una tavoletta di legno con la testa, ma non lo farò perché non vogliamo che gli ospedali vengano invasi da ragazzine con la testa rotta. Giusto?
- Giusto.
Gajeel si voltò verso le allieve. - Quindi farete ciò che vi dirò senza discutere, perché io so cos’è meglio per voi, so com’è meglio che agiate e quando dovrete farlo. Chiaro?
- Sì – mormorarono tutte le ragazze, annuendo, incluse Juvia e Lucy?
- Sì cosa? – ringhiò Gajeel, prendendo i mattoni rotti dalle mani di Juvia e facendoli scivolare in un angolo.
- Sì sensei! – dissero le donne come voci di un unico coro, raddrizzando la schiena.
- Perfetto. Andate a sedervi.
Lucy e Juvia tornarono silenziosamente al posto.
- Ora, non voglio capelli sciolti – continuò l’istruttore camminando avanti e indietro. – Non mi interessa se venite ad allenarvi in mutande, in pigiama o senza reggiseno, finché non vi consegnerò le divise potrete venire come volete, ma i piedi nudi sono d’obbligo, l’assenza di gioielli, dalle collane agli orecchini ai braccialetti, è d’obbligo, e la coda di cavallo non è un obbligo, è una certezza.
Detto ciò, Gajeel indicò la sua acconciatura, una coda ligia e perfetta sulla sommità della nuca, e alzò un sopracciglio. – Chiaro?
- Sì sensei!
- Bene. Ora in piedi – ordinò.
- Non poteva capitarci insegnante peggiore – piagnucolò Lucy a mezza voce.
Levy non rispose, ma sorrise leggermente e osservò Gajeel di sottecchi. – Vedremo…
 
Al contrario di ciò che Gajeel aveva previsto, dopo due mesi di lezioni bisettimanali il numero di partecipanti al suo corso non solo non erano diminuito, ma era aumentato di cinque.
Juvia gli aveva rivelato che in parte era dovuto al suo fisico, che per delle ventenni nel fiore della giovinezza era un sogno erotico ad occhi aperti. Gajeel aveva negato il tutto e accantonato la faccenda, ma aveva dovuto ripensare alle parole della sua amica quando le allieve avevano iniziato a presentarsi in shorts succinti e canottierine attillate sotto le quali erano più che visibili degli ultra-push-up.
Solo quando, dopo un mese e mezzo, un’allieva particolarmente entusiasta gli si piegò davanti facendogli l’occhiolino, mettendo ridicolmente in mostra il lato B a mala pena fasciato da un pezzettino di stoffa nero che poteva difficilmente passare per un costume, figuriamoci per un pantaloncino, Gajeel decise di distribuire le informi e anti-stupro divise che si usavano per il judo.
Bianche, larghe, sformate, perfette per renderle inoffensive e spronarle a darsi un contegno.
Lucy divenne una buona amica, tutto sommato, e qualche volta Gajeel incontrò lei e la sua amica Levy, insieme a Mirajane e altre allieve come Kana o Evergreen, in qualche pub, dove bevevano, ballavano e finivano per darsi appuntamento alla settimana successiva. Juvia aveva deciso di innamorarsi di Gray dopo dieci secondi di incontro e un saluto, mentre Natsu aveva deciso che Lucy sarebbe diventata la sua migliore amica. Kana era interessata solo all’alcol e Gajeel si ritrovò a passare parecchio tempo con Levy che, vinta l’iniziale timidezza, si era dimostrata la più tosta, la classica ragazza che cela una bomba nascosta tra le pieghe della veste da brava ragazza. Era brillante, simpatica, dolce e assolutamente in gamba.
Ad allenamento Gajeel le dedicava particolare attenzione, correggendola anche lì dove in realtà Levy non sbagliava per il solo gusto di toccare quel corpo morbido che vedeva fasciato in abitini stuzzicanti quando uscivano.
Mano a mano che l’allenamento procedeva, comunque, Gajeel si rese conto di un piccolo dettaglio: per quanto la ragazza fosse brava, era indiscutibilmente la più piccola del gruppo e questo per lei rappresentava un enorme svantaggio.
Dopo diverse osservazioni mute e studi durante le lezioni, Gajeel prese una decisione.
- Potete andare – salutò le ragazze una sera, come suo solito, ricevendo in cambio un coro di “arrivederci sensei”. – Levy, tu resta – disse poi, quando la giovane fece per allontanarsi.
La ragazza invitò Juvia e Lucy ad andare a cambiarsi prima di raggiungere Gajeel, che si tolse la maglia per tergersi il sudore dal viso. Quando riaprì gli occhi e abbassò lo sguardo su Levy, la trovò imbarazzata e alla disperata ricerca di un qualcosa da osservare che non fossero i suoi muscoli. Lui ghignò, rendendosi conto di quanto la coda facesse risaltare i tratti dolci del suo viso.
- Sì, sensei?
- La lezione è finita, sono solo Gajeel – ridacchiò lui, gettandosi la maglia sudata su una spalla.
- Allora… dimmi. Qualche problema? – indagò lei, rilassandosi.
- Ti andrebbe di prendere delle lezioni private il sabato mattina? Il dojo è chiuso, ma io ho le chiavi e potrei darti qualche nozione extra in segreto… - propose usando un tono noncurante.
Levy, attonita, sbatté le palpebre più volte e rimise al suo posto la spallina della divisa che le stava scivolando, lasciando intravedere più pelle del dovuto. Non si poteva portare il reggiseno sotto al judogi e la cosa non era sfuggita a Gajeel. – Faccio così pena?
- Cosa? No, non fai pena, te la cavi alla grande, sei migliorata moltissimo. Però… non puoi dare il tuo meglio allenandoti con le altre, per via della tua… della differenza… insomma…
Levy sospirò coprendosi involontariamente il petto. – Lo so, qui hanno tutte un seno più grande del mio e io faccio abbastanza pena, ma non pensavo che fosse uno squilibrio anche nell’autodifesa. Già è difficile…
Gajeel scosse la testa, confuso. – Cosa scusa? – la bloccò. – Io parlavo dell’altezza.
Levy impiegò dieci secondi buoni per registrare le sue parole e diventare rossa quanto un pomodoro, facendo ridacchiare il suo insegnante. – Ma… m-ma io…
- Fidati che le tette enormi non sono né un requisito necessario per essere bravi sportivi né un vantaggio – rise lui.
- Oddio, che imbarazzo, scusami tanto, è che sono l’unica ad avere delle dimensioni… cioè, le altre hanno tutte un balcone imponente e pensavo che… sì, sei fortunato a poter insegnare a tutte queste belle ragazze con un bel fisico e io non sto capendo nemmeno più cosa sto dicendo!!
Gajeel scoppiò a ridere di fronte alla scena, mentre Levy seppelliva il viso tra le mani e pregava in tre lingue diverse affinché un fulmine la colpisse in quell’istante.
- Non è una fortuna insegnare una disciplina che richiede molto autocontrollo a delle ragazze che non hanno il senso del pudore. Per lo meno tu sei decorosa e non hai nulla da invidiare alle tue compagne. Lo svantaggio di cui parlavo deriva dall’altezza, e se vuoi posso seguirti singolarmente il sabato mattina.
- Dici davvero? – chiese conferma Levy, fissandolo tra la fessura delle sue dita aperte.
Gajeel tornò serio e annuì, secco. – Attendo una tua conferma entro venerdì, buona serata – concluse andando a recuperare il suo asciugamano e la sua bottiglietta d’acqua.
Quando sentì Levy allontanarsi, si girò a fissare in maniera molto poco furtiva il suo lato B, rimpiangendo il tempo in cui aveva potuto osservare quella meraviglia ondeggiante attraverso pantaloncini corti e non un judogi largo e poco sexy.
- Niente da dire riguardo alle tette, niente da invidiare alle sue colleghe riguardo alle chiappe – borbottò quando uscì dalla palestra, ritrovandosi a sperare di cuore che Levy dicesse che, sì, voleva delle lezioni private.
 
- Pronta? – chiese Gajeel, mettendosi in posizione d’attacco e attendendo che Levy facesse lo stesso.
La palestra era desolata al sabato mattina e la tranquillità che li circondava conferiva all’atmosfera un ché di intimo.
- Mostrami la tua mosse migliore per atterrarmi – la incitò, muovendo un saltello all’indietro.
Levy gli sorrise e, abbandonando la posizione, si sciolse lentamente e seduttivamente il laccio che teneva legato il suo judogi.
- Cos…? – articolò Gajeel, basito, chiudendo gli occhi mentre Levy lasciava scivolare ai suoi piedi la parte superiore dell’uniforme, restando a petto nudo di fronte a lui.
- Andiamo, sensei, perché non mi attacchi? – lo provocò lei, e Gajeel strinse gli addominali di riflesso quando una manina piccola e fredda gli si posò sul petto. – Qualche problema, Gajeel?
Il ragazzo aprì un occhio, fregandosene del buon senso, per rimirare quella sublime meraviglia che Levy gli stava offrendo: la vista del suo morbido corpo nudo.
Prima di vedere alcunché, però, sentì le gambe cedergli all’impatto con lo sgambetto della giovane allieva, e Gajeel si svegliò in camera sua.
- Ma che…?!
L’istruttore spense la sveglia che non aveva sentito suonare e che stava facendo agitare il suo gatto nel letto, prima di correre in bagno a lavarsi la faccia.
E a farsi una doccia gelida.
Era da tre giorni che faceva sogni del genere su Levy, e la prospettiva di rimanere solo con lei quel sabato mattina non gli sembrava più così geniale.
Insomma, era già brava, se la cavava egregiamente! Per quale motivo aveva dovuto proporle delle lezioni private?
- Cretino idiota con il cervello in pappa per una ragazza – brontolò a se stesso prima di uscire dalla doccia per asciugarsi e vestirsi.
Si diresse in palestra con la consapevolezza che quella mattina l’unica cosa che sarebbe stato in grado di fare era baciare Levy.
Dare lezioni?
Non si ricordava nemmeno di essere mai stato un allievo.
 
- Non sono in ritardo, vero? – chiese una voce femminile e dolce quanto uno scampanellio di campane, poco più tardi.
Gajeel lasciò cadere la bottiglietta d’acqua quando Levy annunciò la sua presenza, interrompendo l’ultimo dei ventisette film mentali che avevano dato spettacolo nella malata mente di Gajeel.
Imbarazzato, il ragazzo ebbe bisogno di quasi un minuto per riaversi e capire perché Levy non indossava un costumino da danzatrice del ventre.
- Devi ballare? – le chiese infine, ancora confuso.
Levy posò la sacca per terra e si tolse giaccone e scarpe, per poi avvicinarsi a lui. – Gajeel sei tutto rosso – lo informò. – E poi perché dovrei ballare?
Lui scosse la testa e decise saggiamente di gettarsi in faccia un po’ del contenuto della bottiglietta recuperata da terra, sotto lo sguardo attonito di Levy.
- Molto meglio – mormorò, afferrando l’asciugamano per tergersi le gocce d’acqua che correvano la maratona sul suo viso.
- Gajeel? – lo chiamò ancora lei, posandogli una mano sul braccio.
Il ragazzo sussultò al contatto, ma finalmente alzò lo sguardo e si permise di osservarla. Indossava dei leggings neri lunghi fino alle caviglie e un top nero abbinato che le lasciava il ventre scoperto. Aveva i piedi nudi e i capelli sciolti, eccetto per una fascetta che le teneva la frangia lontana dal viso.
Era molto, molto meglio fasciata in quel tessuto che in qualche vestitino di carta velina da indiana.
- Ci sono, scusa. Ho dormito poco. Lezione? – bofonchiò lui, ben consapevole della mano che la ragazza non aveva ancora ritirato dalla sua pelle.
Levy ridacchiò e si mise al centro della palestra, permettendo a Gajeel di dare una lunga e dettagliata occhiata alla sua schiena. E non solo.
- Mi dispiace se non ho il judogi, ma il venerdì sera lo lavo sempre e a casa avevo solo questa mise – esordì lei, girandosi per fronteggiarlo.
- Non fa nulla, figurati – la rassicurò lui, lanciando un’occhiata alla conchiglia che aveva lasciato dentro la borsa.
Se c’era la minima possibilità che uno dei suoi sogni si realizzasse, non sarebbe stato il caso di farsi spogliare da Levy solo per farle scoprire che indossava quella roba decisamente poco virile e sessualmente stimolante. E poi, non c’era rischio che Levy lo colpisse proprio lì.
Gajeel le si piazzò di fronte e ghignò leggermente, iniziando a fare stretching e attendendo che la ragazza lo imitasse per guardare soddisfatto il modo in cui Levy cercava di evitare di far soffermare gli occhi sui suoi muscoli.
Una malsana idea gli attraversò la mente, forse la peggiore di quella settimana, ma zittì i suoi dubbi e si portò alle spalle della ragazza. Togliendosi i guanti che indossava per proteggere i palmi delle mani, in modo da avere più superficie possibile di pelle a contatto con quella della ragazza, iniziò a correggere le sue posizioni già perfette e inclinarle le braccia e altri parti del corpo anche quando non ce n’era bisogno.
La sentì trattenere il respiro rumorosamente quando la prese per il fianco e la spinse contro di sé in modo da farle assumere una corretta posizione con la schiena, scusa di fronte alla quale Levy non riuscì a trattenere un sorriso.
Poi lo sentì sputacchiare.
- I capelli! – esclamò, allontanandosi da lui con suo enorme disappunto. – Scusa, li lego subito, mi ero dimenticata della regola della coda.
Gajeel la raggiunse con tre rapide falcate e la bloccò nell’atto di cercare un elastico in borsa, allarmandola. – Li ho sciolti anche io oggi, vedi? – le fece notare. – Io chiudo un occhio per te e tu lo chiudi per me, okay?
Levy gli sorrise e annuì, lasciandosi condurre al centro della palestra. – Ora che facciamo?
- Allenamento corpo a corpo. Io sono un aggressore e tu devi attaccarmi e difenderti.
La ragazza annuì e, senza preavviso, partì all’attacco, facendo ghignare Gajeel d’aspettativa. Ovviamente lo parò senza difficoltà, gli anni passati ad allenarsi nel dojo avevano affinato i suoi riflessi in modo quasi perfetto, ma il colpo di Levy non era male per niente.
Passarono diversi minuti a combattere senza esclusioni di colpi mentre il ragazzo, decisamente meno concentrato di lei in quella lotta fin troppo facile contro un peso piuma, si innamorava secondo dopo secondo di quello sguardo determinato che sembrava urlare la sua intenzione di farcela, di batterlo.
- Non male… piccoletta… ti avevo sottovalutata – ansimò Gajeel dopo un po’, parando un destro di Levy e attaccandola a sua volta, fermandosi prima di colpirla dolorosamente.
Lei schioccò la lingua, infastidita per non essersi accorta del colpo dell’insegante.
Gajeel le accarezzò la testa e le batté la mano sulla spalla, prima di lasciarla scivolare e accarezzarle il braccio in modo troppo affettuoso. Levy alzò la testa di scatto e lo fissò come la prima volta in cui si erano incontrati nel corridoio di quello stesso dojo, con il collo allungato per poterlo osservare. Arrossì lievemente quando lui le passò il pollice sullo zigomo, dolcemente, e chiuse gli occhi quando lo sentì chinarsi su di sé.
Poi, però, alzò il ginocchio e lo colpì, calcolando male, molto male, la traiettoria della ginocchiata.
Un istante dopo Gajeel era a terra, contorto dal dolore, mentre si proteggeva le parti molli con le mani e ululava in silenzio il suo dolore.
- Ah-ah! – esclamò Levy, fiera, di fronte alla sua vittoria. – Non devi mai abbassare la guardia, Gaj…Gajeel?!
Quando si rese conto che il dolore del ragazzo era reale e decisamente intenso, si chinò su di lui e gli prese il volto tra le mani. – Oddio scusami, scusami Gajeel, non volevo, è stato un errore, io…
Ma Gajeel era perso nel proprio male mentre si mortificava mentalmente, in un modo che avrebbe potuto dissolvere l’autostima di chiunque, per non aver indossato la conchiglia.
Quanto idiota!
Levy, intanto, continuava a parlare e scusarsi e agitarsi, e Gajeel dovette tapparle la bocca per farla stare in silenzio. – Vuoi farti perdonare? – le chiese in un rantolo.
Lei annuì con la sua mano sulla bocca.
- Vuoi aiutarmi a distrarmi?
Ancora, Levy annuì.
Gajeel allungò il collo e la baciò come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se fossero fidanzati da tempo, una coppia navigata e a proprio agio, e non due tipi più o meno amici, o allenatore e allieva. La risposta praticamente inesistente da parte di Levy allarmò il ragazzo nel giro di tre secondi, ma sentì subito il corpo sciogliersi nel calore di quel bacio quando lei finalmente prese atto della situazione e lo baciò con trasporto, tenendogli la testa tra le braccia.
Dopo pochi istanti che a entrambi parvero minuti interminabili, si separarono e restarono a fissarsi con il respiro pesante e gli occhi luccicanti.
Qualcuno alla porta si schiarì la voce. – Il dojo è chiuso oggi, Gajeel.
Lentamente, con la calma di chi cerca di evitare il suo ineluttabile destino e spera che la lentezza possa miracolosamente cambiarlo, Gajeel voltò la testa verso la fonte della voce e scorse un Laxus accigliato e una Mirajane divertita.
- M-mi stava dando lezioni private perché sono molto imbranata e rallento il gruppo di ragazze che fa autodifesa con me – si affrettò a spiegare Levy, scattando in piedi e lasciando cadere la testa di Gajeel come se fosse un nido di serpi.
- Uh-uh – approvò Laxus, ironico. – Ti insegna a combattere gli aggressori a colpi di lingua?
Levy, paonazza, abbassò lo sguardo e Mirajane fece a Gajeel l’occhiolino, maliziosa.
- Mi pare che tu vada al tappeto facilmente quando Mira mette in pratica questa tecnica con te – rispose lui senza scomporsi, facendo gemere di vergogna Levy e ridere la fidanzata del nipote del capo.
- Farò finta di non avervi visti qui in giorno di chiusura, va bene? – lo avvertì Laxus, allontanandosi senza attendere oltre.
- Voi riprendete pure ad allenarvi, noi usciamo – lo incalzò Mirajane, allegra e sorridente, incurante dell’occhiata assassina con cui Levy la stava puntando come un laser.
Appena sentirono la porta del dojo chiudersi con uno scatto, Levy sospirò e si seppellì il volto tra le mani, giurando di percepire la presenza di una terza persona lì con loro. Una persona che stava ridendo fragorosamente, additandoli e mortificandoli. Levy sapeva che quella persona si chiamava Imbarazzo, ed era un nemico infido e imprevedibile.
- Grazie per la lezione, ora vado a casa, Gajeel – mormorò lei quando il ragazzo si alzò, facendo una smorfia di dolore. – Scusa per… la botta, però potevi metterti una conchiglia.
Fu il turno di Gajeel di seppellire il viso tra le mani, maledicendo il crudele destino che quel giorno si era accorto di lui e aveva voluto divertirsi a sue spese.
Quando la sentì allontanarsi per andare a prendere le sue cose, la bloccò per un polso e poi la lasciò subito andare, temendo una sua reazione negativa. Ma Levy, gote paonazze a parte, non sembrava arrabbiata, e si fermò per capire cosa volesse.
- Abbiamo ancora venti minuti prima della fine della lezione, se ti va. Non avrebbe senso sprecarli, visto che ormai sei qui – buttò lì, cercando di convincerla a stare ancora con lui.
Il dubbio che passò negli occhi di Levy sembrava esplicitare con parole fin troppo chiare il dissidio interiore che la stava divorando: restare? Non restare? Rifiutarsi di guardarlo in volto per mascherare il disagio e… la voglia?
- Okay – acconsentì poco dopo, quando Gajeel iniziò a temere che non gli avrebbe più rivolto la parola. – Va bene, altri venti minuti.
Lui mascherò un ghigno e si rimise al centro della palestra, attendendo che anche lei prendesse posizione. Timidamente, lo seguì e si sistemò i capelli, il top e qualsiasi altra cosa che secondo lei era fuori posto e invece era assolutamente perfetta.
Fu quando si morse le labbra e fissò i suoi piedi che Gajeel capì. Non era mai stato sveglio nel cogliere i segnali delle ragazze, e molto spesso aveva frainteso atteggiamenti civettuoli e distaccati credendo che celassero un sincero interesse. O confondendo la freddezza di alcune di loro, che in realtà si scioglievano sotto al suo sguardo.
Gajeel capì che Levy non cercava più di mascherare l’imbarazzo. Cercava, invece, di non lasciar trapelare il desiderio, desiderio di stringersi di nuovo a lui e sentire i loro corpi a contatto in quella maniera giusta e romantica che sembrava potesse esistere solo nei romanzi d’amore che ogni tanto si concedeva di leggere.
Senza pensarci due volte, il ragazzo allungò un braccio e, prendendola per la vita, se la tirò addosso, accarezzandole la guancia con la mano libera. Quando, immediatamente, sentì le braccia di Levy circondargli il collo e i suoi piedi appoggiare a terra solo con le punte, Gajeel capì che anche lei non aspettava altro e sorrise sulle sue labbra prima di farle dimenticare l’indesiderata visita di Laxus e compagna.
- Fai così con tutte? – gli domandò Levy dopo un po’, interrompendo un bacio per iniziarne un altro. – Prima offri loro lezioni private adducendo la scusa delle loro scarse prestazioni a confronto delle altre e poi le seduci e le baci, facendo di loro ciò che vuoi?
- Mh – grugnì lui, baciandole dolcemente e lentamente la guancia, senza azzardarsi a scendere sul collo. Levy non era una di quelle ragazze con cui andare di fretta. Bisognava fare tutto con calma, per gradi, perché era un fiore che meritava più rispetto di quello che generalmente bisogna concedere ad una donna. – Nah – rispose poi, ridacchiando. – E comunque mi sono perso ad “adducendo”, mi hai distratto troppo e non sono riuscito a capire il resto della tua domanda.
Levy rise di gusto e lo abbracciò, appoggiando il viso al suo petto caldo.
- Comunque è la prima volta che applico questa tattica – esordì lui quando finalmente sentì il suo cuore calmarsi e scendere da cavallo, dimostrando che in realtà aveva capito benissimo la domanda che Levy gli aveva posto. – Magari la userò più spesso.
Lei ridacchiò e allungò il collo per osservarlo. – Sì, potresti, effettivamente. Con quante ragazze ignare pensi di metterla in atto?
- Mah – bofonchiò scuotendo le spalle. – Me ne basta una ogni sabato. Quindi, sabato prossimo sei libera? Lezione privata, ovviamente, non pensare male. Anche il sabato dopo, ne hai proprio bisogno.
Levy rise, lusingata, e si allontanò da lui preparandosi a combattere. – Ne ho proprio bisogno, è vero, quindi alleniamoci.
La facciata da gradasso di Gajeel crollò, messo alle strette. – No io intendevo… cioè… non sei male, davvero. Potremmo allenarci in altro, non…
- Non sono male? Allora che senso ha allenarmi singolarmente? – indagò lei, furba.
Il ragazzo si grattò la nuca, a disagio. Provò ad aprire le bocca per dire qualcosa diverse volte, ma fallì miseramente e la richiuse, incapace di tenerle testa.
Levy rise di lui. – Che ne dici di invitarmi ad uscire invece di invitarmi ad allenarmi perché sono scarsa?
Gajeel la fissò in volto e ghignò lentamente, mettendosi in posizione per attaccare. – Sabato prossimo?
- Sabato prossimo – acconsentì lei, scuotendo la testa. Tutto le donne dovevano fare!
- E questa sera?
- Sì, non dovrei avere grandi impegni – accettò con nonchalance, quasi non le importasse nulla.
Poi sorrise e partì a sorpresa, senza però riuscire a coglierlo impreparato. – E comunque non sei così brava, sappilo – la informò, compunto, quando parò un suo calcio.
Levy aggrottò la fronte e si preparò a smentirlo.
 
Mercoledì sera della settimana successiva Levy svoltò nel corridoio del dojo, chiacchierando con Lucy e Juvia, e sbatté malamente contro qualcosa che non era duro e freddo quanto un muro.
Prima di cadere rovinosamente per la seconda volta da quando si era iscritta lì, però, sentì due forti braccia circondarle la vita ed evitarle una brutta caduta, facendola scontrare contro un petto muscoloso e tiepido.
- Attenta piccoletta, devo darti lezioni anche su come si cammina? – la prese in giro Gajeel, lasciandola lentamente andare mentre ammiccava maliziosamente.
Si guardarono in attesa di un bacio che non arrivò, non quando indossavano i panni del sensei e dell’allieva, e Levy seguì Gajeel con lo sguardo quando si allontanò verso lo spogliatoio per prepararsi alla lezione successiva.
Lucy, accanto a lei, si schiarì la voce. – E io devo darti lezioni su come evitare di sbavare al passaggio di un ragazzo – la informò.
Proprio in quel momento passò Natsu, anche lui maestro del dojo, con cui erano uscite diverse volte insieme a Gray e Gajeel. Lucy avvampò quando lui salutò sorridendo tutte e tre le ragazze e tirò dritto, con un’aria ingenua e serena che spesso nemmeno i bambini mostravano con spensieratezza.
Levy scoppiò a ridere e Juvia si coprì la bocca con la mano. – Lucy-san, dubito che tu possa insegnare a Levy-san qualcosa che nemmeno tu sai fare.
La loro amica, balbettando giustificazioni inesistenti, si allontanò impettita ed entrò in palestra, seguita a ruota dalle risate delle ragazze.
Almeno Juvia non sbavava quando vedeva Gray.
Si liquefaceva direttamente.



MaxB
Sììì che bello riesco a postare il bonus puntuale!
Spero di poter dire lo stesso anche dei prossimi capitoli ahahahha. Sono un disastro :(
Quest'anno partecipo attivamente e mi auguro di potervi far godere questa settimana speciale (tra due settimane, non ora) ancora di più. Spero....
Al 14/02!
MaxB
  
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