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Autore: melloficent    01/02/2017    1 recensioni
Matt si sentiva la morte addosso come d’estate si sente il caldo.
In modo soffocante, fastidioso e debilitante.
Ma in fondo l’aveva sempre saputo che non sarebbe mai arrivato ai vent’anni, come spesso gli ripeteva Mello ogni qual volta accendeva una sigaretta.
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[mello/matt | one-shot | Matt!centric | buon compleanno, Matt!]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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fragile
 
Mail non aveva mai voluto la luce dei riflettori nei suoi quasi vent’anni anni di vita.
Era anonimo e silenzioso, trascurabile anche nei suoi capelli rosso acceso e gli occhi verde brillante, l’abbigliamento un po’ stravagante e la Camaro scarlatta trovata su un sito online due anni prima, praticamente svenduta.
Mail non aveva mai voluto nulla di particolare, si lasciava trascinare dal corso degli eventi come un ramoscello da un fiume in piena, l’apatia che rendeva tutto più ovattato.
L’ultima volta che aveva pianto aveva otto anni e i suoi genitori erano morti in un incidente stradale, era un bambino spaventato e non sapeva dove andare o cosa fare.
Poi più nulla, solo l’eco sordo della sua anima spezzata –fragile come vetro, crepata fino ad infrangersi- e un sorriso artificioso e falsissimo.
Nessuno era mai riuscito a leggergli dentro, a capire chi fosse davvero.
Tranne Mihael.
Mihael aveva i capelli biondo chiaro e gli occhi azzurro ghiaccio, la pelle pallida come porcellana e il corpo minuto di chi aveva dovuto patire gli stenti.
Sembrava una bambola di porcellana, fragile e bellissima, ma fredda e austera, come se il resto del mondo non fosse alla sua altezza.
Chiunque avrebbe detto che Mihael pensava davvero quello, ma a Mail piacevano i rompicapi impossibili e quel bambino angelico sembrava tutto tranne che una persona semplice.
Anche a Mihael le cose semplici non erano mai piaciute, non c’era gusto a misurarsi con qualcosa che non fosse una sfida.
Mail era una sfida, la prima di tante altre, il primo successo che l’avesse lasciato soddisfatto –e anche piacevolmente sorpreso e un po’ infastidito, perché odiava quando le persone contraddicevano la sua idea delle cose ma adorava scoprire lui stesso la verità.
Fu così che l’algida maschera di Mihael, sciolta solo da brevi sprazzi d’ira funesta, e il caldo sorriso di Mail, così finto e stucchevole da sembrare assolutamente vero, si infransero come vetro.
 
Il venticinque Gennaio 2010 non aveva mai fatto così freddo.
Almeno secondo Matt.
Aveva resistito il tempo necessario per comprare le sigarette e un accendino nuovo in uno squallido negozietto nella periferia di Tokyo, a pochi metri dal bilocale che lui e Mello avevano affittato per pochi soldi, gli ultimi rimanenti dai guadagni dell’attività illegale del biondo, spesi perlopiù in medicine per mantenerlo in vita.
Odiava il freddo, si era abituato al clima caldo di Los Angeles e la neve lo infastidiva soltanto, come in quel momento, quando dei fiocchi candidi avevano ripreso a scendere, infilandosi tra i capelli rossi e nel cappuccio del giubbotto verde militare.
Forse non faceva così freddo, non come quando era bambino ed era capace di giocare con la neve anche senza guanti, sciarpa e giubbotto, nel grande giardino della Wammy’s House.
Forse il freddo ce l’aveva dentro; si diceva che le anime in punto di morte sentissero freddo.
O forse era solamente la sua immaginazione.
Sapeva solo che gli faceva freddo.
Il tragitto per arrivare nello squallido appartamento dove viveva –molto precariamente, tra l’altro, con un divano scassato che fungeva anche da letto e un tavolino come mobilio principale, andando avanti a cibo in scatola e cioccolata della Hershey’s- fu breve, ma si sentiva il freddo fino alle ossa e quando entrò nell’alloggio riscaldato solo da una stufetta alogena la situazione non migliorò per nulla.
Si ritrovò a chiedersi, senza alcun motivo, se sarebbe mai arrivato ai vent’anni.
Aveva scoperto che lì in Giappone si era maggiorenni solo a ventun anni quando stava cercando di comprare della vodka scadente nello stesso negozietto delle sigarette e gli avevano chiesto un documento, concludendo che Matthew Lindwood, vent’anni, proveniente dal Michigan, non poteva bere perché era ancora un minorenne.
Almeno, era quello che aveva capito dell’inglese masticato appena dal commesso.
Quindi non poteva farsi la sua ultima bevuta prima di morire, e probabilmente non sarebbe mai stato abbastanza grande da poterlo fare, in quel Paese –in America, invece, si era ubriacato così tanto da vomitare anche l’anima e dimenticare il suo nome.
Matt si sentiva la morte addosso come d’estate si sente il caldo.
In modo soffocante, fastidioso e debilitante.
Ma in fondo l’aveva sempre saputo che non sarebbe mai arrivato ai vent’anni, come spesso gli ripeteva Mello ogni qual volta accendeva una sigaretta.
Improvvisamente si ricordò del pacchetto ancora incartato in tasca e decise che non gliene fregava nulla che Mello odiava il fumo e gli avrebbe urlato contro, era il suo ultimo giorno di vita e l’avrebbe passato come voleva.
Anche perché Mello sembrava un fantasma, quel giorno, e sospettava che avesse dovuto attingere a tutta la sua forza per rivedere le ultime fasi del piano.
La morte aleggiava fra di loro con tutte le parole non dette ed era pesante come un macigno.
Prima che potesse continuare a farsi trascinare dal flusso di pensieri che gli si accavallavano in testa, notò la luce fioca di una candela e una torta, minuscola e poggiata alla bell’e meglio su un piatto di plastica.
Mello fece un mezzo sorriso, stranamente triste nella penombra della stanza illuminata solo da una lampadina –o forse era davvero triste, cosa più probabile-, e lo guardò con gli occhi color ghiaccio al sole.
-bentornato.- disse, e Matt scelse di ignorare il tono così diverso da quello che aveva sempre per concentrarsi sul piccolo tentativo di Mello di essere più gentile del solito.
Sapeva quanto per il rosso il suo compleanno fosse un giorno speciale –quando era un bambino l’aveva sempre festeggiato con la sua famiglia, e Mello negli anni successivi si era sempre impegnato a fargli passare la sua inguaribile malinconia di vivere almeno per una sera-, e sebbene l’amara verità che in realtà mancasse una settimana al suo compleanno si facesse sentire prepotentemente, Matt apprezzò quel gesto.
-e buon compleanno…- aggiunse il biondo con un filo di imbarazzo tipico di chi non era abituato a fare sorprese, o cose gentili in generale.
Ma Matt era comunque felice, perché le attenzioni del mondo non gli interessavano, ma aveva bisogno di quelle di Mello come aria.
-non è il mio compleanno.- ci tenne a fargli notare, giusto perché era sempre stato un guastafeste e voleva che sembrasse tutto normale.
Mello incarcò un sopracciglio con la stessa aria di un nobile che si era scomodato a ringraziare un servitore e accavallò le gambe magre –era sempre stato così magro da starsi per spezzare, Mello, e l’amico sospettava che fosse soprattutto per la sua dieta sostanzialmente a base di cioccolato.
-accontentati.- disse alzandosi e posando le labbra sulle sue.
Mello e Matt erano fragili, ognuno in modo diverso, due cuori di vetro sottile e trasparente, spezzati e ricostruiti pezzo per pezzo.
Rotti, distrutti, disillusi.
Mello era stato consumato dalla sua ossessione di arrivare primo, Matt era perito con lui nel tentativo di seguirlo –l’aveva sempre fatto, come se Mello fosse stato una divinità in cui riponeva una fede religiosa.
Mello amava Matt come si ama qualcosa di indispensabile, perché lo rendeva se stesso.
Poteva non aver superato Near, ma per Matt sarebbe stato sempre il primo.
E si amavano, in un modo totalmente distruttivo e fuori da qualsiasi schema.
Matt era morto per Mello e non si pentiva di nulla.
 
Mail Jeevas è morto il ventisei gennaio 2010, le sue spoglie riposano nel cimitero di Winchester, accanto a quelle dell’unica persona che avesse mai amato e a pochi metri da quella del suo mito infantile.
Nessuno lo acclama come eroe, non ci sono tonnellate di fiori sulla pietra fredda della sua lapide; il massimo è un mazzo di crisantemi immacolati, di tanto in tanto.
Non è arrivato ai vent’anni, la sua vita si è frantumata come una lastra di vetro.
Ma Mail Jeevas è morto felice.
 
 
 
01 - 02
buon compleanno, Matt!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
prettylittlepsycho says
sono mesi che non scrivo, oggi ho avuto l’ispirazione ma dovrei fare le frasi di latino.
ma a cosa mi serve il latino quando posso avere la mello/matt?
non so bene dove questa storia dovesse andare a parare o cosa dovesse dire; forse solo dare un po’ di giustizia a Matt, oppure farmi dilettare con il più turpe angst, o semplicemente perché mi sentivo in colpa a non aver scritto nulla per il ventisei gennaio e mi rifaccio così, però l’ho scritta tutta in un giorno e mi sento meglio a essere riuscita finalmente a scrivere qualcosa che ho in testa.
e poi a questo fandom e a Mello e Matt ci sono particolarmente affezionata, sono i miei bambini e meritano più visibilità.
quindi complimenti se siete arrivati fin qui, spero che abbiate il tempo e la voglia di lasciarmi una recensione.
a presto,
-Akemi 
  
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