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Autore: Red Moon    02/02/2017    3 recensioni
Un bambino scomparso.
Una bufera di neve come tante altre... o forse non proprio.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Chantal, mi ricordi perché sei tu al volante?”.
L'altra rise e fece spallucce. “E chi lo sa? Forse perché ho più esperienza di guida sulla neve e tu con il tuo temperamento non sei proprio il massimo come autista”.
“Disse quella che per poco non è finita a bagno con le anatre per un po' di ghiaccio”.
“La tua affermazione conferma la mia seconda ipotesi”.
“Rimandiamo questa discussione, okay?”.
“L'hai cominciata tu”.
“Smettila di fare lo Spirito Critico!”. Sbuffai e incrociai le braccia. Forse, e dico forse, sono una persona leggermente suscettibile. Forse.
“Dunque stiamo andando a cercare una persona scomparsa?” guardai fuori dal mio finestrino, rigorosamente lato passeggero “non è la giornata migliore per scomparire”.
La neve scendeva fitta e ce n'era almeno una spanna a terra. L'illuminazione pubblica era già all'opera nonostante fossero appena le cinque di pomeriggio perché, esultate gente, d'inverno il sole tramonta praticamente dopo pranzo.
“Per farla breve, sì, dobbiamo trovare lui” frugò nel cruscotto con una mano e mi porse una foto “si chiama Pete, ha 12 anni”.
Il bambino sorridente della foto sarebbe stato perfetto per la pubblicità degli ovetti  Kinder: occhi chiari, capelli biondi, viso angelico. 
“Meno male che abbiamo una foto, altrimenti come avremmo potuto distinguerlo da tutti gli altri ragazzini che troveremo nella tempesta di neve?”.
“Lo so, lo so, è quello che ho pensato anch'io” mi lanciò un'occhiata d'intesa “sarò soddisfatta se non faremo la stessa fine di Lumley”.
“Oh, tranquilla. I vampiri non potrebbero nulla contro la tua parlantina, dopotutto sei o non sei lo Spirito Critico, unico e solo?”.
Senti da che pulpito, avrebbe potuto dire. Dopotutto, lo sapevamo entrambe, quello era un complimento: Chantal è una persona molto razionale, e questa è proprio una delle qualità che condividiamo e che ci ha permesso di diventare amiche. Essere pragmatici torna sempre utile.
“Potremmo lanciare loro addosso una Bibbia, ma temo saremmo costrette ad usare una catapulta, o a rinunciare all'uso di una mano. Oppure potresti farlo tu, visto che sei vicina alla conversione”.
Colpita. Si riferiva alla croce d'argento appesa al mio collo, in quel momento abilmente mascherata dal dolcevita. Indicai il mio ciondolo ed alzai una mano per discolparmi “Momento di pentimento temporaneo, passerà presto”.
“Sicura?”.
Avevo l'impressione che stesse per spararne un'altra, ma il suo tono si fece serio: “Ora prendiamo la poderale che sale verso la montagna, perciò occhi aperti. Tu cerca delle impronte, mentre io mi occupo di tenerci sulla strada”.
“Stai girando il dito nella piaga, eh? La prossima volta guido io”.
In quel tratto di strada non c'era nemmeno l'asfalto, perciò nessuno spazzaneve ci sarebbe mai passato. Era secondaria e sterrata e difficile da percorrere senza il mezzo adeguato. Grazie Signore per le quattro ruote motrici!
Nel nostro caso avrebbe dovuto semplificare le cose perché con quel tempo sarebbe stato facile individuare una pista e seguirla, ammesso che riuscissimo a trovarla prima che la neve la riempisse del tutto facendola sparire.
Le case ai lati della strada si fecero sempre più rare fino a lasciare posto alla foresta.
E poi le vidi, piccole impronte che si snodavano su per la pista innevata, a volte più visibili, a volte meno, in certi tratti sparivano del tutto.
“Trovate!”.
“Salgono?”.
“Ehm, sì, credo di sì”.
“Lo credi o lo sai?”.
Sbuffai. Lo so, la calma è la virtù dei forti.
Quelle impronte però erano strane; certo, potevano semplicemente essersi deformate a causa della particolare consistenza della neve o per il vento, ma non mi sembrava questo il caso. 
Non ero certa del verso della pista, e mentre salivamo i miei dubbi non facevano che aumentare.
In alcuni punti era chiarissima, ma in altri sembrava persino doppia, come se fossero in due a camminare fianco a fianco.
“Lo so. So che il nostro Pete andava verso la montagna quando è passato di qui”.
“Questa è una risposta!”.
Detto questo accese i fari dell'auto. Non era tardi, ma l'inverno è inverno. Presto sarebbe stato buio come se fossimo stati in piena notte.
“Mi aspettavo più tracce di capriolo, di solito attraversano sempre in quest'area”.
“Il bambino può averli spaventati”. Fece spallucce.
“Però è una fortuna che sia rimasto sulla strada, continuò, altrimenti sai che divertimento?”.
“Oh sì! Come vincere alla lotteria”.
“Primo premio polmonite fulminante, secondo faringite, terzo raffreddore con strascico!”.
“Non dimenticare il jackpot!”
“E come potrei? Essere sbranate dai lupi a pochi chilometri dal centro abitato più vicino non ha prezzo”.
“Eh no, non ce l'ha proprio”.
Svoltammo un'altra curva, e mi ritrovai a strizzare gli occhi per distinguere le impronte tra la neve che cadeva sempre più fitta.
Poi i fari dell'auto illuminarono qualcosa, ma tra il turbinare della neve e l'oscurità crescente non riuscì immediatamente a fare un quadro coerente della situazione.
Mi resi conto che anche Chantal aveva notato quella scena quando inchiodò, mandandomi quasi a sbattere contro il parabrezza.
Nota per me: mettere la cintura. Sempre.
Davanti a noi, nel centro della strada innevata, c'era Pete. Sembrava svenuto, disteso com'era nella neve, con le braccia abbandonate lungo i fianchi. Fin qui nulla di strano, in fondo il bambino poteva essersi perso per poi cadere vittima di un principio di ipotermia...
C'era però anche qualcosa di terribilmente sbagliato in ciò che vedevo, qualcosa che non riuscivo a distinguere con chiarezza. Per un attimo mi sembrò di vedere qualcosa che si muoveva accanto a Pete, ma con la bufera in atto non potevo esserne certa.
Una sensazione di disagio aleggiava nell’abitacolo, sentivo i miei pensieri distanti, annebbiati, e mi dimenticai completamente di Chantal. Feci solo in tempo a sentirla mentre scendevo dall'auto, ma non riuscì a distinguere le sue parole. 
Il gelo non mi colpì con la violenza che mi sarei aspettata, e io m’incamminai verso Pete, avanzando di fretta ma con poca convinzione, sapendo di dover andare in aiuto del piccolo e allo stesso tempo incerta sul da farsi.
In breve, non mi sentivo molto me stessa, perché di solito non sono affatto indecisa.
Quando fui a un paio di metri riuscì a distinguere un'altra figura, che prima mi sembrò un cumulo di neve, poi un cane, infine qualcosa che non ero in grado di definire. Era bianca come la neve, e se ne stava china sul bambino, sembrava... umanoide, con il corpo completamente glabro, pallido come la luna, scarno e allampanato.
Il battito del mio cuore accelerò, e prima che fossi in grado di registrare ulteriori dettagli quella cosa voltò il capo verso di me. 
La paura esplose come una bomba, facendomi mancare la terra sotto ai piedi; tentai disperatamente di fuggire, di allontanarmi, di fare anche un solo passo indietro, ma non riuscì a muovere un muscolo.
I suoi occhi, due pozzi neri e profondi come il vuoto stesso, mi fissavano fin nell'anima con un'intensità dolorosa. Quando poi spalancò la bocca una terza voragine oscura e oscenamente enorme si aprì su quel pallore malsano.
Fu allora che iniziarono le urla.
Dapprima si levò una sola voce, inumana, aspra e lacerante, poi se ne aggiunsero cento, mille, infinite altre. Grida strazianti di dolore, angoscia e agonia, terrore puro che si esprimeva sotto forma di onde acustiche. 
Desiderai potermi coprire le orecchie, piangere, urlare, dibattermi, pur consapevole che non sarebbe servito a nulla. E tuttavia non riuscì a muovere un muscolo.
Infine arrivò la consapevolezza, come un'ultima ombra scura che aleggi sulle membra di una creatura morente, quella che scaccia tutte le altre perché la sua potenza nel cancellare la vita non conosce eguali, che sarei morta, sola e terrorizzata, annichilita nello spirito, sfiancata da una lotta che per quel che ne sapevo poteva essere durata un battito di ciglia anche se a me era sembrata piuttosto un’eternità di dannazione.
Provai a resistere un'ultima volta prima che le mie ginocchia cedessero, poi l'oscurità mi avvolse.
  
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