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Autore: Tourniquet    02/02/2017    0 recensioni
Riflessione sulla velocità e sull'oblio, sotto forma di flusso di coscienza ispirato a un passo de "La lentezza" di Kundera.
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"Il grado di velocità è direttamente proporzionale all'intensità dell'oblio. [...] La nostra epoca è ossessionata dal desiderio di dimenticare, ed è per realizzare tale desiderio che si abbandona al demone della velocità; se accelera il passo è perché vuol farci capire che ormai non aspira più ad essere ricordata; che è stanca di se stessa; che vuole spegnere la tremula fiammella della memoria."
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La senti, ti scorre addosso, penetra attraverso i vestiti, la pelle, la carne, e come una stilettata ti arriva fino al cuore, avviluppandolo, come l'anaconda lentamente stringe la vittima tra le sue spire, affascinandola, seducendola, fino a soffocarla, in una morte dolcissima e terribile. Ma è un dolore gradito, perché dà libertà. Ti fa sentire vivo, potente, immortale, come se potessi congelare quell'attimo e riviverlo per sempre. Ma non puoi, e allora ne vuoi ancora, perché quella sensazione... è impareggiabile.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una cosa scritta tempo fa, con un'altra destinazione e su specifica richiesta di una persona a cui devo molto più che un testo senza pretese. In origine voleva essere un commento/riflessione su un passo di Kundera, poi il flusso di coscienza ha preso una direzione tutta sua e non so neanch'io cosa ne sia venuto fuori, ma ha un significato particolare ed era ora di togliere la polvere dalla memoria del PC.

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Il grado di velocità è direttamente proporzionale all'intensità dell'oblio. Da tale equazione si possono dedurre diversi corollari, per esempio il seguente: la nostra epoca si abbandona al demone della velocità ed è per questo che dimentica tanto facilmente se stessa. Ma io preferisco rovesciare questa affermazione: la nostra epoca è ossessionata dal desiderio di dimenticare, ed è per realizzare tale desiderio che si abbandona al demone della velocità; se accelera il passo è perché vuol farci capire che ormai non aspira più ad essere ricordata; che è stanca di se stessa; che vuole spegnere la tremula fiammella della memoria. [La lentezza, Milan Kundera]

 

 

Out of Time

Premessa alla distruzione

 

 

La senti, ti scorre addosso, penetra attraverso i vestiti, la pelle, la carne, e come una stilettata ti arriva fino al cuore, avviluppandolo, come l'anaconda lentamente stringe la vittima tra le sue spire, affascinandola, seducendola, fino a soffocarla, in una morte dolcissima e terribile. Ma è un dolore gradito, perché dà libertà. Ti fa sentire vivo, potente, immortale, come se potessi congelare quell'attimo e riviverlo per sempre. Ma non puoi, e allora ne vuoi ancora, perché quella sensazione... è impareggiabile.

Più forte. Più veloce. Più vivo.

Come se non dovessi morire mai, o potessi anche scomparire domani, perché quell'attimo... vale tutta una vita.

Accelera, l'aria si taglia al tuo passaggio, aprendoti a infinite possibilità.

Ancora più veloce, non è abbastanza.

Ne vuoi ancora, ne va della tua vita, non puoi farne a meno.

Per non fermarti. Per non pensare. Per staccare la spina, dimenticare chi sei, dove sei, da dove arrivi e dove vai, perché l'unica cosa importante è vivere. Vivere davvero, come non hai mai vissuto prima.

Quella sensazione di libertà assoluta e onnipotenza, come di volare, cadere, precipitare, accelerando ancora, fin quasi a sentirsi bruciare vivo, la carne sfaldarsi, il corpo che cede, il cuore che urla, forse si ferma.

Non importa se cadrai, se ti frantumerai in milioni di minuscoli pezzi, e forse non potrai più ricomporti, forse resterai lì, a osservare il mondo scorrere attorno a te, con quella sua perenne fretta, chiedendoti dove vadano tutti così di corsa, così follemente impegnati, con la mente focalizzata sull'obbiettivo, sulla destinazione, sul futuro. E li osserverai, piccole formichine all'opera, che si affrettano ad immagazzinare i frutti del loro duro lavoro, in attesa dell'inverno, quando potranno finalmente godere del meritato riposo, delle provviste raccolte durante l'estate. Un inverno che forse non arriverà mai.

E mentre senti che il mondo ti passa sopra, non curandosi della tua presenza, e resti lì, immobile, con la polvere che si accumula su di te, ti chiedi se serva davvero affaccendarsi così tanto, se neanche si è sicuri che si avrà modo di trarre effettivamente profitto dai propri sforzi.

Tu l'hai fatto per anni, hai cercato di adeguarti alla massa, a quella moltitudine di operosi individui che così tanto faticavano, per un fine che non coglievi appieno, ma che confidavi ci fosse. E come loro andavi di fretta, perché era importante, perché il tempo passava, inesorabile, perché tempo non ce n'era, mai abbastanza. Tempo per cosa? Neanche lo ricordi. Una volta lo sapevi, una volta non potevi pensare ad altro. Forse vi pensavi proprio per non lasciar vagare libera la mente, che sarebbe approdata in altri lidi, luoghi pericolosi, qualcosa che era meglio nascondere, che non si doveva prendere in considerazione.

Avevi così fretta di agire, di lavorare, di muoverti, per tenerti occupato, per non pensare, per dimenticare. Per dimenticare chi fossi, perché non era quello l'importante, perché la tua esistenza, per quanto follemente avresti lavorato, sarebbe stata dimenticata, surclassata da quella di qualcun altro, che a sua volta sarebbe stato dimenticato.

E nonostante sapessi che non saresti stato ricordato, cadavere di un signor nessuno gettato senza remore nella fossa comune della memoria umana, continuavi imperterrito a correre, perché non potevi fare altro, e forse inconsciamente speravi che se avessi fatto qualcosa di abbastanza grande saresti rimasto impresso nella memoria almeno di qualcuno. Illuso.

L'unica cosa rilevante era quell'orologio, le cui lancette si muovevano sempre troppo velocemente, e per questo dovevi batterle sul tempo, nell'arte in cui erano maestre, e accelerare anche tu. Non avevi scelta.

Il mondo attorno a te era così frenetico, agitato, come l'insetto intrappolato nel vaso che cerca disperatamente una via di fuga, prima che l'ossigeno finisca. Ma il suo destino è già segnato, perché una via di fuga non c'è. E ciononostante la forza della disperazione, della folle speranza o di chissà che altro, lo costringe a non darsi per vinto, ad usare tutto il tempo che ha a disposizione. Così l'essere umano, prigioniero nel barattolo a coperchio ermetico da quando è venuto al mondo, cerca disperatamente un modo per sopravvivere, e deve farlo in fretta, sempre più in fretta, perché il tempo passa, le lancette girano e scandiscono i secondi, i minuti, le ore, i giorni, con il loro incessante ticchettio, perché non si sa quando finirà l'ossigeno, quando si avrà consumato tutta la riserva d'aria disponibile e si soffocherà, lentamente, preda di rimpianti e sensi di colpa, pensando a cosa si avrebbe potuto fare se si avesse avuto più tempo, e attendendo l'oblio, la pace eterna, che ponga fine a tutte le sofferenze e porti finalmente calma, silenzio non più rotto dal ritmico tic-toc dell'orologio della vita.

Ma finché si è in vita, è tassativo affrettarsi, per una causa che è persa in partenza ma ancora speri non lo sia, ancora speri di avere una possibilità.

Non hai scelta, devi correre anche tu, per non restare indietro, per adeguarti ai ritmi sempre più frenetici del mondo intorno a te. Puoi solo continuare a vivere, con il demone della velocità che ti seduce con le sue impalpabili armi, spingendoti a seguirlo nella sua folle corsa, corsa che porterà all'inevitabile distruzione, ma a cui non ti puoi sottrarre, perché la paura di soccombere ancor prima del poco tempo che hai, senza aver potuto fare ciò che volevi, è più forte di qualunque altra cosa. Perciò ti lasci sedurre da quella sensazione che ti promette libertà, potenza, vita, in un modo che non avresti mai neanche immaginato, ma la cui prospettiva è troppo allettante per rinunciarvi. Cedi al demone della velocità e alle sue lusinghe, per tentare di vivere appieno prima di esaurire il poco tempo a tua disposizione.

E allora acceleri.

Aumenti la velocità, sempre di più, non è mai abbastanza.

Senti l'aria che ti accarezza la pelle, leggera, leggera come ti senti tu, come fossi sul punto di spiccare il volo. L'ultimo volo, ma che importa? Tempo non ce n'è, perciò tanto vale spendere bene quel poco che si ha.

Acceleri ancora, vuoi raggiungere il limite estremo, lo senti che si avvicina, senti che stai raggiungendo l'oblio.

L'oblio che ti farà smettere di pensare, che ti darà la possibilità di fermarti, se vorrai. Perché prima non puoi fermarti, prima hai da fare, prima hai fretta. Non sai bene di cosa, ma hai fretta.

Di correre

ballare

saltare

gridare

cadere

volare...

 

Vivere.

 

Respirare.

 

Ora il tempo sta finendo, quindi acceleri.

Ancora.

Ancora.

Ancora.

Fino alla fine.

Non fermarti.

Se ti fermi sei finito.

Più veloce.

Più veloce.

 

Più veloce...

 

  
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