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Autore: G Nineko    02/02/2017    1 recensioni
"Nelle notti al largo del Lago Pim, con la sola compagnia del buio delle sue acque profonde, avrebbe guardato la spilla puntata al petto con malinconia. L'avrebbe osservata se e quando avesse pescato qualcosa, alzando con fatica l'ampolla sul ponte della barca, notando al suo interno il vorticare incessante dei pensieri di qualche ragazzo che aveva avuto più fortuna di lui. La notte poi, stanco sul suo letto a Kolì, avrebbe chiuso gli occhi, consapevole di non poter vedere dietro le palpebre tutti quei colori che vorticavano.
Il suo destino era dormire sonni neri e bui, steso su un fianco, respirando il vapore che ricopriva Steamworld come una coperta, i giorni che passavano uguali e sempre più grigi.
Matthew capì in quel momento, in piedi in mezzo alla folla che riempiva la Sala Sommersa, che aveva una sola sicurezza nella sua vita a Vrack, nel Mondo di Vapore: sarebbe diventato un Pescatore di Sogni. "
Primo romanzo della saga Steamworld, inedito.
L'idea è nata all'improvviso dopo aver visto un quadro blu, io l'ho solamente trascritta su carta.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autore: Primo libro della saga Steamworld, inedito. L'idea è nata dopo aver visto un quadro blu, io l'ho solo trascritta su carta. 
 
    E' un mondo malinconico, nebbioso, ma non triste. Un po' come me. 
    Spero di ricevere critiche, apprezzamenti, consigli da tutti voi.
    Buona lettura. 






 
 
CAPITOLO 1

Proclamazione

 



 
La scogliera cadeva a capofitto sulla Baia di Vrack. Il vento, almeno per quel giorno, aveva deciso di non increspare la superficie dello specchio salmastro, lasciando le sue acque verdi immobili. L'unica cosa che non cambiava mai a Steamworld era la presenza costante della nebbia: ricopriva accuratamente ogni angolo dal villaggio fino al Lago Pim in lontananza, come un mantello riposto con cura e da cui non trapassava nemmeno un raggio di sole. L'oscurità ora se ne stava andando, segno che era mattino presto e il villaggio si sarebbe di lì a poco risvegliato.
Un ragazzo, però, era già sceso dal letto con il piede sbagliato qualche ora prima, assonnato si era infilato dei pantaloni neri stretti e una larga maglia grigia bucherellata e facendo meno rumore possibile era uscito di casa, lasciando la madre e la sorella dormire tranquille. Come al solito, non aveva incrociato nessuno per le vie desolate, nemmeno qualche anziano signore che vagava ingobbito per Piazza Marina sbraitando sui vecchi tempi andati in cui si pescava bene. Si spinse fino alla scogliera, lasciandosi alle spalle la Foresta di Drev e i suoi alberi fitti e scuri, e finalmente sospirò di sollievo, facendo cadere la tracolla pesante a terra di fianco a lui.
Matthew si scompigliò i capelli neri, scostando un ciuffo che non ne voleva sapere di starsene lontano dagli occhi, e si mise comodo, godendosi la vista che quel particolare luogo gli permetteva. Alcune barche di legno stavano solcando la Baia, i Pescatori stavano tornando al loro villaggio galleggiante, Kolì, dopo una notte di lavoro. Poteva vedere, se si sforzava, le palafitte alte e traballanti su cui poggiavano le case di legno, costruite una sull'altra come un ammasso informe di tavole inchiodate tra di loro. Kolì era un agglomerato silenzioso e solitario che delimitava la Baia, l'ultimo luogo abitato dalla gente di Steamworld, il tacito confine tra il villaggio di Vrack ed il Lago Pim. Quest'ultimo si estendeva ben oltre la coltre di nebbia che bloccava la vista, nemmeno i Pescatori più impavidi si avventuravano al largo e così nessuno sapeva bene se avesse veramente un limite la sua sconfinatezza. Le sue acque dolci erano profonde e misteriose, un facile luogo di smarrimento nella solitudine delle notti passate in barca. Il Lago dei Sogni, come lo chiamavano gli abitanti di Steamworld, era però l'unica fonte di sostentamento per il Villaggio e nonostante incutesse non poco timore, fin dalla creazione del Mondo di Vapore era stato solcato dalle chiglie delle barche ogni notte. Matthew ricordava bene le lezioni di Storia all'Istituto, era una delle poche materie in cui riusciva a non addormentarsi sul banco.
Aprì la sua tracolla tirandone fuori un blocco da disegno con gli angoli sbucciati e una matita di carbone scuro.
Non era quel che si può definire un bel ragazzo, di sicuro non era come suo cugino Lucas, tutto muscoli e parlantina veloce, sempre circondato da ragazze adoranti. Era alto, forse anche troppo e i vestiti gli stavano sempre larghi: le spalline delle magliette gli cadevano sulla spalla spigolosa lasciando vedere il collo lungo, i pantaloni erano spesso troppo corti e le sue caviglie ossute erano in bella vista sopra gli stivaletti neri dalle suole consumate. Nell'ultimo anno era cresciuto talmente tanto che doveva abbassarsi ogni volta che entrava in casa per evitare di sbattere la testa sullo stipite della porta.
La nebbia era più fitta del solito quella mattina e nonostante ci fosse abituato i suoi occhi verdi faticavano a distinguere le sagome delle barche che silenziose tornavano a Kolì. Chissà se suo padre aveva pescato qualcosa di buono quella notte.
Lanciò distrattamente qualche sassolino giù nella Baia nella speranza remota di intravedere una pinna traslucida di qualche Ninfa. Erano anni che provava a disegnare quelle creature di cui tanto aveva studiato all'Istituto, ma l'unica prova che esistessero veramente l'aveva avuta qualche mese prima quando aveva intravisto un guizzo di capelli verde-alga muoversi nell'acqua. Lucas gli aveva gentilmente detto che si era rincretinito definitivamente, che le Ninfe non si facevano mai vedere da nessuno e che si era sognato tutto. Non che fosse possibile per lui sognare, nessuno a Steamworld era in grado di farlo.
Si risistemò i capelli dietro le orecchie troppo grandi, stizzito che non stessero mai al loro posto, avevano la parvenza di una massa scomposta e nera. Tutti a Vrack avevano i capelli scuri, gli occhi verdi e la pelle chiara, il che, pensava Matthew, rendeva il villaggio un po' noioso. Viveva in un mondo grigio e spento: avrebbe voluto comprare dei pastelli, ma di sicuro non erano materiale in vendita nel negozio "Esca e Pesca".
Era talmente assorto nei suoi pensieri da non accorgersi della figura che si avvicinava di corsa, una ragazza di piccola statura con i capelli neri e lisci che le toccavano le spalle, gli occhi verde chiaro che saettavano da una parte all'altra alla ricerca di qualcosa. Si fermarono solo quando scorsero Matthew seduto scompostamente sulla scogliera con il blocco da disegno in mano.
«Si può sapere dove hai la testa?»
Matthew si riscosse con un salto, voltandosi verso la ragazza che se ne stava impettita davanti a lui, con le braccia sui fianchi e un'espressione infuriata sul viso.
«Dolly, mi hai spaventato!» le rispose, raccogliendo i fogli che gli erano caduti a terra e buttando tutto alla rinfusa nella tracolla.
«Hai idea di che ora sia? E di quanto siamo in ritardo?» continuò lei.
«Scusa, mi sono distratto» sbuffò irrequieto.
Matthew e Dolly erano vicini di casa: si conoscevano da prima di venire al mondo,  quando le loro madri Eleanor e Rachel si incontravano per il the pomeridiano sorreggendosi il pancione e scambiandosi alghe curative. Il ragazzo poteva considerare Dolly come l'unica vera amica che avesse in tutta Vrack, non riusciva a ricordare un momento della sua vita trascorso senza la presenza assillante ma confortante della ragazza.
«Lo immaginavo, per quello sono venuta a cercarti» gli disse, pestando i piedi in un tacito invito a muoversi.
«Grazie, lo sai che sei la migliore?» rispose, arruffandole i capelli affettuosamente.
«Smettila Matthew! Lo sai che odio quando fai così!» si sistemò con le mani la piega, ricevendo solo una risata divertita da parte del ragazzo. «E adesso possiamo andare? Non voglio arrivare in ritardo proprio l'ultimo giorno» .
«Sei diventata improvvisamente una brava studentessa?»
«E tu sei diventato improvvisamente un ribelle?» ribattè lei, incamminandosi verso Piazza Marina senza controllare che lui la seguisse. «Forza, domani saremo ufficialmente degli adulti»
«Fantastico, non vedo l'ora...» borbottò Matthew, raggiungendo Dolly con un paio di falcate.
«Non essere sempre così di malumore! Non sei nemmeno un tantino emozionato?»
«Dobbiamo davvero riprendere questo discorso? Lo sai come la penso, Dolly... Vorrei solo poter scegliere cosa fare per il resto dei miei giorni finchè non lascerò questo mondo, non mi va l'idea di essere costretto a diventare Pescatore» .
«Siamo a Steamworld, lo sai come funziona. Non si può scegliere» .
«Lo so... Ma voglio dire, mi ci vedi in barca a pescare nel Lago Pim?» chiese Matthew, allargando le braccia per enfatizzare l'assurdità della situazione.
Dolly lo guardò, il ragazzo la superava di tutta la testa e dovette alzare gli occhi per vedere l'espressione scandalizzata che aveva assunto.
«Non molto» rise poi, «Ma le divise potrebbero donarti» .
«Sì, certo, soprattutto gli stivali di gomma» .
Superarono velocemente la Piazza, ora popolata da signore in tute grigie che si incamminavano verso la spiaggia per raccogliere le alghe e i molluschi mattutini dalle reti appese alle rocce sporgenti delle rive della Baia. Matthew provò ad immaginarsi Dolly vestita in quel modo, mentre si svegliava ogni mattina all'alba per andare al lavoro e gli venne da ridere.
«Che c'è da sogghignare?» gli chiese lei curiosa.
«Ti immaginavo a fare la Coltivatrice» .
«Non succederà, Matthew. Perché io diventerò Conservatrice» rispose sicura.
«Lo so, Dolly. E sarai la più brava di tutto il Palazzo» le disse, beccandosi un pugno sul braccio che lo fece solo ridere di più.
Salirono la grande Scalinata che divideva il villaggio di Vrack in due, i lunghi gradini di pietra chiara conducevano dritti ad Hylatt, il Palazzo all'interno del quale si trovava l'Istituto. Matthew si chiedeva spesso perché lo chiamassero in quel modo dal momento che il suo aspetto era tutto fuorché quello di un edificio comune, ma poi si ricordava che i Governatori di Vrack risiedevano tra le sue mura a regnare sul villaggio. Non che ci fosse molto da fare a dirla tutta, la calma e la monotonia incombevano sovrane, come la nebbia.
Il ragazzo osservò l'immensa nave ricoperta di conchiglie che se ne stava sdraiata su un fianco appoggiata alla collina che dominava Vrack, reduce del grande Naufragio che segnò l'inizio di Steamworld. Era una presenza possente: nonostante l'aspetto mistico e fiabesco trasudava regalità e Matthew si incantava ad ammirarla ogni qualvolta ne aveva l'occasione.
«Matt! Andiamo!» disse Dolly, riscuotendolo per l'ennesima volta dai suoi pensieri e prendendolo per mano.
Il ragazzo si fece trascinare attraverso il grande ingresso che si apriva direttamente sulla chiglia, un immenso portone dagli stipiti incurvati a seguire la dolce piega del fondo della nave. Ancora poche ore e non avrebbe più rivisto l'Istituto, sarebbe finalmente diventato un uomo e non sapeva se esserne sollevato o infinitamente terrorizzato.
 
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«Un cono al nero di seppia con del croccante di conchiglia, per favore» disse Dolly.
«Ma come fa a piacerti quel gusto orribile?» le sussurrò Matthew. «E' talmente dolce... E ti si appiccica tutto sui denti» .
«Come, così?» chiese Dolly, mostrando un sorriso a chiazze nere.
«Ragazzo, prendi qualcosa?» si sporse la signora dietro il bancone.
«Un cono all'alga marina con sabbia caramellata, per favore» disse prendendo velocemente il gelato e sgattaiolando fuori dal negozio. «Grazie per avermelo offerto, Dolly!»
«Io non ho ancora pagato niente!» ma Matthew era già uscito in strada, lasciando alla ragazza l'ingrato compito di sborsare quattro gocce per entrambi.
«Sei davvero un gentiluomo, Matt, c'è poco da dire» sbuffò Dolly, sedendosi accanto a lui sulla panchina di legno fuori da "Soffio di Ninfa", l'insegna dell'unica gelateria di Vrack penzolava sulle loro teste. Era una piccola bottega dall'aspetto trasandato, il bancone lungo cadeva a pezzi e la carta da parati azzurro chiaro incollata malamente sui muri era rotta in più punti. I disegni geometrici dal dubbio gusto che decoravano le pareti potevano trarre in inganno ma il gelato era decisamente fantastico.
«Come ti è andato l'ultimo giorno all'Istituto?» chiese l'amica.
«Tutto nella norma. A lezione di Equilibrio sono precipitato dall'albero di prua, cadendo miseramente sulle reti di sotto. Ad Orientamento mi sono ovviamente scordato di dove fosse il Nord e alla lezione teorica di Pesca il Professor Cal mi ha giustamente ribadito la sua perplessità sulle mie capacità» sbuffò Matthew.
«Il Professor Cal è solo un vecchio frustrato, lo sai anche tu» rispose Dolly, cercando di consolarlo accarezzandogli la spalla.
«Sarà anche frustrato, ma è da cinque anni che non fa altro che ripetermi quanto io sia incapace»
«Non sei l'unico a cui lo dice. Ho sentito almeno altri dieci ragazzi lamentarsi delle sue lezioni per le scale dell'Istituto»
«Stranamente Lucas gli va a genio...»
«Eccolo che arriva!» disse Dolly, indicando con un cenno del capo la figura del cugino di Matthew che percorreva Via dei Sognatori.
«Ragazzi!» salutò, sedendosi sulla panchina accanto a loro. «Stavate parlando di me?»
«Non sei sempre al centro dei nostri pensieri, Lucas» alzò gli occhi Dolly. «Piuttosto, dove hai lasciato il branco di ragazze adoranti oggi?»
«Sei per caso gelosa, tesoro?» ammiccò lui, circondandogli le spalle con un braccio.
«Per carità» gli tolse poco gentilmente la mano pesante di dosso.
Lucas non era un tipo arrogante di per sé, era simpatico quando si trovava da solo con il cugino e Dolly. Con gli anni, però, il suo ego era lievitato in maniera spropositata, complici la sua bravura di Pescatore e il suo fisico muscoloso. Matthew non gliene faceva una colpa, semplicemente preferiva evitarlo quando lo incrociava all'Istituto per evitare spiacevoli comparazioni ridicole tra loro due.
«Sono stato trattenuto dal Professor Cal in aula, prima» iniziò Lucas. «E' così esaltato per la cerimonia di stasera, voleva farmi i suoi personali auguri» .
«Emozionante...» borbottò Matthew, finendo il suo gelato.
«Davvero, non vedo l'ora sia domani notte» continuò lui, non cogliendo la palese ironia.
«Se potessi rifarei da capo tutti e cinque gli anni di Istituto piuttosto che andare a pesca al Lago Pim domani notte...»
«Matt! Ma sei pazzo? Io non sto più nella pelle!»
«Lucas, non voglio essere un Pescatore e mai lo vorrò» .
«E cosa vorresti fare nella tua vita? Siamo a Steamworld. Non puoi scegliere, amico» .
«Lo so, infatti sto cercando di farmene una ragione anche se la strada per l'accettazione è lunga e difficile» rispose lui, incrociando le braccia.
Gli abitanti di Vrack frequentavano  l'Istituto dall'età di undici anni fino ai sedici, quando entravano di diritto nel mondo degli adulti. Da bambini restavano in casa, protetti dalle mura domestiche, in attesa di varcare il grande ingresso di Hylatt in veste di studenti e intraprendere il loro percorso educativo.
Matthew era stato sollevato di avere Dolly al suo fianco per almeno i primi tre anni: condividevano le lezioni di Storia di Steamworld nelle grandi aule a prua della nave, con le parenti di legno ricurve su cui si lasciavano scivolare gli studenti più annoiati mentre Matt prendeva appunti assetato di sapere. Le corse per non arrivare in ritardo ad Analisi dei Sogni erano all'ordine del giorno e Dolly si ritrovava costretta a passare i fogli pieni di numeri strani e parentesi all'amico che non riusciva proprio a risolvere nemmeno i calcoli più semplici. Si addormentavano poi puntualmente quando arrivava l'ora di Legge, le teste che cadevano pesanti sul banco inciso negli anni da scritte di tutti i tipi. Ricordava con malinconia tutte le volte in cui erano sgattaiolati fuori dall'aula senza farsi vedere dal Professor Jonathan, troppo preso dai suoi sproloqui sui comizi dei Governatori dei Villaggi del Mondo di Vapore.
Al quarto anno, però, Matthew aveva iniziato a frequentare Pesca, Equilibrio e Orientamento in vista del suo lavoro futuro e aveva visto Dolly sempre più raramente. Andare all'Istituto era ormai come andare al patibolo: il suo fisico alto e magro lo faceva risultare impacciato e sbilanciato anche durante le prove più basilari, così camminare sull'albero di prua era diventata un'impresa titanica che nemmeno l'ultimo giorno era riuscito a superare. Matthew si era convinto, con gli anni, che si sarebbe sicuramente perso nel bel mezzo della notte, da solo, nel Lago Pim. Probabilmente sarebbe morto di fame non riuscendo più a trovare la via per Kolì e suo padre sarebbe stato così deluso da lui da disconoscerlo come figlio e dimenticarsi della sua esistenza una volta che fosse sparito.
«Ci sei?» Dolly gli sventolò una mano davanti agli occhi.
«Sì, ero distratto, scusa» disse, togliendosi una ciocca di capelli dal viso.
«Strano, di solito sei sempre così attento!» lo prese in giro Lucas. «Quasi come a lezione di Creature Mistiche! Mi ricordo al primo anno come te ne stavi in prima fila con il collo tirato per ascoltare quelle stupidaggini sulle Ninfe e i Viaggiatori!» rise il ragazzo, spettinandosi i capelli corti a spazzola.
«Lucas!» lo rimproverò Dolly. La ragazza si strinse nella giacca grigia che indossava quel giorno, il vento si era leggermente alzato facendo muovere la nebbia più veloce sopra le loro teste. A Vrack faceva sempre freddo, non conoscevano la sensazione dei raggi del sole che baciano la pelle del viso e neanche quella della pioggia che scende dolce a bagnare la terra. Steamworld era un lungo autunno freddo e pieno di vapore.
«Mi mancherà studiare, penso...» spezzò il silenzio la ragazza, puntando gli occhi chiari al cielo grigio.
«Sei sempre stata una secchiona, non c'è da stupirsi» disse Matthew.
«Non è vero! E' solo che mi piacevano le lezioni della Professoressa Michelle» .
«Quella sì che è una donna!» esclamò Lucas. «Quanto mi sarebbe piaciuto studiare Conservazione con lei, sarei stato un allievo modello» .
«Saresti stato un allievo con la bava alla bocca e gli occhi a cuoricino» rise Dolly. Il cugino di Matthew aveva da sempre una grande cotta platonica per la donna: forse era stato affascinato dal suo modo di parlare dolce e lieve, o dai suoi capelli lunghissimi e lucenti che si appoggiavano alla divisa da lavoro così attillata. Di sicuro, però, non era interessato alla sua materia così come le aveva confessato svariate volte quando la incrociava per le scale a chiocciola di Hylatt, cercando inutilmente di fare buona impressione.
«Devo andare» si alzò Matthew, prendendo la tracolla pesante. «Ci vediamo stasera alla cerimonia» .
«Certo, a dopo!» lo salutarono Dolly e Lucas, guardandolo andar via.
Ripercorse a ritroso Via dei Sognatori fino alla Scalinata e svoltò in un'altra piccola strada acciottolata. Non era difficile orientarsi nel villaggio, diviso da strade parallele tra loro e tutte uguali, bastava ricordarsi il numero di scalini da salire o scendere e se svoltare a destra o sinistra. Si trascinò fiaccamente lungo Via del Naufragio, la strada sconnessa consumava la suola dei suoi stivaletti ogni giorno di più, gli edifici su entrambi i lati proiettavano un'ombra tenue. In lontananza poteva già vedere la sua casa: era piccola, a due piani, uguale a tutte le altre, le pareti di legno erano solide anche se corrose in superficie dal tempo e piccole finestre rettangolari si aprivano permettendo alla poca luce di entrare ad illuminare il salotto.
Bussò alla porta su cui era appeso un simbolo rotondo grigio e blu dove una rete faceva da sfondo ad una grande lettera K intarsiata da piccole pietre chiare. Quello era l'unico tratto distintivo nelle abitazioni di Vrack, uno stemma appeso su ogni ingresso che stava ad indicare la famiglia che vi alloggiava, nel suo caso i Kalas.
«Phoebe!» Matthew salutò la sorella che gli aveva appena aperto la porta. Si assomigliavano molto: ad undici anni già gli arrivava alle spalle, i capelli scuri erano sempre legati in una treccia lunga che lasciava cadere sulla spalla, gli occhi dello stesso verde intenso del fratello le donavano uno sguardo magnetico, il piccolo naso a punta, le orecchie un po' grandi e il fisico gracile e sottile facevano presagire che sarebbe diventata una donna affascinante.
«Sei in ritardo, mamma sta dando di matto» disse lei, andandosene in camera.
«Dov'è?» le urlò dietro Matthew.
«In salotto!»
Appese la tracolla all'ingresso e superò la piccola cucina con il tavolo da pranzo alla sua destra, trovando la madre indaffarata a scartare dei pacchi sul divano del salotto.
«Mamma, sono tornato» .
«Matthew!» esclamò lei, voltandosi pronta per rimproverarlo. «Ti rendi conto di quanto tardi sia? Devi prepararti per la cerimonia di stasera e devi provarti l'abito, sperando che ti entri e-»
«Mamma, calmati! Farò in tempo!» la interruppe lui, gli sembrava quasi che tutti gli ricordassero costantemente di quanto fosse in perenne ritardo.
Eleanor sbuffò, spostandosi un riccio scuro che gli era caduto davanti agli occhi. Dolly gli diceva sempre che sua madre era una delle donne più belle di Vrack, con la sua chioma ribelle e le lunghe ciglia. Tutti la guardavano con ammirazione ogni volta che andava alla Baia a raccogliere le alghe verdi che tanto piacevano a Matthew, soprattutto quando le cuoceva al vapore con i calamari e i gamberi. Suo padre gli aveva raccontato, una di quelle rare volte in cui si vedevano, di quanto fosse stato difficile conquistarla, di quanti spasimanti avesse quando era giovane e anche ora, nonostante l'età avanzasse, si vedeva l'ombra della donna stupenda che era stata un tempo.
«Tieni, vai a provartelo» gli disse Eleanor, tendendo a Matthew una lunga tunica grigio scuro. «Spero ti vada bene, sei così cresciuto nell'ultimo anno...»
«Era di papà?» le chiese prendendo tra le mani quella stoffa delicata.
«Sì, mi dispiace ma non siamo proprio riusciti a comprare un abito nuovo» gli rispose la madre dispiaciuta. La loro famiglia non nuotava in belle acque, in particolar modo nell'ultimo periodo. Era una situazione che accumunava tutto il villaggio, i vecchi signori di Piazza Marina avevano ragione quando dicevano che non si pescava più bene come una volta.
«Tranquilla, mamma, mi andrà benissimo» la rassicurò, salendo le scale per andare in camera a prepararsi per quella grande serata che lo aspettava.
Adagiò sul piccolo letto poggiato alla parete la tunica del padre, dalla piccola finestra la luce faceva risplendere gli intarsi blu che la decoravano ed i piccoli bottoni di conchiglia grigio chiaro, i bordi ricamati delle maniche e del fondo richiamavano il motivo ondeggiante del colletto coreano.
Gettò uno sguardo veloce fuori, intravedendo Dolly che chiudeva la tenda pesante della sua camera che si trovava esattamente di fronte alla sua. Tutti a Vrack erano in procinto di vestirsi ed abbellirsi per la cerimonia e probabilmente erano tutti emozionati tranne lui. Matthew aveva un nodo allo stomaco, ma era sicuro si trattasse di ansia non per la proclamazione in sé, ma per ciò che avrebbe comportato nei giorni a seguire.
Si infilò con fatica la tunica dalla testa, la abbottonò fino al collo e indossò i pantaloni scuri che gli fasciavano le gambe magre. Ai piedi infilò i suoi soliti stivaletti consumati, d'altronde erano le uniche scarpe che possedeva. Sospirò, rassegnato dal peso della responsabilità che gli stava per crollare sulle spalle e si avviò con passo pesante al piano inferiore.
Sua madre e sua sorella Phoebe lo stavano aspettando sedute comodamente sul divano nero, in mano una tazza di the fumante che tentavano di raffreddare soffiandoci sopra con forza.
«Come sto?» chiese Matthew titubante.
«Oh, tesoro, sei stupendo!» gli disse Eleanor, con gli occhi lucidi di una madre orgogliosa.
«Sembri un uomo, Matthew» una voce grossa gli arrivò alle spalle e si voltò per guardare suo padre che lo osservava con uno sguardo che forse il ragazzo poteva definire fiero. I capelli solitamente scomposti erano tenuti pettinati all'indietro con maestria, il suo fisico alto e asciutto era coperto da vestiti scuri, il completo per le grandi occasioni che tirava fuori solo una volta all'anno.
«Grazie papà» sussurrò imbarazzato da tutte quelle attenzioni, grattandosi la nuca.
«Karl, la tua tunica gli sta a pennello!» sua madre, più emozionata di lui, iniziò a balbettare frasi sconnesse e a spingerli verso la porta d'ingresso.
«Dobbiamo già andare?» si lamentò Phoebe.
«Sì, è tardi piccola e non voglio arrivare all'ultimo secondo ed essere costretta a starmene in fondo alla Sala senza vedere nulla» .
«Ma il the, devo finire di berlo...»
«Non importa, Phoebe, lo riscalderemo più tardi» le rispose la madre, infilandole le braccia nella giacca nera.
Numerose famiglie stavano già percorrendo le vie del villaggio, tutte in direzione di Hylatt. Eleanor e Karl parlavano piano tra di loro, tenendosi per mano come se si vedessero per la prima volta, dietro Matthew e la sorella li seguivano silenziosi sulla grande Scalinata.
«Buona fortuna» gli disse il padre, erano già arrivati a Palazzo.
«Grazie» sospirò Matthew. Salutò la madre con un bacio e andò incontro al suo destino con le gambe tremanti, pregando con tutto sé stesso di non inciampare davanti a tutti sul palco della cerimonia.
 
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Erano tutti ammassati in uno stanzino adiacente la sala dove si sarebbe tenuta la proclamazione: una cinquantina di ragazzi sedicenni vestiti a festa, pressati tra loro come sardine in attesa di essere lanciate in pasto alla folla di parenti e amici accorsi ad assistere. Se qualcuno avesse passeggiato per le vie di Vrack quella sera, l'avrebbe trovata completamente deserta. Tutti gli abitanti si trovavano stipati nella Sala Sommersa, l'enorme stanzone all'interno del Palazzo dove si tenevano la Cerimonia di Proclamazione ed i comizi decisamente noiosi con i Governatori.
«Finalmente ti ho trovato!» esclamò Dolly, abbracciando di slancio Matthew per quanto la sua altezza le potesse permettere. «Che eleganza!» aggiunse, squadrandolo da capo a piedi, le gote le si imporporarono leggermente.
«Tunica di seconda mano, niente di che. Tu piuttosto, sei andata da Madama Ram come ti aveva promesso tua madre?» le chiese il ragazzo curioso.
«Sì, alla fine sono riuscita a farmi fare l'abito su misura. Niente male, no?» disse Dolly facendo una piroetta. La lunga gonna le si stringeva in vita per poi scendere larga fino ai polpacci, la stoffa rigida grigia era decorata da piccolissime perline verde chiaro che scendevano come una cascata fino all'orlo. Il corpetto grigio perla le fasciava il seno, le braccia erano velate da una rete trasparente che scivolava fino alle mani, una grossa collana di conchiglie le circondava il collo. Matthew si accorse che la sua amica era cresciuta: non era più la bambina con cui giocava da piccolo in mezzo alle strade acciottolate, non era nemmeno la ragazzina con cui se ne andava in giro ad esplorare la scogliera in cerca di avventure, era diventata una donna e lui non se n'era nemmeno reso conto.
«Stai molto bene, Dolly» le disse infine, grattandosi nervosamente il piccolo naso.
«Grazie...» sussurrò la ragazza, stupita dal complimento inusuale. Si scosse il caschetto di capelli neri con la mano e si mise in fila con le altre sue vecchie compagne di corso seguendo le indicazioni che stava fornendo loro la Professoressa Michelle. Sorrise a Matthew in segno di ringraziamento e si preparò per l'entrata in Sala. Anche lui se ne stava dietro Lucas in attesa che aprissero le porte, preoccupato improvvisamente per le sue scarpe consumate e tenendo gli occhi fissi a terra, nervoso. Un rumoroso cigolio di pesanti porte che si aprivano e un grande applauso gli fecero alzare lo sguardo: la Sala Sommersa si presentava davanti a lui in tutto il suo splendore.
I soffitti alti erano sorretti da possenti colonne su cui si rincorrevano lunghissime alghe di mille sfumature verdi e blu, avvolte in spirali attorno al legno di cui non lasciavano intravedere nemmeno uno stralcio. Erano disposte in due file ordinate davanti al piccolo palco rialzato poggiato sul fondo della Sala.
Matthew avanzò, osservando incantato il pavimento: piccole scaglie di conchiglie e pietre lo ricoprivano, creando un mosaico di colori chiari che risplendeva sotto le luci dei grandi lampadari appesi al soffitto. Aveva capito il motivo per cui la chiamavano Sala Sommersa la prima volta che ci aveva messo piede tanti anni prima, quando i suoi genitori lo portarono ad assistere ad una di quelle cerimonie di cui ora faceva parte anche lui: era rimasto in silenzio ad ammirare l'immensità di quella stanza che sembrava in grado di contenere centinaia di persone, se non migliaia, senza difficoltà. Quello che lo aveva colpito, però, erano le pareti che la circondavano, percorse da impalpabili cascate d'acqua verde. Ogni volta in cui entrava in quella stanza provava la stessa sensazione di smarrimento e stupore, come se lo avessero trasportato nelle profondità della Baia di Vrack all'interno di una delle dimore delle Ninfe e si trovasse in un villaggio marino, sommerso. Dopo i primi attimi di apnea, si ricordava di essere sulla terraferma e tornava a respirare.
Lo scorrere incessante dell'acqua sulle pareti non faceva rumore, scendeva muta senza mai fermarsi e se qualcuno vi prestava particolare attenzione poteva scorgere piccoli pesci blu nuotare veloci in verticale, risalendo la forza di gravità, e impavidi granchi che se ne stavano aggrappati con le chele alle tavole di legno combattendo contro la corrente incessante che tentava di trascinarli lontano.
«Benvenuti alla tradizionale Cerimonia di Proclamazione» una voce calma e ferma interruppe il vagare dello sguardo del ragazzo con i capelli spettinati. «Vi do il mio personale benvenuto all'interno del Palazzo Hylatt» una donna anziana aveva preso la parola sul piccolo palco, catalizzando tutta l'attenzione dei presenti su di lei.
Aveva lunghi capelli grigi schiariti dall'avanzare dell'età, ma gli occhi piccoli e sereni erano del caratteristico colore della gente di Vrack, un verde acqua intenso.
Delphina era una delle Governatrici del villaggio, lei e suo marito Alexis vivevano nelle Dimore a Palazzo che si trovavano esattamente al di sopra della Sala Sommersa: dalle grandi vetrate osservavano dall'alto tutte le piccole case disposte su file orizzontali che scendevano fino alla Baia, nei giorni in cui la nebbia era alta potevano anche scorgere le palafitte di Kolì. Alexis se ne stava appena dietro alla moglie, il portamento fiero di chi ha vissuto molto a lungo e lo sguardo limpido tipico delle persone che hanno molte cose da condividere con il prossimo. Entrambi erano avvolti in abiti cerimoniali di alta fattura, impreziositi da intarsi e gioielli costosi ma non vistosi, mantenendo l'eleganza che dovevano conservare i Discendenti per guidare il villaggio e dimostrarsi degni di ricevere la fiducia degli abitanti. La lunga tunica blu di Alexis arrivava a sfiorare il pavimento e creava un vistoso contrasto con l'abito dall'ampia gonna di Delphina, bianco come la schiuma delle onde del Lago Pim, in vita un'alta cintura che portava il simbolo dei Discendenti del Naufragio, l'onda che cavalcava la rete da pesca.
«Anche quest'anno è giunto alla sua conclusione, nel migliore dei modi oserei dire» iniziò la donna, con un sorriso ad incresparle le rughe del viso pallido.
Matthew cercò Dolly con la coda dell'occhio e la trovò già pronta a sbuffare piano, alzando lo sguardo al cielo e spostando il peso da un piede all'altro, non riuscendo a trovare una posizione comoda da mantenere con le scarpe alte che calzava.
Ridacchiò silenziosamente, coprendosi la bocca con la mano sottile e si mise in ascolto del discorso che si prospettava lungo e noioso come ogni anno.
«Prima di congratularmi personalmente con ognuno di questi giovani uomini e donne, vorrei rivolgermi a voi, abitanti di Vrack, con parole di conforto e solidarietà. Sono tempi duri per il nostro villaggio, per tutta Steamworld, e noi Discendenti ne siamo consapevoli. Osserviamo i giorni passare dalla sommità di Hylatt, chiedendoci cosa possiamo fare per cambiare il corso degli eventi, ma non ci sappiamo dare risposta» Delphina rivolse al marito uno sguardo carico di preoccupazione prima di continuare.
«All'inizio dei tempi, Steamworld era solo un mondo desolato e dimenticato, nessuno abitava in queste terre dure, la nebbia lo conservava integro lontano dagli occhi indiscreti del Mondo di Alias, il Mondo Assoluto. Proprio lì i nostri Discendenti vivevano in pace e prosperità, nutrendosi di sogni e di immaginazione, creando paesaggi fantastici e città luminose. Erano a conoscenza della presenza degli altri due mondi, il Mondo di Vapore e il Mondo di Pietra, ma l'avidità non era una loro caratteristica, ad Alias possedevano tutto ciò che potessero mai desiderare. Ma non tutti erano d'accordo. Un gruppo di venti giovani Primi, così chiamiamo gli abitanti del Mondo che ci sovrasta, decise che la conoscenza data dai libri non era più sufficiente a saziare la loro voglia di sapere, la loro voglia di scoprire. Una notte, in gran segreto, salparono da Alias con una grande nave diretti al largo, pronti per l'avventura che li avrebbe cambiati per sempre. E così fu. Giunti al punto di non ritorno nel grande mare di nebbia, una tempesta iraconda li travolse, facendoli precipitare a Steamworld e naufragare nella nostra Baia senza più speranza di ritrovare la strada di casa. Lo sapete meglio di me, abitanti di Vrack, cosa dice la Legge: tra i Mondi si può solo scendere, non risalire» .
Matthew ricordava bene le Leggi fondamentali: il Professor Jonathan gliele aveva fatte ripetere in aula per ben dieci volte, assicurandosi che non le dimenticasse come era solito fare con tutti gli argomenti della sua materia.
«I Naufraghi si stanziarono nella nostra Baia, costruendo a poco a poco il villaggio in cui viviamo e la grande nave divenne il Palazzo Hylatt. Con gli anni anche gli altri quattro villaggi furono edificati, fino ai piedi della Grande Montagna, e noi Discendenti di quei venti giovani Naufraghi siamo qui ancora oggi a governare e vegliare su tutti voi nel miglior modo possibile» .
Matthew si spettinò i capelli scuri, quelle storie le aveva già sentite milioni di volte all'Istituto. Nonostante tutto, però, non riusciva a vedere in malo modo quei Primi che fuggirono da Alias, lui avrebbe fatto la stessa cosa se avesse avuto la possibilità di scegliere. Certo la loro avventura era stata pagata a caro prezzo, ma l'adrenalina della fuga e l'emozione della scoperta erano sensazioni talmente potenti da far valere qualunque cosa in cambio, anche la vita stessa. Si riscosse, come al solito, dai suoi pensieri troppo utopistici, tornando ad ascoltare Delphina e sperando che quel monologo finisse al più presto possibile. Vedeva già Lucas davanti a sé ondeggiare in maniera scomposta, forse sarebbe crollato addormentato di lì a poco.
«I tempi, purtroppo, non sono favorevoli per i nostri Pescatori, ma sono tenuta ed obbligata a ricordarvi il motivo per cui tutti noi ci troviamo qui, nel Mondo di Vapore. Stiamo tutti scontando l'esilio ricevuto dai Naufraghi all'inizio dei tempi, costretti a vivere in queste terre nebbiose e dormire un sonno senza sogni. La nostra condizione è e sarà per sempre immutabile, ma questo non vuol dire che non sia migliorabile. Che la buona sorte sia con voi, uomini, sperando possa aiutarvi ogni notte quando prendete il largo del Lago dei Sogni con le vostre imbarcazioni di legno e che possa la fortuna portare prosperità al nostro villaggio e a tutta Steamworld» .
Un grosso applauso si levò in aria, riempiendo la Sala Sommersa. Il discorso di Delphina era stato leggermente diverso dal solito, i tempi erano cambiati e tutti se ne erano resi conto, anche i giovani che passeggiando per le vie e per Piazza Marina origliavano i discorso degli adulti di passaggio.
«Finalmente ha finito... Mi stavo per addormentare» sussurrò Lucas, stiracchiando le braccia muscolose.
«Ed ora, le Proclamazioni!» prese la parola Alexis, facendo rimbombare la sua voce bassa sulle pareti d'acqua. «Prima le signore» aggiunse con un sorriso.
La Professoressa Michelle, fasciata in uno dei suoi abiti attillati, gli andò incontro, facendo voltare tutti i maschi presenti in Sala ammaliati dal movimento sinuoso delle sue gambe. Porse ad Alexis una pergamena su cui svettavano i nomi delle ragazze scelte per diventare Conservatrici.
«Karla Saily» la prima chiamata salì agitata sul palco, le ginocchia le tremavano, i capelli tagliati corti come un maschio stonavano con la sua figura femminile. Matthew l'aveva certamente già vista per le scale dell'Istituto, ma non riusciva a ricordare quando; non si guardava molto attorno a dire il vero.  
«Congratulazioni Karla» sorrise Alexis, prendendo dalle mani della Professoressa Michelle la spilla per consegnarla alla ragazza che sorrise riconoscente. Assomigliava allo stemma che svettava sulla porta d'ingresso della famiglia Kalas: tonda, con un bordo sottile in ferro battuto, una rete di pietre blu e verdi a riempirlo e sopra il segno distintivo delle Conservatrici, un'ampolla bassa e tozza anch'essa in ferro al cui interno era incisa una piccola onda che si infrangeva sulle sue pareti curve, intrappolata per sempre dentro quella prigione angusta.
Dopo Karla salirono sul palco altre ragazze, alcune Lucas aveva avuto il piacere di conoscerle già mentre per il cugino sembravano tutte complete estranee incrociate per caso in qualche momento della sua vita. Certe avevano un'aria talmente sperduta che Matthew si chiese come avessero fatto a diventare Conservatrici: era un lavoro impegnativo e richiedeva una grande abilità in Analisi, con quello sguardo assente non sarebbero arrivate molto lontano.
Arrivò il turno di Dolly e lui si sentì un po' fiero di avere un'amica come lei, di certo sembrava la più in gamba e la più sicura di sé quella sera. Avanzò decisa verso il palco, le scarpe alte la facevano apparire più elegante e matura di quanto in realtà fosse.
«Congratulazioni Dolly Arra» .
«Grazie infinite, Signore» rispose lei, appuntandosi orgogliosa la spilla al corpetto dell'abito. L'avrebbe portata con fierezza, ne era convinta.
Matthew applaudì con il pubblico per scaricare la tensione che gli stava stringendo la bocca dello stomaco. I Pescatori erano sempre lasciati per ultimi, ora toccava alle Coltivatrici, ma non conosceva nessuna di loro e si permise un po' di distrazione.
Sfilarono una dopo l'altra, prendendo tra le mani la loro spilla uguale a quella delle compagne se non per le alghe in ferro grigio incastrate nella rete di pietre verdi e blu. Sua madre Eleanor era una di loro, ma Matthew le aveva sempre detto che lo trovava un lavoro noioso e ripetitivo: alzarsi ogni mattino all'alba per andare alla Baia a raccogliere piante acquatiche e molluschi marini dalle reti che scendevano dalle scogliere non gli sembrava chissà che occupazione entusiasmante. Lei gli rispondeva che senza quel mestiere a Vrack non si sarebbe mangiato niente, accarezzandogli la testa con fare materno. Al che Matthew ci rifletteva su e constatava che non avrebbe saputo rinunciare ai pasti che lei gli faceva trovare sulla tavola ogni giorno.
Quasi non si accorse che la sua fila stava procedendo spedita, tra poco sarebbe arrivato il suo momento di salire sul palco. Ogni ragazzo che riceveva la spilla veniva accolto con un forte applauso e una pacca sulla spalla da parte del Professor Cal, forse il villaggio intero riponeva fin troppa fiducia in quei giovani uomini così pieni di vita e pronti a levare le ancore da Kolì, non tenendo in considerazione che la loro esperienza pressoché nulla poteva essere uno svantaggio. Probabilmente pensavano che peggio di così non potesse andare, che il momento buio che avvolgeva Vrack non sarebbe potuto essere più nero e quei giovani uomini donavano un po' di speranza gratuita ai volti stanchi dei padri di famiglia che facevano quel lavoro da troppi anni ormai.
Un ragazzo basso e paffutello diventò Pescatore, Matthew non ricordava il suo nome ma la prima volta che l'aveva visto aveva creduto di non essere il peggiore della sua classe vista la stazza del compagno. Eppure anche lui l'aveva superato di gran lunga, persino in Equilibrio, relegandolo ad ultimo del suo anno in quanto capacità e tenacia. Era in definitiva un caso perso.
«Lucas Kalas» annunciò Alexis facendo esplodere la Sala in un boato entusiasta.
Lui in risposta saltò sul palco, facendo tremare le assi di legno con cui era costruito. Tutti risero della sua spavalderia, Matthew scosse la testa: suo cugino doveva sempre distinguersi dalla massa facendo qualcosa di stupido.
«Congratulazioni figliolo» Lucas alzò la spilla verso il pubblico di fronte a lui, esibendola vittorioso come un trofeo, il Professor Cal che non la smetteva di stringergli la mano con ammirazione. Tornò dal gruppo di ragazzi, ricevendo pacche sulle spalle e complimenti, in fondo se lo meritava, era il Pescatore più promettente di tutto il suo anno e delle ultime generazioni a sentire le voci che giravano per l'Istituto.
«Matthew Kalas» Alexis lo chiamò a gran voce e gli venne da ridere. Lui e suo cugino avevano lo stesso cognome, ma erano esattamente agli antipodi.
Si dimenticò di respirare quando iniziò a muovere i piedi pesanti quanto macigni verso il palco, con le mani si reggeva la tunica che gli toccava le ginocchia ossute. Si era ripromesso di non inciampare, ma le sue gambe non ne volevano sapere di dargli ascolto nemmeno per quella sera e arrivato agli scalini a lato del palco quasi cadde. Miracolosamente evitò di spalmare la faccia sul legno scuro, se solo avesse avuto quella prontezza di riflessi anche il pomeriggio non sarebbe caduto dall'Albero di Prua concludendo in bellezza quell'anno già di per sé disastroso.
Si ricompose e strinse la mano ad Alexis che lo attendeva con la sua spilla in mano. La prese, non si era accorto di tremare così vistosamente fino a quel momento. Il Professor Cal gli rivolse uno sguardo rassegnato, poteva descrivere solo in quel modo l'espressione spenta e stanca che aveva preso posto sul suo viso segnato dal tempo.
Matthew percepì chiaramente la sua indifferenza, come anche quella della gente di Vrack che lo fissava applaudendo per educazione alla sua Proclamazione. Probabilmente molti di loro non l'avevano nemmeno mai visto in giro per il villaggio né avevano mai sentito parlare di lui, si sentiva un'ombra trasparente pronta a dissolversi nella nebbia fumosa. In quel momento avrebbe voluto essere come Lucas, lo desiderò con tutte le sue forze, ma si rese subito conto dell'amara verità: non lo sarebbe mai diventato. Forse aveva preso da sua madre, non aveva ereditato la vena di Pescatore da Karl e mai sarebbe riuscito nell'impresa di renderlo orgoglioso di suo figlio.
Con un sorriso tirato ringraziò il Professor Cal ed Alexis, stringendo la spilla tonda tra le dita fino a far sbiancare le nocche. Si aggregò al gruppo, nascondendosi come meglio poteva dietro i suoi compagni anche se la sua altezza spropositata glielo impediva quasi del tutto. Qualcuno gli picchiettò la spalla mentre Delphina aggiungeva dal palco qualche parola di incoraggiamento e buona fortuna.
«Congratulazioni!» era Dolly, raggiante che lo abbracciò forte, tentando di infondergli un po' di buonumore.
«Anche a te» le rispose, le sopracciglia folte corrugate sulla fronte.
Dolly evitò di infierire sull'amico con inutili domande, tanto lo sapeva già quali erano i pensieri che vorticavano nella sua testa in quel momento e non voleva farlo sentire ancora più demoralizzato.
Matthew si estraniò dal resto del mondo, le orecchie ovattate dal brusio delle persone che lo circondavano, i suoi genitori e sua sorella che parlavano con Lucas poco lontano e Dolly che sorrideva alla sua famiglia vicino alle colonne di alghe.
Aprì le lunghe dita pallide e sul palmo vide la spilla dei Pescatori: era come tutte le altre, pensò, non capiva perché gli sembrava che pesasse tanto da schiacciare la sua mano verso il pavimento. Il bordo di ferro battuto correva in cerchio attorno alla rete di pietre che sotto i lampadari della Sala Sommersa mandavano piccoli bagliori verdi e blu. Sopra, una grande onda grigia e pesante come il suo destino copriva l'intricato mosaico dai colori scuri. Gli occhi avevano iniziato a pizzicargli, ma ricacciò il più lontano possibile quel nodo che gli era salito in gola bloccandogli il respiro.
In quel momento Matthew realizzò molte cose: per prima che non era più un bambino. Era diventato ufficialmente un adulto e nel mondo in cui viveva voleva dire iniziare il lavoro per cui era stato proclamato, assumendosi le responsabilità e i rischi che esso comportava.
In secondo luogo si rese conto che non avrebbe più disegnato, che le sue fughe mattutine alla scogliera erano finite ed anche il suo fantasticare sulle creature mistiche che popolavano Vrack ed aspettavano solo di essere trovate e fissate su un foglio di carta era giunto al termine. Magari tra dieci, vent'anni avrebbe riaperto quel blocco per ridere della sua innocenza e spensieratezza.
Realizzò anche che Dolly e lui non si sarebbero più visti così spesso. La presenza costante dell'amica era stata di conforto durante tutti quegli anni, ora avrebbe dovuto imparare a cavarsela completamente da solo. Nessuno sarebbe venuto a consolarlo quando le cose andavano male, nemmeno sua madre gli avrebbe più potuto cucinare le alghe al vapore con i gamberi che avevano tanto un sapore di casa.
Infine realizzò che quella spilla, così pesante tra le sue mani, sarebbe rimasta puntata al suo petto per il resto della sua vita. Ne era dipendente, le decisioni che avrebbe preso da quel momento in poi sarebbero state in sua funzione.
Nelle notti al largo del Lago Pim, con la sola compagnia del buio delle sue acque profonde, l'avrebbe guardata con malinconia. L'avrebbe osservata se e quando avesse pescato qualcosa, alzando con fatica l'ampolla sul ponte della barca, notando al suo interno il vorticare incessante dei pensieri di qualche ragazzo che aveva avuto più fortuna di lui. La notte poi, stanco sul suo letto a Kolì, avrebbe chiuso gli occhi, consapevole di non poter vedere dietro le palpebre tutti quei colori che vorticavano.
Il suo destino era dormire sonni neri e bui, steso su un fianco, respirando il vapore che ricopriva Steamworld come una coperta, i giorni che passavano uguali e sempre più grigi.
Matthew capì in quel momento, in piedi in mezzo alla folla che riempiva la Sala Sommersa, che aveva una sola sicurezza nella sua vita a Vrack, nel Mondo di Vapore: sarebbe diventato un Pescatore di Sogni. 







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Il libro è già interamente scritto, ma sono curiosa di leggere i vostri consigli!

G Nineko






 
   
 
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