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Autore: Sapphire_    02/02/2017    0 recensioni
Nella New York del ventunesimo secolo, Ophelia Winston è una diciannovenne con una vita piuttosto comune, con gli alti e bassi come tutti. Almeno fino a quando tre tizi dall'aria sospetta non la rapiscono (o salvano, a detta loro) e la portano alla sede di una delle due principali fazioni dei cosiddetti Malus Sanguis. E Ophelia si rende conto che avrebbe dovuto riconsiderare la sua visione di quotidianità.
Dal testo:
«Guardala: già dalla faccia si capisce che è fastidiosa. E poi mi spiegate perché sono stato io quello a doverla recuperare? L'idiota mi ha pure morso!» continuò lamentoso quel Nicky, Domi, o come cavolo si chiamava, iniziando a sventolare la mano ferita su cui spiccavano rossastri dei segni di denti.
«Tu mi stavi quasi impedendo di respirare» intervenne furente Ophelia.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti!
Sì, lo so, l'ultimo capitolo risale al 28 agosto dell'anno scorso, e siamo a febbraio... Me ne rendo conto, ma ho delle reali motivazioni a mia discolpa! È il mio primo anno di università, mi sono trasferita e nei primi mesi non ho avuto molto tempo per dedicarmi alla scrittura: era presa ad abituarmi a questa nuova vita, con le nuove persone che sto conoscendo (sì, vorrei farmi una vita sociale), e tra lezioni ed esami vari non ho avuto il minimo tempo per scrivere; oltretutto per più di un mese sono stata senza computer, dato che mi si è rotto lo schermo e l'ho dovuto mandare a riparare. E poi, ultima cosa, non avevo ispirazione, e se manca quella posso avere anche tutto il tempo del mondo, ma non riesco a scrivere – immagino voi possiate capire.
Comunque sia ora sono qui, con questo capitolo un po' di passaggio, questo è vero, dove ho messo un po' di altra carne al fuoco, ma il prossimo dovrei già iniziare a dare qualche nuova spiegazione – e dovrebbe essere anche più attivo. Scusate se la storia ci mette tanto a procedere, ma non mi piace far avvenire tutto in fretta e furia solo per rendere la storia movimentata, se poi manca di realismo (e ok, è una sovrannaturale quindi il realismo è relativo, ma insomma, mi avete capito).
Spero che questo capitolo vi piaccia, cercherò di scrivere il prossimo il prima possibile!
Buona lettura.
Un abbraccio,

~Sapphire_






~Dirty Blood




Capitolo otto

Claire aprì la porta facendola sbattere violentemente e producendo così un suono secco e forte che attirò gli sguardi degli astanti.
«Cos'è successo?» esclamò rapida, per poi concedersi un attimo per guardarsi attorno; mentre il cuore le batteva rapido e il petto le si alzava e abbassava altrettanto frenetico in cerca di ossigeno, si spostò con una mano le ciocche di capelli che le erano scivolate sugli occhi e osservò meglio la situazione.
Stesa sul divano e con l'aria che dire malconcia era un eufemismo stava Ophelia, i cui occhi verdi si erano aperti all'arrivo della stessa Claire. Accucciata di fronte a lei c'era una ragazza dai folti ricci castano-dorati tenuti insieme da una pinza azzurro fosforescente.
Louise, pensò seccata Claire, per poi spostare lo sguardo su Beal, abbandonato sulla poltrona con gli occhi chiusi, e Sargas, in piedi appoggiato alla scrivania.
«Potresti evitare di urlare? Ho un mal di testa che mi sta uccidendo» bofonchiò Beal mantenendo le palpebre serrate.
Claire lo fissò attentamente, facendo scattare i suoi occhi che cambiarono colore.
L'aura di Beal era poco vivida e un po' traballante, come se cercasse di stabilizzarsi; spostando gli occhi su quella di Ophelia notò che la situazione era uguale.
«Vi siete strappati?» domandò stupita.
«» rispose per loro Sargas.
«Io sto cercando di risolvere la situazione, se fate silenzio sarei più concentrata» disse all'improvviso Louise con tono seccato.
Solo un'occhiata gelida di Sargas impedì a Claire di replicare.
Stupida idiota, pensò infastidita la mora.
Dei passi veloci per il corridoio preannunciarono l'entrata di Dominik e Max, che entrarono un minuto dopo; il respiro un po' corto dimostrava la loro fretta, anche se non come Claire.
Anche i due gemelli squadrarono la situazione.
«Che è successo?»
«Perché la nostra casa è praticamente distrutta?»
Maximilian e Dominik parlarono in sincrono, mostrando le due diverse preoccupazioni che li affliggevano.
«Siete passati a casa, quindi» osservò Sargas retorico, ignorando le parole di Louise.
«Sì» rispose Max, mentre la sorella annuiva e Dominik era impegnato a guardare infastidito Louise che, accucciata e di schiena, esaminava Ophelia.
«Hanno fatto molti danni?» domandò il ragazzo.
Claire ripensò alla propria casa: l'entrata era completamente andata, così come buona parte del corridoio; quasi tutte le porte erano sfondate e molte stanze erano distrutte, ma il maggior problema era la cucina, che era ancora in fiamme quando i tre fratelli erano tornati.
«Direi di sì» rispose con una smorfia.
«Mi spiace»
La voce sottile di Ophelia giunse alle orecchie di Claire che la guardò.
«Non dispiacerti, non è colpa tua» rispose la mora; notando come Dominik fosse in procinto di manifestare il proprio disaccordo con ciò che aveva appena detto la sorella, si affrettò a lanciargli un'occhiataccia. Per una volta, Dominik le diede ascolto.
«Potreste esattamente dirci cos'è successo?» intervenne nel silenzio Max che, come il gemello e la sorella, aveva ancora le idee confuse.
«Non ho intenzione di spiegare tutto da capo» bofonchiò Beal, sempre sprofondando nella poltrona e con gli occhi chiusi.
Gli occhi di Max si spostarono su Sargas, in attesa, e così fece Claire dopo aver intravisto il braccio bruciato di Ophelia.
«Due deviati sono entrati in casa vostra alla ricerca di Ophelia, la stavano rapendo se non che l'arrivo di Beal l'ha impedito. Sono stati costretti a strapparsi per riuscire a non morire»
«Due Deviati?»
«Che ci faceva lì Beal?»
Le voci con le rispettive domande di Claire e Dominik si sovrapposero. La ragazza lo guardò.
«Sono stata io a chiedergli di andare a controllare che fosse tutto a posto, ero preoccupata per Ophelia» spiegò Claire, mordendosi un labbro preoccupata.
«E con buone ragioni. Se non l'avessi fatto ora avremmo un problema ancora più grande» disse infastidito Sargas.
«Ma siete riusciti a identificare i due Deviati?» insistette Claire. Sargas scosse la testa.
«Quel che è certo è che non erano due normali Deviati. Erano troppo potenti» sibilò Beal, intervenendo nella conversazione.
Claire notò come la sua aurea fosse più stabile rispetto a prima.
«Questo è poco ma sicuro, queste ferite non sono leggere» intervenne anche Louise, alzandosi dalla sua posizione accucciata di fronte a Ophelia.
Si voltò verso di loro, gli occhi bianchi che tornavano castani, e si sciolse i capelli massaggiandosi la testa. Lanciò poi un'occhiata di malcelato disgusto in direzione dei gemelli e una di sufficienza a Claire.
Quanto ti spaccherei quel bel faccino..., pensò rabbiosa la ragazza, ma si costrinse a tacere.
«Allora?» domandò Sargas. Louise fece una smorfia.
«Tutto in questa ragazza è un casino» iniziò, ignorando il fatto che la ragazza in questione la stesse ascoltando come tutti gli altri «Ma da dove è uscita fuori?» chiese poi, sospettosa.
Claire notò Sargas irrigidirsi, ma la sua espressione rimaneva impassibile.
«Lunga storia» tagliò corto Sargas, deludendo Claire che avrebbe voluto sentire un più secco “fatti i cazzi tuoi”.
«Continua» la esortò nuovamente il ragazzo.
Louise prima gli lanciò un'occhiata ancora più dubbiosa, ma rispose comunque.
«La sua aurea è sconvolta dallo strappo, ma questo è normale. Quello che invece non è normale è il resto. Non capisco cosa non va, sembra ci sia un sigillo, ma non riesco a percepirlo e questo è ancora più strano. Il suo corpo sembra stia rigettando qualcosa, e anche in questo caso non capisco
cosa» spiegò piuttosto confusa Louise.
Insomma, non ha capito un cazzo, pensò aspra Claire, tenendo il pensiero tra sé ma scambiandosi un eloquente sguardo con i fratelli.
«Quindi non hai trovato nulla» commentò Sargas, con un'occhiata infastidita.
«Non guardarmi così!» replicò subito la riccia «Non mi avete spiegato un bel niente, cosa avrei dovuto trovare?»
«Lascia stare» tagliò corto di nuovo il ragazzo. Louise aprì la bocca per protestare, ma subito dopo la richiuse, rinunciando.
Claire sorrise tra sé; per quando Louise fosse sfacciata, non si prendeva troppo spesso la libertà di contraddire Sargas: per quanto giovane e temporaneo, era comunque il master della gens.
«Bene, se è così allora io vado» fece secca la riccia. Non attese risposta e, dopo un cenno a Sargas e a Beal, che non la vide perché aveva sempre gli occhi chiusi, se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
«Testa di cazzo» bofonchiò Dominik appena la ragazza scomparve.
«Grazie del commento, ora però dobbiamo concentrarci e decidere cosa fare» iniziò Sargas «Claire, controlla anche tu Ophelia e vedi cosa puoi fare. Beal, tu ti sei ripreso?»
«Più o meno» biascicò il ragazzo, aprendo finalmente gli occhi.
«Bene, allora alzati e seguimi. Dominik, Max, venito anche voi» disse Sargas.
Claire, già vicina a Ophelia, li guardò in tralice sentendosi esclusa.
«Dove andate?» domandò.
«A casa vostra, spero di trovare qualche tipo di traccia» spiegò il moro.
«Non sarebbe allora il caso di chiamare anche Benjamin?» domandò Max.
Sargas scosse la testa.
«Finché non abbiamo qualche informazione in più riguardo questa situazione, è meglio non coinvolgere altre persone. Sanno qualcosa già Angelica e Louise, e anche Beal ormai, non voglio che la notizia di Ophelia corra troppo» spiegò.
«Smettetela di parlare di me come io che non ci sia» protestò la ragazza.
Claire vide Sargas sospirare e, dopo aver ricevuto una significativa occhiata dal giovane, i quattro uscirono con un breve saluto.
Rimaste sole, Claire si permise di lanciare un'attenta occhiata a Ophelia: era palida come ormai da giorni, i capelli scaramigliati e sporchi, i vestiti con qualche strappo e cenere qua e là e il braccio destro con l'impronta bruciata di una mano.
«Per prima cosa occupiamoci di questo, eh?» fece retorica Claire, prendendo con delicatezza il braccio dell'altra mentre la sua mano iniziava a brillare di una luce fioca.
Ophelia annuì.
Claire notò la sua strana silenziosità e, indecisa se assecondarla o meno, parlò.
«Ti sei spaventata molto?» chiese.
Gli occhi di Ophelia si fecero lucidi.
«Dei mostri sono entrati in casa e hanno tentato di rapirmi, sono stata trascinata via da un tizio che mi ha fatto sentire com se fossi stata su delle montagne russe per un settimana senza mai fermarmi e per l'ennesima volta una persona dice che non sa cosa non vada in me. Non sono assolutamente spaventata»
Riconoscendo il sarcasmo, Claire tirò un sospiro di sollievo dentro di sé: se riusciva a essere in qualche modo ironica la situazione non era così irrecuperabile.
«Beh, dai, hanno tentato di rapirti, dovresti considerarti una persona importante» tentò di ironizzare a sua volta Claire.

Sono una stupida, pensò appena vide una lacrima scendere sulla guancia di Ophelia.
«Scusa...»
«Non devi scusarti» la frenò subito Ophelia, girandosi e puntando gli occhi verdi sui suoi. Claire si sentì a disagio sotto quello sguardo triste che faceva a pugni con il sorriso tiepido che le illuminava un poco il volto.
«Tu non hai colpa di quello che sta succedendo. Stai anche cercando di aiutarmi» continuò la bionda.
A quelle parole Claire ricambiò il sorriso triste.
«Beh, non sto facendo un buon lavoro» disse, per poi sfuggire allo sguardo dell'altra e concentrarsi sulla ferita; anche se lentamente, grazie ai suoi poteri stava migliorando.
«Va bene così» la sentì rispondere.
Claire tacque.
No, non va bene per niente.

Appena mise piede nella casa distrutta, Sargas sbuffò pesantemente.
Ma quando finirà tutto questo?, pensò.
Se da un lato avrebbe voluto non rivedere più il padre, dall'altra non vedeva l'ora che tornasse e riprendesse le redini di tutto quel casino. Non è che non gli piacesse il ruolo di leader, ma si stava tutto facendo così complicato, ed era diventato master da solo un anno – ovvero da quando il padre era sparito, lasciandogli un bigliettino con su scritto “Congratulazioni! Sei appena diventato il nuovo master!” che sapeva tanto di presa per il culo.
Se per un attimo gli era balenata in testa l'idea di trovarlo solo per il puro gusto di prenderlo a pugni, poi aveva deciso di sfruttare l'occasione e godersi quella sorta di “vacanza” senza il padre come costante nella sua vita – beh, credeva fosse una passeggiata fare il master: incontrarsi di tanto in tanto con gli altri della fazione, scambiare qualche convenevole con i Neri, controllare che nessuno della propria gens creasse troppi problemi e tanti saluti.
Di sicuro, era così prima che se ne andasse quell'idiota. Invece ora era sparito e gli aveva lasciato quella patata bollente di Ophelia, le cui (inesistenti) indicazioni gli erano state lasciate in un grazioso allegato al biglietto di auguri.

«Beh, vediamola così: adesso avete una vista a 360 gradi» intervenne Beal sarcastico.
Sargas si girò appena per vedere l'occhiata scontrosa che gli lanciavano i due gemelli, ma prima che qualcuno potesse replicare in qualche modo decise di intervenire.

Evitiamo discussioni inutili, pensò tra sé.
«Controllate tutta la casa e vedete se trovate qualcosa che potrebbe esserci utile. Sbrigatevi, la zona è ancora a rischio e potremmo trovarci brutte sorprese se rimaniamo troppo in giro» tagliò corto con tono secco.
Gli altri tre non risposero: fecero solo un vago cenno con la testa prima di inoltrarsi all'interno della casa e andare nelle diverse stanze, saltellando sui vari detriti sparsi per il pavimento.
Sargas rimase ancora fuori, osservando la strada: ovviamente nessuno si accorgeva di nulla. Di sicuro gli Occultori avevano fatto un bel lavoro in quel caso, ma non si sentiva sicuro – meglio evitare qualsiasi rischio, non voleva trovarsi umani a gironzolare troppo vicino a quella zona.
Gli occhi gli diventarono bianchi in un istante mentre sollevava la mano destra di fronte a sé, il palmo aperto e rivolto verso l'esterno; nel medio, sotto la luce del sole che lo colpiva in pieno, un anello con uno smeraldo incastonato faceva bella mostra di sé.
Chiuse piano la mano, facendo convergere le punte delle dita, mentre una brillante fiamma bianca veniva a crearsi, guizzante e colma di scintille. Aprì di scatto la mano, e la fiamma si spense all'improvviso, mentre per un attimo il mondo rallentava e Sargas riusciva a vedere i singoli granelli di polvere fluttuare nell'aria.
Appena prima che il tempo continuasse a riprendere il suo solito scorrere vide in lontananza una figura nera, coperta con un cappuccio, dritta verso di lui. Ma, prima che potesse fare qualsiasi cosa, la figura scomparse e tutto tornò come un secondo prima.

Dobbiamo sbrigarci, pensò Sargas. Aveva avuto un leggero dubbio su quella figura – possibile che...? - ma meglio non rischiare.
Si fece anche lui strada nel corridoio, buttando l'occhio sulle prime stanze e vedendo i tre ragazzi indaffarati alla ricerca di qualcosa –
qualcosa perché non sapevano neanche loro cosa stessero effettivamente cercando, andavano a tentoni; entrò nella prima stanza vuota che vide, la mente ancora concentrata su ciò che era appena successo, la convinzione che si faceva sempre più strada in lui – ma che ci faceva uno di loro lì? Che si facessero gli affari loro.
Mentre scorreva gli occhi sulla stanza – pareva essere un piccolo studio con una libreria e una poltrona – poco concentrato su ciò che faceva, un urlo lo fece distrarre.

«Sargas, Beal, Domi! Venite qui!»
La voce di Max lo riportò alla realtà, costringendolo ad andare rapido nella cucina che, poté appurare, era la stanza maggiormente distrutta.
La finestra, con le tende scostate, faceva entrare la luce all'interno e perciò era tutto illuminato a giorno: la poltrona scaraventata da un lato, il tavolo a pezzi, una tazza e resti di biscotti per terra – una colazione bruscamente interrotta, suppose; c'erano poche gocce di sangue nel pavimento, di sicuro di Ophelia.
Ma Max era concentrato su altro: era in piedi, immobile, come in trance. I suoi occhi bianchi fissavano il vuoto mentre la mano sfiorava quel piccolo grumo grigio a mezz'aria, che Sargas e gli altri erano in grado di vedere solo grazie ai loro poteri.

«Un ricordo» disse all'improvviso Dominik, spiazzato, entrando subito dopo di lui seguito da Beal.
«È di...» disse solo Sargas.
«
Ophelia» rispose Max, sempre con gli occhi vacui.
«Un ricordo» fece all'improvviso Beal «Un ricordo
espulso. Mi potete spiegare come quella tizia, che a detta vostra è priva di poteri e assolutamente inutile, è riuscita a eliminare un ricordo dalla sua testa?» fece.
Priva di poteri? Inutile?, pensò un poco stordito Sargas, Direi proprio che non è la definizione adatta.
«Sarebbe interessante capirlo» rispose però.
Un attimo dopo Max tornava tra di loro, gli occhi che rimettevano a fuoco la stanza e anche gli altri astanti.
«Non è piacevole, ve lo dico subito» disse con una smorfia.
«Perché?» fece Beal.
«Non so come abbia fatto a espellere il ricordo, ma sono sicura di una cosa: non l'ha fatto consapevolmente. Sembra che, in un qualche strano modo, se lo sia strappato dalla testa e l'abbia piantato qui» spiegò.
«Com'è possibile?» domandò Dominik, confuso.
Sargas fissò quel grumo grigio che non si spostava di un millimetro, pensando.
«Ci sono casi» iniziò, dopo un paio di secondi «in cui i ricordi espulsi non sono volontari. Vengono creati a causa di un'esperienza traumatica; sei spaventato, stai lottano, la mente cerca di eliminare tutte quelle brutte sensazioni in questo modo. È un processo automatico per proteggere la propria mente. Per questo di solito è piuttosto turbolento» spiegò, attirandosi le occhiate degli altri tre.
«Quindi è stata una consa inconscia» intervenne Beal.
«Pare di sì»
«E allora mi spieghi come ha fatto Ophelia, se
in teoria è priva di poteri?»
Sargas si morse un labbro.
Non era più sicuro, a quel punto, che Ophelia fosse priva di poteri. Ciò avrebbe spiegato prima di tutto quel ricordo, secondo il motivo per cui qualcuno la cercava, terzo il sigillo che le era stato imposto – di sicuro era quello che impediva ai poteri di manifestarsi, ma evidentemente le era stato applicato quando era piccola, altrimenti non si spiegava la sua assoluta confusione riguardo il loro mondo – e, se le era stato messo da piccola, di sicuro era qualcuno così bravo da creare una barriera perfetta e durevole nel tempo. Gli veniva in mente solo un nome, ma aveva bisogno del padre per esserne certo, cosa che in quel momento non era possibile.
Comunque fosse, decise di tenere i dubbi per sé.
«Non lo so» disse soltanto «Ne so quanto voi di questa storia, perciò ci devo lavorare per avere qualche informazione certa» continuò.
«Ora però dobbiamo andare, non possiamo rimanere qui per troppo tempo – mi è sembrato di vedere qualcuno fuori, vorrei evitare di venire attaccato. Max, occupati di prendere il ricordo – delicatamente, non voglio che sia rovinato. Torniamo alla sede» concluse infine.
Aveva mille dubbi, e avrebbe fatto in modo di risolverne almeno uno.

  
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