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Autore: ___Darkrose___    03/02/2017    6 recensioni
Ci troviamo negli Stati Uniti, negli anni delle continue conquiste del territorio da parte degli americani a discapito dei nativi. Kagome è cresciuta in mezzo alla tribù Apache, mentre Inuyasha è un cowboy che condivide le idee espansionistiche dei suoi compatrioti. Nonostante le loro differenze i loro destini sono legati indissolubilmente.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questi sarebbero gli uomini fidati? – domandò Rin scioccata, mentre osserva i nuovi arrivati dalla soglia della porta.
Anche Miroku era parecchio sconvolto. Erano due vecchietti e a prima vista non sembravano neanche così svegli. Continuava a chiedersi come Lord Taisho potesse mettere la vita di suo figlio e del suo migliore amico in mano a due tipi del genere. Non sarebbero sopravvissuti due giorni in mezzo ai boschi.
Lord Taisho li accolse e li salutò caldamente, prima di condurli verso la soglia dell’albergo.
Miroku li portò nel suo studio, ma prima di accomodarsi fermò il padre del suo amico.
- Ne siete davvero sicuro? Mi duole dirglielo, ma mi sembrano attempati -.
Lord Taisho sorrise divertito. – Lo sono, ma nessuno conosce queste zone meglio di loro. Si fidi di me, lo troveranno -.
Per il giovane fu difficile crederlo, ma decise di fidarsi. Quell’uomo non avrebbe mai messo la vita del figlio in mano a delle persone poco fidate, anzi lo aveva ringraziato per non averlo fatto proseguire da solo con quei banditi. Avevano la fama di essere crudeli e di non uccidere solo i pellerossa. Per tutta la giornata di attesa lo aveva visto passeggiare nervoso per i corridoi, mentre Sesshomaru non aveva mai mostrato segni d’ansia.
I quattro si accomodarono sulle sedie intorno alla scrivania e Miroku gli spiegò pazientemente la faccenda e il luogo in cui il suo amico era scomparso.
Quello con il pizzetto bianco di nome Totosai si massaggiò il mento e osservò attentamente la cartina.
- Questo fiume non è particolarmente roccioso, sicuramente non è morto nelle rapide. È praticamente certo che sia vivo – sentenziò.
Un’espressione più serena si dipinse sul volto dell’uomo, che si passò una mano tra i capelli chiari.
- Quindi dove può essersi accampato? – domandò.
Quello di nome Myoga cominciò a studiare meglio il foglio che aveva davanti. Era un uomo buffo, non molto alto e dalla faccia particolarmente tonda, dove due grandi occhi sferici la occupavano praticamente tutta.
- La corrente è comunque forte e lo avrà trascinato fino al lago. Da qui, se è un ragazzo sveglio… -.
- Lo è – lo interruppe Miroku.
Myoga annuì. – Bene, allora si sarà diretto verso la steppa, in questa zona è molto facile trovare forti alleati e anche delle ferrovie. Dobbiamo contattare ogni forte o cittadina della zona e sperare che vi si sia accampato. In caso contrario manderemo degli uomini nella foresta che circonda la zona e anche nella steppa – sentenziò.
Per quanto quei due sembrassero attempati, Miroku dovette ammettere che erano dei veri esperti. In meno di due minuti avevano circoscritto un’intera zona di ricerca e trovato soluzione. Ne lui ne tantomeno Lord Taisho avrebbero potuto fare di meglio, soprattutto vista l’ansia che li aveva attanagliati in quei giorni.
Sango, nel frattempo, era stata confinata in quella mansarda e vi vagava come un’animale in gabbia. Voleva tornare a cercare Kagome, ma la giovane sorella dell’uomo bianco le aveva detto che non era una buona idea viaggiare da sola. La zona pullulava di banditi e avrebbe corso un grande rischio. Doveva rimanere lì e le era stato promesso che quando avrebbero rintracciato sua sorella le avrebbero riportate dai domatori di lupi.
Il giovane di nome Miroku le aveva detto che sicuramente il suo amico e Kagome viaggiavano insieme. Aveva dovuto dargli ragione, la sua amata sorella era disarmata e facile preda dei bianchi e se quel ragazzo aveva già provato a salvarla, non l’avrebbe lasciata sola.
Eppure quella sensazione di paura per la sorte di Kagome non la abbandonava. Per quanto il giovane e la sorella fossero gentili, erano comunque dei nemici. Miroku e il suo amico avevano attaccato il suo villaggio, anche se a quanto pare i veri malvagi erano i banditi.
Rin, la giovane che l’aveva accudita in quei giorni, le aveva raccontato che anche loro erano stati ingannati. Avevano ingaggiato i due giovani per condurli per i boschi, con il pretesto di una trattativa con la sua tribù. Alla fine, però, avevano solo sfogato la loro voglia di sangue.
Cercò di stendersi sullo scomodo letto che si trovava nella soffitta, ma la sua ansia non ne voleva sapere di sparire.
Sua sorella era sola, in balia di un uomo che non conosceva. Pregò per ore che sua nonna la proteggesse e che mandasse Koga da lei per salvarla.
Sentì bussare alla botola del pavimento e la figura del giovane Miroku fece capolino nella stanza.
- Ho delle buone notizie – esordì.
Sango lo fece accomodare vicino a lei, senza però guardarlo negli occhi. Le faceva uno strano effetto quel ragazzo, non riusciva ad averne paura. L’aveva protetta e salvata dai banditi e ora la stava nascondendo dalla sua gente a rischio della sua stessa vita.
Miroku rimase in piedi, se si fosse seduto su quel letto vicino a lei avrebbe rischiato di non rispondere delle sua azioni. La giovane era bella da mozzare il fiato.
Non aveva voluto dirgli come mai parlava la sua lingua e lui non aveva voluto forzarla. Era giusto così. Sango si trovava in terra straniera e completamente sola, non poteva anche costringerla a confidarsi con lui.
- Degli uomini fidati hanno circoscritto l’area in cui Inuyasha e tua sorella potrebbero trovarsi e contatteremo i fortini e le cittadine della zona. Nel caso si trovino lì li riporteremo indietro -.
Sango non era convinta, Kagome in mezzo agli uomini bianchi era un pensiero che non riusciva a sopportare e cominciò a torturarsi le mani per l’ansia.
Miroku si accucciò vicino a lei e la bloccò. – Ascoltami, starà bene. Ovviamente non ho potuto parlare a Lord Taisho di lei, ma Inuyasha la proteggerà. Fidati, lo conosco. Lui non è un uomo così malvagio -.
I loro occhi si incontrarono e per qualche istante rimasero a fissarsi. Nonostante tutta quella paura, Sango si sentiva in qualche modo felice quando lo aveva accanto. Quella storia non aveva alcun senso, però era così. La presenza di quel giovane la faceva stare bene.
- Davvero la proteggerà? – gli chiese.
Miroku sorrise benevolo. – Fidati, lo farà -.
 
Durante la notte, quando era sicura che il ragazzo stesse dormendo profondamente, si era alzata e aveva fatto allontanare il cavallo prima di salirci in groppa.
Non appena pensò che la distanza potesse essere quella giusta, cominciò a cavalcare per la steppa. Non sapeva dove si sarebbe diretta, ma era sicura dai racconti e dalle informazioni che aveva sentito al villaggio che alcuni clan di apache si erano trasferiti nella zona per assediare i carri di approvvigionamento degli invasori.
Doveva assolutamente trovare la sua gente e farsi tenere al sicuro fino a quando Koga non l’avesse trovata, se mai ci sarebbe riuscito. In ogni caso quello era il piano migliore che aveva; tutto pur di non rimanere con il demone bianco di nome Inuyasha.
Quella sua reazione era stata abbastanza eloquente ed era sicura che presto o tardi la sua furia si sarebbe riversata su di lei, anche se all’apparenza sembrava non essere così malvagio.
Cercava disperatamente di eliminare il pensiero di Inuyasha dalla sua mente, ma quegli occhi ambrati le erano penetrati nell’anima e non riusciva a scacciarli. Continuava a pensare a quando si erano guardati la prima volta. La battaglia infuriava, il villaggio bruciava, ma era stato come se fossero soli.
Eppure l’aveva salvata, perché aveva rischiato così tanto? Avrebbe potuto abbandonarla, oppure ucciderla prima, ma lui non lo aveva fatto.
Cercò di eliminare il pensiero. Si era già concessa troppe distrazioni e quelle carinerie servivano solo per abbindolarla e magari farsi condurre dal suo futuro sposo per attaccare la sua tribù. Non voleva essere la causa di nuove morti.
Spronò il cavallo e corsero per i canyon e le pianure, senza fermarsi fino a quando non arrivò l’alba. Il suo destriero sembrava stanco e lei decise di scendere per farlo riposare.
L’animale cominciò a brucare la poca erba che trovava in giro, mentre Kagome si era messa in cerca di una fonte d’acqua dove abbeverarsi.
Si riposarono all’ombra di una sporgenza, dove vicino scorreva un fiumiciattolo. Aveva fame, ma sapeva bene che sarebbe stato difficile trovare qualche bacca o altro in quella zona e di lepri non se ne parlava.
Il cavallo improvvisamente alzò la testa, cominciando a nitrire, come per avvisarla. Kagome si tirò in piedi e si appoggiò contro la parete di roccia. Era impossibile che Inuyasha li avesse trovati, a piedi non sarebbe mai arrivato in così poco tempo e le voci che sentiva da lontano non erano amiche.
Parlavano la lingua dei visi pallidi e cominciò a provare un cieco terrore. Era disarmata e soprattutto era donna. Aveva sentito di ragazze che si erano avventurate troppo lontano dai loro confini e delle atroci barbarie che erano state costrette a subire dagli uomini bianchi.
Il cavallo sembrava spingerla a salirgli in groppa e lei si lasciò convincere. L’unica soluzione era quella di scappare.
Quando si allontanarono dal luogo dove erano nascosti subito vennero inseguiti. Anche i barbari erano a cavallo e gli stavano addosso.
Il suo destriero si faceva strada tra le ripide rocce, forte della sua esperienza selvaggia. Kagome si teneva stretta al suo crine e cercava di non voltarsi, o il terrore avrebbe preso pieno possesso del suo cuore.
L’animale saltava e galoppava tra le sporgenze e le rocce e il suo passo si faceva sempre più svelto, tanto che ormai i rumori degli zoccoli dei cavalli nemici erano lontani.
Quando pensava di essere in salvo, l’ombra di una fune la fece ricadere nel terrore.
Venne catturata e disarcionata. La corda le stringeva la vita e le braccia, ormai era in trappola. Cadde rovinosamente a terra, mentre quei bruti cominciavano ad accerchiarla.
Sentiva le risate tronfie dei nemici e nonostante cercasse di dimenarsi per fuggire, sapeva bene di non avere scampo.
Il suo sguardo volò sul cavallo che ancora non si era allontanato, nel disperato tentativo di aiutarla.
- Corri da lui, trovalo ti prego! – gridò la giovane nella sua lingua.
L’animale sembrava contrariato, ma alla fine sembrò recepire il messaggio.
Tre uomini le furono addosso e legarono meglio le funi sul suo corpo.
Erano alti e grossi e i loro occhi lussuriosi la riempivano di paura.
- La porteremo al forte, gli uomini ne saranno contenti e faremo bei soldi – rise uno di loro.
Indossavano tutti gli stessi vestiti, forse facevano parte dello stesso clan. Cercò di trattenere le lacrime che le stavano bruciando gli occhi, non poteva farsi vedere debole da loro o ne avrebbero approfittato.
Nonna ti prego, portalo da me
 
Rin era appena scesa dalla soffitta dove si trovava Sango. Era molto in pensiero per quella situazione, anche se non lo dava a vedere. Suo fratello voleva solo salvarla, ma in quel modo stavano rischiando davvero grosso.
Era anche preoccupata per Inuyasha, ma Miroku l’aveva rassicurata dicendole che non si trovava in pericolo di vita e che presto sarebbe tornato a casa. Lei gli voleva molto bene, erano cresciuti insieme e per lei era un secondo fratello oltre che un caro amico. Per un periodo Miroku aveva sperato che i due si innamorassero, ma avendo vissuto per così tanto tempo insieme era praticamente impossibile.
Sospirò e si mosse per fare le faccende della giornata. Non poteva farsi prendere dallo sconforto, doveva essere forte, Inuyasha stava bene e presto si sarebbero riuniti tutti.
Mentre scendeva le scale era talmente presa dai pensieri che non si accorse neanche di aver scontrato l’odioso Lord Sesshomaru. Per tutto il tempo non aveva mostrato il minimo interesse per la scomparsa del fratello, anzi sembrava annoiato dal dover rimanere ancora a Forest County.
- Ehi! Guarda dove vai! – la rimbeccò questo.
Rin si riscosse e lo guardò annoiata. – Sì, ok – rispose freddamente.
Doveva ammetterlo, era il ragazzo più bello che avesse mai visto in vita sua, ma allo stesso tempo era anche il più scontroso, freddo e burbero personaggio che avesse mai incontrato.
Rimasero a guardarsi negli occhi, in una gara a chi abbassava prima lo sguardo e Rin non aveva intenzione di farsi battere.
Sesshomaru assottigliò gli occhi. – Lo sa che è maleducazione fissare una persona? -.
Rin sorrise divertita. – Ah sì? Allora perché non la smette? -.
Il ragazzo si era ritrovato con le spalle al muro. Era da quando si erano incontrati che bisticciavano tutte le volte che si incrociavano, ma allo stesso tempo quella ragazzina lo incantava. Era la prima volta che aveva a che fare con una donna così indipendente e solare. In Inghilterra le donne erano sempre noiose e posate, tutto il contrario di Rin.
Lei era una vera forza della natura. Ogni giorno rassettava la stanze, preparava da mangiare, andava a pulire i cavalli e le stalle e aveva sempre un grandissimo sorriso stampato in volto. Non riusciva a capacitarsi di come mai quella giovane fosse sempre così allegra. Viveva in un posto orribile circondata da buzzurri, eppure sembrava trovarsi sempre a suo agio in ogni situazione.
Aveva notato che solo con lui perdeva quella scintilla e al suo posto spuntava una sorta di nervosismo. Che lui la mettesse in qualche modo a disagio?
In effetti Rin doveva ammettere che con lui si trovava in difficoltà. Si sarebbe dovuta comportare bene dato che era un cliente, ma qualcosa la spingeva ad allontanarlo e infondo lei sapeva bene cos’era. Non voleva essere una delle solite giovani che finivano sposate e con figli e dovevano abbandonare la carriera, lei voleva essere indipendente e non essere costretta ad obbedire agli uomini. Eppure quando lo guardava provava l’irrefrenabile desiderio di stare più tempo possibile vicino a lui e questo la faceva imbestialire.
- Ho molto da fare, quindi la saluto – disse Rin, mentre si dirigeva verso le stalle.
Sesshomaru la fermò. – Avete bisogno di aiuto? -.
Lo guardò con aria sarcastica. – Non credo che siate avvezzo al rassetto delle stanze e men che meno alla pulizia delle stalle -.
Il giovane si sentì punto nel vivo. Ma cosa pensava? Che fosse uno dei tanti inglesi imbranati? Lui era molto di più di quello che mostrava.
- Se avrà abbastanza pazienza per attendermi, le dimostrerò che non è così – rispose, mentre si avvicinava a lei.
Rin sentì il suo cuore batterle sempre più forte, averlo così vicino la intimoriva e le piaceva al tempo stesso.
Mandò giù il groppo che le si era formato in gola e annuì. – Ci vediamo tra 10 minuti alle scuderie -.
Attese con impazienza l’arrivo dell’uomo e quando lo vide rimase a bocca aperta. Era vestito come i ragazzi di quel luogo, con dei pantaloni abbastanza aderenti e una camicia scura. Teneva i capelli legati in una lunga coda e per Rin fu un colpo al cuore vederlo.
Cercò di riacquistare il controllo di se stessa e di riprendere il suo solito piglio ironico.
- Ne siete davvero sicuro? Non è un compito facile per gli uomini di città – gli disse divertita.
Sesshomaru non ci fece caso e si armò di secchio e spugna per strigliare i cavalli. Rin rimase imbambolata a guardarlo. Quell’aspetto da ricco Lord inglese celava un vero uomo.
Cominciò anche lei a pulire gli animali, ma ogni volta guardava nella direzione del giovane. Il sudore gli imperlava la fronte e faceva aderire ancora di più la sua camicia al petto. Era una visione.
Anche Sesshomaru guardava spesso nella direzione della giovane, scrutando ogni particolare di quel viso. I capelli corvini erano sempre disordinati e un ciuffo ribelle le sbucava in cima alla testa, mentre gli occhi erano concentrati nel lavoro. Il corpo era minuto e non molto formoso, ma quel suo aspetto lo attirava più di qualsiasi altra forma prosperosa avesse mai visto.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere cosa si nascondeva sotto la gonna lunga e ampia. La camicia chiara che portava era abbottonata quasi fino in cima e lasciava intravedere solo l’inizio del suo seno.
Il ragazzo si sentiva terribilmente accaldato e forse non solo per il sole.
Finirono dopo due ore buone e Rin era intenta a dare da mangiare agli animali.
- Che ne dice di cavalcare? – le chiese Sesshomaru.
Rin si irrigidì all’improvviso. Cavalcare? Da soli? L’unico uomo che aveva frequentato senza suo fratello era Inuyasha e solo perché era un membro della famiglia.
Sesshomaru attese con impazienza una risposta, mentre la giovane tormentava con le dita la stoffa grezza della gonna.
- Va bene – mormorò. – Ma per poco, ho degli impegni importanti -.
Il ragazzo sorrise soddisfatto e prese uno dei cavalli salendoci abilmente in groppa.
Rin si posizionò a sua volta su uno degli animali dopo averlo sellato e Sesshomaru rimase sbalordito nel vedere che non cavalcava all’amazzone come le donne londinesi. Quella ragazzina era davvero piena di sorprese.
Prima che lui potesse riprendersi dallo stupore lei era già  partita al galoppo verso la steppa circostante.
- Muovetevi, o non ne siete capace? – lo schernì la ragazza.
Sesshomaru non se lo fece ripetere due volte e insieme si diressero verso il fiume.       
Miroku nel frattempo aveva assistito a tutta la scena e guardava sua sorella tra il soddisfatto e il preoccupato. Era la prima volta che trascorreva del tempo con un uomo che non fosse lui o Inuyasha e doveva ammettere che si sentiva geloso. La sua sorellina stava crescendo.
Subito gli tornò alla mente Sango. In quel momento era sola in soffitta e probabilmente non aveva ancora mangiato.
Prese un po’ di frutta, pane e acqua e si diresse furtivamente nella mansarda. La ragazza era seduta davanti alla piccola finestra circolare e osservava l’esterno. Era come un uccello in gabbia; era sempre stata libera come il vento e ora era costretta a vivere lì.
Aveva pensato di riportarla dai domatori di lupi, ma egoisticamente in parte voleva che rimanesse lì il più possibile. Era riuscita a convincerla con la scusa che sua sorella sarebbe stata riportata a Forest County e a quel punto sarebbero potuti ripartire insieme.
Lui non voleva che Sango partisse. La sua presenza gli regalava la serenità di cui aveva bisogno in quel periodo di tensione.
- Ti ho portato da mangiare – le disse, mentre richiudeva la botola.
Sango si voltò verso di lui e gli sorrise. Sia lui che la sorella si erano presi molta cura di lei e lo aveva apprezzato davvero molto. Desiderava ardentemente uscire, ma allo stesso tempo sapeva che non era possibile. Miroku le aveva spiegato diverse volte che gli abitanti della zona avrebbero potuto farle del male e che per lei era più sicuro rimanere lì.
Si era sentita stupida per non aver capito subito che le sue intenzioni non erano malvage. Era un uomo buono.
Rimasero in silenzio a mangiare, mentre si scambiavano occhiate furtive, mentre la luce fioca li illuminava. Provarono entrambi le stesse sensazioni di calore e gioia nello stare insieme e quando le loro mani si incontrarono per prendere lo stesso frutto, nessuno dei due si ritirò da quel contatto.
Miroku si riscosse, doveva assolutamente sistemare la stanza per Totosai e Myoga. Si alzò in piedi e si pulì i vestiti impolverati.
- Tornerò presto – le disse sorridendogli.
Sango sorrise a sua volta e rimase ad attendere con trepidazione il suo ritorno.
 
Gli uomini la avevano trascinata per una lunga distanza. Non l’avevano fatta salire a cavallo, si erano limitati a legarla per i polsi e trascinarla rozzamente. Kagome era caduta parecchie volte, ma questi non si erano preoccupati di fermarsi per farla rialzare e qualche volta era stata trascinata nella polvere.
I piedi le facevano male, come i polsi che erano ormai completamente segnati e lividi per le corde. Il suo cuore batteva furiosamente nel petto e la paura la stava attanagliando. Cercava di mantenere un contegno, ma le risultava difficile. Era così spaventata e continuava a interrogarsi su cosa le sarebbe potuto succederle.
Gli uomini parlavano sottovoce e velocemente e non riusciva a capire cosa dicessero. La polvere le finiva negli occhi e glieli faceva bruciare terribilmente, mentre il sole stava ormai calando.
Arrivarono fino a una strana costruzione quadrata in legno, dove sbucavano delle costruzioni verticali. Aveva sentito parlare di quei luoghi; erano posti dove si radunavano i guerrieri bianchi.
Cominciò a tremare senza riuscire a smettere. Si rese conto del terribile pericolo che stava correndo e cercò di dimenarsi disperatamente per liberarsi, ma l’uomo che la teneva legata per tutta risposta la strattonò di nuovo, facendola cadere a faccia in giù nella sabbia. Quella sua caduta scatenò l’ilarità dei suoi rapitori, oltre che quella degli uomini che sorvegliavano quello strano posto.
Sentì la rabbia invaderla per essere stata presa in giro e quando venne tirata in piedi sputò in faccia ad uno dei suoi rapitori.
Questo si pulì, per poi colpirla sul viso con violenza.
- Brutta puttanella – sibilò adirato.
La pelle le bruciava terribilmente, ma cercò di non darlo a vedere.
Venne trascinata dentro e si ritrovò circondata da tantissimi uomini, più di quanti riuscisse a contare.
Gli uomini che l’avevano catturata la lasciarono legata ad un palo al centro della struttura, come se fosse solo un’animale. Continuava a guardarsi intorno e vedeva solo uomini che la osservavano con occhi pieni di lussuria e la spogliavano mentalmente. Si accucciò a terra e si rannicchiò, presa ormai completamente dal panico.
Pregava disperatamente che Inuyasha la trovasse. In quel momento lui non gli sembrava più così terribile, anzi forse era l’uomo bianco migliore che avesse incontrato in vita sua. Invocava la protezione degli spiriti, mentre i soldati la schernivano per la sua strana lingua.
Vide gli uomini che l’aveva condotta lì parlare con quello che sembrava il capoclan e questo gli diede delle monete, quelle che Inuyasha le aveva mostrato qualche giorno prima.
Allora era vero che per i bianchi quelle cose erano davvero importanti. Lo erano a tal punto da venderla come se fosse un semplice oggetto. Quella era la vera natura di alcuni di loro e questo la disgustava.
Eppure continuava a pensare ad Inuyasha, che era stato l’unico a trattarla come se fosse un essere umano e continuò a pensare a quei meravigliosi occhi ambrati per farsi coraggio. Presto o tardi sarebbe arrivato da lei e l’avrebbe salvata come già aveva fatto in passato.
E se non l’avesse fatto? E se fosse stato così ferito dal suo gesto da lasciarla in quel luogo per sempre?
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da uno dei guerrieri, che la slegò e la trascinò in mezzo a un gruppo di altri soldati.
Era stata così presa dalle sue preghiere che non si era accorta che ormai il sole era sparito dietro le montagne e aveva lasciato spazio ad una falce di luna.
Non capiva cosa stessero dicendo, la paura era così da tanta da renderla praticamente sorda. Vedeva solo quegli sguardi malvagi e pieni di odio che la schernivano. Gli uomini cominciarono a tastarla in ogni punto del suo corpo e lei cercò di proteggersi coprendosi il corpo, ma loro erano troppi. Le loro mani andavano ovunque sul su corpo e un conato di vomito le risalì su per la gola.
Si alzò in piedi e cercò di scappare, inseguita da quelle riso che la terrorizzavano.
Inuyasha, Inuyasha!
 
 
Eccomi qua!
Lo so, lo so, vi lascio di nuovo i preda alla suspance. Ormai però dovreste conoscermi, mi piacciono queste pause :P
In questo capitolo ho cercato anche di creare un momento per descrivere le emozioni tra le nostre varie “coppie” e spero che sia apprezzato ^.^
PROMETTO che dal prossimo capitolo riuscirò finalmente a parlare di Naraku, anche se per il momento apparirà come una figura quasi marginale.
Ci tengo come sempre a ringraziare tutte le persone che mi seguono e mi sostengono, siete davvero fantastici *.*
Un bacione enorme a tutti quanti!
Silvia :*
   
 
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