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Autore: SamuelRoth93    03/02/2017    0 recensioni
In un universo parallelo, precisamente nella piccola cittadina di Rosewood, ci sono quattro giovani e affascinanti bugiardi che lottano ogni giorno per nascondere i loro segreti. Perseguitati dalla misteriosa figura di A e dall'oscuro mistero che si cela alle sue spalle, riusciranno a mantenerli? Ma, soprattutto, riusciranno a sopravvivere?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SEDICI

“The Awakening

 

One month later…

 

Sam stava percorrendo il corridoio dell’ospedale, quella sera; lo faceva da diverse settimane ormai, ogni giorno. Salutava le infermiere accenando un sorriso gentile, sostenendo la sua borsa della scuola piena di libri su una spalla. Infine, entrava sempre nella solita stanza: quella di Nathaniel.

Un bacio sulla sua fronte e subito sedette sulla sedia, tirando fuori un quadernino. Davanti a lui, l’enorme finestra che mostrava un meraviglioso cielo stellato; un cielo che lo ispirava tutte le volte per ciò che doveva scrivere.

E scriveva  tanto, tutto con un sorriso genuino e un volto sereno; cercava di essere forte, come Nathaniel avrebbe voluto che fosse.

“Caro Nathaniel, oggi è passato quasi un mese dal giorno in cui i dottori ci hanno comunicato che eri in entrato in uno stato di coma. Eravamo convinti che ti saresti svegliato quel giorno, ma non è successo: il mondo mi è letteralmente caduto addosso, così come alla tua famiglia.

Tuttavia, io credo nei miracoli e sono convinto che uno di questi giorni ti sveglierai e tornerai fra noi. Ne sono sicuro. Sei sempre stato forte.

Oggi, però, non è passato solo un mese da quando ti sei assentato dalle nostre vite: oggi è anche passato un mese dal giorno in cui A ha smesso di tormentarci. Per il momento.

E dico “per il momento” perché la tregua che ci ha dato, presto giungerà ad una fine. Potrebbe succede da un momento all’altro. Anche adesso. Ho paura.”

Quel sorriso che aveva, a quell’ultima frase, scomparve. La penna smise di scrivere e i pensieri accumularono la sua mente.

Decise di scrivere ancora una cosa, però.

“Forse saranno giorni infernali quelli che ci attendono, ma almeno siamo tornati a vivere come una volta. Anche se per poco, abbiamo avuto giorni sereni e so che ti farà piacere leggerlo: perché tu vuoi solo il bene per le persone che ami; lo so meglio di chiunque altro.”

Improvvisamente, il telefono di Sam vibrò sul comodino accanto al letto. Lo fissò per qualche secondo prima di prenderlo.

Era una chiamata: arrivava da Rider.

“Pronto?”

“Ehi, sei da Nat?”

“Si, sono appena arrivato.”

“Ricordati di passare da casa mia per cambiarti, dobbiamo farlo stasera.”

“Non sarà un po’ azzardato scoprire cosa si nasconde nel deposito numero 16? A potrebbe risvegliarsi non appena giriamo la chiave.”

“Vorrei ricordarti che non abbiamo nessuna chiave, dovremo scassinarlo quel deposito.”

“Ma siamo sicuri che la chiave che A ti ha disegnato sul corpo sia la chiave di un deposito? Sai, vorrei una certezza prima di finire in manette.”

“E’ da un mese che cerco di risolvere l’enigma: si tratta di un deposito, ne sono sicuro. Se pensi ai depositi, sono tutti numerati. E poi il cartellino attaccato alla chiave che A ha disegnato sulla mia pancia ha la forma di un baloon. Qui in città c’è un unico Self storage che affitta depositi e il logo è a forma di baloon!”

“Ok, mi hai convinto. Chissà perché ci hai messo così tanto a capire che si trattava di un deposito; di solito risolvi gli enigmi in meno tempo.”

“Beh, ero impegnato a vivere. Sai com’è, non capita tutti i giorni di essere liberi da uno stalker ossessionato da te che ti concede un time out della durata di trenta giorni.”

“Devi per forza ricordarmi che siamo quasi alla fine del time out con la parola time out?”

“Almeno ho recuperato il brutto voto che presi con Palmer.”

Sam riflettè su quest’ultima cosa: “Ecco, questo è uno dei vantaggi della pausa di A: aver recuperato con la scuola.”

Rider sospirò: “…mi dispiace solo per Nathaniel.”

“Anche a me… - ribattè, fissando Nathaniel con inquietudine e un magone nella voce  – Vorrei che si svegliasse, non ne posso più di vederlo su questo letto.”

“Si sveglierà, vedrai.” cercò di dargli fiducia.

Una lacrima scese lungo il viso di Sam, che schiarì la voce: “Ehm…senti, raccolgo le mie cose e ti raggiungo. – non riusciva più a stare al telefono - Ora chiudo.”

“Va bene, ti aspetto.”

Entrambi misero giù la chiamata. Sam ebbe un leggero crollo emotivo, ma si riprese subito, asciugandosi le lacrime.

Dopo aver rimesso il quadernino nella borsa e messo il suo telefono in tasca, diede nuovamente un bacio sulla fronte a Nathaniel e lo accarezzò di sfuggita sulla guancia. Poi corse verso la porta.

Uscendo, però, andò a sbattere contro la signora Blake.

Sam reagì mortificato: “Oh mio Dio, mi scusi.”

La donna si sincerò delle sue condizioni: “Ti sei fatto male?”

“No no, sto bene. – le sorrise – Non dovevo correre, ma devo passare da un amico.”

Quella fu comprensiva: “Non ti preoccupare, sei giovane e hai degli impegni; come è giusto che sia per un adolescente. Ti sono grata del fatto che vieni ogni volta a trovare Nathaniel. – lo fissò con insistenza, molto premurosa - Sei un amico speciale, Sam.”

Lo sguardo della donna mise Sam in soggezione, tant’è che dovette abbassare il suo perché si sentì a disagio: “Beh, è uno dei miei migliori amici. – sorrise con molto imbarazzo – E’ il minimo: soprattutto dopo quello che abbiamo passato in quella casa.”

“Immagino… - annuì quella, un sorriso malinconico ed esausto – Prima muore quel vostro amico, Anthony, poi la vostra scuola esplode, venite interrogati dalla polizia, un pazzo fuggito da un manicomio cerca di uccidervi… e ora veniamo a sapere di questa malattia cardiaca di Nathaniel: un segreto che si è portato avanti fino ad oggi senza mai dirci una parola.”

“L’importante è che Nathaniel sia stato operato e che quel suo problema sia stato risolto. – cercò di consolarla - Ora dobbiamo solo aspettare che si svegli.”

Claire si voltò verso il letto del figlio, il volto triste ma ancora speranzoso: “Già, che si svegli…”

“Vedrà che si sveglierà. – Sam le mise una mano sul polso, infondendole coraggio – Io ci credo davvero.”

L’altra si commosse, sorridendo: “Grazie, Sam. – le sue parole la rincuorarono, così mise la sua mano sopra la sua – Grazie davvero, sei un caro ragazzo. Nathaniel è fortunato ad averti insieme a lui.”

Sam restò a guardarla per qualche secondo, un espressione neutra; per un attimo fu come se sospettasse che lei sapesse di lui e Nathaniel, dei loro baci. Ma come poteva saperlo, pensò. E così, nel giro di pochi istanti, abbandonò quel pensiero e la salutò caldamente.

“Siamo noi quelli fortunati, signora Blake. Ora, però, devo andare. Passi una buona serata.” concluse, per poi uscire.

Rimasta sola, Claire si avvicinò al letto del figlio. Mentre lo guardava, continuava ad avere dei flashback su quelle foto di lui e Sam che aveva ricevuto dal mittente anonimo. Foto di baci. Foto di una relazione tra due ragazzi, messi a nudo della loro intimità. Foto che potevano essere rese pubbliche.

E su questo temeva di poter essere minacciata ancora, nonostante fosse passato un mese.

 

*

 

Intanto, al Brew, erano cambiate parecchie cose durante il mese di Dicembre: il bar aveva cambiato gestione e non aveva più Todd a capo. Al suo posto arrivò Antonio Montejo, un giovane venezuelano molto attraente, che nel giro di due settimane trasformò il Brew in una caffetteria e una libreria al tempo stesso, conquistando una vasta clientela.

Alexis, stanca del suo lavoro alla tavola calda e, appoggiata da Eric, approfittò del cambio di gestione per riprendere il suo vecchio posto. E ci riuscì.

Nel corso di quella serata, Eric era dietro al bancone ad asciugare i bicchieri appena lavati, mentre osservava Alexis parlare con Antonio in modo un po’ troppo amichevole; ormai era dal suo arrivo che i due legarono, e di questo ne era geloso.

Mentre lei sorrideva a ciò che Antonio le stava dicendo, Eric non toglieva gli occhi da loro. Nemmeno quando fece cadere a terra un bicchiere, mandandolo in frantumi, loro si girarono. Amareggiato di questo, si chinò a raccogliere i pezzi di vetro, ripensando al giorno in cui tornò dall’ospedale e a ciò che si erano detti lui e Alexis.

 

FLASHBACK – Quattro settimane prima…

 

Eric aveva appena raccontato tutto ad Alexis, che, seduta sul divano, aveva le mani in fronte e la testa buttata in basso: era sconvolta.

“Senti, adesso devo tornare in ospedale dai miei amici…” concluse, non vedendo l’ora di evadere da quella stanza e uscire.

Quella finalmente alzò il capo, buttandosi indietro i capelli: “Sono senza parole, Eric. – cominciò, irritata e fuori di sé – Esci per prendere le uova e magicamente ti ritrovi alla casa sul lago di Rider assieme a due tizi scappati da un manicomio, armati?”

“Ho ricevuto una chiamata, ok? Non sono finito magicamente lì.” si giustificò, davanti alla porta.

Alexis si alzò in piedi, iniziando a fare avanti e indietro davanti al divano. Più cercava di capire e più le veniva da ridere.

“Sai, io cercavo davvero l’amore quando mi sono messa con te. Solo che… non immaginavo che nel pacchetto fosse compresa anche la follia: perché tutto questo è davvero una grande follia, Eric. – lo fissò dritto negli occhi, fulminandolo - Te ne rendi conto? Cioè, tu riesci a comprendere che io non riesco più a starti dietro, giusto? – quello abbassò lo sguardo, non sapendo cosa rispondere – Se avessi delle amiche, non saprei nemmeno cosa raccontare di te. Sei la persona più misteriosa e assurda che io abbia mai conosciuto e… - lo fissò ancora, ridendo – Guardati! Non riesci nemmeno a spiaccicare una parola, non ti difendi nemmeno. Non hai una spiegazione razionale!”

Finalmente Eric trovò il coraggio di alzare lo sguardo e dire qualcosa: “…Chiamerai i miei genitori?”

Quella si lasciò scappare l’ennesima risata, incredula: “Wow, questo è il colmo! Io sono qui che ti chiedo di essere sincero con me e tu pensi ai tuoi genitori? A volte mi sento davvero una babysitter e non la tua fidanzata.”

“Alexis, ti prego! – Eric non resse più – I miei amici sono in sala operatoria e non ho tempo per stare qui ad ascoltarti, ok? Potevo restare lì in ospedale e invece sono venuto qui a farti sapere come stavo visto che nessuno ti avrebbe contattata per dirtelo.”

“Ci mancherebbe altro, Eric! – Alexis alzò la voce – Sono la tua fidanzata, devo essere messa al corrente di ciò che ti accade. Ma, a quanto pare, essere venuto fin qui a dirmi che stai bene sembra quasi una seccatura per te.”

“Non è una seccatura, smettila di pensare che tu sia poco importante per me.”

“Scusami, se sembra tutto il contrario. – ribattè basita – Vuoi per caso farmi passare per una pazza?”

“Ti prego, possiamo chiuderla qui? – sospirò, esausto – Devo andare sul serio.”

Quella sgranò gli occhi, scuotendo la testa, arresa: “D’accordo, vai. Esci, vai. – una lacrima le scese lungo il viso – E se vuoi proprio saperlo, non so se chiamerò i tuoi genitori; e detta così, sembra che io sia davvero la tua babysitter. – il suo volto era ormai sofferente – All’inizio ero così terrorizzata nel lasciarmi andare ad una relazione con un ragazzo più piccolo di me. Poi con il passare del tempo mi sono innamorata e tu hai completamente cancellato quella differenza d’età che tanto mi spaventava. Ora, invece, mi ritrovo davanti alla realtà: sei un adolescente…e a dire il vero, non te ne faccio nemmeno una colpa perché questa è la tua età. Io cercavo un uomo, e in te lo vedevo… ma ora non ci riesco più, e mi chiedo se valga la pena continuare.”

Eric deglutì con fatica, combattuto dal fermarla nel suo discorso o lasciare che mettesse un punto alla loro storia.

Lei, poi, dopo una serie di espressioni che sfociavano nella totale indecisione sul cosa fare, decise di lasciar perdere tutto.

“Senti, sai cosa ti dico? – si asciugò le lacrime - Me ne vado a letto. Fai un po’ come ti pare, io sono stanca e domani mi aspetta una giornata piuttosto impegnativa.” e se ne andò, lasciandolo lì impalato.

Eric non si mosse finchè la porta della stanza da letto non si chiuse. Tirò un sospiro di sollievo nel sentir la porta sbattere, anche se subito dopo i suoi occhi divennero lucidi.

Alexis si avvicinò al bancone, mentre Eric si stava risollevando in piedi dopo aver raccolto i vetri.

“Ehi, che è successo?” domandò quella, mentre si slacciava il grembiule.

“Niente, mi sono distratto e ho fatto cadere un bicchiere. – rispose seccato, ma lei non lo notò – Te ne stai già andando?”

“Sì, fra poco mi vedo con mia madre a cena. – poggiò il grembiule sul bancone - Grazie che mi copri il turno.”

“Figurati, Antonio ti avrebbe lasciata andare anche se non ci fossi stato io.” si lasciò sfuggire una frecciatina, il tono apatico e distaccato.

L’altra restò interdetta per qualche secondo, lasciando correre: “Ehm, ok, allora io vado. – si lanciò verso di lui, dandogli un bacio sulle labbra al volo – A stasera!” esclamò, scappando di fretta.

Dopo che quella era uscita, Eric si voltò a guardare Antonio, che attraverso le vetrate osservava Alexis entrare in macchina con molto interesse.

*

 

 

Rider uscì dalla sua camera, scendendo per le scale con fretta, tutto vestito di nero e con gli stivaletti.

Passando per il salotto, recuperò il cappello poggiato sul tavolino accanto al divano. Lo indossò, poi controllò l’orario sull’orologio. Improvvisamente, si fermò un secondo a contemplare la stanza, in preda ad un ricordo non molto lontano.

 

FLASHBACK – Due settimane prima…

 

Rider si era appisolato sul divano con i libri aperti sul tavolino; ne aveva uno aperto anche sopra di sé, quello di matematica.

D’un tratto, venne scosso da qualcuno: suo padre.

“Rider? – lo scosse ancora – Rider svegliati!”

“Uhmm, che succede?” era ancora addormentato, gli occhi chiusi.

“Rider, è tardi. Vai nella tua stanza.”

Quello finalmente aprì gli occhi, guardandosi attorno: “Accidenti, mi sono addormentato. Che ore sono?”

“Quasi mezzanotte.”

“E tu da dove arrivi? – notò che aveva addosso il cappotto – Sei uscito a portare fuori il cane?”

“Ehm… - tentennò – Ero al Radley, sono stato da Nolan. Ha la febbre.”

Rider si irrigidì immediatamente nel sentire quel nome, evitando lo sguardo del padre: “Ah, ok, e ora sta bene?”

“Starà bene, la febbre guarisce. – spiegò, ma il suo tono preannunciò altro – Il punto è che non sta bene di testa, vuole tornare a casa.”

“E che cosa vuoi da me? Ho altre cose a cui pensare: come la scuola! – si irritò - E poi Nolan ha ricevuto dei permessi speciali per uscire nei fine settimana e venire a casa nostra, grazie alle tue pressioni: non è abbastanza?”

“Nolan non vuole permessi speciali, Rider: vuole stare con la sua famiglia!” esclamò, severo.

“Quindi adesso è così che andranno le cose? – si alzò, stufo - Mi guarderai male ogni volta che si parla di Nolan?”

“Ti guardo male perché ti stai rifiutando di aiutare tuo fratello. Sei la chiave per il suo rilascio!”

“No, io sono solo una merce di scambio! Lui vuole che prenda il suo posto in quel manicomio orribile e si è inventato quelle bugie per fare in modo che questo accada.”

“Non sono bugie, non puoi saperlo! Devi andare da uno psicoterapeuta, Rider. E’ l’unico modo, dannazione!”

“E che cosa accadrà se tutto quello che ha detto è vero? Eh? – lo mise di fronte alle conseguenze – Scatteranno dei meccanismi che graveranno su di me in maniera negativa, ma a te importa solo di Nolan!”

“Pensi che non sappia a cosa andrai incontro se tutto ciò fosse vero? Certo che lo so! – lo prese per le spalle, fissandolo negli occhi – Ma non cambierà nulla, perché lo affronteremo insieme.”

“E come? – si svincolò dalla presa del padre, preoccupato per se stesso - Con te e Nolan che venite a trovarmi al Radley con una scatola di ciambelle glassate?”

“Rider, tu vedi solo il lato peggiore della cosa. – cercò di prenderlo con calma - Una volta che con lo psicoterapeuta ripercorrerai quei ricordi e scoprirai se hai davvero fatto del male a quel bambino, porterò tutta la documentazione delle tue sedute alla commissione del Radley per richiedere il rilascio di Nolan. Ciò non significa, però, che verrai internato al posto suo. Non funziona così.”

“E cosa mi accadrà, allora?” disse meno irrascibile, dopo averlo ascoltato.

“Interverrà un giudice, ti sottoporranno a dei test. Insomma, terranno conto di tutta la tua vita e di come sei stato fino ad oggi.”

“Non voglio che tutto questo stravolga la mia vita. – esternò sofferente – Mi sono costruito una carriera scolastica impeccabile, ho vinto competizioni, ho viaggiato: tutte cose che non avrebbe mai fatto il ragazzo che ha dipinto Nolan. – lacrimò – Non sono un assassino.”

“Ma tu non lo sei, Rider. Quel bambino non è morto, ok? – Richard cercò di rincuorarlo – E’ stato un episodio spiacevole, tutto qui. Anche se dovesse essere vero, questo non fa di te un assassino.”

Rider era combattuto: “Non so se riuscirei a sopportare la verità…”

“Lo so, ma non puoi abbandonare tuo fratello: soprattutto se è innocente. Ormai non fa che chiedermi se ci stiamo muovendo e ogni volta che viene qui a casa e tu non ci sei ad accoglierlo, pensa che non stiamo facendo nulla.”

L’altro si voltò, avvicinandosi alla finestra, riflettendo: “Io… - non sapeva che fare – Io… - si girò, aveva finalmente una risposta – Va bene, andrò da uno psicoterapeuta…”

Richard sorrise, felice di quella decisione: “Grazie, Rider. So quanto ti è costato prendere questa decisione.”

Rider, però, aveva delle condizioni: “Sì, ma a patto che sia lo zio Gordon. Non andrò da nessun’altro, non voglio aprirmi con un estraneo.”

“Ma mio fratello non vive qui… – gli ricordò – Il suo studio è in Italia ed è anche impegnato con la sua classe universitaria.”

“Lo so, ma queste sono le mie condizioni. Non può venirci a trovare? Quanto ci vuole per fare questo viaggio nella mia testa?”

A quel punto, Richard si rese conto che suo figlio aveva sottovalutato la faccenda: “Rider, questa non è una cosa semplice. Ci vogliono delle sedute, forse tante sedute.”

“Non mi interessa, è stato lui a seppellire i miei ricordi e a fare questo abracadabra. Voglio che sia lo zio Gordon il mio psicoterapeuta.”

Richard, allora, comprese suo figlio era irremovibile: “Va bene, lo chiamerò…”

“Bene, ora vado a dormire. – raccolse i suoi libri – La mia vita deve continuare nel frattempo, e domani ho un test.”

L’altro annuì, accennando un sorriso: “Certo, assolutamente. Buona notte!”

“Buona notte!” ricambiò Rider

 

Il suono del campanello portò Rider al presente, che osservò nuovamente l’orologio da polso:

“Dev’essere Sam.” pensò.

Constatato questo, si apprestò ad andare ad aprire la porta.

 

*

 

Dopo aver parcheggiato la macchina in un punto nascosto, Sam e Rider entrarono furtivamente dentro al Rosewood self storage.

“Rider, vedo delle telecamere…” notò Sam, mentre camminavano all’interno dello stabilimento con le torce accese.

“Lo so, per questo stiamo per disattivarle.”

“Disattivarle?”

“Rilassati, sarò io a farlo.” ribettè con molta calma, tenendo lo sguardo vigile.

Sam lo squadrò dalla testa ai piedi, facendo una smorfia per il loro trasvestimento: “Ho un déjà vu…”

“Noi due nel sotterraneo della scuola che raggiungiamo l’ingresso della panic room, vestiti da diabolik? Sì, anch’io mi ricordo.”

“Ora questo travestimento è più che sensato, ma a quei tempi non tanto.”

Rider, che era distratto, ignorò cosa stava dicendo e lo tirò per un braccio: “Ecco la centralina, muoviamoci.”

Quando furono davanti ad essa, Rider aprì la centralina con dentro i fili, pronto a disattivare le telecamere.

“Rider, te l’ho già detto che questa potrebbe essere una pessima idea? Se non disattivi le telecamere come si deve, la polizia ci sbatterà in galera sul serio.”

“In galera per aver disattivato le telecamere? Mi sembra eccessivo! – esclamò, tirando fuori dallo zaino delle tronchesi – Ehi, Sam, fammi luce!”

Infreddolito e seccato, eseguì: “Un mese senza A ed ecco che siamo di nuovo nel baratro. – si guardò attorno, sbuffando – Odio la mia vita.”

“Più che altro, siamo SUL BORDO del baratro. – precisò, tagliando un cavo - Aspettiamo di caderci quando A si farà vivo.” e si rialzò, chiudendo lo sportello della centralina.

“Hai già fatto? Sei sicuro?” gli domandò paranoico.

“Ti sembrerà una cosa gay, ma la scorsa settimana ho chattato con un tizio che se ne intende e mi ha spiegato come farlo.”

“E come facciamo a sapere che è fatta?”

Rider riprese a camminare, con Sam a seguito.

“Beh, se vedi che nelle telecamere c’è ancora una lucetta che lampeggia, ti consiglio di abbassarti il cappello fino al mento. Altrimenti fammi un applauso e considerami il ragazzo più intelligente che tu conosca.”

“Ma tu SEI il ragazzo più intelligente che io conosca. – rispose in primis, per poi mostrarsi preoccupato – E comunque non mi va di tentare la sorte, odio tentare la sorte.”

Più avanti, Rider fissò le telecamere con attenzione: “Puoi anche rilassarti, niente luci che lampeggiano. – sorrise compiaciuto – Peccato non poter mettere tutto questo nella lettera d’ammissione al college.”

“Certo, già immagino l’inizio: Caro college, so scavare una buca nel cuore della notte e impallidire a messaggi minacciosi! ” esclamò con sarcasmo.

L’altro rise: “Ma per favore, abbiamo un curriculum molto più ampio di questo!”

D’un tratto, i due si fermarono davanti alla serranda di uno dei depositi.

“E’ questo?” domandò Sam.

Rider sfilò il suo zaino dalle spalle: “Sì, numero 16…”

“C’è un lucchetto, ovviamente. – lo osservò frugare nello zaino, seccato – Stai facendo uscire una chiave? No, perché non riesco proprio ad immaginare come tu possa aprirlo.”

Rider tirò fuori una smerigliatrice, attaccando la batteria: “Veramente sto per tagliare il lucchetto!”

“Mi stai prendendo in giro? – Sam sgranò gli occhi, guardandosi attorno – Come diavolo lo rimettiamo a posto?”

“Ehm… Non lo rimettiamo a posto. – spiegò calmo, pronto a tagliare – Sam, nessuno saprà mai che siamo stati noi. Guardiamo cosa c’è dentro e poi fuggiamo: semplice!”

“Dimenticavo quanto tutto sia semplice per te, Rider. – zompettava sul posto per il freddo e il panico – E’ da pazzi quello che stiamo facendo!”

Rider, intanto, si era appena messo gli occhialini per proteggere gli occhi: “Non usare la parola pazzi, sono un ex paziente del Radley e sono ancora molto sensibile. – gli fece un cenno con la mano, poi – Allontanati, ci sarà qualche scintilla.”

L’altro eseguì, sbuffando per via della situazione.

Dopo qualche minuto, il lucchetto era stato tagliato e Rider lo rimosse. Sam si avvicinò, mentre quello alzava la serranda fino al limite: il box deposito era finalmente aperto.

I due fecero un passo avanti, silenziosi, puntando le torce: dentro c’era qualche mobiletto, delle scatole e numerose tele da disegno ammucchiate su una parete.

“Sam, indossa i guanti prima di toccare qualcosa.” gli suggerì Rider, osservando qua e là.

L’altro seguì il consiglio, tirandoli fuori dalla tasca. Improvvisamente calpestò qualcosa.

“Ma che cavolo??? – si salvò dal fare una brutta caduta, puntando la torcia a terra – Qualcosa mi ha quasi fatto inciampare.”

Rider si abbassò a recuperare quel qualcosa: era un lucchetto simile a quello appena tagliato, più un biglietto.

“Vedo che A ci tiene a non farci finire nei guai!” esclamò, risollevandosi in piedi.

Sam si avvicinò a lui: “Che dice il biglietto?”

Guardare ma non rubare, bugiardi. –A!  – lesse Rider – C’è molta polvere sopra il biglietto, deve averlo scritto il mese scorso.”

“Perché mai dovremmo rubare qualcosa da qui? – pensò Sam, guardando la robaccia attorno a sè – Dovrei portarmi via un treppiedi, forse? A pensa che sia alla ricerca di un nuovo hobby?”

“Non ti agitare, lascialo perdere. – gli suggerì – Piuttosto, diamo un’occhiata!”

“…Va bene. ” annuì l’altro, più calmo.

I due iniziarono a frugare fra quella roba, cercando qualcosa che potesse sembrare importante. Ma, più tardi, Sam sembrò aver trovato qualcosa di molto più che importante: era vicino alle tele da disegno.

“Ehi, Rider, vieni a vedere… - lo chiamò – Su una di queste tele, c’è disegnato sopra il numero 16!”

Quello si avvicinò, puntando la torcia su di essa: “Forse A vuole dirci che è questa la cosa che non dobbiamo rubare. Presto, vediamo che cos’è!”

Subito sfilarono via quella tela dalle altre, capovolgendola: era raffigurato un ragazzo nudo, all’interno di un appartamento.”

“Oh mio Dio… - Sam sgranò gli occhi – Ma questo è Nat!”

Rider restò perplesso: “Che ci fa Nat in un dipinto? – lo osservò attentamente, lasciandosi sfuggire un commento sarcastisco – Però, è più dotato di quanto pensassi.”

“Questi sono i dipinti di Edward Blanc, il francese che abbiamo seppellito! – si agitò, guardandosi attorno sconvolto – Oh mio Dio, questo deposito è suo! Nathaniel accettò di essere ritratto da lui per poi cercare di ottenere una testimonianza che scagionasse Jasper.”

Il panico si fece presto strada nel volto di Rider, che sbiancò: “Perché inizio a pensare che questa sia una trappola?”

“Perché forse lo è? – si girò a dirgli con tono isterico – Dobbiamo uscire immediatamente da qui!”

“Sì, ma il dipinto dobbiamo lasciarlo!” esclamò Rider, notando che Sam lo teneva ancora stretto.

“Rider, abbiamo letteralmente tranciato i cavi della sorveglianza. La polizia verrà attirata qui e scopriranno che, coincidenza delle coincidenze, è successo proprio dove Edward ha affittato un deposito!”

“E quindi? Vorresti rubare un dipinto che A ci ha scritto di non rubare?”

“Se la polizia scopre di questo deposito, non ci metterà molto a riconoscere Nathaniel nel dipinto e a collegarci all’omicidio. – continuò Sam – Probabilmente questo è l’ultimo ritratto che Edward ha dipinto prima di morire.”

“Sam, secondo me, A voleva solo che sapessimo che ha spostato la tela da casa di Edward a questo deposito. – cercò di convincerlo a lasciare il dipinto - Ci ha lasciato un lucchetto identico a quello che abbiamo appena tagliato, non penso voglia incastrarci.”

“Abbiamo commesso un enorme sbaglio a venire qui, ci siamo esposti ancora una volta per colpa di A. – si sentì male per questo – Non posso crederci che ci siamo cascati ancora.”

Rider sfilò il dipinto dalle mani di Sam: “Questo lo lasciamo qui, ok? Non facciamolo arrabbiare.” e lo posò accanto a tutti gli altri.

Dopo aver richiuso il deposito con il lucchetto nuovo, i due erano nuovamente per strada che camminavano per tornare alla macchina.

Sam era molto pensieroso: “E’ passato un mese, eppure nessuno ha denunciato la scomparsa di Edward. – si voltò a guardare Rider, incredulo – Com’è possibile?”

“Lui espone le sue opere a New york, giusto?”

“Per questo mi chiedo come mai nessuno si sia accorto di nulla. Ok, forse ha una vita piuttosto intraprendente e magari non coinvolge la famiglia, ma suppongo che con questa galleria che espone i suoi quadri, avrà un contratto. Avrà anche degli amici, penso. – riflettè, divorato dalla paranoia - Dopo un mese, qualcuno si starà chiedendo dove sia finito, no?”

Quando furono davanti alle portiere della macchina, Rider si fermò con tono misterioso: “Magari non è proprio sparito come pensiamo…”

Sam gli lanciò subito un’occhiataccia: “Rider, tu non c’eri, ma mi sembra di averti già spiegato che abbiamo seppellito i suoi pezzi nel bosco. – trovò assurdo il suo commento – E’ morto, fidati!”

“No, lo so che è morto. – si spiegò meglio – Quello che sto dicendo è che forse Edward vive ancora grazie ad A.”

“Cioè?”

“Quando A ha ucciso Edward, avrà preso i suoi effetti personali: carte di credito, telefono.”

Sam titubò, pensandoci: “Oh mio Dio, credi che si stia spacciando per Edward?”

“E’ l’unica spiegazione razionale che mi venga in mente.” ribattè, mentre entravano in macchina.

“Seriamente, se la polizia dovesse mai arrivare a questo deposito… - Sam ormai pensava al peggio – Nathaniel dovrà rispondere ad una marea di domande.”

“Forse volevi dire NOI! – precisò Rider – Dubito che possano interrogare un ragazzo in coma.”

A quel punto, Sam si disperò: “Lo sapevo che non l’avremmo fatta franca, stavolta. A si sta preparando per il suo ritorno e ci ha voluto dare qualche anticipazione.”

“Ne verremo fuori, ok? A non ci ha ancora sconfitti.”

I due si guardarono a lungo, cercando di essere fiduciosi.

 

*

 

Più tardi, il Brew si era svuotato. Antonio era in fondo al locale che appuntava delle cose su un taquino, mentre Eric non smetteva di fissarlo.

Ad un certo punto, l’uomo tirò fuori il telefono ed iniziò a rispondere a dei messaggi. Dopo, si avvicinò al bancone.

“Eric, qui chiudi tu? Io ho un impegno urgente adesso.”

Quello sforzò un sorriso: “Ma certo, vai pure.”

“Grazie, a domani!” esclamò uscendo.

L’accenno di sorriso di Eric, si incupì non appena l’uomo lasciò il Brew. Immediatamente controllò il telefono, sperando di trovare messaggi o chiamate perse di Alexis: ma come immaginava, non c’era nulla.

Tornò a guardare fuori, dove Antonio stava entrando nella sua auto. Sentiva che c’era qualcosa di losco, che la sua ragazza lo tradisse con lui.

Improvvisamente, ricevette una chiamata: era Rider.

“Pronto?” rispose, distratto da Antonio che metteva in moto l’auto.

“Ehi, volevo passare al Brew per aggiornarti ma sono davvero esausto.”

L’altro non parlava, lo sguardo fisso sulla strada. Antonio era appena andato via.

“Pronto? Eric?”

“Sì sì, eccomi. Che c’è?”

“Dicevo, io e Sam siamo stati al deposito.”

“E?”

“E…abbiamo scoperto che era di Edward!”

“Il deposito numero 16 è di Edward? Ma allora era una trappola.” pensò, preoccupandosi.

“Dentro c’era un dipinto che ritraeva Nat nudo; di quando si prestò ad Edward come modello per riuscire ad estorcere una testimonianza.”

“Un secondo, quindi voi avete violato il deposito di un uomo assassinato? Ti prego, dimmi che non avete lasciato tracce.”

“Solo i cavi della sorveglianza tranciati. Il lucchetto l’ho tagliato, ma A è stato così magnanimo da lasciarcene uno uguale; sapeva che ci saremmo entrati prima o poi.

“Quindi siamo salvi? Cioè, se la polizia dovesse indagare, non è detto che facciano caso al deposito, no? Ci sono tanti altri depositi.”

“Io dico che possiamo stare calmi, nessuno sa ancora che Edward è morto. Se il Self storage dovesse chiamare la polizia per indagare, non faranno nemmeno caso ai proprietari dei depositi. E poi non abbiamo rubato nulla ieri sera.”

Eric finalmente si tranquillizzò: “Già, hai ragione…”

“Tu, piuttosto, mi sembri tra le nuvole. – notò Rider dal tono - Tutto bene?”

“Io? Ehm, sì, sto bene! Devo solo chiudere il Brew…”

“Lo fai un po’ spesso ultimamente. – rise nel tentativo di sdrammatizzare – Rimpiangi il vecchio Todd?”

“Forse!” esclamò, forzando una risata.

Rider, poi, tornò serio: “Devo dire che mi mancherà questa nuova normalità…”

“Già, da circa un mese mi sembra di essere stato catapultato in una nuova linea temporale dove A non esiste. Poi con i cambiamenti che ha subito il Brew, Nat in coma…sembra tutto così surreale.”

“Peccato che presto torneremo alla vecchia linea temporale, dove A farà il suo trionfale ritorno.”

Eric era ancora pieno di dubbi: “Mi chiedo perché volesse mostrarci quel dipinto nel deposito.”

“Per iniziare a tessere la sua tela di terrore? – gli sembrò così ovvio - Il dipinto collega Nat ad Edward; anzi, collega tutti noi ad Edward. Se dovesse spuntare fuori nelle indagini, il detective Costa non ci metterebbe un secondo ad archiviare il caso: sospetta di noi da sempre. Su tutto quanto.”

“Quindi che facciamo? Aspettiamo il ritorno di A, fingendo di avere delle vite normali?”

“Ti consiglio di goderti questi ultimi giorni felice con Alexis e di recuperare tutte le materie in cui sei rimasto indietro per colpa di A.”

“Ho già recuperato tutto, a dire il vero. E’ incredibile come studiare sia così facile quando non c’è qualcuno che ti perseguita notte e giorno.”

“Allora cerca di essere il più felice possibile con Alexis, perché, credimi, quella felicità A te la porterà via.”

Eric, allora, abbassò lo sguardo, pensando a quella felicità che in realtà già non c’era più con Alexis. La cosa lo rattristò molto, ma cercò di non farlo capire a Rider.

“Ehm, ok, magari domani porterò Alexis fuori a cena.”

“Fallo, è la cosa migliore da fare in questo momento.” gli suggerì.

 

*

 

Intanto, Sam, dopo la gita al deposito, passò dall’appartamento di Wesam con in mano un cartone di pizza fumante.

Dopo aver bussato due volte, finalmente venne aperto: l’uomo indossava l’accappatoio e aveva i capelli bagnati.

I due si sorrisero, poi Wesam avanzò sul pianerottolo, stringendolo in un travolgente bacio in cui le bocche sorridevano ancora.

Sam faticava quasi a reggere la pizza, che rischiava di essere schiacciata dai loro corpi.

“Non hai paura che qualche tuo vicino esca e ci veda?” si staccò, continuando a sorridere.

“Ma se sono tutti vecchi e con l’artrite su questo piano!” esclamò Wesam, recuperando la pizza dalle sue mani.

“Già, dimenticavo che qui sei tu quello giovane!” sollevò le sopracciglia, ironico, mentre quello lo tirava dentro per un braccio.

Wesam poggiò subito la pizza sul tavolo del salottino.

“Sei stato da Nathaniel? Per questo hai fatto tardi?”

Sam, che stava prendendo i piatti, dissimulò la verità: “Ehm, sì, come tutte le sere…”

“E’ bello cenare due volte in una sera, sai? Prima da solo e ora con te.” cercò di essere sarcastico, nonostante provasse un po’ di gelosia.

Sam poggiò i piatti sul tavolo, per poi cadere sulle ginocchia di Wesam, che era seduto sul divano.

“Prometto che domani non farò così tardi. – rise, perché Wesam lo baciava continuamente sul collo e sentiva il solletico – Dai, basta, lo sai che sono sensibile!” cercò di liberarsi.

Dopo diversi minuti, il cartone della pizza era ormai vuoto e i due era sdraiati sul divano. Wesam era dietro Sam, che lo stringeva a sé per i fianchi.

Quest’ultimo controllò l’orologio: “Tra poco devo tornare a casa, mio padre rientrerà dalla centrale a momenti.”

L’altro gli accarezzò i capelli con molta dolcezza, distratto a fissarli con intensità: “No, di già?”

“Vorrei restare anch’io, ma dopo Norman vuole sempre che rientri a casa per le nove. Che sia al sicuro.”

“Ma tu sei al sicuro…” lo strinse ancora una volta, affettuoso.

“Sì, ma questo mio padre non lo sa!” sorrise dispettosamente.

“Beh, mi dispiace non potergli dire che suo figlio è in buone mani. – Wesam utilizzò un tono buffo - Nelle mani del suo ragazzo di dieci anni più grande!”

Sam scoppiò a ridere: “Ti arresterebbe all’istante!”

“Peccato che non sia io che deve arrestare… - alluse ad A. – Non sono io la minaccia.”

All’improvviso, il sorriso di Sam scomparve di colpo dalle sue labbra, la stanza cadde nel gelo più assoluto. Il ragazzo decise di alzarsi, prendendo la giacca.

“Forse è meglio che io vada…”

Wesam si rese conto di aver parlato a sproposito, alzandosi: “C’è qualcosa che non va, Sam? – notò la sua agitazione - C’è qualcosa che vuoi dirmi?”

Quello si fermò a rispondere, molto sbarazzino: “No, niente.”

A è tornato?” fu diretto.

“Non è tornato, ok? – spiegò, leggermente isterico – E’ solo che non mi va di parlare di lui mentre sono qui che ho un momento felice con te.”

“Sam, ne abbiamo parlato dopo quello che ti è successo alla casa sul lago, ricordi? Tu puoi dirmi ogni cosa. – cercò di farsi partecipe della sua vita - Lo so che con il tempo hai imparato a mentire e a tenere a distanza le persone che ami, ma con me puoi essere te stesso. So praticamente tutto.”

A non è tornato, sto dicendo la verità.” ribadì.

“Allora cosa c’è che non va? Lo vedo come non stai bene.”

“E’ solo tensione, ok? A sta per tornare e sento il peso del suo ritorno che grava sulle mie spalle, ora più che mai.”

“Hai paura per me?”

Quello aveva gli occhi lucidi: “Ho paura per tutti quanti, Wesam! Nathaniel è finito in coma a causa dei giochi di A, non perché è stato investito dopo aver attraversato una strada.”

“Te l’ho già detto, non devi avere paura per me. Mi sembra di avertelo già promesso che non interverrò in questa storia; anche se sono dell’idea che potrei fare qualcosa, se solo tu me lo permettessi.”

“Puoi anche averlo promesso, ma chi ama mente! – si mise a braccia conserte, sospirando - Non sono sicuro che tu abbia davvero compreso di dover stare al posto tuo.”

Wesam si avvicinò a lui, prendendolo per le spalle con molta dolcezza: “Ho compreso qual è il mio posto, va bene? – si fissarono negli occhi – Avete un piano, me l’hai spiegato un centinaio di volte. Fate quello che dovete fare, ma… su una cosa non posso mentirti, Sam. Se la tua vita dovesse essere in serio pericolo, scordati che farò il fidanzato da salotto.”

“Ti prego, restane fuori il più possibile.” lo supplicò con lo sguardo, sofferente.

Quello annuì con un sorriso rassicurante, poi gli prese il volto e lo baciò teneramente.

 

*

 

Eric era a letto da un pezzo quando Alexis rientrò. In punta di piedi, la ragazza chiuse la porta della stanza e si mise sotto alle lenzuola.

Dopo aver trovato la posizione più comoda, Alexis chiuse finalmente gli occhi. Qualche secondo più tardi, però, Eric si sollevò e girò verso di sé l’orologio che c’era sul comodino per vedere l’orario.

“Dove sei stata? Sono le tre e un quarto!”

Quella aprì gli occhi, fingendo della stanchezza nella voce: “Eric, che spavento. Avevo preso sonno.”

“Vuoi rispondere alla mia domanda?” non gli importò, cinico.

“E che domanda sarebbe? – sussultò perplessa – Sono stata a cena da mia madre, hai perso la memoria?”

L’altro assunse un tono inquisitorio: “E le cene durano sei ore? Hai lasciato il Brew che erano le nove.”

“Eric, lo sai che mia madre non vive a Rosewood. Sono almeno due ore tra andata e ritorno, ok?”

“Poteva venire lei, avremmo cenato tutti insieme.”

Alexis restò basita, sollevandosi con la schiena: “Ehm… Eric non capisco dove vuoi andare a parare, cos’è questo interrogatorio?”

“Sei strana, ecco dove voglio andare a parare. – fu diretto – Sei strana da settimane!”

“Oh, beh, guarda da che pulpito arrivano queste parole. – si irritò, allibita – Tu sei strano da quando ti ho conosciuto, come la mettiamo?”

“E se adesso chiamassi tua madre per sapere se sei stata davvero da lei?”

Quella spalancò occhi e bocca, sconvolta: “E’ una specie di scherzo? Dove diavolo sarei andata se non da lei?”

“Non saprei, Antonio è uscito dopo di te.” alluse ad un tradimento.

Alexis, sconcertata, scivolò con un piede giù dal letto: “Antonio?? Mi stai prendendo in giro?”

“No, perché dovrei dal momento che siete sempre così intimi?”

“Ok, adesso basta! – si alzò dal letto, prendendo il suo cuscino – Vado a dormire sul divano, questo è troppo!”

“Che fai, non rispondi alla mia domanda? – quella sbattè la porta, uscendo – Eh? – urlò per farsi sentire – Perchè non mi rispondi? Mi hai tradito o no?”

Furioso, rimase a fissare la porta a lungo. Poi, quando si calmò, si stese nuovamente e provò a dormire.

 

*

 

Non solo per Eric l’insonnia era un problema: anche Rider continuava a rigirarsi nel letto, tormentato dalle domande che ancora non avevano risposta.

Ad un certo punto, dovette alzarsi ad accendere la lampada sul comodino. La sua stanza fu immediatamente illuminata dal rosso tenue che essa emanava; ma tale luce, riuscì ad illuminare solo la parte intorno al letto, mentre tutto il resto era oscuro.

Oscurità che altro non era che sinonimo delle ombre che c’erano ancora nella pagine del suo passato.

 

FLASHBACK – Tre settimane prima…

 

Rider, Eric e Sam erano appena entrati nella sua camera, quella mattina.

“Ok, Nathaniel, alla casa sul lago, ha detto che il libro dove sono scritte tutte le informazioni su di noi, che usava Nolan, è in questa stanza! – spiegò Sam, mentre si guardavano attorno – Dobbiamo solo trovarlo.”

“Non ha detto qualcosa di più specifico? – intervenne Eric, sottilineando la difficoltà dell’impresa – La stanza di Rider è piena di libri!”

“Ehm, no… - rispose Sam, impalato – E’ difficile approfondire qualcosa quando davanti a te c’è il fratello gemello del tuo amico con in mano una pistola.”

Rider, intanto, stava già frugando tra gli scaffali e sopra le mensole: “Immagino che dovremo aprirli tutti… - fece loro cenno di darsi una mossa – Forza, aiutatemi!”

Quelli eseguirono, ognuno in un punto della stanza.

“Ragazzi, a proposito del mandato di perquisizione di cui Nat è stato messo al corrente da A… sbaglio o non c’è stata alcuna perquisizione da nessuno di noi quattro?”  pensò Eric.

Rider ci riflettè: “Forse A l’ha preso in giro, in effetti la polizia non è venuta a casa di nessuno di noi.”

“Allora Nolan diceva il vero, A voleva tagliarlo fuori. – dedusse Sam – Se Nat non avesse ricevuto quel messaggio, non sarebbe mai entrato nella stanza di Rider e di conseguenza non avrebbe mai scoperto del libro… A l’ha smascherato!”

Rider si fermò dal cercare, rendendosi conto che non aveva più senso farlo: “Se A voleva tagliarlo fuori e questo era tutto un suo piano, allora il libro se lo sarà ripreso.”

“Un secondo, però… - Sam chiamò l’attenzione su di sé – Questo fantomatico libro contiene solo informazioni su di noi, cose che già sappiamo. Perché lo stiamo cercando?”

Lo sguardo di Sam si posò su Eric, che reagì in modo sbarazzino: “Non guardare me, è Rider che voleva trovare quel libro a tutti i costi!”

Sam, allora, si rivolse all’altro: “Rider, perché ti importa così tanto di trovare quel libro?”

“Perché forse può dirmi qualcosa in più sul mio passato! – sputò fuori il rospo, andandosi a sedere sul letto – Dopo aver scoperto che mia madre non è la mia vera madre, ho bisogno di risposte.”

“Non hai chiesto a tuo padre? - gli domandò Eric – E’ lui che dovrebbe darti delle risposte e non un libro scritto a mano da A.”

“Certo che l’ho fatto! E’ stata una delle prime cose che gli ho chiesto dopo gli eventi della casa al lago… - spiegò Rider, tormentato - Mi ha detto che non ha più contatti con lei da anni e che quando l’ha conosciuta portava un nome falso che non voleva la pena riferirmi.”

Sam fece un commento a caldo: “Mette incinta una donna e non sa nemmeno il suo vero nome?”

Il commento attirò subito un occhiataccia di Rider, che svanì quasi subito: “Beh, non sono sicuro che mio padre mi stia dicendo la verità. Quando sono entrato nella panic room, l’ultima volta, ho trovato una foto del 1998 che raffigurava mio padre con una donna. Indossava un impermeabile rosso.”

“E sei sicuro che fosse la tua vera madre?” gli chiese Eric.

Preso dal nervosismo, andò davanti alla finestra: “…Beh, non ne sono sicuro.”

“Ok, ma cosa gliene importa ad A di tenere una foto di tuo padre assieme ad una donna, nella panic room? – pensò Sam, confuso - Siamo noi la sua ossessione principale, non loro.”

A quel punto, Rider si voltò: “Sentite, forse è meglio lasciar perdere. – suggerì con tono isterico, cercando di nascondere un suo disagio interiore - Stacchiamo un po’ il cervello e godiamoci questo mese senza A, basta fare teorie e cercare indizi.”

Gli altri due rimasero assai straniti, guardandosi fra loro.

“Ehm, ok… - rispose Eric – Per me va bene, abbiamo tutti bisogno di una pausa.”

“Già, decisamente!” pensò anche Sam.

A distanza di un mese, Rider non aveva mai rivelato ai suoi amici cosa si erano detti lui ed A al Radley. Non aveva parlato dello scambio di messaggi tra loro e che aveva fatto delle domande sulla donna della foto; domande a cui aveva ricevuto risposta, in parte.

Ma quelle risposte, nascondevano una verità molto forte: una verità che forse avrebbe dovuto svelare ai suoi amici, perché ormai c’erano troppe coincidenze dentro la sua testa.

Spenta la lampada da notte, Rider tornò a dormire. O almeno, ci provò.

 

*

 

Il giorno dopo, in tarda mattinata, Chloe era fuori dall’aeroporto, accanto alla sua macchina, che aspettava qualcuno con ansia.

Quando le porte si aprirono, vide Clarke arrivare verso di lei con in mano la sua borsa da viaggio e un ampio sorriso.

Anche quella avanzò verso di lui con lo stesso entusiasmo: “Finalmente sei arrivato!”

“Ho avuto un contrattempo, ho dovuto prendere il secondo volo.” spiegò, abbracciandola forte.

Dopo averla tenuta stretta per diversi secondi, si staccò: “Allora, come stai? Bene?”

“Sul serio, Clarke? – gli lanciò un occhiataccia – Per caso a capodanno hai bevuto troppo?”

Quello le sorrise, conoscendo perfettamente i suoi drammi: “Ah, già, tua madre è in città e c’è anche la tua odiosa sorellastra!”

“Vedo che ti è tornata la memoria, nonostante mi sia lamentata con te al telefono per ore. – prese la sua borsa, mettendola nel portabagagli – Ho lasciato il South dakota e sono venuta a vivere qui con i miei zii pur di liberarmi di lei; peccato che lei sia compresa nel pacchetto vacanze quando mia madre torna a Rosewood.”

“Dai, tanto restano solo per qualche altro giorno.”

“Lo so, ma è così odiosa. – si sfogò, gesticolando in maniera isterica - Mi odia da morire, te l’ho già detto? – quello annuì forzatamente, esausto per il viaggio - Ma certo che te l’ho già detto, e scusa se ti assilo in continuazione. – sospirò, sentendosi subito in colpa – A volte mi manca l’amicizia con Sam: durante il terzo anno abbiamo creato un fantoccio da sacrificare in un esperimento di chimica e li abbiamo dato il nome di quella stronza. Le abbiamo sciolto la faccia mischiando varie cose.”

“So perfettamente che ti manca Sam, ma devi stare lontana da lui. – le suggerì ancora una volta, mentre entravano in macchina - Soprattutto dopo quello che è successo il mese scorso.”

“Nathaniel è in coma, avrei potuto almeno chiamare. – poggiò la fronte sul volante, giù di morale – Mi sento una brutta persona.”

“Stai solo sfuggendo ad un pazzo… o una pazza, non lo sappiamo di preciso. – le prese la mano -Non devi sentirti in colpa, va bene?”

“A proposito, che hai scoperto su Alexis?”

“Su Alexis? Beh, non ha nulla che non vada a dire il vero. E’ una ragazza normalissima, solo che…”

Quella si irrigidì, impaziente: “Solo che, cosa?”

“E’ ricca!”

“Ricca?” sgranò gli occhi.

“Beh, non lei. Suo padre è ricco!”

Chloe rimase perplessa: “Non fai turni extra al Brew se sei ricca.”

“I suoi genitori sono divorziati. Forse Alexis è rimasta con sua madre… e anche se fosse, è maggiorenne per dipendere dai soldi del padre.”

“Quindi hai scoperto solo questo? Ti ho mandato un’email con l’elenco delle persone che Anthony ha portato nel bosco. Nessuno di quelli è un suo parente? – chiese, molto stressata nel tono- Che ne so: un fratello, una sorella, un cugino alla lontana, un amico…”

“No, mi dispiace. Nessun legame con nessuno di loro.”

“Quindi Alexis non cerca vendetta per quello che ha fatto Anthony. – realizzò, preoccupata - Non è A. Non ha alcun motivo per esserlo.”

“Tu hai avuto più fortuna? Hai spiato i ragazzi nell’ultimo mese?”

“Non sarei così esaltata nel farti domande su Alexis, se avessi scoperto qualcosa. – sospirò – A dire il vero, le loro vite mi sono sembrate così tranquille. Sono tornati a scuola solo dopo qualche giorno, in seguito all’aggressione. Hanno passato le feste con le loro famiglie: tutto normale.”

“Che intendi? Pensi che A abbia smesso di tormentarli?”

“Non sappiamo nemmeno in che modo li ha tormentati, Clarke.  – ribattè – Ciò che vedevo in loro era solo un costante nervosismo o strane ferite e lividi; cose che non ho visto ultimamente.”

“Quindi stai dicendo che dopo l’aggressione, non sono più nervosi?”

“Così pare…”

Clarke trovò sospetta la cosa: “Io non ero qui, perciò non so bene cosa dissero i notiziari a proposito dell’aggressione che hanno subito i ragazzi. Di preciso, cosa è successo?”

“Niente, un pazzo è fuggito da un manicomio assieme al suo amichetto, altrettanto pazzo, e insieme si sono rifugiati in una delle case che affacciano sul lago; d’inverno quelle case sono tutte vuote, perciò era un luogo perfetto per nascondersi.”

“E loro si sono trovati lì per caso, quella notte? Intendo i ragazzi.”

“Sam e gli altri vanno spesso alla casa sul lago di Rider.”

“E chi erano questi aggressori?”

“Due pazienti del Radley sanitarium: uno si chiamava Norman qualcosa e l’altro… - si sforzò di ricordare – Beh, a dire il vero, dell’altro paziente non hanno divulgato il nome, forse per la privacy; pare che questo sia stato rapito da Norman e portato fuori dalla struttura con la forza, quindi non c’entrava nulla. ”

Clarke incantò il vuoto, perplesso: “Non ti sembra tutto così strano? Con tutte le case che c’erano, quei due hanno scelto proprio quella degli Stuart per rifugiarsi?”

“Che vorresti dire, scusa?” Chloe non riuscì a seguirlo.

“Troppe coincidenze, Chloe… - pensò fermamente - E se A si nascondesse dietro il paziente di cui non è stata divulgata l’identità?”

Quella rise: “A sarebbe un malato mentale che uccide, incastra le persone e manda messaggi minacciosi da dentro un manicomio? - lo trovò assurdo - Certo!”

“Ascolta, mia madre un tempo faceva parte del consiglio di amministrazione del Radley e so che c’erano diversi problemi con i badge identificativi: pazienti che entravano e uscivano.”

“Cosa? – quella sussultò, inquietata – E hanno risolto?”

“Non ne ho idea, questo accadeva qualche anno fa. Dico solo che i ragazzi potrebbero aver avuto un faccia a faccia con A, quella notte.”

Chloe trovò su cui riflettere: “Un secondo, magari questo paziente, di cui non hanno divulgato il nome, potrebbe avere qualche legame con una delle persone che sono state nel bosco. E magari, sempre una di quelle persone, può essere andata a trovarlo e averli raccontato ciò che gli è accaduto.”

“…solo un pazzo potrebbe essere A!” aggiunse Clarke, inculcando il dubbio anche in lei.

“Io non posso andare al Radley, mi esporrei troppo.  – Chloe si spaventò, prendendogli il braccio – Devi andarci tu e scoprire l’identità di questo paziente, poi saremo in grado di fare dei collegamenti. C’è sicuramente un collegamento.”

“Sei sicura?”

“Non è solo per me, è anche per te che devi fare questa cosa. A potrebbe aver ucciso davvero tuo padre ed Anthony.”

Clarke si voltò a guardare davanti a sé, sulla strada, riflettendoci bene dopo un lungo sospiro.

 

*

 

Alla Brahms, Sam era nella stanza della racccolta del sangue. Dopo aver compilato un questionario, si sdraiò su uno dei lettini liberi.

In attesa che qualcuno iniziasse a fargli il prelievo, tirò fuori il telefono dalla tasca e aspettò.

Nel lettino accanto, una ragazza lo chiamò: “Sam?”

Quello si girò, riconoscendola subito: “Ehi, Brianna, ciao! – abbassò il telefono – Anche tu doni il sangue, eh?”

“No, a dir la verità sto donando le piastrine. – spiegò, mentre aveva la cannula attaccata al braccio – Sono qui da circa mezz’ora!”

“Ah, no, io donerò solo il sangue. Una cosa veloce.”

Improvvisamente cadde il silenzio, i due continuarono ad annuire, finchè Brianna non rise imbarazzata: “Accidenti, siamo nella stessa scuola, ma non ci siamo incrociati spesso.”

“Sarà perché questo istituto è molto più grande del nostro vecchio liceo esploso.”

“Peccato che abbiamo perso molti compagni di classe, qui conosco davvero poche persone della Rosewood high school. – sollevò il telefono per mostraglielo  – Però mi tengo ancora in contatto con i vecchi studenti tramite quella applicazione del cugino di Violet.”

“Ah, alla fine c’è qualcuno che la usa? – fu sorpreso – A dire il vero, non avevo molti amici lì; eccetto Nathaniel, Rider ed Eric.”

“A proposito, mi dispiace molto per Nathaniel. – si mostrò in pena - Ho saputo tramite i notiziari e sull’appplicazione: ne parlavano tutti.”

“Già, sto cercando di dimenticare quella storia. – distolse lo sguardo, a disagio – E’ stata una notte particolare...”

Brianna si sentì mortificata: “Scusa, non volevo far riaffiorare quella vicenda.”

“No, tranquilla, non preoccuparti. – le sorrise – Ormai è passato un mese, sto meglio. Stiamo tutti meglio.”

Il silenzio cadde nuovamente tra i due, finchè Brianna non lo spezzò nuovamente: “Ascolta, l’ultima volta che ci siamo visti, ti ho assunto come fotografo per il ballo degli ex studenti. – quello si voltò ad ascoltarla – Facesti delle foto grandiose a tutti gli invitati, perciò mi chiedevo se non volessi far parte di qualche club che c’è qui.”

“Tipo?”

“Tipo quello di fotografia, che domande. – rise quella – Sai, si avvicina il diploma e presto andremo al college. Se vuoi permetterti la retta dei posti in cui vorrai andare, dovrai ottenere delle borse di studio. E partecipando a dei club otterresti molti meriti.”

Sam distolse nuovamente lo sguardo, pensieroso: “Sì, certo, i college…”

“Che c’è, non hai ancora idea di dove andare? Io la settimana prossima faccio visita alla Ballard.”

“Sì, anch’io devo visitare qualche college in cui ho fatto domanda.” finse di avere tutto sotto controllo.

“E qualcuno ti ha accettato?”

“Ehm, certo, mi hanno già accettato tre college!” mentì, accennando un finto sorriso gioiso.

“Ma è fantastico, non vedo l’ora che il liceo finisca per provare l’eccitante avventura del college. – l’infermiera finalmente si avvicinò a toglierle la cannula – Ora vado a fare una scorta di biscotti al cioccolato. – si sollevò dal lettino, pronta a scendere – Quando finisci, vai vicino al tavolo che c’è laggiù! – glielo indicò – Ne troverai a bizzeffe, li ha fatti la cuoca della mensa, sono buonissimi!”

“Grazie, seguirò il tuo consiglio!” la salutò, mentre l’infermiera si occupava finalmente di lui.

 

*

 

Durante la pausa pranzo, Rider fece un salto al Radley senza dirlo a nessuno; erano passate diverse settimane da quando fuggì da quel posto, e tornarci non era per nulla facile.

Mentre l’infermiera lo accompagnava alla stanza di Nolan, quei corridoi rievocarono molti ricordi orribili in Rider: quasi gli mancava il fiato.

“Hai venti minuti!” gli notificò quella, quando giunsero alla porta.

Rider annuì, entrando.

Quando la porta si chiuse alle sue spalle, Nolan era seduto davanti a quella che sembrava essere una scrivania: stava leggendo un libro.

Sorpreso di vederlo, assunse un tono cinico e poggiò il libro molto lentamente: “Quando mi hanno detto che avevo una visita, mai avrei immaginato che fossi tu.”

Rider osservò la stanza, molto diversa rispetto a come la ricordava. Le pareti erano dipinte, il letto appariva confortevole, c’erano tanti libri e una televisione.

“Sbaglio o questa non è la stessa stanza che abbiamo avuto?”

“No, non sbagli. – accennò un sorriso compiaciuto – Papà ci tiene a tenermi buono finchè non ti decidi a battere la testa da qualche parte e ricordarti il tuo piccolo momento criminale. – rise, divertito – Come vedi, il Radley chiude un occhio sui miei confort grazie ad una serie di assegni.”

Innervosito dal dover stare lì ad ascoltarlo, Rider lo esternò senza nasconderlo: “Senti, ho saltato l’ora di Geografia per essere qui. Non mi interessa se hai finalmente dei passatempi.”

“Rilassati, Rider. – si girò con la sedia - La Svizzera continuerà a confinare con la Francia, non essere drammatico.”

L’altro aveva una vena gonfia in fronte: “Smettila di prenderti gioco di me!”

“Continuerò a farlo, dal momento che mi tieni ancora bloccato qui.”

“Non mi fido di te, ok?”

“Non ti fidi o hai paura che io abbia ragione?”

I due si fissarono per diversi secondi, Nolan si sentì forte.

“Ascolta, ho deciso di fare queste sedute registrate. – Rider fu più ragionevole – Ma non farò nulla di tutto questo senza ottenere qualcosa in cambio da te.”

Quello sorrise, per nulla sorpreso dalla richiesta: “Sai, immaginavo l’avresti detto; del resto, dopo quella notte alla casa sul lago, hai preferito andare da qualche altra parte ogni volta che sono venuto a casa vostra. Non c’eri nemmeno durante le feste natalizie.”

“Scusa tanto se non volevo vedere qualcuno che mi ha accusato di aver affogato un bambino che ora per colpa mia ha dei problemi!”

“L’hai detto ai nostri amici?”

“Non osare! – lo fulminò immediatamente – Quelli sono I MIEI amici, non i tuoi.”

“Papà mi ha permesso di andare a trovare Nathaniel, ogni volta che mi riportava al Radley. – spiegò, mostrando il suo lato più fragile - Potrà sembrarti assurdo, ma sono stato bene con loro. Mi sono sentito finalmente una persona vera.”

“Ma se hai aiutato A a rendere la loro vita un’inferno! Pensi che non mi abbiano raccontato di come avete seppellito il francese nel bosco?”

“Credimi, non avevo idea di cosa fosse capace fino a quella notte. – si mostrò terrorizzato, come se stesse rivivendo di nuovo quel giorno – A ha fatto cose che mi hanno lasciato senza parole, oltre a spaventarmi.”

“Peccato che tu non eri la vittima, ma l’aiutante.”

Nolan si sentì davvero colpevole, stanco che lo facesse sentire così: “Senti, che cosa vuoi? Chiedimi quello che devi chiedermi e vattene!”

Gli animi finalmente si calmarono e Rider non si fece attendere nel vuotare il sacco.

“So che non conosci l’identità di A, ma sicuramente sai altre cose.”

“Tipo?”

“Quando sono uscito dalla panic room e A mi ha drogato per portarmi al Radley, eri lì?”

“Sì, c’ero. E allora?”

“Avevo recuperato l’unità di sistema del suo computer: dentro c’erano molte cose che potevano rispondere a molte domande. Sai dove l’ha portata?”

“Nel suo nuovo covo, forse? – disse sarcastico - Rider, non ne ho idea, ci siamo divisi: io sono andato dagli altri per prendere il tuo posto e lui ti ha portato al Radley.”

Rider iniziò a fare avanti e indietro, sospirando: “Ok, ma non c’è proprio nulla che hai scoperto?”

“Scoprire cosa? – ribadì – La sua identità non la conoscevo, te l’ho detto.”

“E Joanna Smith? – si fermò, fissandolo – Ti dice niente?”

Quello incantò il vuoto, riflettendoci: “…No, non mi dice nulla.”

“Ok, ma come hai fatto a conoscere A?”

“Una sera ho trovato un computer nella mia stanza e lui mi ha scritto.”

“Anche a me è successa la stessa cosa. Il computer l’ha messo Ector, quell’infermiere, vero?”

“In qualche modo deve averlo convinto a farlo, ma non ti aspettare che lui sappia chi sia A.”

“…Ok, ma cosa ti ha scritto di preciso?”

“Abbiamo parlato per giorni, prima che mi liberasse. Mi ha raccontato di quello che vi stava facendo e di cosa avete fatto voi ad Albert. Poi mi ha raccontato di quella cosa del bosco, che cercava il complice di Anthony perché non viene menzionato in nessun file che aveva rubato dal suo computer.”

“Però possiede Rosewood-riservato. Sai chi altro c’era in quel bosco? – era disperato – Voglio i nomi, è importante!”

“Non so niente, mi dispiace. L’unica cosa che so, è che accadevano delle cose brutte in questo bosco. A possiede dei video, dove Anthony faceva dei giochi… Poi c’era quest’altra persona che restava in silenzio dietro alla telecamera. – Spiegò Nolan, mentre Rider rabbrividiva – A dice che quando finirà con voi, si occuperà anche di quella persona.”

“Lui pensa che sia uno di noi, o almeno lo pensava.”

“Io credo che se ne sia convinto, ormai. Però continua ancora a perseguitarvi, nonostante adesso il suo obbiettivo principale sia trovare il complice e scoprire dove si trova questo bosco.”

“Beh, il nostro piano è proprio questo: scoprire chi sia. – abbassò lo sguardo, provando vergogna – Poi consegneremo questa persona ad A.”

Nolan lo fissò, senza risparmiare il suo sdegno: “Accidenti, siete proprio delle brave persone.”

“Lo siamo, Nolan! – si difese a gran voce, sudato in fronte – Per quanto mi riguarda, chi c’era dietro a quella telecamera mentre Anthony faceva i suoi cosidetti giochi, non è una persona migliore di noi.”

“Come puoi esserne certo? – trovò ingiusti quei pregiudizi - Sai, sono stato nel mondo reale abbastanza a lungo da rendermi conto di che tipo fosse il vostro amichetto Anthony. Poteva avere in pugno chiunque grazie a Rosewood-riservato, perciò chi ti dice che non aveva in pugno anche la persona che girava i suoi filmati? Eh?”

Il dubbio si insinuò in Rider, tant’è che fece fatica a deglutire: “Beh… - non si lasciò sopraffare – Non mi interessa, va bene? Siamo stanchi, Nolan. Tu non ci sei stato fin dall’inizio, non hai idea di quello che A ci ha fatto passare. Anzi, immagina quello che ha fatto ai miei amici nel lasso di tempo in cui sei stato con loro e moltiplicalo per cento.”

“Moltiplica per cento quello che ho passato io, Rider. – si voltò dall’altra parte, abbassando le maniche del pigiama con sofferenza – I mostri non esistono solo sotto forma di A. Esistono tanti e tanti tipi di mostri…”

Rider, puntando lo sguardo sui suoi polsi, notò i lividi che cercava di nascondere: “Senti, non metto in dubbio che tu abbia passato l’inferno qui. – gli mostrò i suoi di polsi – Anch’io ho gli stessi lividi che hai tu, ho provato anche questo.”

“Sì, ma tu sei rimasto qui per poco. Non hai idea di cosa significhi essere imbottiti di pillole, essere legati e stare così per giorni e giorni. – cercò di trattenere le lacrime – Sono più di dieci anni che sono rinchiuso qui, e forse sono anche fortunato… Perché ci sono altri pazienti che hanno passato di peggio, rispetto a me. Questo posto è un incubo, ma nessuno lo sa lì fuori.”

Profondamento turbato dalle parole del fratello, che quasi provava pena per lui, Rider si andò a sedere sul letto, dando le spalle. Era spaventato.

“Sai, da quando hai raccontato quella storia, ho sempre pensato che tu avessi mentito solo per poter uscire di qui. Ma se penso al fatto che ho completamente dimenticato di avere un fratello, non faccio che chiedermi se non posso aver dimenticato allo stesso modo di aver affogato quel bambino. – Nolan restò in silenzio ad ascoltarlo, mentre continuava – Se fosse vero, è giusto che io contribuisca a liberarti. Ma al tempo stesso, ho paura di finire qui per sempre.”

Nolan, che aveva abbandonato quel tono cinico, si schiarì la voce e provò a dargli qualche parola di conforto: “Rider, non funziona così. Ti faranno dei test, che sicuramente passerai. Non sei uno psicopatico, non c’è traccia di follia in te.”

“E allora perché avrei fatto quello che ho fatto?” domandò, tormentato.

“Non lo so, eri solo un bambino. Quell’episodio dev’essere un caso isolato.”

Rider si alzò e cercò di asciugarsi gli occhi umidi: “Forse…” e si avvicinò a piccoli passi verso la porta.

“Te ne stai andando?” notò l’altro.

“Ehm, i venti minuti saranno scaduti. – girò la maniglia, aprendo leggermente la porta - Direi che non c’è altro da dire.”

“Però non mi hai detto chi è questa Joanna…” lo fermò nuovamente, curioso.

Rider allora si incupì, richiudendo la porta. Fece qualche passo verso di lui e abbassò il tono della sua voce.

“Quando ero chiuso qui, A mi faceva fare ogni sera delle partite a scacchi; ogni volta che vincevo, potevo chiedergli qualcosa sul passato. Così ne ho approfittato per chiedergli di una foto che ho trovato nella panic room, dove c’era nostro padre con una donna nel 1998.”

Nolan si alzò in piedi, incredulo: “Un secondo, la nostra VERA madre?”

“Ehm… In realtà, lui ha detto che si chiamava Joanna Smith e che era la madre di Albert.”

Il volto di Nolan era a dir poco deformato dallo sconcerto: “Ma io non capisco… Nostro padre aveva un’amante: nostra madre. – fissò Rider, dopo una lunga riflessione – Può essere che la madre di Albert sia anche nostra madre?”

“L’hai davvero detto ad alta voce? – Rider già lo sospettava, ma ora si sentiva quasi mancare – Cioè, quella foto risale all’anno in cui siamo stati concepiti, perciò…”

“Ma Albert era già nato, giusto?”

“Ha un anno più di noi, ma è all’ultimo anno di liceo come me. Credo abbia perso un anno scolastico quando era piccolo.”

“E non hai chiesto nulla a Papà?”

“Ci ho provato, ma mi ha liquidato dicendomi che nostra madre gli diede un nome falso e che non l’avrei mai trovata.”

Il silenzio, a quel punto, calò su entrambi. Nolan si mise le mani nei capelli.

“Oh mio Dio, Albert era il nostro fratellastro. – poi alzò lo sguardo su Rider, inorridito - Avete ucciso nostro fratello.”

“Lo sai benissimo che era Anthony alla guida. E poi non è detto che Joanna sia davvero nostra madre, o che lo sia di Albert.”

“Ma A te l’ha confermato che Joanna è la madre di Albert. E A non dice bugie.”

“Senti, possiamo tenercela per noi questa cosa di Joanna finchè non ne siamo sicuri? Non farne parola con Papà, e io non ne farò parola con i miei amici.”

“Altri segreti, eh?” pensò Nolan.

“Già, che novità!” ribattè Rider, pensieroso.

 

*

 

Più tardi, Sam fece un salto al Brew. Eric era già di turno.

“Stamattina ho donato il sangue e mi sento ancora come uno zombie. – spiegò con la voce sotto tono, poggiato con la fronte sul bancone - Ho bisogno di uno dei tuoi fantastici muffin al cioccolato.”

Eric sorrise, costretto a deluderlo: “Non li faccio io, ci arrivano surgelati e poi li mettiamo nel forno.”

Quello sollevò lentamente la faccia, il broncio marcato: “Certo che sai come far svanire la magia, tu.”

“Fingi che non ti abbia mai detto la verità sui nostri muffin al cioccolato. – gli suggerì, passandogli il muffin – Vedrai che la magia tornerà dopo il primo morso.”

“Già, avevi ragione… - disse dopo averlo addentato, in estasi – Ascolta, nella borsa ho il mio portatile. La password del wifi è sempre la stessa?”

“Sì, perché? Cosa devi fare?”

“Ho bisogno di occupare una poltroncina per tipo un’oretta. Devo fare domanda in alcuni college o il prossimo inverno resterò qui a Rosewood a raccogliere immondizia.”

“Già, i college…” l’ansia si insinuò in Eric.

“Conosco quella faccia… - notò la sua reazione - Se non fosse per la chiacchierata che ho avuto stamattina con Brianna, non mi sarei mai reso conto di quanto siamo in ritardo. Di solito queste cose si fanno diciotto mesi prima, mentre noi andiamo in giro a seppellire persone e a scassinare depositi come se avessimo tutto il tempo del mondo.”

“In verità, qualche settimana fa ho fatto domanda in qualche college. Avevo intenzione di visitare la Talmadge nel prossimo fine settimana, ma mi hanno ammesso con riserva.”

“Visitare dei college? Sempre che A ce lo permetta!”

Improvvisamente, Eric prese Sam per le spalle e lo girò verso la zona libri del Brew, dove Antonio parlava con alcuni clienti.

“Ehi, secondo te quello è carino?”

Nonostante la reazione brusca nei suoi confronti, Sam rimase perplesso dalla domanda: “Che c’è, vuoi fare una gita sulla mia sponda?”

“Magari quando Alexis mi avrà lasciato per quello…” spiegò depresso.

“Cosa? – sgranò gli occhi, fissandolo – Che succede con Alexis?”

“Ricordi quando siamo andati da Rider a cercare quello stupido libro che A ha dato a Nolan?”

“Sì, dopo ci hai raccontato che Alexis voleva la verità su noi e Brakner o avrebbe chiamato i tuoi genitori.”

“Beh, da quando è arrivato Antonio è cambiata radicalmente. – raccontò - Non abbiamo nemmeno più parlato di Brakner.”

“Un secondo, mi stai dicendo che pensi che Alexis ti stia tradendo con quel fusto latino di un metro e ottanta?”

“Parlano in continuazione durante la giornata. Poi ieri Alexis aveva una cena con sua madre e lui è uscito un quarto d’ora dopo di lei. – raccontò con enfasi – E sai a che ora è rientrata lei? Alle tre del mattino!”

“La madre di Alexis vive a Ravenswood, no? I tempi di andata e ritorno sono quelli.”

“Si, ma è partita poco prima delle nove.  – non mollò le sue convinzioni - Togliendo le ore di viaggio, la cena sarebbe durata quattro ore? Non penso proprio, sua madre non l’avrebbe mai fatta mettere al volante ad un orario simile.”

“Ok, ma ne hai parlato con lei?”

“Sì, ed è andata a dormire sul divano. Secondo me, la sua reazione è stata alquanto esagerata: come se fosse colpevole.”

Sam si prese qualche secondo, trovando la situazione abbastanza scottante: “Guarda, non so che dirti. So solo che il tempo stringe e che se non faccio domanda in nessun college, rischio di dividere questa città con A per sempre.”

“Certo certo, vai. – Eric non vollè trattenerlo – Beato te che non hai una relazione.”

L’altro prese il mano il suo muffin e sollevò le sopracciglia con nervosismo: “Già, beato me…” poi si allontanò, rilassando il volto; ormai nascondeva ai suoi amici l’ennesimo segreto: la sua relazione con Wesam. E, peggio ancora, il fatto che gli aveva rivelato ogni cosa su loro quattro.

 

*

 

Quello stesso pomeriggio, Clarke fece un salto al Radley come concordato insieme a Chloe. Percorse quei lugubri corridoi senza meta, mentre rimbombava da una parete all’altra il suono delle stanze, di tutto il manicomio, che si aprivano e chiudevano. Si sentivano persino le voci delle infermiere, oltre i lamenti dei pazienti.

Improvvisamente, sembrò aver trovato anima viva presso la sala ricreativa, popolata da alcuni pazienti che ancora non erano rientrati nelle loro stanze e che avevano la supervisione di qualcuno.

Fermo davanti all’ingresso di quella sala, osservò con attentenzione i vari volti presenti. In una panoramica, spostò lo sguardo da sinistra a destra, finchè non si impuntò su un ragazzo che giocava a scacchi da solo: un volto che conosceva.

“Ma che cavolo…??? – trovò assurdo – Rider Stuart?”

Sconcertato, scattò una foto molto velocemente con il suo cellulare e poi iniziò ad indietreggiare fino a sbattere contro qualcuno che gli era appena arrivato alle spalle: una delle infermiere.

“Mi scusi, lei chi è?”

Colto di sorpresa, non sapeva che inventarsi: “Ehm, mi chiedevo se era possibile fare una visita ad un paziente.”

“Mi dispiace, ma non sono ammesse visite dopo le sette.”

“Capisco… - annuì – Allora tolgo il disturbo, mi scusi!” le sorrise, svignandosela in fretta e furia.

Naturalmente, Clarke non era lì per fare visite; ma dal momento che sua madre, un tempo, faceva parte del consiglio di amministrazione del Radley, sapeva benissimo quali erano gli orari di visite e che sarebbe stato respinto senza dover dare spiegazioni.

Quando tornò in macchina, riprese fiato dopo quella frenetica corsa. Poi, prese il telefono, pronto ad informare Chloe di quella strana scoperta.

 

*

 

Quando Rider rientrò a casa, verso sera, notò che all’ingresso erano state lasciate una valigia e una borsa da viaggio. Subito si rese conto che avevano ospiti e, dopo aver udito un brusio, si precipitò in salotto.

Con grande sorpresa, scoprì che era arrivato suo zio.

“Zio Gordon!” esclamò calorosamente.

Quello si voltò, seduto sul sofà, mentre un istante prima chiecchierava con Richard, in piedi davanti al caminetto.

Per accoglierlo, l’uomo si alzò immediatamente: “Accidenti, Rider. – gli sorrise - Sei cresciuto molto dall’ultima volta che sono venuto a trovarvi.”

“Beh, è stato tre anni fa. – sorrise anche lui, imbarazzato - Ero al primo anno delle superiori, mentre ora manca poco al diploma.”

A quel punto, Richard si intromise: “Rider, stavo spiegando a tuo zio quello che è successo.”

“Già, Richard mi ha detto tutto. Mi dispiace per come hai dovuto scoprire di tuo fratello, ma… - assunse un tono più cupo – Ora dobbiamo occuparci delle cose sepolte nel profondo della tua mente e che dobbiamo riportare a galla.”

“Ne sei davvero capace?”

“Dovrò solo fare il procedimento inverso, Rider.” replicò suo zio.

Rider si mostrò diffidente, facendo un passo indietro: “E chi mi dice che non vi siate messi d’accordo per immettermi nella testa falsi ricordi? Papà vuole tirare fuori Norman dal Radley a tutti i costi.”

“Rider, le sedute saranno registrate e valutate. – intervenne Richard – Non c’è modo di ingannarti, dirai solo quello che ricordi davvero.”

“E poi sei stato tu a chiamarmi. – aggiunse Gordon – Eravamo molto uniti prima che io partissi per l’Italia, ricordi?”

“Proprio per questo ti ho chiamato. Mi fido di te.”

“Bene allora! – Gordon spostò lo sguardo fra Rider e Richard – Resterò qui per una settimana, di più non posso.”

“E quando iniziamo? – chiese Rider, un po’ teso - Tipo ora?”

“Rider, immagino che tuo zio sia stanco per il viaggio…”

“Già, lo sono. – confermò il diretto interessato – Domani è meglio, non c’è fretta.”

“Fantastico! Bene! – annuì Rider, forzando il suo entusiasmo – Allora io me ne vado di sopra, buona serata!” concluse, salendo di corsa al piano di sopra.

Quando rimasero soli, Richard esternò le sue preoccupazioni.

“Speriamo che funzioni. Devo tirare fuori mio figlio da quel posto, se è davvero innocente.”

“Lo è sicuramente, Richard.” pensò l’altro, con una strana convinzione.

Richard restò spiazzato da quel tono così sicuro: “Come fai a dirlo?”

“Più grande è il trauma di un evento, più è facile rimuoverlo. Quando Rider venne a casa mia, le prime volte, era come se avesse già rimosso da solo tutto ciò che accadde quel giorno. Era fra le nuvole, anziché preoccuparsi, come Lindsey, del fatto che Nolan non c’era più.”

Scuotendo la testa, Richard non accettava quell’errore: “Come è potuto accadere? Nolan ha cercato di dirmelo un sacco di volte, ma io non gli ho mai creduto.”

“Ormai è successo, Richard. – gli diede una pacca sulla spalla - L’importante è che ora stai facendo qualcosa per sistemare le cose.”

Intanto, Rider, era nascosto fra le scale e aveva origliato tutto.

 

*

 

Nonostante l’estenuante giornata, Sam trovò la forza di passare in ospedale a trovare Nathaniel come tutte le sere.

Quando arrivò davanti all’ingresso della sua stanza, però, qualcuno che gli aveva appena fatto visita stava uscendo: si trattava di Tasha.

I due sbatterono quasi l’uno contro l’altro, ma si fermarono in tempo. Sam restò alquanto sorpreso nel vederla.

“Tasha? Che ci fai qui?”

“Ah, sei tu… - disse quasi con tono dispregiativo, una smorfia sul viso – Beh, dal momento che mi trovavo in città, ho voluto fare un salto a trovare Nathaniel. Sono una sua amica anch’io, fidanzatino geloso!” esclamò quella, lanciandogli una frecciatina.

“E- ehm, non sono geloso. – titubò, non aspettandosi quel commento pungente – Lo so che sei una sua amica, è solo che non mi aspettavo di trovarti qui: in un noiosissimo ospedale.”

“Sai, non sono una festaiola a tempo pieno come tutti credono. – si sentì offesa – Rider sa scegliere bene le sue amicizie solo a metà, a quanto pare.”

Sam non ebbe nemmeno il tempo di replicare, che quella andò via sui suoi rumorosi tacchi alti.

“Ma io… - restò sulla porta, inebetito, fissandola mentre si allontanava – Non ho detto nulla di offensivo!” pensò, per poi lasciarla perdere ed entrare finalmente nella stanza.

Quando si sedette accanto a Nathaniel, poggiando la borsa a terra, iniziò subito a parlargli.

“Non so se te ne sei accorto, ma la tua stalker innamorata è appena stata qui. – raccontò con molto cinismo, ancora infastidito da lei – Avevo dimenticato che Tasha pensa che noi due stiamo insieme. E che mi odia, perché non può averti. – fissò Nathaniel, scuotendo leggermente la testa – Chissà che ti ha detto quella pazza… magari ti ha anche baciato sulle labbra mentre non passava nessuno. – rabbrividì, disgustato – Inquietante!”

Dopo essersi liberato di quell’orribile immagine, tirò fuori il quadernino, che ormai rappresentava un diario per appuntare ogni avvenimento, pronto a scrivere una nuova pagina.

Stranamente, poi, si bloccò e non lo aprì. Stavolta preferì poggiarlo sul comodino, prendendo la mano di Nathaniel; sentiva di dover tirare fuori qualcosa, sfogarsi.

“Sai, ho sempre parlato poco ogni volta che sono venuto qui, in questa stanza. Ogni volta prendevo quel quadernino e scrivevo, scrivevo tanto. E lo facevo in silenzio. – accennò un sorriso – Poi, mentre scrivevo, cercavo di essere spensierato, sorridevo, magari ridevo anche… - il suo voltò si incupì di colpo – Ma era tutto finto, non era vero; lo facevo soltanto per trasmetterti positività e farti stare bene, sperando che tutto ciò ti avrebbe fatto svegliare da questo tuo sonno che sembra non finire mai. – i suoi occhi divennero lucidi – Tutti continuano a dire che ti sveglierai, persino io. Tutti che siamo qui, che ostentiamo il nostro ottimismo a tutti i costi…”

Sam abbassò la testa, le lacrime che scendevano copiose; tentava di essere forte, le speranze lo stavano abbandonando.

“Oggi ho fatto domanda in tre college diversi. – risollevò il capo, cambiando discorso – Non mi ero reso conto fino a stamattina che dovevo preoccuparmi molto prima di queste cose, come fanno tutti gli altri. Insomma, è il nostro futuro quello in ballo: dovrebbe essere il nostro pensiero principale pensare al futuro, a cosa faremo, a cosa vogliamo diventare… - Sam incantò il vuoto, precipitando in un baratro di tristezza - E, invece, siamo come bloccati in una rete insidiosa che non ci permette di fuggire, che non ci lascia pensare ad altro se non a come liberarci da essa. – gli strinse forte la mano, sospirando ad occhi chiusi – Ma ancora una volta, voglio essere ottimista: voglio vedere il cosidetto bicchiere mezzo pieno e pensare che se Anthony non ci avesse chiamati quella sera, non saremmo mai stati così uniti. Anzi, voglio pensare che se non fosse per Anthony, non ci saremmo mai conosciuti. – provò un improvviso dolore al petto, che lo costrinse a piangere – E mi sento così male a pensare che per un soffio avrei potuto non averti nella mia vita. Così come Eric e Rider, non avrei mai conosciuto nemmeno loro. – rise fra le lacrime, ad un certo punto – Ed è una follia, perché se esistesse una realtà in cui voi non ci siete, io riprenderei tutto questo disastro che sono le nostre vite, pur di non perdervi. Accetterei persino A, pur di non perdervi. – si asciugò le lacrime, parlando a cuore aperto – Questo che stiamo vivendo è un vero incubo, ma stranamente lo sto accettando. Fin’ora mi sono sempre chiesto se esistesse una forza talmente grande da riuscire a poter vivere dentro un incubo. – sorrise, quando si rese conto di quanto era ovvia la risposta – Quella forza sono Rider, Eric, la loro amicizia. Ma soprattutto, siamo noi due! E’ l’amore che mi sta dando la forza di tollerare tutto questo e non me ne sono mai reso conto. Io credo di essermi innamorato davvero di te. E non è come prima, non è una semplice cotta: stavolta è vero! – fermò l’euforia che c’era nelle sue parole, rallentando, sorprendendosi - Io ho trovato quello che pensavo fosse impossibile trovare. Io…io ti amo, Nathaniel. Ti amo davvero.”

E quell’amore lo sentì anche lui, che d’un tratto strinse la sua mano, facendo sollevare Sam in piedi.

“Oh mio Dio… - gli riprese la mano – Oh mio Dio, tu l’hai mossa. Hai mosso la mano, fallo di nuovo! – e gliela strinse nuovamente, aprendo lentamente gli occhi – Oh mio Dio, infermiera, qualcuno, venite presto! – urlò, per poi sussurrargli delle cose – Nathaniel, mi senti? Sono qui, non lasciarmi di nuovo.”

Quello cercò di far uscire la voce, ma a malapena riusciva a farlo.

“Acq…acq… - tossì, togliendosi i tubi dal naso – Acqua…”

“No no, stai fermo. Vuoi l’acqua? – rise felice, mentre quello annuiva – Certo, tutto quello che vuoi.” si apprestò a lasciare la stanza, per andare a prenderla.

“Sam…” lo chiamò con un filo di voce, debole e disorientato.

Quello si voltò, sorridendogli: “Torno subito, non aver paura.”

Finalmente arrivò l’equiepe alle spalle di Sam, mentre i due continuavano a guardarsi. Era un miracolo.

 

*

 

Clarke parcheggiò davanti a casa di Chloe, uscendo dall’auto in fretta. In quell’esatto istante, lei stava uscendo da casa sua, stringendo al petto la giacca di lana.

I due si fermarono l’uno di fronte all’altro sul marciapiedi.

“Allora, cos’hai scoperto al Radley?”

Quello era a dir poco sconvolto, cercando di trovare le parole: “Ho visto Rider!”

L’altra tirò il collo indietro, disorientata: “Rider? Come visitatore, intendi?”

“No, come paziente!” spiegò, sicuro di ciò che aveva visto.

Chloe reagì ancora più confusa: “Come paziente? Ma che dici, l’ho visto l’altro giorno alla biblioteca pubblica di Rosewood.”

A quel punto, Clarke tirò fuori il telefono e le mostrò la foto che aveva scattato: “Sapevo che non mi avresti creduto, perciò ho scattato una foto!”

Chloe prese il telefono dalle sue mani, avvicinando bene la sua faccia allo schermo: “Ma che diavolo…??? – sollevò lo sguardo, fissando Clarke con sconcerto – Non capisco, non può essere. Cioè, può essere se Rider avesse…”

Clarke completò subito la sua frase: “Un fratello gemello pazzo?”

“Ma non può essere A, è chiuso in un manicomio!”

“Te l’ho detto, ci sono stati dei problemi in passato al Radley. Non ci vuole niente a mettere un telefono in mano ad un pazzo.”

“Questa A potrebbe aver ucciso tuo padre e tuo fratello, lo capisci? Doveva trovarsi fisicamente qui fuori per farlo.”

“Allora quella notte dev’essere fuggito. – la prese per le spalle – E’ l’unica pista che abbiamo per capire cosa è davvero successo quella notte, dobbiamo indagare. Dobbiamo mettere insieme i pezzi!”

Chloe si mostrò dubbiosa, guardando altrove: “Non lo so, non sono molto convinta.”

“L’hai detto tu stessa che da quando è morto quel Norman e il paziente misterioso è stato riportato al Radley, i ragazzi sembrano più sereni. Quel ragazzo, il gemello di Rider, deve pur c’entrare qualcosa. Può essere A, ma dobbiamo capire perché lo è diventato e come ha fatto a scoprire del bosco se si firma A come faceva Anthony.”

“E come facciamo? Gli Stuart hanno avuto un figlio segreto per tutto questo tempo, non conosciamo la sua vita o il perché sia stato internato.”

“C’è solo un modo per scoprire tutta la verità, ho un idea.” concluse Clarke, determinato.

 

*

 

Nathaniel era seduto sul letto, era sveglio. Sam non l’aveva lasciato solo nemmeno per un istante, mentre i suoi genitori parlavano con i dottori dopo averlo riabbracciato.

“Non riesco ancora a crederci… - Sam non faceva che fissarlo, felice – Non ho mai perso le speranze, ma tu continuavi a non dare segni di ripresa e a volte ingannavo me stesso.”

L’altro, taciturno e spaesato, distoglieva lo sguardo per più volte: “Per quanto tempo ho dormito?”

“Trentadue giorni.”

“Ah... – restò spiazzato per qualche secondo - E i miei genitori dove sono?”

“Sono entrati poco fa, non ricordi? Ora stanno parlando con i dottori, che prima ti hanno visitato. – lo vide confuso – Beh, dai, ti sei appena svegliato da un lungo coma, forse non eri completamente lucido.”

Nathaniel si toccò la fronte, un dolore improvviso: “Non credo di esserlo nemmeno adesso, mi sembra di essere uscito da una discoteca.”

“Quindi… Non ricordi nulla di quello che ti ho detto prima? – volè controllare, curioso - Poco prima che ti svegliassi. Non hai sentito niente?”

Quello lo fissò, perplesso: “Di che parli, Sam?”

“Niente, lascia perdere. – gli sorrise, sollevato – Piuttosto, ti serve qualcosa?”

L’altro, però, era concentrato a riflettere su cosa era accaduto e voleva scoprirlo: “Che cosa è successo?”

Quella domanda, riportò Sam a fare uno spiacevole tuffo nel passato: “…Norman ti ha sparato, ricordi? – gli spiegò, mentre quello annuiva - O meglio, ha sparato contro di me, ma tu ti sei messo in mezzo.”

“Te l’avevo detto quella notte che ti avrei protetto.” gli sussurrò.

Sam sorrise: “Allora ti ricordi…”

“Sì, ma solo fino a quel momento. Dopo quello, il nulla.”

“Quando Norman ti ha sparato, sei crollato addosso a me e io non sono riuscito a reggerti. Siamo caduti per le scale.”

Nathaniel si preoccupò subito per lui: “E tu stai bene? Non sono leggero.”

“Solo un piccolo trauma cranico, sto bene ora. – lo tranquillizzò - E’ passato un mese, ormai.”

“Per te, forse. - si voltò, amareggiato - Per me sembra appena accaduto.”

Improvvisamente, arrivarono anche Eric e Rider.

Nathaniel si girò verso la porta, spaventandosi non appena vide Rider.

“Wow, mi riconosce? – Rider avanzò lentamente, spaventato da quella reazione – Nat, tutto a posto?”

Sam mise una mano sul braccio di Nathaniel, che stava avendo come un attacco di panico: “Sta calmo, non è Nolan.”

Eric, che era in piedi davanti al letto, era felice di rivedere il suo amico: “Non ci posso credere, ce l’hai fatta.”

“Già, nemmeno io lo credevo possibile.” si voltò a dirgli Sam, sorridendo assieme a lui.

Nathaniel era più calmo, ma continuò a fissare Rider in maniera diffidente. Tuttavia, gli rivolse la parola.

“Stai bene?”

“Io? – sussultò Rider, per poi sorridere – Io sto bene. Era per te che eravamo preoccupati.”

“Nolan e Norman? – spostò lo sguardo fra loro tre – Dove sono, adesso?”

“Nolan è tornato al Radley, mentre Norman… Beh, è morto!” spiegò Sam.

“E come è morto?”

“Gli hai sparato tu, Nat. – gli rispose Rider – Hai preso conoscenza per qualche secondo e sei riuscito a fermarlo prima che potesse fare del male a me o mio padre.”

“Sono stato io? – non riuscì a crederci, turbato – Ho ucciso una persona…”

“Era instabile, ok? – intervenne Eric – Nessuno ti incolpa, è stata lettima difesa. Norman era armato e voleva uccidervi.”

Ad un certo punto, Nathaniel si portò una mano al petto, provando una strana sensazione. Sam lo fermò, non appena cercò di sollevare il collo del camice per guardarsi il petto.

“NO! Lascia perdere, non guardare.” lo avvertì.

“Che mi è successo? – Nathaniel si spaventò, sentendo che c’era qualcosa di strano - Che mi hanno fatto?”

Rider pensò che era meglio raccontargli la verità: “Subito dopo averti operato per toglierti il proiettile dalla spalla, hanno scoperto del tuo problema al cuore. E quando l’hanno scoperto…Beh…”

Nathaniel comprese, senza che dovesse continuare. I suoi occhi si riempirono inevitabilmente di lacrime.

 “No… No, non è vero…”

“Nathaniel, mi dispiace così tanto. – Sam soffrì con lui – Ti hanno dovuto operare di nuovo.”

“Come farò con il nuoto, adesso? – si disperò - Come farò per la borsa di studio?”

“C’è tempo, Nat. – lo rassicurò Eric - Ci sono altri modi per ottenere una borsa di studio per il college.”

“Ma io ho sempre eccelso nello sport, non ho altri punti forti! Non sono come Rider!”

“Ascolta, sapevi che prima o poi sarebbe finita in questo modo. – Rider cercò di ridimensionare la situazione – Non c’era modo di farla franca con falsi certificati firmati da tuo cugino per poter restare nella squadra di nuoto.”

“Oh mio Dio… - Nathaniel sgranò gli occhi, ricordandosi del cugino – Dov’è Tyler?

“Ehm… - Sam decise di prendere parola, cauto – Tutta la storia è venuta fuori, purtroppo. Dopo essere stato radiato dall’albo e aver discusso con i tuoi genitori, ha lasciato Rosewood. Per lui non c’era più nulla qui.”

Nathaniel si mise le mani nei capelli, sentendosi in colpa: “Mio Dio, che ho fatto?”

“Ascolta, Nat, lo so che ti senti male per Tyler, ma in questo momento c’è ben altro di cui devi preoccuparti.” gli disse Rider.

“Rider, sta zitto! – lo bloccò subito Sam, infuriandosi – Non è il momento!”

“Non è il momento? – ripetè quello, trovandolo sciocco – E quando sarebbe il momento? Quando ci arriverà il messaggino di buon anno?”

“Nathaniel è sveglio da appena un’ora, possiamo non iniziare a parlare di A per favore?” ribattè Sam.

“Non preoccuparti, Sam. – lo tranquillizzò Nathaniel – Di certo non pensavo di svegliarmi in un mondo senza A. E sicuramente, visto il tuo tono, immagino che non sia stato un mese facile. Almeno io dormivo, mentre voi chissà cosa avrete subito.”

“Ehm, in verità… - Eric si scambiò uno sguardo con gli altri, prima di parlare –  A ha smesso di perseguitarci dal giorno in cui sei finito in coma.”

“Già, abbiamo passato un mese a dir poco strano. – aggiunse Rider – E con strano, intendo tranquillo… Tuttavia, è stato bello finchè è durato.”

“Che cosa intendete dire? – non capì Nathaniel - A c’è o non c’è?”

“Ci ha concesso una pausa, tipo un mese.” replicò Sam.

Nathaniel sospirò, amareggiato: “Ah, beh, allora per me non cambia nulla. E’ come se non fosse mai andato via.”

Sam gli mise una mano sul braccio: “Nat, mi dispiace che tu non abbia avuto la possibilità di avere un mese di respiro come tutti noi. Ma credimi, abbiamo pensato ad A tutto il tempo. E a quello che ci farà.”

“A quello che ci farà?” ripetè Nathaniel, chiedendosi cosa significasse.

“Nel suo ultimo messaggio, A ha lasciato intendere che tornerà più malvagio che mai.” spiegò Eric senza mezzi termini.

“Ok, posso sapere cosa mi sono perso fino ad ora?”

Sam prese il suo quadernino dalla borsa e glielo diede: “Qui ho scritto tutto, non manca niente.”

Quello iniziò a leggerlo, mentre Rider continuava.

“In più dobbiamo parlarti del deposito!”

“Del deposito? – quello alzò lo sguardo dalle pagine del quadernino, per poi tornarci sopra con perplessità – E poi che significa che A ti ha fatto un disegno sulla pancia?”

“Sì, beh, stavamo arrivando proprio a quello. – riprese Sam – Il deposito è collegato al disegno che A ha lasciato sulla pancia di Rider, dopo avergli scattato quella foto che ha mandato a me ed Eric per farci credere che l’avesse rapito.”

“Un secondo, quale deposito? – Nathaniel era sempre più confuso – Ti ha disegnato un deposito sulla pancia?”

“No, mi ha disegnato la chiave di un deposito, ma non ci ha detto che era la chiave di un deposito. – Rider si spiegò meglio – L’abbiamo scoperto dopo. Da soli.”

A Nathaniel scoppiava la testa: “Ok, ma cosa c’è in questo deposito?”

Sam fissò Rider, mentre iniziava a raccontarlo: “Beh, l’altra notte, io e Rider ci siamo stati e…”

Improvvisamente, non ebbe il tempo di finire che tutti i loro telefoni vibrarono: compreso quello di Nathaniel, chiuso nel cassetto del comodino.

Il ragazzo subito lo recuperò, ognuno aveva lo sguardo fissò sul proprio schermo.

“Anche voi avere ricevuto un’email?” chiese Eric, perplesso.

“Sì, la sto aprendo.” confermò Rider, facendolo.

Tutti e tre aprirono la loro mail, facendo una bizzarra scoperta: una ruota virtuale con sopra le loro facce.

Sam lesse subito una scritta posta in alto, come fosse il titolo del gioco: “Consegnatemi il complice del bosco oppure ogni giro di ruota sarà sempre più letale. - A!”

“Accidenti, era proprio vero che tornava più malvagio.” pensò Eric, scambiandosi uno sguardo terrorizzato con gli altri.

Ad un certo punto, i quattro sobbalzarono: la ruota cominciò a girare di colpo.

L’indicatore, dopo qualche secondo, si fermò sull’immagine di Nathaniel.

“E’ uno scherzo, vero?” reagì basito quest’ultimo.

“Io credo di sapere perché ha puntato te. – prese parola Rider – Il deposito che io e Sam abbiamo visitato, apparteneva ad Edward Blanc. C’era il tuo dipinto lì dentro.”

“Fantastico! – esclamò Nathaniel, il volto pallido e una risata isterica – Sono appena uscito dal coma e A vuole già incastrarmi.”

“Nat, credo volesse solo mostrarci il dipinto e non darlo alla polizia.” intervenne Sam.

“E cosa cambia? – reagì con toni alti, paranoico – La polizia prima o poi aprirà quel deposito e troverà me con il pene all’aria!”

“Ascolta, Edward è ancora vivo per tutti gli altri. – gli fece sapere Eric - Nessuno sa che è morto.”

Nathaniel balbettò incredulo: “M-ma è passato un mese…”

A ha il telefono e le carte di credito di Edward, ecco perché nessuno pensa che sia morto.” spiegò Rider.

“Sì, ma qualunque cosa stia facendo questo pazzo, non durerà a lungo. – Nathaniel sbroccò - In un caso di omicidio, la polizia non si ferma a frugare solo nel cassetto dei calzini. Arriveranno anche a quel deposito, lo capite?”

“Ok, quindi che facciamo? – Sam cercò di rendersi utile, comprendendolo - Come possiamo aiutarti?”

“Voglio uscire immediatamente da questo posto e recuperare il mio dipinto da quel deposito! SUBITO!”

“Nat, non puoi! – lo avvertì Rider – A ci ha vietato di portare via quel dipinto, altrimenti, credimi, l’avremmo già buttato dentro il cratere di un vulcano pur di farlo sparire.”

“Non mi interessa, lo andrò a prendere. – fu irremovibile - Che mi faccia quello che vuole, io non andrò in galera per un crimine che non ho commesso!”

“Abbiamo tagliato i fili delle telecamere, ok? – continuò Sam – Se giri da quelle parti, attirerai ancora di più l’attenzione si di te.”

Fu la volta di Eric, poi: “Hanno ragione, lascia perdere il dipinto. Quello che dobbiamo fare è consegnare il complice!”

“Dimentichi che non abbia idea di dove sia il bosco e che non sappiamo chi ci è stato oltre Quentin. - gli ricordò Sam, per poi rivolgersi a Nathaniel – Abbiamo persino indagato su quel foglietto trovato nella cantina di Tyler. E’ un sito, ma non possiamo entrarci perché ci vuole una password.”

Intanto Nathaniel era sovrappensiero: “…Un secondo, io ho preso il tablet.”

“Il tablet? – Rider non riuscì a seguirlo – Quale tablet?”

“L’ho trovato in camera tua, quando sono entrato di nascosto. – spiegò Nathaniel – Segnava una posizione in un bosco.”

“Oh mio Dio… - ricordò Rider – L’avevo completamente dimenticato, era la sera prima del ballo quando ho scoperto di quel puntino rosso sul tablet. Ero così impegnato a prepararmi per entrare nella panic room che l’ho messo dentro un cassetto con sopra un post-it per ricordarmene.”

Eric completò la cronologia degli eventi: “Poi sei finito al Radley e il tablet è rimasto in quel cassetto.”

“Quindi il tablet ce l’hai tu? – chiese Sam a Nathaniel - Lo zaino dov’è?”

“Lo zaino l’ho lasciato a casa mia, poi ho preso la macchina e sono venuto alla casa sul lago.”

Eric, a quel punto, espresse ciò che aveva appena dedotto: “Ok, ma quindi stiamo dicendo che quel puntino rosso sul tablet potrebbe portarci in questo fantomatico bosco?”

“Ragazzi, se è davvero quel bosco, significa che qualcuno che conosciamo ci è stato. – constatò Rider - Ricordate quando abbiamo messo il chip ad alcune persone per capire chi fosse A?”

Eric ricordò: “Sì, l’abbiamo messo su Violet, Lisa Nelson, Morgan e Clarke. – però la cosa lo lasciò perplesso – Questo, però, vuol dire che uno di loro è stato nel bosco, ma nel periodo in cui abbiamo messo i chip su di loro.”

“Ok, questa persona non è di sicuro un aiutante di A, altrimenti A saprebbe dov’è il bosco. – dedusse Sam – Quindi se questa persona è tornata lì qualche settimana fa, significa che…”

“L’ha fatto per sbarazzarsi di quello che poteva collegarlo a quel posto…” continuò Nathaniel, riflettendo.

“E che quindi era il complice di Anthony!” concluse Rider.

“Lisa e Morgan erano continuamente presi di mira da Anthony, mentre Violet lo odiava perché umiliava suo fratello: come potevano essere suoi complici? – ragionò Eric - L’unico che rimane è suo fratello Clarke!”

“Non c’è dubbio, ragazzi: è Clarke il complice! – esclamò Sam, ormai sicuro – E non mi meraviglierei per niente se sapesse che suo fratello è ancora vivo. Probabilmente è stato proprio Anthony a chiedergli tramite un telefono prepagato di eliminare le prove da quel posto.”

Eric sospirò, ora che avevano un nome: “Quindi che facciamo? Rapiamo Clarke e incontriamo A in un vicolo buio? Come funziona?”

Sam aveva lo sguardo smarrito: “Io non ne ho idea, sinceramente… - poi fissò Nathaniel e Rider, affidandosi a loro – Voi che dite?”

“Io dico che non voglio andare in galera, perciò dobbiamo far sapere ad A che abbiamo un nome.” ribadì Nathaniel, determinato.

“Ragazzi, magari A ci sta sorvegliando in questo momento, ma non so se ci sta ascoltando. – pensò Rider - Forse dovrei rivolgermi ad Ector, l’infermiere del Radley. E’ stato lui a mettere il computer nella mia stanza per farmi comunicare con A.”

Nathaniel sbigottì: “L’infermiere?”

“Era solo una marionetta, l’avrà sicuramente pagato per farlo.” Spiegò quello.

Sam tornò a guardare lo schermo del suo telefono con apprensione, l’immagine ferma su Nathaniel: “Dobbiamo farla finita, o la ruota continuerà a girare. L’ultima volta che A ci ha presi di mira a turno, mi sono risvegliato con le labbra incollate. Non voglio immaginare cos’altro possa farmi di peggio.”

“Allora è deciso, consegneremo Clarke ad A!” concluse Eric per tutti.

Il resto del gruppo annuì, senza alcun dubbio. La tensione era più alta che mai, presa quella decisione.

 

SCENA FINALE

 

A era al computer che montava un video: Sam, Eric, Nathaniel e Nolan che seppellivano i pezzi di Edward in quattro fosse diverse, nel bosco di Rosewood.

Grazie ad una manipolazione grafica, riuscì ad eliminare i quattro ragazzi dal filmato. L’unica cosa che si riusciva a vedere erano delle pale che scavavano da sole e dei sacchi neri, con dentro un pezzo del corpo di Edward, sospesi a qualche centrimetro da terra e poi gettati nella buca.

Recuperato il cd dal portatile, A ci scrisse sopra “Sono morto”  con un pennarello nero. Poi, dopo, lo mise dentro una busta gialla assieme al telefono di Edward.

La busta era indirizzata alla polizia di New york, la città di Edward Blanc.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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