Capitolo
4: San
martino pt. 1
Sapphire
uscì
fuori dall’ospedale. Aveva bisogno di una boccata d’aria. Aria pura.
Trovò
soltanto polvere. Aria pesante e satura, difficile da respirare,
difficile da
mandar giù.
Erano
le
prime ore della sera, il cielo cominciava a prendere una fievole tinta
rossastra, il sole a nascondersi dietro l’angolo dell’orizzonte. Il mare
era
calmo, i Wingull erano tornati a stridere. La zona transennata era stata
riaperta, almeno nei primi tratti. Operai a cavallo di macchine ed
escavatrici
avevano iniziato a lavorare sulle macerie. Appena fuori dal centro erano
state
allestite alcune piccole tendopoli per i pochi rimasti senza dimora.
Ormai non
vi era più bisogno di soccorso urgente, la situazione si stava
stabilizzando.
Gli aiuti arrivavano dalla buona volontà delle persone e dalla
solidarietà
delle altre regioni.
‒
Come stai? ‒ le domandò Blue comparendole alle spalle.
La
ragazza
sembrò quasi colta alla sprovvista.
‒
Momento di riflessione? ‒ provò ad indovinare la donna di Kanto.
‒
Figurati ‒ ribatté Sapphire infastidita.
‒
Non ricordavo fosse tanto brutto ‒ commentò Blue mentre guardava il
panorama di
distruzione.
‒
Cosa? Il disastro?
‒
No, il senso di impotenza.
Sapphire
prese
tempo.
‒
È qualcosa a cui devi abituarti, facciamo combattere i nostri Pokémon e
diventiamo famosi, ma non siamo niente in confronto a tutto questo…
basta tanto
così e neanche sappiamo reggerci in piedi sulle nostre gambe.
‒
Che filosofa… ‒ commentò Blue alzando le sopracciglia. ‒ Non avrei mai
sentito
dire certe cose alla vecchia Sapphire.
‒
Quale vecchia Sapphire?
‒
Quella che diceva quello che pensava senza tergiversare troppo attorno
al
nocciolo del discorso.
Sapphire
la
guardo storta.
‒
A cosa pensi? ‒ le chiese infine Blue.
‒
Penso dobbiamo capire cosa sta succedendo qui. Ruby si tiene i suoi
segreti per
sé e intanto la gente muore. Voglio arrivare al fondo di questa vicenda.
‒
Troppo facile, non siamo mica in un videogioco…
‒
Lo so ‒ Sapphire non riusciva a staccare gli occhi dalle macerie informi
che si
erano riversate sul terreno.
‒
Sembra di essere tornati indietro, vero?
‒
Sì, è tutto come prima.
‒
Qual è il tuo piano, allora?
Sapphire
si
morse il labbro. ‒ Non… non ne ho idea…
‒
Sapphire, ti prego, tu sei l’unica a conoscere abbastanza bene Ruby da
poterlo
convincere a spiegarci che cosa sta succedendo.
‒
No, io non lo conosco più.
Blue
sembrò
quasi intenzionata a schiaffeggiarla.
‒
Per favore, ragazza! Dacci una mano e smettila di comportarti come se
tutto il
male del mondo fosse stato riversato su di te! ‒ girò i tacchi e se ne
andò via
scalciando un qualche pezzo di metallo rimasto a terra.
Sapphire
non
ebbe la forza di reagire. Non si aspettava quella violenta reazione, non
certo da Blue.
Si
voltò
a guardarla mentre affondava furiosamente i passi lontano da lei. Era
sotto stress e parecchio stremata, la capiva. Decise di seguirla.
Red
uscì
fuori dall’ufficio del primario. Aveva gli occhi sbarrati e stringeva in
mano una cartella di colore giallastro. Si appoggiò con le spalle al
muro,
sentiva che le gambe avrebbero ceduto da un momento all’altro. Trasse un
lungo
respiro. Niente, i polmoni sembravano rifiutarsi di accumulare anche
solo lo
stretto necessario di ossigeno di cui il suo corpo aveva bisogno. Aveva
la gola
secca e i muscoli privi di ogni energia. Non aveva alcuno dei suoi
Pokémon con
sé, e ringraziò il cielo, altrimenti la loro ansia e il loro nervosismo
avrebbe
messo ancora più alla prova la sua psiche.
Solamente
quando
l’ultimo brivido fu passato lungo la sua spina dorsale il suo cervello
tornò a ragionare. Mise la cartella del responso nella borsa, la nascose
bene.
Cercò il bagno più vicino.
Quando
entrò
il pungente tanfo sovrastato da un ancor più acre odore di disinfettante
gli penetrò nelle narici. Il Campione di Kanto impiegò numerosi lunghi
istanti
per capire se dovesse svuotarsi o no la vescica. Optò per il no. Passò
le mani
sotto uno dei rubinetti e questo attivandosi le irrigò con un forte
getto
d’acqua. Si buttò qualche manata di gelo liquido sul volto.
Si
guardò
allo specchio con il volto ancora fradicio e gli occhi vuoti che non
riuscivano ad uscire da quell’oblio in cui erano caduti.
“Sii
forte”
disse una voce nella sua testa.
Senza
rendersene
conto un singhiozzo era fuggiascamente uscito dalla sua gola. Red si
spaventò, non avrebbe dovuto piangere. Tuttavia, quando la pressione
cominciò a
salirgli lungo le guance fino a giungere ai suoi occhi, non poté
trattenere una
smorfia di disgusto.
La
sua
bocca si aprì e le sue corde vocali cominciarono a vibrare. Sputò fuori
dai
polmoni tutta l’aria che essi contenevano.
Gridò.
Non
curandosi di chi avrebbe potuto sentirlo. Gridò.
Cinque
minuti
dopo era fuori dal bagno. La camicia era a posto, i pantaloni sistemati
e si era persino pettinato i capelli con le mani. Il suo volto era
quello del
Red del giorno prima. Sorridente, calmo, maturo. In fin dei conti era
pur
sempre il Campione di Kanto.
Tornò
nella
sala d’attesa dove tutto il suo gruppo lo stava aspettando. Vide una
Blue
imbronciata e a braccia conserte che era seduta con la schiena
appoggiata alla
spalla di Green. Silver dal canto suo sembrava essere la sua fotocopia,
stessa
posizione, stesso sguardo. Crystal poco lontano da lui sedeva con tutti
i
muscoli tesi mentre fissava con odio viscerale la copertina di una
rivista, i
suoi occhi sembravano doverla perforare da un momento all’altro. E no,
non vi
era nessun Ruby in prima pagina, ma probabilmente quel giornalino era la
prima
cosa che il suo sguardo aveva trovato oltre il vuoto. Gold era lontano
che
conversava con Platinum nella maniera più sobria che gli avesse mai
visto fare.
Sapphire non c’era.
‒
Amore ‒ Yellow aprì le braccia andandogli incontro. ‒ È tutto ok?
Red
la
guardò dritta negli occhi. Pensò a quanto fosse bella e a quanto fosse
bello
baciare le sue labbra. Desiderò di urlare ancora.
‒
Sì, tutto ok ‒ rispose.
La
gente
scorreva attorno a loro: pazienti, medici, infermieri, visitatori. Red
sentiva solo il sangue pulsargli sulle tempie e il cuore battergli
talmente
forte da dargli l’idea di star per colpire Yellow. I due si staccarono.
Appena
in tempo perché Red intravedesse tra la folla, appena oltre la sua
ragazza, una
faccia conosciuta.
‒
Guarda chi è venuta a trovarci ‒ sussurrò a Yellow.
Quella voltandosi individuò
subito la faccia
di Misty tra la folla. Fece una smorfia che il ragazzo non poté vedere.
‒
Red! ‒ esclamò la Capopalestra di Celestopoli individuandolo.
Corse
dal
ragazzo e gli saltò tra le braccia. Yellow prese vistosamente le
distanze.
‒
Stai bene, state tutti bene ‒ trasse un sospiro di sollievo mandando lo
sguardo
anche a Green e gli altri.
Yellow
non
intervenne perché capiva sia che Misty poteva non sapere ciò che era
sbocciato tra lei e Red negli ultimi tempi sia che la ragazza fosse
rimasta
troppo tempo in ansia per un ragazzo di cui era sempre stata cotta.
Tuttavia,
non poteva negare che la sua espansività nei confronti del moro le desse
non
poco fastidio.
‒
Sì, grazie per essere venuta, noi siamo a posto ‒ le rispose Red.
Il
volto
della giovane si illuminò di un sorriso radioso che affondò
nell’abbracciò dell’amico. Poi quella luce sparì per un’istante.
‒
Mi dispiace per Emerald…
‒
Lo so.
E
Misty fu soltanto la prima di un interminabile processione di
Capipalestra e
amici dei Dexholder che si presentarono dentro quell’ospedale per dar
loro un
abbraccio, salutarli, accertarsi che stessero bene o solamente dirgli
grazie.
Pian piano la zona cominciò a riempirsi di parole e di traffico di
visitatori.
Nel
frattempo,
Sapphire era ancora fuori dall’ospedale. Camminava, sentiva ogni
singolo pezzo di cemento che passava sotto le sue sneakers, cercava di
far
scendere l’aria nei polmoni. L’ultima volta che la sua psiche era stata
sottoposta ad un trauma tanto forte lei aveva perso il quasi totale
utilizzo
delle corde vocali. Ricordava bene quei giorni, la settimana in cui
avevano
avuto a che fare con la pioggia di meteoriti. Lei e Ruby avevano
superato anche
quello, insieme.
‒
Che coraggio hai avuto ‒ esclamò una voce alle sue spalle.
Era
Alice,
Capopalestra di Forestopoli e un tempo sua istruttrice.
‒
Ciao, maestra ‒ la salutò Sapphire con un barlume di sorriso in volto.
Quella
scosse
la testa.
‒
Niente maestra, mi hai superata ormai da anni.
‒
Grazie.
Le
due
si strinsero in un maturo abbraccio. Sapphire era sinceramente felice di
vederla.
‒
Ho saputo di Emerald…
Quella
fievole
serenità che era comparsa nell’animo della ragazza fu smorzata
all’istante.
‒
Scusa… io… ‒ Alice se ne rese conto.
‒
Niente, va tutto bene, mi dispiace solamente che il suo sacrificio sia
stato
vano.
Alice
fece
una smorfia di disappunto: ‒ Che cosa intendi dire?
‒
Ecco… Ruby…
‒
Ruby sta bene, l’ho visto uscire dall’ospedale proprio pochi minuti fa,
sembrava di fretta.
Sapphire
cambiò
espressione: ‒ Ruby se ne sta andando?
‒
Sì, lui…
‒
Perdonami, Alice, ma ho un impegno importante ‒ Sapphire le voltò le
spalle.
Alice
fece
appena in tempo ad abbozzare una sorta di sorriso.
‒
Va bene, dolcezza, volevo dirti che sono contenta che tu stia bene. Hai
avuto
un gran fegato lassù.
‒
Grazie, davvero ‒ la ringraziò toccata.
Sapphire
cominciò
a correre. Avrebbe dovuto intercettare Ruby, era la priorità che quel
ragazzo rimanesse rintracciabile. Allo stato attuale vi era per lui la
situazione più comoda per andarsene, con le telecamere ancora impegnate
con i
servizi sulla catastrofe e poco dirette verso le star come loro.
‒
Tropius!
Il
Pokémon
Frutto spalancò le ali permettendole di salire a cavalcioni sulla sua
schiena. In quel momento ricordò il motivo per cui era debitrice alla
sua
insegnante: le tecniche di volo che aveva imparato da lei. Il rettile
salì di
quota dando a Sapphire una panoramica sulla situazione circostante. Ai
suoi
occhi balzò per prima la vista del gigantesco squarcio lasciato dal
colpo di
Rayquaza. Sembrava proprio una cicatrice che spezzava l’armonia di una
città
come Vivalet. Poi però tornò a concentrarsi. Vivere in mezzo alla natura
le
aveva fatto sviluppare dei sensi acutissimi, infatti individuò il Flygon
di
Ruby con in groppa il proprio Allenatore quasi immediatamente nonostante
avesse
raggiunto la quota di settecento metri da terra.
Sussurrò
un
ordine all’orecchio di Pilo e quest’ultimo ritirò le ali per scendere in
picchiata. Ruby si trovava poco lontano dall’ospedale, volava verso il
quartiere d’élite, dove probabilmente era l’hotel nel quale aveva
alloggiato
durante i giorni del torneo. Decise a che punto intercettarlo: appena
sopra un
vicoletto che sembrava abbastanza isolato da permetterle di strillare
contro
quel ragazzo senza problemi. Comunicò il piano d’azione al suo Pokémon e
questo
aggiustò la rotta.
L’aria
le
scompigliava i capelli e la costringeva a tenere gli occhi socchiusi,
calcolò la distanza che intercorreva tra Ruby e il terreno, il sibilo
del vento
la stava quasi assordando. Precisione millimetrica. Sapphire scese dal
suo
Tropius senza alcuna paura, mise un piede su Flygon, afferrò Ruby per la
collottola e lo tirò giù con sé verso il terreno. Certamente non era
miss
Delicatezza di Hoenn, lei. Il ragazzo finì a terra, strappandosi i
pantaloni,
lacerandosi la maglia e spaccandosi entrambe le lenti degli occhiali.
Sapphire,
atterrando con equilibrio da manuale, credette di vederlo perdere
qualche
goccia di sangue.
‒
Che cazzo ti salta in… ‒ provò a dire Ruby.
‒
Stammi a sentire, stronzo! ‒ Sapphire lo tirò su solo per gettarlo
addosso al
muro del vicolo. ‒ Dove credi di andare?
‒
Sapphire, tu sei fuori di testa…
‒
Esattamente, sono fuori di testa e ti conviene non farmi arrabbiare!
‒
Mi hai rovinato tutti i…
‒
Non me ne frega un cazzo! ‒ e gli assestò un ceffone che probabilmente
era
stato udito da tutto il quartiere.
Ruby
tacque.
Aveva il lato destro del volto completamente rosso e guardava la sua ex
amica con odio.
‒
Mettiamola così, la colpa è tua per tutto, per la morte di tutti quegli
innocenti, per la morte di Emerald e per la morte di Rayquaza, mi
capisci? ‒ e
lo spinse una seconda volta contro il muro. ‒ Ma dato che sapevi tutto
questo
prima che accadesse allora io pretendo il tuo aiuto che è il minimo che
tu
possa darmi dopo quello che hai combinato, ok? ‒ e lo prese ancora per
la
maglia cercando di essere più minacciosa possibile.
Ruby
girò
di novanta gradi, e Sapphire con lui, giusto per non avere più le spalle
al muro.
‒
Dopo che avremo risolto questa faccenda per me puoi anche andare a farti
fottere.
Ruby
sembrò
accusare la cosa: ‒ Cerchiamo di darci una calmata… ‒ mormorò provando a
togliersi di dosso le mani della ragazza.
‒
Ah! ‒ esclamò quella scaraventandolo via da sé. Il suo tocco era stato
rovente.
Ruby
inciampò
su uno scatolone che era a terra e fini addosso ad una recinzione. La
sua schiena affondò in un groviglio di filo spinato arrugginito e,
cacciando un
urlo, il ragazzo si contorse e finì a terra in mezzo ad una pozza
formata dal
suo sangue misto al lerciume che c’era a terra.
‒
Oh cazzo! ‒ esclamò Sapphire rendendosi finalmente conto di aver a che
fare con
un essere umano fatto di carne.
‒
Sapphire, porca miseria ‒ Ruby sbatté un pugno a terra. Era ancora vivo
e
cosciente.
La
ragazza
provò ad andargli incontro per fare qualcosa, ma di nuovo, toccandolo,
ottenne solo di scottarsi la mano come se l’avesse posata su un vassoio
appena
uscito da un forno. Si ritirò emettendo un gemito.
E
quasi si rifiutò di credere a ciò che si manifestò davanti a lei. La
sofferenza
scomparve sostituita dallo stupore.
Dalla
schiena
di Ruby si levò un lieve odore di carne bruciata. La sua pelle emise lo
sfrigolio di un pezzo di metallo rovente immerso nell’acqua. Del vapore
avvolse
la sua figura dolorante e ansimante a terra.
Ruby
tremava
e sembrava star soffrendo parecchio.
Poi,
davanti
agli occhi esterrefatti di Sapphire, le sue ferite si cauterizzarono
all’istante e il suo sangue smise di uscire. Tutti i graffi e i tagli
che Ruby
aveva sul suo corpo si chiusero. Al loro posto, complessi disegni
formati da
linee rosse e blu si aprirono un solco nella sua schiena.
Quando
il
processo terminò, Ruby smise di respirare a fatica, e si rialzò davanti
ad
una quasi terrorizzata Sapphire.
‒
Che diavolo è appena successo? ‒ domandò lei.
Ruby
testò
alcuni movimenti per saggiare che tutto fosse a posto.
‒
Questo è Groudon ‒ rispose solo. ‒ le Gemme hanno diversi effetti sul
mio
corpo, tra cui la possibilità di sistemarmi le ferite con il fuoco.
‒
Stai scherzando? ‒ fece incredula Sapphire.
‒
Che cosa hai appena visto?
La
ragazza
non rispose.
Ruby
annuì:
‒ Ora che ti sei calmata… la risposta è no.
Sapphire
fece
un rewind mentale per tornare alla rabbia di istanti prima. Evitò
stavolta
di mettere le mani addosso al ragazzo, ma gli urlò comunque in faccia: ‒
Vuoi
prendermi in giro? Ruby, sono morte delle persone!
‒
E né io né tu possiamo resuscitarle! ‒ rispose lui.
Ruby
tolse
la maglia ridotta a brandelli. Sapphire ebbe appena il tempo di vedere
tutto il corpo snello di Ruby coperto centimetro per centimetro da linee
e
disegni rossi e blu prima che questo prendesse dalla borsa che era
rimasta sul suo
Pokémon una maglietta nuova. La ragazza fece finta di niente, doveva
fissarsi
in testa che Ruby non fosse una vittima della situazione.
‒
Senti, mi dispiace e sì, lo sento il bruciante senso di colpa se proprio
vuoi
saperlo ‒ proseguì il ragazzo. ‒ Ma ora non possiamo fare più niente e
peggioreremo solo la situazione se io non mi affretto ad andarmene ‒
fece per
tornare su Flygon.
Sapphire
tornò
definitivamente in sé. ‒ Non posso lasciartelo fare ‒ mormorò. ‒ Ruby,
ti
prego.
Il
ragazzo
mise il paio d’occhiali di riserva che teneva nello zaino. Questi
avevano una montatura meno alla moda e delle lenti più spesse. ‒ No.
E
Flygon spiccò il volo in una frazione di secondo, tanto veloce da dare
quasi
alla ragazza l’impressione averlo visto scomparire.
‒
Stronzo! ‒ esclamò lei stridula.
Il
suo
Tropius era apparso dietro di lei qualche istante prima. Pure lei fu
rapida
a tornare in volo. Non vide alcun Flygon nei dintorni. Guardò meglio.
‒
Eccoti… ‒ mormorò individuando un supersonico Latios che volava come una
freccia fendendo le nuvole al suo passaggio. La ragazza sapeva bene che
se era
presente Latios, nei dintorni avrebbe trovato pure sua sorella. ‒
Latias!
Latias, dove sei? ‒ esclamò a voce altissima.
Timidamente,
si
mostrò a lei una figura rossa e bianca. La dragonessa aveva gli occhi
lucidi.
‒
Riesci a stare dietro a tuo fratello? ‒ chiese saltandole in groppa e
facendo
rientrare Pilo.
Quella
fece
una smorfia. Era restia, non voleva muoversi.
‒
Ti è stato detto di non ascoltarmi… non è vero?
Quella
abbassò
il capo.
‒
Per favore, Ruby te lo ha detto per non farsi seguire, io invece voglio
solo
trovare colui che ha ucciso Rald ‒ alla pronuncia del suo nome, lo
sguardo di
Latias si rinvigorì. ‒ Per favore…
Il
Pokémon
Eone prese la sua decisione, si mise in posizione per dare il tempo a
Sapphire di assicurarsi al suo corpo. E in meno di un millesimo di
secondo
aveva raggiunto una velocità tale da far tornare Ruby visibile agli
occhi della
ragazza.
‒
Eccolo! ‒ esclamò Sapphire. ‒ Dobbiamo prenderlo!
Latias
spinse
di più. La sua forma aerodinamica passava attraverso l’aria con estrema
facilità, l’Allenatrice che la guidava si era posizionata più aderente
possibile a lei in modo tale da non opporre resistenza. “Trovare chi ha ucciso Rald”. Quello stava pensando, quel pensiero
la alimentava.
E
in un blitz temporale si ritrovò a pari merito con suo fratello Latios
che in
groppa stava portando Ruby.
‒
Ruby devi fermarti! ‒ esclamò Sapphire.
Il
ragazzo
si mostrò infastidito dalla sua veemenza.
‒
Te lo sto chiedendo come vecchia amica, per favore!
‒
Un po’ difficile chiamare vecchia amica una che fino a poco fa mi ha
gettato
giù dal mio Pokémon per picchiarmi! ‒ ribatté lui.
‒
Andiamo, da quando sono io quella che si è comportata di merda tra noi
due?!
Lui
non
rispose.
Allora
parlò
Latias, che emise il suo acuto verso nell’intento di comunicare con suo
fratello. Disse qualcosa. Sapphire comprese che gli stava comunicando le
sue
intenzioni, allora la esortò a continuare. La ragazza vide Latios aprire
gli
occhi, ragionare. La sua espressione era quasi confusa. Ma il buon senso
e la
fiducia ebbero la meglio, il dragone rallentò. Ruby si trovò immobile a
mezz’aria di fronte a Sapphire.
‒
Digli di scendere ‒ intimò lei a Latias.
Quella
provvide.
Pochi secondi e tutti e due gli Allenatori di Hoenn erano sul tetto
di una casa circondati dai mansueti fratelli Eone.
‒
Ruby, per favore, se non vuoi ascoltare me almeno ascolta tutti gli
altri:
Green, Yellow, Crystal… abbiamo tutti bisogno di sapere che cosa sta
succedendo.
‒
Sapphire, devo mantenere il silenzio per la sicurezza di tutti!
‒
Nessuno saprà che ci hai rivelato queste cose.
‒
Sì, sono sicuro che saranno proprio le persone sbagliate quelle che
verranno a
saperlo.
‒
Ruby, ti prego ‒ Sapphire parlava col vento sulla pelle e la luce del
tramonto
riflessa sui suoi capelli. ‒ Non posso chiedertelo da amica, voglio
chiedertelo
come pagamento per avermi fatto passare i due anni più brutti della mia
vita ‒
il suo sguardo era duro, i suoi occhi umidi.
Ruby
trasse
un lungo e profondo respiro. Si mise le mani tra i capelli e chiuse gli
occhi. ‒ Va bene… ‒ lo disse quasi senza voce.