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Autore: La Chiave di Do    03/02/2017    3 recensioni
"E poi aveva amato e baciato Rose, sapeva come amarla, era abituato ad amarla in quel modo puro e bruciante che gli faceva desiderare di essere il suo scudo contro il mondo e la sua spada contro il fallimento, che la voleva libera e serena come una giornata di sole. Improvvisamente si ritrovava a dovere imparare da zero, ad amarla con una nuova mente e con un nuovo corpo che lo forzavano su percorsi e memorie mai immaginati: un nuovo modo di amarla, di guardarla, di pensarla."
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Doctor - 1, Doctor - 10, Rose Tyler
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Quoting Sappho, in the original Greek
(The Christmas invasion)

 

 

You said:“Hey, nature boy, are you looking at me          
with some unrighteous intention?”          
My knees went weak,          
I couldn't speak, I was having thoughts          
that were not in my best interests to mention.          

 

La vestaglia gli scivolò via dalle spalle e cadde con un fruscio pesante ai suoi piedi. Sgranchì per un momento entrambe le mani, osservandone prima i tendini flettersi sui metacarpi, poi le linee che gli solcavano i palmi in un mosaico di superstizioni, e vi scoprì almeno un paio di sentieri nuovi rispetto al suo corpo precedente: sorrise, chiedendosi quali giustificazioni avrebbero partorito i chiromanti per un fenomeno tanto insolito. Chiuse la sinistra e scoprì il proprio pollice posarsi d'istinto sul resto del pugno, frontalmente, e ricordò la vecchia abitudine di rinchiudercelo dentro. Quante cose nuove, in una semplice mano.

Con calma le sue nuove dita raggiunsero il petto, tastando alla cieca alla ricerca del primo bottone del pigiama e scivolando lungo la cucitura della bottoniera per trovare i successivi. La camicia raggiunse la vestaglia a terra, posandosi senza suono, e la sensazione nuova dell'aria nuda sulla pelle gli irradiò un tremito dalla seconda vertebra lombare in su. Slacciò il nodo dei pantaloni, allargando coi pollici i passanti per lasciarli scivolare da soli lungo i fianchi: non trovarono quasi nessuna resistenza.

Si scoprì nudo, al di sotto. Improvvisamente il pensiero delle mani di Rose -perché era stata Rose a cambiarlo, aveva già ammesso la sua colpevolezza- che gli scivolavano addosso mentre cercavano di liberarlo da vestiti diventati troppo larghi, dei suoi occhi che studiavano il nuovo modo in cui la pelle gli si posava addosso, che forse fingevano vergogna nel constatare che nessuna mostruosa differenza poteva più farle sperare di distinguerlo dagli uomini che aveva conosciuto fino a quel momento, lo trafissero in un brivido caldo e in una punta di rimpianto per il fatto di essere stato incosciente, in quel momento… oh Rasillon, ma che cosa mi prende. Non poteva scoprirsi a invidiare sé stesso per essere stato sfiorato da dita timide, a ruggire nel profondo delle viscere all'idea di fare lo stesso. A chiedersi se ciò che aveva visto l'aveva delusa o soddisfatta. Sapeva solo di essere maschio, bianco, magro, alto più o meno come al solito, bruno.

Calciò con un piede nudo il cumulo di vestiti, strinse gli occhi come se stesse osservando Sirio a distanza ravvicinata e si voltò. Aprì gli occhi.

Al di là del vetro c'era un uomo incredibilmente magro, più magro di quanto avesse valutato, di un bianchiccio anonimo, le con gambe lunghe e gli zigomi alti, scolpiti come se qualcuno ci si dovesse tagliare sopra le vene. Una massa di capelli noiosamente castani che sembravano avere vita propria, due occhi enormi, bruni, naso a punta spruzzato di tenue efelidi. Tentò un mezzo sorriso.

“Ti prenderei a schiaffi, davvero” lo disse ad alta voce.

Era una faccia arrogante, compiaciuta. Una faccia che non poteva avere più di trentacinque anni umani. Si chiese se fossero troppi, per Rose. Coglione, con qualsiasi faccia avrai sempre ottocentottanta anni in più di lei. Si disse. Mi piace il tuo modo di ragionare. Grazie. Stai parlando da solo. Lo so. Smettila. Scusa. Ma in fondo cosa te ne frega se parlo da solo. Ma fai un po' come cazzo ti pare.

Mi sto già sulle palle. Nuovo record interplanetario.

Percorse con lo sguardo la propria immagine nello specchio, scivolandolo con distratta curiosità su quella scarsità di carne, come un gatto che litiga da solo per al prima volta. Si misurò la linea linea della mascella fra il pollice e il medio, si studiò il pomo d'Adamo con l'indice, testò la profondità dell'incavo della clavicola, contò le costole a malapena fasciate dai muscoli. Piegò lo sguardo con circospezione fra le proprie gambe.

Ti è andata bene, schifoso.

Non che fosse mai stato un dettaglio particolarmente rilevante, semplice vanità virile, forse un tratto connaturato dei maschi di qualunque specie umanoide. In almeno un paio di casi anche delle femmine. In almeno una dozzina anche dei non umanoidi. Stai divagando, pensa che potevi non averlo. Pensa che Rose l'ha visto prima di te. Pensa, magari non funziona neppure.

Dannazione, non si era mai neppure posto il problema del suo funzionamento, non era mai stata una questione importante. Era bastato pensare al nome di Rose per innescare la paranoia. Era bastato pensare al suo sorriso per sentirsi intimamente in colpa, per trovarla una cosa sbagliata. Pensa al polpettone di Jackie. Pensa alla soluzione del teorema di Galois inverso. Pensa a uno Zygon.

Non era mai stata una questione importante, nulla di cui farsi un cruccio. Non che in novecento anni di esistenza uno non abbia occasione di pensarci, ma si trattava solo di un vezzo, un qualcosa in cui ci si può imbattere o meno, una curiosità di cui è bene essere a conoscenza per interesse accademico, di cui essere ferrati per capire i comportamenti e le relazioni fra persone e le battute alle feste. In fondo, quando la tua adolescenza dura un secolo si ha tutto il tempo per quei giochi più o meno innocenti che i fanciulli di ogni specie capace di formulare un qualche concetto di erotismo sperimentano; sorrise all'idea di sé stesso ragazzino, di ingenui sospiri e sussurri esalati nell'ombra, alla piacevole inutilità di certi esperimenti in una terra dove la riproduzione è affidata da tempo immemore alla tecnica e l'affezione è quasi un segreto scabroso. In un luogo come Gallifrey quei giochi vengono presto a vergogna, a disgusto, a noia, e quei tiasi si scioglievano spontaneamente come spontaneamente erano nati. E si dimentica.

Da allora aveva molto amato, in ogni modo in cui una persona potesse amare. Aveva amato Sarah Jane più di ogni altro e aveva amato Grace in un modo diverso da ogni altro. Aveva baciato Grace, aveva toccato Grace, ma in quel modo paziente e ossequioso che hanno certi eroi romantici.

E poi aveva amato e baciato Rose, sapeva come amarla, era abituato ad amarla in quel modo puro e bruciante che gli faceva desiderare di essere il suo scudo contro il mondo e la sua spada contro il fallimento, che la voleva libera e serena come una giornata di sole. Improvvisamente si ritrovava a dovere imparare da zero, ad amarla con una nuova mente e con un nuovo corpo che lo forzavano su percorsi e memorie mai immaginati: un nuovo modo di amarla, di guardarla, di pensarla.

Il suo nome soltanto gli bastava a partorire una pletora di immagini in un luogo così intimo della sua mente che era impossibile insignirlo di una qualsiasi forma di razionalità, pensieri così vividamente grafici da fargli maledire per nome tutti gli androgeni che stava producendo. Per precauzione maledì l'evoluzione stessa e tutti gli ormoni. Come se questo potesse impedirgli di pensare al suo sorriso senza vedere le sue labbra piene e la sua lingua irrequieta che faceva capolino dalla chiostra dei denti; di pensare ai loro abbracci senza sentire il suo seno contro il petto e le sue cosce contro le proprie attraverso la costrizione dei vestiti, le sue dita premute sulle vertebre nel sogno proibito di sentirle scavare in un appiglio disperato...

Lo sguardo perso nel nulla ritrovò la concentrazione per mettere a fuoco nello stesso punto dove lo aveva abbandonato nella tacita risposta al quesito iniziale: funziona.

 

And she floats upon the smoke,          
she moves among the shadows,          
she moves me with just one little look.          


 


 

Sono giorni che ascolto in loop Abattoir Blues/The lyre of Orpheus. Nature boy non ha una vera aderenza al testo (anche se riesco a trovarci un'affinità di qualche tipo), ma l'ho scelta comunque per l'incredibile capacità di Nick Cave di riassumere in unico contesto atmosfere cupe e drammatiche e toni altamente erotici. Ho provato disperatamente a trovare un brano più adatto ma finivo sempre a ritrovare l'umore giusto solo in questo, che si è incollato di prepotenza al disegno che avevo in mente. Anche il titolo della storia è un prestito di Nick Cave (Distant sky), ma in quel caso i rimandi sono praticamente istantanei.
Come sempre, apprezzo qualsiasi tipo di commento ragionato, a maggior ragione in un fandom che è mio da tempo ma nel quale non ho mai scritto. La storia continuerà e il rating si alzerà, anche se gli impegni mi suggeriscono che scriverò a rilento. Dal momento che si considera vista la seconda stagione da parte di chi legge (tratterò esclusivamente di missing moment), esiste la possibilità che i capitoli non siano scritti e pubblicati in ordine cronologico, ma che proseguirò in ordine sparso per poi eventualmente tappare buchi.

   
 
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