Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: AlenGarou    04/02/2017    1 recensioni
Pennington Mansion era buia e derelitta; una costruzione ormai morta da tempo, soffocata dal sangue e dalle ceneri del suo stesso passato. Del suo florido corpo non rimaneva altro che un labirinto di corridoi silenziosi e decadenti, marciti dal tempo e dall’usura. Ogni tanto la dimora gemeva, emanando qualche tetro scricchiolio; assestava le sue stanche e logore membra ricercando un riposo a lei proibito. Nonostante la misera fine che l’aveva soggiogata, all’interno delle sue ossa rimbombavano ancora i loro mormorii; flebili, infidi… supplichevoli. Malgrado i numerosi ospiti che ancora ricevevano, nessuno era stato in grado di dar loro una risposta, di dar loro una voce. Esseri senza guscio e senza alcun potere, venivano semplicemente ignorati.
Anno dopo anno, la loro agonia continuava inesorabile. Quell’incubo perdurava, mascherato da innocente gioco di un’infanzia a loro rubata. Fino a quel giorno. Fino alla notte di Samhain.
Fino a che lei non arrivò.
La casa si ridestò dal suo sogno; loro si risvegliarono e il male, che assopito aveva pazientemente atteso nel cuore oscuro di quella dimora, ritornò alla vita.
Eppure lei non gli diede alcun credito. Perché mai avrebbe dovuto temere quel male?
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

7.

 

 

 

E

ra soffocante. Malgrado l’aria derelitta che le riempiva i polmoni di polvere a ogni respiro, nel frangente di tempo in cui era rimasta sola con Emily e Keiran, il salotto le era quasi parso accogliente; un luogo caldo e tranquillo. Quel fragile equilibrio si era tuttavia infranto con il ritorno dei ragazzi. Con loro, un’atmosfera tesa e impregnata di paura era discesa nella sala come un velo opprimente, ricoprendo ogni angolo, ogni dettaglio. Si era avviluppata al suo corpo, facendole formicolare la pelle con fastidiosa insistenza. Da allora, Alex si sentiva accaldata, nonostante il freddo che s’insinuava attraverso i muri marci della villa. La presenza di altri individui che si muovevano attorno a lei senza uno scopo preciso la faceva sentire accerchiata e intrappolata. Il bisogno di uscire da lì, dapprima solo una sensazione irritante, si fece sempre più intollerabile.

Strinse i pugni, cercando di calmarsi. Alla fine, c’erano pur sempre delle buone notizie nell’aria.

Una pecorella aveva smarrito la strada per l’ovile.

E i lupi l’avevano ghermita nelle loro fauci.

Fremette. Le sue mani ebbero un leggero spasmo. Protetta dal cappuccio della mantella, Alex si ritrovò a sorridere. Gli eventi si erano messi in moto; il gioco era iniziato e chiunque fosse il loro avversario aveva già attuato la propria mossa. Mentre loro…

Voltò lo sguardo colmo di disappunto. Seduta al suo fianco sull’imbottitura logora del divano, Emily continuava a rigirare tra le dita il cellulare di Leyla con gesti meccanici. Ormai non lo guardava nemmeno; si limitava a osservare il vuoto davanti a lei, lo sguardo vacuo. Sarah, in equilibrio sul bracciolo, si limitava ad accarezzarle la schiena e a scrutarla con apprensione.

«Dove l’avete trovato?» mormorò Emily, la voce flebile.

Ren, impegnato in un’accesa discussione con Mark per riuscire a ricostruire i fatti, si bloccò. I ragazzi si voltarono entrambi nella sua direzione. Persino John e Dakota, rimasti in disparte accanto al caminetto, si azzittirono e attesero una risposta.

«Al primo piano, vicino la zona del dormitorio» rispose Mark, l’espressione colpevole che gli ammorbidiva i lineamenti del volto. «Non faceva altro che lamentarsi, per cui l’abbiamo preceduta e un attimo dopo puff… sparita. Siamo subito ritornati indietro e abbiamo trovato il suo cellulare per terra.»

«Mi dispiace» aggiunse in fretta Sarah. «Eravamo sicuri che fosse dietro di noi.»

«Forse si è solo infilata in una stanza per smaltire la sbornia» meditò Gregory, ma Mark scosse il capo. «Abbiamo guardato ovunque, ma non c’era alcuna traccia della sua presenza.»

Alex si lasciò sfuggire un sospiro. Proprio si capacitava della loro preoccupazione. Senza Leyla, le loro probabilità di uscire da quella casa infestata si erano alzate di molto, quindi perché angosciarsi tanto invece di elaborare un piano di fuga?

«Beh, andate a cercarla con una bottiglia di vodka alla fragola» commentò alla fine, esasperata da quegli sproloqui. «Se la lanciate in aria magari lei comparirà all’improvviso prendendola in bocca.»

I ragazzi si azzittirono. Improvvisamente al centro dell’attenzione, Alex si accorse dello sguardo esterrefatto che Emily le rivolse. «Alex! Leyla non è un cane.»

In tutta risposta, si limitò a ricambiare il suo sguardo con un sopracciglio alzato in modo plateale.

Emily strinse le labbra, per poi scuotere il capo. «Sei davvero scorretta quando fai così…»

«Little Bunny! Così mi offendi!» sbottò lei. «Quando mai sono stata corretta?»

«Ok, ora basta!» Ren si mise in mezzo, posizionandosi davanti a Emily con un’espressione scura in volto. Sentendosi minacciata dalla sua presenza, la ragazza sembrò sprofondare ancora di più sul sofà.

«Tu, a cuccia!» esclamò Ren rivolto verso Alex, che aveva appena spalancato la bocca per ribattere o per ringhiare a difesa dell’amica. «Emily, presta attenzione qui» continuò, schioccando le dita davanti alla bionda. «Ho bisogno di saperlo e sii sincera. Quanto sei legata a tua cugina?»

Quella domanda la prese in contropiede. Emily lo guardò con occhi sgranati e confusi, incerta su come rispondere, più preoccupata delle implicazioni della sua risposta che dell’effettiva realtà dei fatti.

«Ren, non mi pare il caso…» intervenne Gregory, ma il ragazzo si limitò a liquidarlo con un gesto della mano, gli occhi ancora puntati sulla ragazza.

Alla fine, Emily sospirò.  «Beh, in realtà non molto. Però…»

«Ottimo, possiamo concentrarci su altro.» Ren batté le mani, ignorando completamente il resto della frase. Richiamò l’attenzione generale mettendosi al centro della sala, senza badare all’occhiata di fuoco che la ragazzina gli rivolse. Mark, Dakota e John furono subito al suo fianco, mentre il resto dei ragazzi si accomodò accanto al divano. Nonostante fossero accomunati dal medesimo destino, la divisione netta dei due gruppi era palpabile, così come l’elemento discordante. Dal canto suo, Alex si limitò a scoccare a quel raduno uno sguardo annoiato, pronta a udire l’ovvietà.

«Non ci sono modi più gentili per dirlo» sospirò Ren, passandosi una mano sul collo. «Per cui ecco la nostra attuale situazione: siamo bloccati qui, isolati, senza alcun modo di comunicare con l’esterno. La nostra migliore alternativa è quella di rimanere in questa stanza e aspettare il mattino, quando ormai sarà chiaro della nostra scomparsa. Se siamo fortunati, qualcuno avvertirà la polizia e saranno loro a occuparsi di Leyla.»

«Scusate l’interruzione, ma non credo sia così semplice» sentenziò Gregory, facendo un passo avanti. «Nessuno di noi ha riferito ai propri genitori quale fosse la nostra destinazione e inoltre Keiran e Leyla erano attesi alla festa di Jason. A meno che non abbiate detto ai vostri amici che eravate diretti qui, dubito che i soccorsi arriveranno in fretta. Per loro potremmo essere ovunque.»

Dakota scoccò uno sguardo spaventato a John, il quale scosse il capo. Dunque era vero. Nessuno dei loro conoscenti era a consapevole del loro programma di passare la notte a Pennington Mansion.

«Non potremmo semplicemente appiccare un fuoco da qualche parte?»

Molteplici sguardi si voltarono verso Mark. Aveva parlato con sufficienza, nonostante avesse infilato le mani nelle tasche dei jeans per non lasciar intravedere il loro tremore. Notando la reazione generale, si schiarì la gola. «Voglio dire, un fuoco risulterebbe visibile anche da lontano, per cui qualche passante chiamerà istintivamente i vigili del fuoco. Risparmieremo un sacco di tempo.»

«E nel frattempo rischieremo di morire asfissiati o bruciati. No, grazie» commentò Dakota, incrociando le braccia al petto.

«Perché, preferisci rimanere qui a non far nulla?»

La ragazza strinse le labbra, stranamente sulla difensiva.

Alex chiuse gli occhi e reclinò il capo all’indietro. Tutte quelle chiacchiere non erano di nessun aiuto. Inspirò profondamente, cercando di ignorare il fastidioso brusio che le faceva pulsare i timpani. La tensione nel suo corpo si stava accumulando sempre di più. Si voltò e aprì gli occhi, accorgendosi dell’espressione pensosa che Keiran aveva assunto al suo fianco. Non lo conosceva così intimamente da catalogare le piccole variazioni del suo volto in base alle emozioni, ma dallo sguardo fisso e dalla piccola ruga d’espressione apparsa al centro della sua fronte, stava certamente ponderando qualcosa. Inoltre, non era nella sua natura ilare rimanere in silenzio per un tempo così lungo senza risultare preoccupante.

Il ragazzo tese il braccio ammaccato, aprendo e chiudendo il pugno per essere certo di essersi ripreso, per poi accorgersi del suo sguardo. Keiran si voltò e la guardò con un’espressione a lei estranea. Alex dischiuse le labbra, stupita da quella reazione, ma prima ancora di riuscire a darle un nome, il ragazzo aveva già rivolto la sua attenzione verso Ren.

«Che cosa intendi con “siamo bloccati qui”? Vuoi dire che non ci sono vie di fuga o che non possiamo crearne?»

Ren interruppe il suo sproloquio e lo scrutò sospettoso. «C’è differenza?»

«Rispondi e basta.»

Nel vedere il scetticismo sul volto del ragazzo, fu Gregory a farlo al posto suo. «Abbiamo provato a infrangere una delle finestre al piano superiore, eppure non siamo riusciti a procurarle nemmeno la più piccola scalfittura.»

«Capisco…» mormorò Keiran, per poi alzare lo sguardo per scrutare tutti i presenti. «Potete dirmi che ore sono?»

«E questo che c’entra?» chiese Emily, dando voce al pensiero comune.

«Assecondatemi» mormorò, in un tono stranamente gentile quanto agghiacciante.

Nonostante la confusione generale, tutti obbedirono ed, eccetto Alex, estrassero i loro cellulari. Quando confrontarono l’orario che spiccava sui loro schermi, un silenzio opprimente cadde nella stanza. Sotto lo sguardo shockato dei ragazzi, le cifre erano le medesime: 23.15.

L’ora in cui era stata in atto la seduta.

Keiran soffocò un’imprecazione tra i denti. «È come temevo.»

«Spiegati meglio» sbottò Ren.

«Non siamo bloccati qui. Siamo stati intrappolati.» Ignorando il sussulto di Emily, Keiran prese a camminare per la stanza, tradendo il suo nervosismo. «Avevo sentito storie di spiriti così potenti e antichi da riuscire a rinchiudere le loro vittime nei meandri dei castelli abbandonati per poi… cibarsi della loro essenza. Non avrei mai pensato di finire sul menù di uno di loro, benché meno sul suolo americano» finì di spiegare con un certo disappunto.

«E come facciamo a liberarci, Signor Esperto?»

Keiran trattenne uno sbuffo e si pizzicò il setto nasale. «Non possiamo fare proprio niente. Solo lo spirito che ha creato la barriera può discioglierla, oppure…  potremmo provare a esorcizzarlo. Non sarà semplice, però è pur sempre una soluzione.»

I ragazzi si scambiarono diversi sguardi confusi e preoccupati, ma fu Gregory a parlare per primo. «Keiran. Che cosa succederà se non ci riusciamo?»

Il ragazzo si limitò a scuotere le spalle. «Allora rimarremmo bloccati qui finché non moriremo. O peggio.»

 

 

 

Scoppiò un putiferio.

Per un momento, Alex aveva davvero contemplato la possibilità di cavarsela senza troppi problemi, ragionando sul da farsi ed elaborando un buon piano contemplando ogni imprevisto possibile insieme agli altri. Ma dopo pochi istanti, si ritrovò a chiudere gli occhi, immaginandosi seduta nella sua tavola calda preferita, con davanti uno sfarzoso hamburger doppiamente farcito e un zuccheroso milkshake alla fragola. Con panna.

Tutto, pur di isolare il caos che la circondava.

I ragazzi parlavano contemporaneamente, mangiandosi le parole a vicenda. Alcuni di loro sommersero Keiran di domande, mettendolo in difficoltà, finché una voce non superò il caos.

«Fermi tutti!» tuonò John, improvvisamente pallido nonostante la carnagione scura.

Al suo fianco, Mark sbuffò. «Che c’è ora?»

«Che c’è?» controbatté il ragazzo, lo sguardo stralunato. «Sono nero, fratello. So come vanno queste cose e per me non si mette bene.»

«Come se per noi andasse meglio!» Dakota sbatté i piedi per terra, gli occhi che le luccicavano.

Ren si stropicciò la faccia con una mano. «Beh, John. Direi che oggi è il tuo giorno fortunato. L’oca bionda ti ha surclassato e ha ottenuto il primo posto nella lista delle vittime. Dopo il nero chi viene? Il secchione o lo sportivo? Gregory, preparati…»

Nell’udire quell’insinuazione, Emily scattò in piedi dirigendosi verso di lui, stringendo i pugni come se fosse sul punto di picchiarlo. «Rennis! Sul serio?»

Lui si limitò a fare spallucce. «Beh, perché preoccuparsi? Abbiamo il nero, il fattone, lo scheletro ambulante, il secchione, la cinese, l’irlandese uscito da un libro di fiabe e sua Asprissima Altezza del regno di Menefreghismolandia con al seguito la sua depravata fata madrina. Direi che c’è solo l’imbarazzo della scelta. Meglio di un buffet all you can eat.»

Sarah fischiò lievemente, sorpresa quanto lieta del fatto che il ragazzo non l’avesse scambiata per una coreana o una vietnamita, sebbene fosse l’unica a non sembrare offesa da quel commento. I suoi amici non la presero affatto meglio.

In tutto quel trambusto, Alex si limitò a stiracchiarsi, lanciando al ragazzo uno sguardo di sufficienza. Le mani le fremevano così tanto che per un attimo temette di perdere il controllo di sé e di scagliarsi contro di lui. Si stava avvicinando al limite. «E tu saresti il bel principe del reame di Stronzolandia?»

Ren si voltò verso di lei, rivolgendole un sorriso sghembo. «Oh, quindi sono bello? Che ne dici di una negoziazione orizzontale per unire i nostri due regni?»

«Preferirei seguire l’esempio di Tepes¹ e ridecorare il giardino» mormorò in risposta, senza una qualsivoglia di sentimento nella voce.

Gregory si mise fisicamente tra loro, fulminando entrambi con lo sguardo. «Ok, ora basta. Cerchiamo di rimanere seri! Dobbiamo elaborare un piano.»

Per un momento, Alex sentì l’impulso irrefrenabile di abbracciarlo, tanto che si dimenticò completamente della presenza di Ren. Finalmente!

«Esatto. Greg ha ragione» assentì Emily. A poco a poco nella stanza tornò la calma, mentre ognuno di loro cercava di ragionare sul da farsi. Fu la ragazzina a incominciare a esprimere le proprie idee. «Per prima cosa dobbiamo trovare…»

Trovare una mappa dello stabile in modo da potersi orientare come si deve. Citò mentalmente Alex.

«…del sale» concluse la bionda.

Dapprima Alex annuì, convinta di aver sentito bene, ma quando si rese conto di ciò che era uscito dalle labbra dell’amica, sbatté le palpebre cercando di allontanare la propria confusione.

«Del sale? E a cosa ci servirebbe?» chiese Mark, sorpreso così come la maggior parte di loro.

«Dobbiamo metterlo sulle porte in modo da formare una linea, così gli spiriti non possono oltrepassarlo e raggiungerci» spiegò pratica Emily con un’espressione seria. «E poi…»

Cercare indizi per capire che cosa è accaduto veramente tra queste mura. Continuò Alex.

«Ci servirà anche del ferro allora» sentenziò Sarah. Emily s’illuminò e, accorgendosi della loro intesa, le diede il cinque.

«Ma che…» Dakota scosse la lunga chioma nera, completamente spiazzata.

«Qualcuno ha visto troppi episodi di Supernatural» sentenziò Ren con un sospiro, per poi voltarsi verso Keiran, che era leggermente sbiancato. «Signor Esperto, dici che potrebbe funzionare?»

Tentare un contatto con i locali e scoprire che cosa li tiene legati a questo posto. Finì di elencare Alex, annuendo soddisfatta, senza destare alcun sospetto. Poi il suo sguardo si rabbuiò. Protetta dal cappuccio della mantella, si morse l’interno della guancia. La sua priorità rimaneva sempre la stessa.

Il rosso sospirò e assentì nonostante non sembrasse del tutto convinto. «Considerando che molte delle idee sviluppate in quel genere di telefilm provengono da antiche credenze popolari, direi che sì, dovrebbe andare. Per il ferro non credo ci siano problemi, ma come ci procuriamo del sale?» Il dubbio di Keiran si propagò per la sala.

«Controlleremo la dispensa e mal che vada dovremmo accontentarci di giocare a baseball con gli attizzatoi» commentò Ren, massaggiandosi le tempie.

«E, dato che ci siete, potete anche provare a bruciare del rosmarino e dell’alloro² se li trovate.»

Tutti si voltarono verso Alex. Aveva parlato con noncuranza, continuando a rimanere spaparanzata sul divano in un atteggiamento che rasentava l’annoiato. Tuttavia, i suoi occhi continuavano a sondare la sala con intensità, saettando tra i ragazzi senza mai soffermarsi troppo su ognuno di loro. Erano rivolti quasi sempre in una sola direzione.

«Sei sicura?» le chiese Emily, un sopracciglio alzato.

Alex fece spallucce. «L’ho letto in un libro di erbologia.»

«Ok, ma per l’esorcismo?» domandò John. «Potremmo anche trovare qualcosa per difenderci, ma come facciamo a sconfiggere ciò che ci tiene bloccati qui senza un’adeguata formula?»

A quella domanda, Alex si paralizzò. Non appena sentì lo sguardo di Emily posarsi su di lei, capì quello che stava per accadere e incominciò a sudare freddo. Doveva evitarlo, a tutti i costi. Non poteva permettersi altri contrattempi e fare parte di quel piano strampalato equivaleva a farsi incatenare in quella topaia finché qualcuno non avrebbe rinvenuto il suo cadavere in pieno rigor mortis completo di gestacci. Fece per aprire la bocca, la risposta che fremeva sulla lingua, ma Emily fu più veloce.

«Alex conosce il latino! Ha frequentato una scuola cattolica quando era piccola, per cui è perfetta.»

La blasfemia che le rimase incastrata in gola rischiò di strozzarla.

«È vero, l’ho sentita!» Infierì Mark, mentre Alex tossiva. «Com’era quella cosa? …Ipa benana… Ipsa vebibas…» continuò puoi, l’espressione concentrata del suo viso poteva risultare comica.

«Ipse venena bibas³» tossì Alex, incapace di trattenersi oltre. Il sangue, che fino a quel momento le era bruciato nelle vene, s’incendiò. Una pulsazione fastidiosa le fece contrarre il sopracciglio involontariamente.

«Esatto!» Mark annuì soddisfatto, per poi replicare l’espressione confusa dei suoi amici. «Che vuol dire?»

Alex lo guardò con un’espressione svuotata. «È un frammento proveniente dalla Croce di San Benedetto. Chiunque conosce quella formula.»

Mark si limitò a osservarla in silenzio, così come gli altri. Emily la guardava colma di aspettativa, pronta a carpire qualsiasi informazione utile, mentre Sarah aveva già recuperato il suo block-notes. Solo Keiran sembrava avere qualche speranza. Vedendola in quello stato, Ren si era allontanato rispetto alla sua posizione, probabilmente per evitare di far notare a tutti il suo disperato tentativo di non scoppiare a ridere.

Alex gemette. «Vade retro, Satana?»

Nell’udire tale informazione, i ragazzi annuirono come se fosse ovvio.

«Ah, L’esorcista! Perché non l’hai detto prima?» Commentò John.

Alex rimase in un religioso silenzio; qualcosa dentro di lei si spense.

«Bene. Direi che è fatta» sentenziò vittorioso Mark, nonostante le espressioni dubbiose di Keiran e Gregory, ancora concentrati sulla ragazza.

«Direi esattamente l’opposto.» Alex si alzò, sgranchendosi le gambe. Non perse tempo a considerare le occhiate confuse che le rivolsero e andò a recuperare la sua borsa.

Mark si mise sulla sua strada. «Cosa vorresti dire?»

Lanciandogli un’occhiataccia, Alex lo scansò e si concesse un attimo di tempo per controllare che ogni cosa fosse al suo sposto. Soddisfatta, s’infilò la tracolla sotto la mantella e si diresse verso la porta.

«Non contate su di me per questa pagliacciata. Me ne chiamo fuori.» Fu la sua unica risposta.

A quel punto, Mark la bloccò fisicamente afferrandola per un braccio. Lo sguardo di Alex si posò prima sulla mano che l’aveva fermata, per poi risalire e indugiare sul viso del ragazzo. Non sembrava arrabbiato; dall’espressione del suo volto risultava solo stupito, quasi scioccato. In quello stato le parve quasi tenero e ciò le permise di non saltargli addosso nel tentativo di ucciderlo.

«E quindi non ci aiuterai?» le chiese lui. «Ma siamo tutti sulla stessa barca, insomma… non siamo amici? Non dovremmo cooperare?»

Agitando il braccio, Alex si liberò della sua presa, ma non si mosse. Avvertiva su di sé gli sguardi di tutti e capì la loro silenziosa richiesta. Aiutarli avrebbe significato molte cose, nessuna delle quali rientrava nel suo programma. Né nei suoi desideri. O nei propositi per l’anno nuovo. Rimanere nelle retrovie ad attendere che qualcuno compisse una decisione sbagliata era più rischioso che procedere in prima linea dritto fino al nemico. Fremette. Qualcosa dentro di lei si sciolse e, prima ancora di rendersene conto, si ritrovò a ricambiare Mark con un sorriso talmente teso da farle dolere i muscoli facciali.

«Non ci penso proprio» esclamò. «Noi non siamo amici. Anzi, non vi reputerei nemmeno conoscenti se non per etichettarvi sotto la categoria di persone moleste e irritanti. Per cui non vi devo alcunché, figuriamoci un aiuto. E ora, se volete scusarmi…»

Non appena ebbe dato voce ai suoi pensieri, si sentì molto più leggera, come se si fosse liberata dal groppo che l’aveva infastidita per tutta la sera. Ignorando le espressioni scioccate che incontrava al suo passaggio, si diresse verso la porta, pronta ad andarsene. Tuttavia, qualcun altro fu di tutt’altra idea.

«Alex, aspetta!»

Alex si voltò verso Emily, rivolgendole uno sguardo rassicurante. «Non preoccupatevi. Per il momento rimanete con loro. Verrò a prendervi quando…»

«…Quando riuscirai a uscire da qui» concluse Ren per lei. Scosse il capo, esasperato, soprapponendosi tra lei e la sua meta. «Per quanto vorrei io stesso prenderti a calci per sbatterti fuori, è troppo pericoloso e tu lo sai bene. Qualsiasi strampalata idea tu abbia in mente, scordatela. Non funzionerà mai.»

Alex si limitò a osservarlo impassibile.

«Ma io non corro alcun rischio» inclinò il capo. «E nemmeno tu a quanto sembra. Sentiti rincuorato. Di solito nei film horror sopravvivono i personaggi più inutili. Quindi non hai nulla da temere.»

«Ragazzi siamo seri. Qui potrebbe morire qualcuno. E Alex, concordo con Ren!»

Alex si voltò verso Gregory, quasi emulando lo sguardo sorpreso di Ren. Mark e Dakota, invece, si limitarono a osservare la scena con astio mal celato.

Alex sospirò, coprendosi gli occhi con una mano. «Dei, non credevo di essere morta durante la possessione e di essere costretta a rimanere intrappolata in questa stanza per l’eternità. Dov’è un ufficio reclami quando serve?»

Ren le si avvicinò, costringendola ad arretrare per non scontrarsi fisicamente con lui, allontanandosi così dalla porta. «Ora smettila di comportarti in modo infantile e lasciaci fare la nostra parte.»

«Non credo che questo abbia qualcosa a che vedere con te» sentenziò lei.

«Non costringermi a ricorrere alle maniere forti.»

«O cosa? Mi legherai? Mi chiuderai a chiave da qualche parte? Ah, no. Aspetta. Lo stai già facendo.» Incrociò le braccia al petto. «Dovrai impegnarti un po' di più per intimidirmi.»

Un pigro sorriso sghembo illuminò il volto di Ren. «Non preoccuparti di questo. Ho in mente cose ben peggiori se ti ostini a fare di testa tua. Non costringermi a usare una ball gag per farti star zitta.»

Alex si bloccò, tant’è che si ritrovarono a un respiro di distanza l’uno dall’altra. Tra di loro, l’atmosfera era carica di elettricità, al punto che per un istante Emily decise d’intervenire. Stava per scattare ai due una foto con il cellulare, sotto lo sguardo curioso di Sarah, quando un urlo fece sussultare i presenti.

«Basta! Non ne posso più!»

Alex e Ren si voltarono verso Dakota, entrambi con una smorfia annoiata dipinta in faccia.

La ragazza era sull’orlo delle lacrime. «Non è giusto! Questa notte doveva essere speciale! Avevo già programmato ogni cosa! E invece siete comparsi voi e…» si morse il labbro inferiore.

«Che cosa intendi?» le chiese Mark, aggrottando le sopracciglia.

Dakota emise un verso stridulo. «Io e Ren… Io e Ren avremmo dovuto farlo, mentre voi sfigati ci stavate dando dentro con l’alcool. Ed ecco che è tutto svanito nel nulla! E per di più lei…»

Tra tutti, quello più perplesso era proprio Ren.

«Io?»

Dakota lo raggiunse, nascondendo il viso sul suo petto.

«Non è giusto. Ma io…»

Si bloccò quando Ren l’afferrò per le spalle e l’allontanò da sé infastidito. «Dakota, io non voglio fare sesso con te» disse senza troppi preamboli. «Seriamente, bambina. Credi che dopo esserti ripassata Frank e John la settimana scorsa avrei davvero contemplato l’idea di concludere qualcosa? Ma per favore…»

Tra l’imbarazzo di John e la crisi isterica di Dakota, Ren sembrava del tutto a suo agio, al contrario degli altri spettatori di quella squallida soap opera. Mark ribolliva di rabbia, Gregory e Keiran erano visibilmente a disagio, mentre Emily e Sarah erano così concentrate su ciò che stava accadendo da non accorgersi che lo sguardo di Alex andava in tutt’altra direzione rispetto ai loro. Non si scompose nemmeno quando la ragazza cercò di graffiare Ren per la rabbia e l’umiliazione, né distolse lo sguardo dal soffitto quando lui sghignazzò divertito da quell’attacco.

«Mettiamo le cose in chiaro una volta per tutte. Io non sono un vibratore che puoi usare a tuo piacimento. Vallo a comprare nel negozio cinese vicino casa tua se proprio ne hai bisogno, ma io ho dell’amor proprio. Mannaggia a voi ragazze e alle fantasie pornografiche che vi regalano quei libri assurdi che vi ostinate a leggere! Abbiamo ben altre priorità qui! Ricordi? Leyla sparita, fantasmi ovunque? E dire che sei stata tu a narrare la storia, dovresti saperlo meglio di chiunque altro che non abbiamo tempo per queste cazzate.»

Senza dargli il tempo di finire il suo sproloquio, Dakota scoppiò in lacrime e si diresse di corsa fuori dal salotto, scomparendo alla vista.

Nella stanza cadde un silenzio teso, finché Ren non sbuffò sonoramente.

«Perfetto. Qualcun altro? Così possiamo giocare a nascondino e il primo che trovo lo strozzo con le mie mani.»

«Dobbiamo correrle dietro prima che si faccia ammazzare!» sbraitò Mark, pronto a uscire, finché non si rese conto che l’attenzione di Ren era da tutt’altra parte.

Il ragazzo si rivoltò verso Alex, per poi gemere dallo sconforto.

«Smettila di fare così.»

Lei sussultò. Distolse lo sguardo e per poi voltarsi verso di lui con un’occhiata apatica. «Fare… cosa?»

Ren alzò un braccio e la indicò con un gesto sbrigativo della mano. «Questo.»

Alex si limitò a inarcare le sopracciglia

«Ti comporti come se non te ne importasse nulla.»

«Forse perché è così?» sbuffò sonoramente in risposta. «Avete finito? Posso andare ora?»

«No!»

«Ren! Dakota è…!»

«Mark, parlaci tu con tua sorella, per l’amor del cielo!»

«Ragazzi, calma…» esortò Keiran, cercando di rabbonire gli animi. «Non dobbiamo dimenticarci dell’obiettivo primario…»

«Esatto!» concordò Emily. «E poi Leyla è ancora là fuori da qualche parte.»

Alex si avvicinò alla porta rimasta socchiusa dopo l’uscita di scena di Dakota. Fece per afferrare la maniglia, ma poi si bloccò. Girandosi, puntò la sua attenzione su Ren.

«Hanno ragione, Ren. Avete delle priorità a cui badare e poi credo che ognuno debba risolvere da solo i propri problemi. E tu ne stai accomunando davvero molti.»

Il ragazzo la fulminò con lo sguardo. «Alex, non ti azzardare…»

«Perché?» lo sfidò.

«Perché? È ovvio che qualcosa c’è l’abbia con te! E tu…»

La smorfia di Alex le illuminò il volto come una ferita. «Allora non dovrai temere alcun male. Dopotutto… non sono un tuo problema!» tuonò alla fine, oltrepassando la soglia.

Ren si gettò verso di lei, pronto a ghermirla. I loro occhi s’incrociarono per una frazione di secondo, colmi di una rabbia incontrollata pronta a esplodere. Poi la porta si chiuse improvvisamente tra di loro con un tonfo talmente forte da farla balzare all’indietro.

Alex incespicò, osservando esterrefatta l’uscio che si scuoteva, completamente paralizzata da quell’evento improvviso. La maniglia continuava a girare a vuoto, mentre le imprecazioni di Ren e le urla colme di panico di Emily riempivano l’aria come singhiozzi soffocati.

Si concesse qualche respiro profondo, dopodiché voltò lo sguardo.

Li ignorò.

«Questo sì che è conveniente» mormorò tra sé, mentre scrutava il corridoio nella penombra. La luce delle lampade a muro tremolava fievolmente, per poi acquietarsi di colpo. Una risata infantile risuonò nell’ombra.

Inclinò il capo socchiudendo gli occhi. La pelle iniziò a formicolarle nell’udire quei sussurri.

Alzò nuovamente lo sguardo verso il soffitto, le pupille ridotte a due fessure.

«Sì, si stanno muovendo…» mormorò.

Ritornò a fissare l’oscurità che incombeva su di lei e passo dopo passo vi si inoltrò. Un sorriso spietato le illuminò il viso. Finalmente… La libertà aveva un sapore così dolce.

 

 

 

Nel buio, quella melodia mormorata tra le labbra chiuse risuonava tra gli ambienti deserti. Una cadenza di note antiche come una leggenda. La bambina continuò a dondolare le gambe, seduta sull’orlo della voragine e incurante del vuoto che incombeva su di lei. Tra le mani, teneva aperto un vecchio diario consunto. In alcuni punti, l’inchiostro della penna risultava sbiadito a causa del tempo, ma a lei non importava. Sapeva a memoria il suo contenuto, la sua storia, le sue memorie. Aveva visto nascere quel racconto, l’aveva guidato durante la sua stesura e ne era diventata parte. Parte di una favola dove il lupo mangia a uno a uno gli agnelli per poi giacere sopra le loro ossa.

Le sue labbra si tesero in un lieve sorriso e smise di cantare. Accarezzò le pagine con la punta delle dita pallide e poi richiuse il diario. Se lo portò al petto e si alzò, andando a riporlo al sicuro dentro al baule. Ci sarebbe voluto ancora qualche tempo, ma ne era convinta.

Richiuse il coperchio. Dietro di lei, Dorian la guardava con palese disappunto. I suoi occhi neri erano pozzi di tenebra.

Dahlia inclinò il capo, lo sguardo lontano così simile al fratello, in ascolto.

… Si sta muovendo…

Si voltò verso il fratello. Lui non si mosse.

…Perché?...

…Non dovremmo. Lo sai…

…Ha solo bisogno di tempo…

…E poi?...

Dahlia accarezzò il coperchio del baule.

…Poi noi fermeremo…

Si bloccò. Un movimento improvviso fece voltare entrambi i gemelli verso l’oscurità che li avvolgeva. Seppur incerta, quella presenza avrebbe potuto compromettere tutto. Rimasero in silenzio, i sensi in allerta pronti a captare ogni altra anomalia. Alla fine, Dorian prese per mano la sorella.

…Dobbiamo andare…

 

 

 

 

¹ Vlad Tepes, conosciuto come l’Impalatore.

² Secondo antiche credenze, il rosmarino possiede potenti proprietà terapeutiche e allontana gli spiriti maligni, oltre che spezzare maledizioni. Stessa cosa vale per l’alloro che, se bruciato, purificherebbe gli ambienti.

³ Tradotto: bevi tu stesso i tuoi veleni.

 

 

 

 

 

Alleluja!

Finalmente incominceranno ad apparire i cadaveri! Non vedevo l’ora.

Io stavo schizzando male, Alex pure, Ren altrettanto, quindi party hard :3

Scherzi a parte, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento. Purtroppo tra la peste che mi percula e ritorna a bussare alla mia porta, impegni vari e momenti di sconforto, ci ho messo un po', ma come potete vedere è abbastanza chilometrico. Sono, tuttavia, incerta su alcuni punti, quindi sentitevi pure liberi di dire che è una merda ahahah

Vi anticipo già, che i prossimi due capitoli saranno temporalmente uguali. Un po' come nel capitolo 6.

In uno vedremo il tentato stupro di Ren, nell’altro misteri misteriosi.

Sono troppo teneri, lo so :3

Ringrazio tutti coloro che hanno messo questa storia nelle loro liste e lasciato una recensione ^^

Avviso: a fine mese ho la conclusione di due contest, per cui il prossimo aggiornamento potrebbe risentirne. Cercherò ovviamente di fare del mio meglio, ma per sicurezza ho voluto avvertirvi.

Vi auguro un buon weekend e alla prossima 😉

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: AlenGarou