7.
E |
ra
soffocante. Malgrado l’aria derelitta che le riempiva i polmoni di polvere a
ogni respiro, nel frangente di tempo in cui era rimasta sola con Emily e
Keiran, il salotto le era quasi parso accogliente; un luogo caldo e tranquillo.
Quel fragile equilibrio si era tuttavia infranto con il ritorno dei ragazzi.
Con loro, un’atmosfera tesa e impregnata di paura era discesa nella sala come
un velo opprimente, ricoprendo ogni angolo, ogni dettaglio. Si era avviluppata
al suo corpo, facendole formicolare la pelle con fastidiosa insistenza. Da
allora, Alex si sentiva accaldata, nonostante il freddo che s’insinuava
attraverso i muri marci della villa. La presenza di altri individui che si
muovevano attorno a lei senza uno scopo preciso la faceva sentire accerchiata e
intrappolata. Il bisogno di uscire da lì, dapprima solo una sensazione
irritante, si fece sempre più intollerabile.
Strinse i pugni, cercando di calmarsi. Alla fine,
c’erano pur sempre delle buone notizie nell’aria.
Una pecorella aveva smarrito la strada per l’ovile.
E i lupi l’avevano ghermita nelle loro fauci.
Fremette. Le sue mani ebbero un leggero spasmo.
Protetta dal cappuccio della mantella, Alex si ritrovò a sorridere. Gli eventi
si erano messi in moto; il gioco era iniziato e chiunque fosse il loro
avversario aveva già attuato la propria mossa. Mentre loro…
Voltò lo sguardo colmo di disappunto. Seduta al suo
fianco sull’imbottitura logora del divano, Emily continuava a rigirare tra le
dita il cellulare di Leyla con gesti meccanici. Ormai non lo guardava nemmeno;
si limitava a osservare il vuoto davanti a lei, lo sguardo vacuo. Sarah, in
equilibrio sul bracciolo, si limitava ad accarezzarle la schiena e a scrutarla
con apprensione.
«Dove l’avete trovato?» mormorò Emily, la voce flebile.
Ren, impegnato in un’accesa discussione con Mark per
riuscire a ricostruire i fatti, si bloccò. I ragazzi si voltarono entrambi
nella sua direzione. Persino John e Dakota, rimasti in disparte accanto al
caminetto, si azzittirono e attesero una risposta.
«Al primo piano, vicino la zona del dormitorio» rispose
Mark, l’espressione colpevole che gli ammorbidiva i lineamenti del volto. «Non
faceva altro che lamentarsi, per cui l’abbiamo preceduta e un attimo dopo puff…
sparita. Siamo subito ritornati indietro e abbiamo trovato il suo cellulare per
terra.»
«Mi dispiace» aggiunse in fretta Sarah. «Eravamo
sicuri che fosse dietro di noi.»
«Forse si è solo infilata in una stanza per smaltire
la sbornia» meditò Gregory, ma Mark scosse il capo. «Abbiamo guardato ovunque,
ma non c’era alcuna traccia della sua presenza.»
Alex si lasciò sfuggire un sospiro. Proprio si
capacitava della loro preoccupazione. Senza Leyla, le loro probabilità di
uscire da quella casa infestata si erano alzate di molto, quindi perché angosciarsi
tanto invece di elaborare un piano di fuga?
«Beh, andate a cercarla con una bottiglia di vodka
alla fragola» commentò alla fine, esasperata da quegli sproloqui. «Se la lanciate
in aria magari lei comparirà all’improvviso prendendola in bocca.»
I ragazzi si azzittirono. Improvvisamente al centro
dell’attenzione, Alex si accorse dello sguardo esterrefatto che Emily le
rivolse. «Alex! Leyla non è un cane.»
In tutta risposta, si limitò a ricambiare il suo
sguardo con un sopracciglio alzato in modo plateale.
Emily strinse le labbra, per poi scuotere il capo. «Sei
davvero scorretta quando fai così…»
«Little Bunny! Così mi offendi!» sbottò lei. «Quando
mai sono stata corretta?»
«Ok, ora basta!» Ren si mise in mezzo, posizionandosi
davanti a Emily con un’espressione scura in volto. Sentendosi minacciata dalla
sua presenza, la ragazza sembrò sprofondare ancora di più sul sofà.
«Tu, a cuccia!» esclamò Ren rivolto verso Alex, che
aveva appena spalancato la bocca per ribattere o per ringhiare a difesa
dell’amica. «Emily, presta attenzione qui» continuò, schioccando le dita
davanti alla bionda. «Ho bisogno di saperlo e sii sincera. Quanto sei legata a
tua cugina?»
Quella domanda la prese in contropiede. Emily lo
guardò con occhi sgranati e confusi, incerta su come rispondere, più
preoccupata delle implicazioni della sua risposta che dell’effettiva realtà dei
fatti.
«Ren, non mi pare il caso…» intervenne Gregory, ma il
ragazzo si limitò a liquidarlo con un gesto della mano, gli occhi ancora puntati
sulla ragazza.
Alla fine, Emily sospirò. «Beh, in realtà non molto. Però…»
«Ottimo, possiamo concentrarci su altro.» Ren batté le
mani, ignorando completamente il resto della frase. Richiamò l’attenzione
generale mettendosi al centro della sala, senza badare all’occhiata di fuoco
che la ragazzina gli rivolse. Mark, Dakota e John furono subito al suo fianco,
mentre il resto dei ragazzi si accomodò accanto al divano. Nonostante fossero
accomunati dal medesimo destino, la divisione netta dei due gruppi era palpabile,
così come l’elemento discordante. Dal canto suo, Alex si limitò a scoccare a
quel raduno uno sguardo annoiato, pronta a udire l’ovvietà.
«Non ci sono modi più gentili per dirlo» sospirò Ren,
passandosi una mano sul collo. «Per cui ecco la nostra attuale situazione:
siamo bloccati qui, isolati, senza alcun modo di comunicare con l’esterno. La
nostra migliore alternativa è quella di rimanere in questa stanza e aspettare
il mattino, quando ormai sarà chiaro della nostra scomparsa. Se siamo fortunati,
qualcuno avvertirà la polizia e saranno loro a occuparsi di Leyla.»
«Scusate l’interruzione, ma non credo sia così
semplice» sentenziò Gregory, facendo un passo avanti. «Nessuno di noi ha riferito
ai propri genitori quale fosse la nostra destinazione e inoltre Keiran e Leyla
erano attesi alla festa di Jason. A meno che non abbiate detto ai vostri amici
che eravate diretti qui, dubito che i soccorsi arriveranno in fretta. Per loro
potremmo essere ovunque.»
Dakota scoccò uno sguardo spaventato a John, il quale scosse
il capo. Dunque era vero. Nessuno dei loro conoscenti era a consapevole del
loro programma di passare la notte a Pennington Mansion.
«Non potremmo semplicemente appiccare un fuoco da
qualche parte?»
Molteplici sguardi si voltarono verso Mark. Aveva
parlato con sufficienza, nonostante avesse infilato le mani nelle tasche dei
jeans per non lasciar intravedere il loro tremore. Notando la reazione
generale, si schiarì la gola. «Voglio dire, un fuoco risulterebbe visibile
anche da lontano, per cui qualche passante chiamerà istintivamente i vigili del
fuoco. Risparmieremo un sacco di tempo.»
«E nel frattempo rischieremo di morire asfissiati o
bruciati. No, grazie» commentò Dakota, incrociando le braccia al petto.
«Perché, preferisci rimanere qui a non far nulla?»
La ragazza strinse le labbra, stranamente sulla
difensiva.
Alex chiuse gli occhi e reclinò il capo all’indietro.
Tutte quelle chiacchiere non erano di nessun aiuto. Inspirò profondamente,
cercando di ignorare il fastidioso brusio che le faceva pulsare i timpani. La
tensione nel suo corpo si stava accumulando sempre di più. Si voltò e aprì gli
occhi, accorgendosi dell’espressione pensosa che Keiran aveva assunto al suo
fianco. Non lo conosceva così intimamente da catalogare le piccole variazioni
del suo volto in base alle emozioni, ma dallo sguardo fisso e dalla piccola
ruga d’espressione apparsa al centro della sua fronte, stava certamente
ponderando qualcosa. Inoltre, non era nella sua natura ilare rimanere in
silenzio per un tempo così lungo senza risultare preoccupante.
Il ragazzo tese il braccio ammaccato, aprendo e
chiudendo il pugno per essere certo di essersi ripreso, per poi accorgersi del
suo sguardo. Keiran si voltò e la guardò con un’espressione a lei estranea.
Alex dischiuse le labbra, stupita da quella reazione, ma prima ancora di
riuscire a darle un nome, il ragazzo aveva già rivolto la sua attenzione verso
Ren.
«Che cosa intendi con “siamo bloccati qui”? Vuoi dire
che non ci sono vie di fuga o che non possiamo crearne?»
Ren interruppe il suo sproloquio e lo scrutò
sospettoso. «C’è differenza?»
«Rispondi e basta.»
Nel vedere il scetticismo sul volto del ragazzo, fu
Gregory a farlo al posto suo. «Abbiamo provato a infrangere una delle finestre
al piano superiore, eppure non siamo riusciti a procurarle nemmeno la più
piccola scalfittura.»
«Capisco…» mormorò Keiran, per poi alzare lo sguardo
per scrutare tutti i presenti. «Potete dirmi che ore sono?»
«E questo che c’entra?» chiese Emily, dando voce al
pensiero comune.
«Assecondatemi» mormorò, in un tono stranamente
gentile quanto agghiacciante.
Nonostante la confusione generale, tutti obbedirono
ed, eccetto Alex, estrassero i loro cellulari. Quando confrontarono l’orario
che spiccava sui loro schermi, un silenzio opprimente cadde nella stanza. Sotto
lo sguardo shockato dei ragazzi, le cifre erano le medesime: 23.15.
L’ora in cui era stata in atto la seduta.
Keiran soffocò un’imprecazione tra i denti. «È come temevo.»
«Spiegati meglio» sbottò Ren.
«Non siamo bloccati qui. Siamo stati intrappolati.» Ignorando
il sussulto di Emily, Keiran prese a camminare per la stanza, tradendo il suo
nervosismo. «Avevo sentito storie di spiriti così potenti e antichi da riuscire
a rinchiudere le loro vittime nei meandri dei castelli abbandonati per poi…
cibarsi della loro essenza. Non avrei mai pensato di finire sul menù di uno di
loro, benché meno sul suolo americano» finì di spiegare con un certo
disappunto.
«E come facciamo a liberarci, Signor Esperto?»
Keiran trattenne uno sbuffo e si pizzicò il setto
nasale. «Non possiamo fare proprio niente. Solo lo spirito che ha creato la
barriera può discioglierla, oppure…
potremmo provare a esorcizzarlo. Non sarà semplice, però è pur sempre
una soluzione.»
I ragazzi si scambiarono diversi sguardi confusi e
preoccupati, ma fu Gregory a parlare per primo. «Keiran. Che cosa succederà se
non ci riusciamo?»
Il ragazzo si limitò a scuotere le spalle. «Allora rimarremmo
bloccati qui finché non moriremo. O peggio.»
Scoppiò un putiferio.
Per un momento, Alex aveva davvero contemplato la
possibilità di cavarsela senza troppi problemi, ragionando sul da farsi ed
elaborando un buon piano contemplando ogni imprevisto possibile insieme agli
altri. Ma dopo pochi istanti, si ritrovò a chiudere gli occhi, immaginandosi
seduta nella sua tavola calda preferita, con davanti uno sfarzoso hamburger
doppiamente farcito e un zuccheroso milkshake alla fragola. Con panna.
Tutto, pur di isolare il caos che la circondava.
I ragazzi parlavano contemporaneamente, mangiandosi le
parole a vicenda. Alcuni di loro sommersero Keiran di domande, mettendolo in
difficoltà, finché una voce non superò il caos.
«Fermi tutti!» tuonò John, improvvisamente pallido
nonostante la carnagione scura.
Al suo fianco, Mark sbuffò. «Che c’è ora?»
«Che c’è?» controbatté il ragazzo, lo sguardo
stralunato. «Sono nero, fratello. So come vanno queste cose e per me non si
mette bene.»
«Come se per noi andasse meglio!» Dakota sbatté i
piedi per terra, gli occhi che le luccicavano.
Ren si stropicciò la faccia con una mano. «Beh, John. Direi
che oggi è il tuo giorno fortunato. L’oca bionda ti ha surclassato e ha
ottenuto il primo posto nella lista delle vittime. Dopo il nero chi viene? Il
secchione o lo sportivo? Gregory, preparati…»
Nell’udire quell’insinuazione, Emily scattò in piedi
dirigendosi verso di lui, stringendo i pugni come se fosse sul punto di
picchiarlo. «Rennis! Sul serio?»
Lui si limitò a fare spallucce. «Beh, perché
preoccuparsi? Abbiamo il nero, il fattone, lo scheletro ambulante, il secchione,
la cinese, l’irlandese uscito da un libro di fiabe e sua Asprissima Altezza del
regno di Menefreghismolandia con al seguito la sua depravata fata madrina.
Direi che c’è solo l’imbarazzo della scelta. Meglio di un buffet all you can
eat.»
Sarah fischiò lievemente, sorpresa quanto lieta del
fatto che il ragazzo non l’avesse scambiata per una coreana o una vietnamita,
sebbene fosse l’unica a non sembrare offesa da quel commento. I suoi amici non
la presero affatto meglio.
In tutto quel trambusto, Alex si limitò a
stiracchiarsi, lanciando al ragazzo uno sguardo di sufficienza. Le mani le
fremevano così tanto che per un attimo temette di perdere il controllo di sé e
di scagliarsi contro di lui. Si stava avvicinando al limite. «E tu saresti il
bel principe del reame di Stronzolandia?»
Ren si voltò verso di lei, rivolgendole un sorriso
sghembo. «Oh, quindi sono bello? Che ne dici di una negoziazione orizzontale
per unire i nostri due regni?»
«Preferirei
seguire l’esempio di Tepes¹
e ridecorare il giardino» mormorò in risposta, senza una qualsivoglia di
sentimento nella voce.
Gregory si mise fisicamente tra loro, fulminando
entrambi con lo sguardo. «Ok, ora basta. Cerchiamo di rimanere seri! Dobbiamo
elaborare un piano.»
Per un momento, Alex sentì l’impulso irrefrenabile di
abbracciarlo, tanto che si dimenticò completamente della presenza di Ren.
Finalmente!
«Esatto. Greg ha ragione» assentì Emily. A poco a poco
nella stanza tornò la calma, mentre ognuno di loro cercava di ragionare sul da
farsi. Fu la ragazzina a incominciare a esprimere le proprie idee. «Per prima
cosa dobbiamo trovare…»
Trovare una
mappa dello stabile in modo da potersi orientare come si deve. Citò mentalmente Alex.
«…del sale» concluse la bionda.
Dapprima Alex annuì, convinta di aver sentito bene, ma
quando si rese conto di ciò che era uscito dalle labbra dell’amica, sbatté le
palpebre cercando di allontanare la propria confusione.
«Del sale? E a cosa ci servirebbe?» chiese Mark,
sorpreso così come la maggior parte di loro.
«Dobbiamo metterlo sulle porte in modo da formare una
linea, così gli spiriti non possono oltrepassarlo e raggiungerci» spiegò
pratica Emily con un’espressione seria. «E poi…»
Cercare
indizi per capire che cosa è accaduto veramente tra queste mura. Continuò Alex.
«Ci servirà anche del ferro allora» sentenziò Sarah.
Emily s’illuminò e, accorgendosi della loro intesa, le diede il cinque.
«Ma che…» Dakota scosse la lunga chioma nera,
completamente spiazzata.
«Qualcuno ha visto troppi episodi di Supernatural» sentenziò Ren con un
sospiro, per poi voltarsi verso Keiran, che era leggermente sbiancato. «Signor
Esperto, dici che potrebbe funzionare?»
Tentare un
contatto con i locali e scoprire che cosa li tiene legati a questo posto. Finì di elencare Alex, annuendo soddisfatta, senza
destare alcun sospetto. Poi il suo sguardo si rabbuiò. Protetta dal cappuccio
della mantella, si morse l’interno della guancia. La sua priorità rimaneva sempre
la stessa.
Il rosso sospirò e assentì nonostante non sembrasse
del tutto convinto. «Considerando che molte delle idee sviluppate in quel
genere di telefilm provengono da antiche credenze popolari, direi che sì,
dovrebbe andare. Per il ferro non credo ci siano problemi, ma come ci
procuriamo del sale?» Il dubbio di Keiran si propagò per la sala.
«Controlleremo la dispensa e mal che vada dovremmo
accontentarci di giocare a baseball con gli attizzatoi» commentò Ren,
massaggiandosi le tempie.
«E, dato che ci siete, potete anche provare a bruciare
del rosmarino e dell’alloro²
se li trovate.»
Tutti si voltarono verso Alex. Aveva parlato con noncuranza,
continuando a rimanere spaparanzata sul divano in un atteggiamento che
rasentava l’annoiato. Tuttavia, i suoi occhi continuavano a sondare la sala con
intensità, saettando tra i ragazzi senza mai soffermarsi troppo su ognuno di
loro. Erano rivolti quasi sempre in una sola direzione.
«Sei sicura?» le chiese Emily, un sopracciglio alzato.
Alex fece spallucce. «L’ho letto in un libro di
erbologia.»
«Ok, ma per l’esorcismo?» domandò John. «Potremmo
anche trovare qualcosa per difenderci, ma come facciamo a sconfiggere ciò che
ci tiene bloccati qui senza un’adeguata formula?»
A quella domanda, Alex si paralizzò. Non appena sentì
lo sguardo di Emily posarsi su di lei, capì quello che stava per accadere e
incominciò a sudare freddo. Doveva evitarlo, a tutti i costi. Non poteva
permettersi altri contrattempi e fare parte di quel piano strampalato equivaleva
a farsi incatenare in quella topaia finché qualcuno non avrebbe rinvenuto il
suo cadavere in pieno rigor mortis completo di gestacci. Fece per aprire la
bocca, la risposta che fremeva sulla lingua, ma Emily fu più veloce.
«Alex conosce il latino! Ha frequentato una scuola
cattolica quando era piccola, per cui è perfetta.»
La blasfemia che le rimase incastrata in gola rischiò
di strozzarla.
«È
vero, l’ho sentita!» Infierì Mark, mentre Alex tossiva. «Com’era quella cosa? …Ipa
benana… Ipsa vebibas…» continuò puoi, l’espressione concentrata del suo viso
poteva risultare comica.
«Ipse venena bibas³» tossì Alex, incapace di trattenersi oltre. Il
sangue, che fino a quel momento le era bruciato nelle vene, s’incendiò. Una
pulsazione fastidiosa le fece contrarre il sopracciglio involontariamente.
«Esatto!» Mark annuì soddisfatto, per poi replicare
l’espressione confusa dei suoi amici. «Che vuol dire?»
Alex lo guardò con un’espressione svuotata. «È un frammento proveniente dalla Croce di San
Benedetto. Chiunque conosce quella formula.»
Mark si limitò a osservarla in silenzio, così come gli
altri. Emily la guardava colma di aspettativa, pronta a carpire qualsiasi
informazione utile, mentre Sarah aveva già recuperato il suo block-notes. Solo
Keiran sembrava avere qualche speranza. Vedendola in quello stato, Ren si era
allontanato rispetto alla sua posizione, probabilmente per evitare di far
notare a tutti il suo disperato tentativo di non scoppiare a ridere.
Alex gemette. «Vade retro, Satana?»
Nell’udire tale informazione, i ragazzi annuirono come
se fosse ovvio.
«Ah, L’esorcista! Perché non l’hai detto prima?»
Commentò John.
Alex rimase in un religioso silenzio; qualcosa dentro
di lei si spense.
«Bene. Direi che è fatta» sentenziò vittorioso Mark,
nonostante le espressioni dubbiose di Keiran e Gregory, ancora concentrati
sulla ragazza.
«Direi esattamente l’opposto.» Alex si alzò,
sgranchendosi le gambe. Non perse tempo a considerare le occhiate confuse che
le rivolsero e andò a recuperare la sua borsa.
Mark si mise sulla sua strada. «Cosa vorresti dire?»
Lanciandogli un’occhiataccia, Alex lo scansò e si
concesse un attimo di tempo per controllare che ogni cosa fosse al suo sposto.
Soddisfatta, s’infilò la tracolla sotto la mantella e si diresse verso la
porta.
«Non contate su di me per questa pagliacciata. Me ne
chiamo fuori.» Fu la sua unica risposta.
A quel punto, Mark la bloccò fisicamente afferrandola
per un braccio. Lo sguardo di Alex si posò prima sulla mano che l’aveva
fermata, per poi risalire e indugiare sul viso del ragazzo. Non sembrava
arrabbiato; dall’espressione del suo volto risultava solo stupito, quasi scioccato.
In quello stato le parve quasi tenero e ciò le permise di non saltargli addosso
nel tentativo di ucciderlo.
«E quindi non ci aiuterai?» le chiese lui. «Ma siamo
tutti sulla stessa barca, insomma… non siamo amici? Non dovremmo cooperare?»
Agitando il braccio, Alex si liberò della sua presa,
ma non si mosse. Avvertiva su di sé gli sguardi di tutti e capì la loro
silenziosa richiesta. Aiutarli avrebbe significato molte cose, nessuna delle
quali rientrava nel suo programma. Né nei suoi desideri. O nei propositi per l’anno
nuovo. Rimanere nelle retrovie ad attendere che qualcuno compisse una decisione
sbagliata era più rischioso che procedere in prima linea dritto fino al nemico.
Fremette. Qualcosa dentro di lei si sciolse e, prima ancora di rendersene
conto, si ritrovò a ricambiare Mark con un sorriso talmente teso da farle
dolere i muscoli facciali.
«Non ci penso proprio» esclamò. «Noi non siamo amici.
Anzi, non vi reputerei nemmeno conoscenti se non per etichettarvi sotto la
categoria di persone moleste e irritanti. Per cui non vi devo alcunché,
figuriamoci un aiuto. E ora, se volete scusarmi…»
Non appena ebbe dato voce ai suoi pensieri, si sentì
molto più leggera, come se si fosse liberata dal groppo che l’aveva infastidita
per tutta la sera. Ignorando le espressioni scioccate che incontrava al suo
passaggio, si diresse verso la porta, pronta ad andarsene. Tuttavia, qualcun
altro fu di tutt’altra idea.
«Alex, aspetta!»
Alex si voltò verso Emily, rivolgendole uno sguardo
rassicurante. «Non preoccupatevi. Per il momento rimanete con loro. Verrò a
prendervi quando…»
«…Quando riuscirai a uscire da qui» concluse Ren per
lei. Scosse il capo, esasperato, soprapponendosi tra lei e la sua meta. «Per
quanto vorrei io stesso prenderti a calci per sbatterti fuori, è troppo
pericoloso e tu lo sai bene. Qualsiasi strampalata idea tu abbia in mente,
scordatela. Non funzionerà mai.»
Alex si limitò a osservarlo impassibile.
«Ma io non corro alcun rischio» inclinò il capo. «E
nemmeno tu a quanto sembra. Sentiti rincuorato. Di solito nei film horror
sopravvivono i personaggi più inutili. Quindi non hai nulla da temere.»
«Ragazzi siamo seri. Qui potrebbe morire qualcuno. E
Alex, concordo con Ren!»
Alex si voltò verso Gregory, quasi emulando lo sguardo
sorpreso di Ren. Mark e Dakota, invece, si limitarono a osservare la scena con astio
mal celato.
Alex sospirò, coprendosi gli occhi con una mano. «Dei,
non credevo di essere morta durante la possessione e di essere costretta a
rimanere intrappolata in questa stanza per l’eternità. Dov’è un ufficio reclami
quando serve?»
Ren le si avvicinò, costringendola ad arretrare per
non scontrarsi fisicamente con lui, allontanandosi così dalla porta. «Ora
smettila di comportarti in modo infantile e lasciaci fare la nostra parte.»
«Non credo che questo abbia qualcosa a che vedere con
te» sentenziò lei.
«Non costringermi a ricorrere alle maniere forti.»
«O cosa? Mi legherai? Mi chiuderai a chiave da qualche
parte? Ah, no. Aspetta. Lo stai già facendo.» Incrociò le braccia al petto.
«Dovrai impegnarti un po' di più per intimidirmi.»
Un pigro sorriso sghembo illuminò il volto di Ren. «Non
preoccuparti di questo. Ho in mente cose ben peggiori se ti ostini a fare di
testa tua. Non costringermi a usare una ball gag per farti star zitta.»
Alex si bloccò, tant’è che si ritrovarono a un respiro
di distanza l’uno dall’altra. Tra di loro, l’atmosfera era carica di
elettricità, al punto che per un istante Emily decise d’intervenire. Stava per
scattare ai due una foto con il cellulare, sotto lo sguardo curioso di Sarah,
quando un urlo fece sussultare i presenti.
«Basta! Non ne posso più!»
Alex e Ren si voltarono verso Dakota, entrambi con una
smorfia annoiata dipinta in faccia.
La ragazza era sull’orlo delle lacrime. «Non è giusto!
Questa notte doveva essere speciale! Avevo già programmato ogni cosa! E invece
siete comparsi voi e…» si morse il labbro inferiore.
«Che cosa intendi?» le chiese Mark, aggrottando le
sopracciglia.
Dakota emise un verso stridulo. «Io e Ren… Io e Ren
avremmo dovuto farlo, mentre voi sfigati ci stavate dando dentro con l’alcool.
Ed ecco che è tutto svanito nel nulla! E per di più lei…»
Tra tutti, quello più perplesso era proprio Ren.
«Io?»
Dakota lo raggiunse, nascondendo il viso sul suo
petto.
«Non è giusto. Ma io…»
Si bloccò quando Ren l’afferrò per le spalle e l’allontanò
da sé infastidito. «Dakota, io non voglio fare sesso con te» disse senza troppi
preamboli. «Seriamente, bambina. Credi che dopo esserti ripassata Frank e John
la settimana scorsa avrei davvero contemplato l’idea di concludere qualcosa? Ma
per favore…»
Tra l’imbarazzo di John e la crisi isterica di Dakota,
Ren sembrava del tutto a suo agio, al contrario degli altri spettatori di
quella squallida soap opera. Mark ribolliva di rabbia, Gregory e Keiran erano
visibilmente a disagio, mentre Emily e Sarah erano così concentrate su ciò che
stava accadendo da non accorgersi che lo sguardo di Alex andava in tutt’altra
direzione rispetto ai loro. Non si scompose nemmeno quando la ragazza cercò di
graffiare Ren per la rabbia e l’umiliazione, né distolse lo sguardo dal
soffitto quando lui sghignazzò divertito da quell’attacco.
«Mettiamo le cose in chiaro una volta per tutte. Io
non sono un vibratore che puoi usare a tuo piacimento. Vallo a comprare nel
negozio cinese vicino casa tua se proprio ne hai bisogno, ma io ho dell’amor
proprio. Mannaggia a voi ragazze e alle fantasie pornografiche che vi regalano
quei libri assurdi che vi ostinate a leggere! Abbiamo ben altre priorità qui!
Ricordi? Leyla sparita, fantasmi ovunque? E dire che sei stata tu a narrare la
storia, dovresti saperlo meglio di chiunque altro che non abbiamo tempo per
queste cazzate.»
Senza dargli il tempo di finire il suo sproloquio,
Dakota scoppiò in lacrime e si diresse di corsa fuori dal salotto, scomparendo
alla vista.
Nella stanza cadde un silenzio teso, finché Ren non
sbuffò sonoramente.
«Perfetto. Qualcun altro? Così possiamo giocare a
nascondino e il primo che trovo lo strozzo con le mie mani.»
«Dobbiamo correrle dietro prima che si faccia
ammazzare!» sbraitò Mark, pronto a uscire, finché non si rese conto che
l’attenzione di Ren era da tutt’altra parte.
Il ragazzo si rivoltò verso Alex, per poi gemere dallo
sconforto.
«Smettila di fare così.»
Lei sussultò. Distolse lo sguardo e per poi voltarsi
verso di lui con un’occhiata apatica. «Fare… cosa?»
Ren alzò un braccio e la indicò con un gesto
sbrigativo della mano. «Questo.»
Alex si limitò a inarcare le sopracciglia
«Ti comporti come se non te ne importasse nulla.»
«Forse perché è così?» sbuffò sonoramente in risposta.
«Avete finito? Posso andare ora?»
«No!»
«Ren! Dakota è…!»
«Mark, parlaci tu con tua sorella, per l’amor del
cielo!»
«Ragazzi, calma…» esortò Keiran, cercando di rabbonire
gli animi. «Non dobbiamo dimenticarci dell’obiettivo primario…»
«Esatto!» concordò Emily. «E poi Leyla è ancora là
fuori da qualche parte.»
Alex si avvicinò alla porta rimasta socchiusa dopo
l’uscita di scena di Dakota. Fece per afferrare la maniglia, ma poi si bloccò.
Girandosi, puntò la sua attenzione su Ren.
«Hanno ragione, Ren. Avete delle priorità a cui badare
e poi credo che ognuno debba risolvere da solo i propri problemi. E tu ne stai
accomunando davvero molti.»
Il ragazzo la fulminò con lo sguardo. «Alex, non ti
azzardare…»
«Perché?» lo sfidò.
«Perché? È ovvio che qualcosa c’è l’abbia con te! E
tu…»
La smorfia di Alex le illuminò il volto come una
ferita. «Allora non dovrai temere alcun male. Dopotutto… non sono un tuo
problema!» tuonò alla fine, oltrepassando la soglia.
Ren si gettò verso di lei, pronto a ghermirla. I loro
occhi s’incrociarono per una frazione di secondo, colmi di una rabbia
incontrollata pronta a esplodere. Poi la porta si chiuse improvvisamente tra di
loro con un tonfo talmente forte da farla balzare all’indietro.
Alex incespicò, osservando esterrefatta l’uscio che si
scuoteva, completamente paralizzata da quell’evento improvviso. La maniglia
continuava a girare a vuoto, mentre le imprecazioni di Ren e le urla colme di
panico di Emily riempivano l’aria come singhiozzi soffocati.
Si concesse qualche respiro profondo, dopodiché voltò lo
sguardo.
Li ignorò.
«Questo sì che è conveniente» mormorò tra sé, mentre
scrutava il corridoio nella penombra. La luce delle lampade a muro tremolava
fievolmente, per poi acquietarsi di colpo. Una risata infantile risuonò
nell’ombra.
Inclinò il capo socchiudendo gli occhi. La pelle
iniziò a formicolarle nell’udire quei sussurri.
Alzò nuovamente lo sguardo verso il soffitto, le
pupille ridotte a due fessure.
«Sì, si stanno muovendo…» mormorò.
Ritornò a fissare l’oscurità che incombeva su di lei e
passo dopo passo vi si inoltrò. Un sorriso spietato le illuminò il viso.
Finalmente… La libertà aveva un sapore così dolce.
Nel buio,
quella melodia mormorata tra le labbra chiuse risuonava tra gli ambienti
deserti. Una cadenza di note antiche come una leggenda. La bambina continuò a
dondolare le gambe, seduta sull’orlo della voragine e incurante del vuoto che
incombeva su di lei. Tra le mani, teneva aperto un vecchio diario consunto. In
alcuni punti, l’inchiostro della penna risultava sbiadito a causa del tempo, ma
a lei non importava. Sapeva a memoria il suo contenuto, la sua storia, le sue
memorie. Aveva visto nascere quel racconto, l’aveva guidato durante la sua
stesura e ne era diventata parte. Parte di una favola dove il lupo mangia a uno
a uno gli agnelli per poi giacere sopra le loro ossa.
Le sue labbra
si tesero in un lieve sorriso e smise di cantare. Accarezzò le pagine con la
punta delle dita pallide e poi richiuse il diario. Se lo portò al petto e si
alzò, andando a riporlo al sicuro dentro al baule. Ci sarebbe voluto ancora
qualche tempo, ma ne era convinta.
Richiuse il
coperchio. Dietro di lei, Dorian la guardava con palese disappunto. I suoi
occhi neri erano pozzi di tenebra.
Dahlia
inclinò il capo, lo sguardo lontano così simile al fratello, in ascolto.
… Si sta
muovendo…
Si voltò
verso il fratello. Lui non si mosse.
…Perché?...
…Non
dovremmo. Lo sai…
…Ha solo
bisogno di tempo…
…E poi?...
Dahlia
accarezzò il coperchio del baule.
…Poi noi
fermeremo…
Si bloccò. Un
movimento improvviso fece voltare entrambi i gemelli verso l’oscurità che li
avvolgeva. Seppur incerta, quella presenza avrebbe potuto compromettere tutto.
Rimasero in silenzio, i sensi in allerta pronti a captare ogni altra anomalia.
Alla fine, Dorian prese per mano la sorella.
…Dobbiamo
andare…
¹ Vlad Tepes, conosciuto come l’Impalatore.
² Secondo antiche credenze,
il rosmarino possiede potenti proprietà terapeutiche e allontana gli spiriti
maligni, oltre che spezzare maledizioni. Stessa cosa vale per l’alloro che, se
bruciato, purificherebbe gli ambienti.
³ Tradotto: bevi tu stesso i tuoi veleni.
Alleluja!
Finalmente incominceranno ad apparire i cadaveri! Non
vedevo l’ora.
Io stavo schizzando male, Alex pure, Ren altrettanto,
quindi party hard :3
Scherzi a parte, spero che questo capitolo sia di
vostro gradimento. Purtroppo tra la peste che mi percula e ritorna a bussare
alla mia porta, impegni vari e momenti di sconforto, ci ho messo un po', ma
come potete vedere è abbastanza chilometrico. Sono, tuttavia, incerta su alcuni
punti, quindi sentitevi pure liberi di dire che è una merda ahahah
Vi anticipo già, che i prossimi due capitoli saranno
temporalmente uguali. Un po' come nel capitolo 6.
In uno vedremo il tentato stupro di Ren, nell’altro
misteri misteriosi.
Sono troppo teneri, lo so :3
Ringrazio tutti coloro che hanno messo questa storia
nelle loro liste e lasciato una recensione ^^
Avviso: a fine mese ho la conclusione di due contest,
per cui il prossimo aggiornamento potrebbe risentirne. Cercherò ovviamente di
fare del mio meglio, ma per sicurezza ho voluto avvertirvi.
Vi auguro un buon weekend e alla prossima 😉