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Autore: Emmastory    05/02/2017    2 recensioni
Anche se il tempo continua a scorrere, le cose nell'un tempo bella e umile Aveiron sembrano non cambiare. La minaccia dei Ladri è ancora presente, e una tragedia ha ora scosso l'animo dei nostri amici. Come in molti hanno ormai capito, quest'assurda lotta non risparmia nessuno, e a seguito di un nobile sacrificio, la piccola ma coraggiosa Terra sembra caduta in battaglia, e avendo combattuto una miriade di metaforiche e reali battaglie, i nostri eroi sono ora decisi. Sanno bene che quest'assurda e sanguinosa guerra non ha ancora avuto fine, ma insieme, sono convinti che un giorno riusciranno a mettere la parola fine a questo scempio, fatto di sangue, dolore, fame, miseria e violenza. Così, fra lucenti scudi, affilate spade e indissolubili legami, una nuova avventura per la giovane Rain e il suo gruppo ha inizio. Nessuno oltre al tempo stesso sa cosa accadrà, ma come si suol dire, la speranza è sempre l'ultima a morire.
(Seguito di: Le cronache di Aveiron: Miriadi di battaglie)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Capitolo II

A mani giunte

Tutto quel che stava accadendo era ai miei occhi irreale. Quest’assurda guerra continua a imperversare, e a quanto sembrava, non risparmiava niente e nessuno. Neppure la mia bambina, la mia piccola e dolce Terra. Grazie al provvidenziale intervento del caro dottor Patrick, accorso sentendo le mie disperate grida, mia figlia era stata trasportata nell’unico ospedale di Aveiron ancora in piedi, e secondo il suo onesto parere, aveva avuto fortuna. Difatti, se non ci fossimo mossi in tempo, le sue ferite l’avrebbero uccisa, ma data la mia prontezza nei riflessi, ora lei poteva avere una speranza di farcela. Guardandola, non facevo che stringermi a Stefan e piangere in silenzio, temendo per la sua incolumità. Il tempo scorreva senza sosta, ma ogni minuto pareva trascinarsi come un flessuoso serpente. Lento ma deciso, così il tempo fuggiva da noi, senza possibilità di tornare indietro. Fra una lacrima e l’altra, pregavo Dio con tutto il cuore. In fin dei conti, quella dolcissima eroina aveva solo cinque anni, e secondo il mio pensiero di madre, non meritava di morire. In completo e perfetto silenzio, eravamo entrambi lì, in quell’arida stanza d’ospedale, i cui muri sembravano non solo coperti di crepe, ma anche consumati dall’umidità e dalla muffa. Intristita da quel pietoso spettacolo, guardai Stefan ancora una volta. Che mi stava succedendo? Perché piangevo se ero stata io a dare a lui la forza di andare avanti e credere nella guarigione di nostra figlia? “È tutto normale Rain, sfogati, avanti.” Mi diceva il dottor Patrick, abbandonando il letto dove Terra riposava al solo scopo di avvicinarsi e confortarmi. “Hai paura, vero?” mi chiese poi Stefan, guardandomi con fare preoccupato e apprensivo. “Cosa? Certo che ho paura! In fondo è nostra figlia! L’hai dimenticato?” sbottai, perdendo improvvisamente il controllo delle mie emozioni e nascondendo il volto e le mie lacrime con le mani. “Dai, l’abbiamo salvata. Abbi fede, può farcela.” Continuò, stringendomi ancora una volta a sé sperando di calmare i miei singhiozzi. Seppur rinfrancata da quel gesto e dalle sue parole, non smisi di piangere, e guardandomi intorno, notai l’entrata in scena di alcuni visi conosciuti. C’erano tutti. Soren, Samira, perfino Basil, Rachel e Lady Fatima. Ci avevano seguito dopo averci visto scomparire durante la battaglia, e adesso erano con noi. Sapevano bene ciò che era successo a Terra, ed erano venuti a darci conforto. Il silenzio cadde nella stanza, e di punto in bianco, la Leader si avvicinò a me. Teneva in braccio la mia piccola Rose, e non appena fu abbastanza vicina, lasciò che la prendessi in braccio. Le avevo ancora una volta chiesto di proteggerla da quegli odiosi Ladri, e a quanto sembrava, aveva mantenuto la promessa. Difatti, la mia bella bambina non aveva un graffio, ed era ancora avvolta nella rosea copertina che mia madre le aveva fatto lavorando a maglia. “La terrà calda.” Mi aveva detto nel giorno della sua nascita, posandola poi sul suo tremante corpicino mentre dormiva nella sua culla di robusto legno. “Grazie.” Sussurrai all’indirizzo di Lady Fatima, prendendo la piccola in braccio e stringendola a me. Ormai aveva quasi un anno, e anche se poco per volta, stava imparando a parlare. Guardandosi curiosamente intorno, scorse il volto della sorella maggiore spuntare da quelle bianche coperte, e indicandola con il dito, tentò di esprimersi e parlare. “Terra.” Biascicò, trascinando quel nome con grande indecisione. “Sì, Terra.” Risposi, incoraggiandola. Per tutta risposta, la piccola continuò a guardarla, e facendolo, emise un versetto. “Tua sorella è coraggiosa, sai?” continuai, completando quella frase con quella semplice domanda. Rompendo ancora il silenzio, la bimba vagì ancora, e con il cuore che pareva sciogliersi, mi avvicinai a quel bianco letto. Sorridendo debolmente, le carezzai una guancia, sentendo poi il suono del suo affaticato respiro. Quello era uno dei segni che era viva, e con l’arrivo della notte, ci avvicinammo tutti a lei, chiudendo gli occhi e pregando con il cuore. Non sapevamo se qualcuno più in alto di noi ci avrebbe mai sentito, dando a quella bella bambina dal cuor di leone una seconda possibilità, ma in silenzio, pregavamo. Senza parole, ma a mani giunte.
   
 
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