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Autore: Inganno    05/02/2017    0 recensioni
Cosa faresti se potessi provare una sola emozione per volta? E se questa fosse inevitabilmente negativa?
Evelyn lo sa bene, perché è proprio questa la condizione in cui vivono lei e gli abitanti della sua città.
Ogni pillola un’emozione diversa.
Ogni pillola una durata diversa.
Anche Jenny comprende cosa significhi essere una prigioniera, poiché vittima delle brutalità degli adulti senza cuore che lavorano nell’orfanotrofio in cui vive da quasi diciott’anni.
Solo l’intreccio delle loro vite sarà capace di permettere loro di affrontare un lungo e pericoloso viaggio, colmo di insidie ma anche di amore, al termine del quale poter finalmente trovare la libertà da sempre agognata…
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

Destini incrociati

 

N

onostante fossero passati pochi secondi da quando aveva spezzato le catene della prigionia, la piccola Evelyn aveva già vissuto una miriade di emozioni diverse. Adesso grande dubbio e timore s’imponevano con veemenza, ma questi non furono sufficienti a far demordere la giovane nell’andare fino in fondo alla sua decisione. Schiuse la porta di legno con qualche difficoltà, poiché strisciava sull’asfalto per via dei cardini ormai logori, ma non entrò subito. Rimase qualche centimetro davanti l’uscio, non volendo rischiare di essere attaccata da qualche strano individuo. La minuscola casa diroccata aveva una sola stanza, al centro della quale si ammassava una gran quantità di assi di legno, rocce e polvere. Dalla sua posizione, Evelyn riusciva a esaminarne gran parte, aiutata dalla forte luce della notte. Sul momento non capì cosa avesse causato un tale frastuono, ma se ne sarebbe resa conto entro pochi minuti. 

“Sam?” azzardò lei, sperando in qualche modo che il fratello fosse lì. Ma nessuno rispose. Evelyn sospirò, poi fece qualche passo indietro finché non si voltò nella direzione opposta. Tornò a osservare l’alta collina, pensando che sarebbe dovuta passare per il bosco a essa sottostante per rintracciare il fratello. Non aveva altra scelta, anche se l’idea la terrorizzava. Dopotutto era ancora poco più di una bambina, quando una prova del genere sarebbe risultata ardua anche per il più forte degli adulti. Poi però ecco che la sua attenzione fu nuovamente richiamata all’interno della casa, poiché catturata da quello che sembrava un lamento di dolore, una richiesta d’aiuto. Notò che qualcosa, o più probabilmente qualcuno, cercasse di uscire da quel gran cumulo di detriti. Evelyn allora pensò di seguire l’istinto, come sempre, e cercare di dare una mano a chiunque fosse stato là sotto in difficoltà. Entrò in casa senza pensarci due volte e iniziò a spostare tutti i legni più leggeri per poi procedere con le pietre e i sassi più pesanti. Dopo poco, la giovane iniziò a vedere una mano e pochi secondi più tardi anche altre parti del corpo di quella che sembrava una ragazza di qualche anno più grande di lei. Quest’ultima riuscì a togliere la trave che le schiacciava la testa, potendo finalmente tossire e liberarsi di tutte le polveri inalate.

“Come stai?” chiese preoccupata Evelyn alla misteriosa ragazza. Quest’ultima tossì nuovamente, poi si toccò la testa dalla quale fuoriusciva un po’ di sangue. 

“Per favore, aiutami a togliere quest’ultima roccia” disse lei senza nemmeno rispondere alla domanda. Evelyn perciò provò a sollevare la grande pietra che le era stata indicata dalla ragazza, ma senza il minimo successo.

“È troppo pesante!” 

“Okay, non importa. Devi usare una leva” suggerì perciò la sconosciuta.

“Una leva?” 

“Sì. Prendi la pietra più grossa che riesci a spostare e portala vicino al masso che mi blocca il piede” spiegò la più grande. La più piccola ascoltò il consiglio, facendo esattamente come richiesto.

“Bravissima. Adesso prendi la trave più lunga e resistente che trovi e inserisci una delle due estremità sotto la roccia, mentre fai appoggiare l’asse sulla pietra che hai spostato. A quel punto tira verso il basso il secondo estremo” Evelyn seguì alla lettera le indicazioni e con sua grande sorpresa alzare quel macigno le sembrò incredibilmente facile. 

“Grazie” sussurrò la ragazza una volta liberatasi, mentre si massaggiava il piede che per fortuna era solo indolenzito.

“Di niente… Io sono Evelyn comunque”

“Piacere di conoscerti Evelyn… Io mi chiamo Jenny” si presentò lei sorridendo fugacemente. “Dovremmo fare qualcosa per le tue ferite. Sarà meglio medicarle” disse poi l’altra preoccupata. 

“Non sono molto gravi, ma non ti do torto… Non vorrei che si infettassero. Ma dimmi una cosa invece, come mai sei venuta solo tu in mio soccorso? Non ci sono altri orfani con te?” 

“Orfani? Ehm… No, io e mio fratello siamo i più piccoli di qui” rispose Evelyn perplessa per la bizzarra domanda.

“Dici sul serio? Ma allora dove sono finita?” si domandò confusa, mentre tentava di rimettersi in piedi.

“A cosa serve questa struttura? È stato sfruttato nuovamente come ospedale?” chiese pochi istanti dopo.

“Struttura? Ospedale? Di che stai parlando?” 

“Sono arrivata qua intrufolandomi nel controsoffitto dell’orfanotrofio in cui vivo, poi però sono caduta qui, da lassù…” svelò Jenny indicando sopra. Ma quello che vide la lasciò attonita. Non vedeva più lo stesso soffitto a cui era abituata, l’intera stanza era completamente diversa. Era tutta in pietra e legno, come se non fosse un’opera architettonica moderna. Inoltre, tutte le macerie che erano crollate non potevano essere soltanto del controsoffitto. Era infatti venuta giù una porzione di tetto. Nulla sembrava avere senso. Anche se durante il percorso nell’intercapedine non riusciva a vedere nulla, era stata comunque in grado di percepire il reticolato portante in ferro e i pannelli di cartongesso sotto le sue mani. Ora invece, sopra la sua testa, c’era solo un tetto, costruito con dei materiali molto più rudimentali, venuto giù e che apriva una finestra nel cielo che illuminava la camera. 

“Dove diavolo sono finita? E come ci sono arrivata?” domandò confusa più a se stessa che alla ragazzina. Intanto l’altra giovane che si trovava nella stanza non poteva evitare di domandarsi la stessa cosa che si chiedeva ogni volta che osservava qualcuno, finché non si sentì costretta a esporre il suo dubbio.

“Scusa se mi permetto, ma potresti dirmi che pillola hai assunto? Non riesco proprio a capirlo”

“Pillola? Di cosa stai parlando? Vi drogano qua dentro?” chiese quindi Jenny indietreggiando. 

“Hanno drogato anche me?” continuò poi, sempre più preoccupata che qualcuno potesse spuntare all’improvviso per obbligarla ad assumere qualche strano farmaco.

“Ti hanno cosa?” enfatizzò Evelyn, non conoscendo nemmeno il significato di quella strana parola.

“Ma certo! Hai ingerito la pasticca della pazzia!” pensò dunque, non essendoci altra spiegazione al suo strano comportamento. Jenny a quel punto la guardò esterrefatta, incredula di ciò che aveva sentito.

“Tranquilla, non voglio farti del male. Sai dirmi però quanto ti resta prima che le sue conseguenze finiscono?” domandò a quel punto, sperando che sulla ragazza gli effetti non fossero troppo evidenti come in tutti gli uomini incontrati negli ultimi giorni. 

“Pazzia? Non capisco di che parli! E poi…” ma Jenny si bloccò non appena si rese conto di cosa ci fosse fuori la porta. Subito si diresse verso l’esterno, scoprendo la verità. Si guardò intorno, realizzando di essere in un luogo che non solo non c’entrava nulla con l’orfanotrofio, ma che con grandi possibilità non aveva niente a che fare neanche con la sua città, sebbene non la conoscesse per niente. Avvertiva però delle differenze nell’aria, lo sentiva chiaramente. Qualcuno certamente l’aveva portata fino a lì dopo essere svenuta, ma non ne conosceva il motivo. 

“Come ti senti?” domandò Evelyn un po’ intimorita.

“Confusa… Sai dirmi dove ci troviamo? In che città quanto meno?”

“Ci… Ci troviamo a Distòpia. Dunque vuoi dirmi che non sei di queste parti?”

“No, non credo almeno… Non ho mai lasciato l’edificio in cui vivo, ma ne dubito fortemente” “Capisco… La tua storia è sicuramente molto strana, e da come hai reagito poco fa credo di capire che tu non hai bisogno delle pillole per vivere… Dico bene?” azzardò lei, seppur lo ritenesse praticamente impossibile.

“Ancora con questa storia? Mi potresti spiegare meglio? Perché non ho idea di cosa tu stia parlando” “Quindi è vero?”

“Che cosa?” 

“Che non usi le pillole!”

“Ti ho già detto che non ne so nulla!” esclamò con il solo volto interrogativo, e stavolta le risposte non tardarono ad arrivare. Le raccontò tutto, dalle condizioni in cui viveva la sua gente alla sua particolare esperienza.

“Non dire assurdità, è una cosa impossibile!” esclamò la diciassettenne con fare scontroso, percependo falsità in quelle parole fin troppo fantasiose.

“Per me è assurdo il contrario invece. Se da dove vieni tu ci sono altre persone libere da ogni vincolo come te, vuol dire che siete molto fortunati… Noi tutti invece siamo destinati a una perpetua prigionia” Jenny sorrise. 

“Non credere che quella in cui hai vissuto tu, ipotizzando che sia la realtà, sia l’unica forma di schiavitù… Neanche io sono mai stata libera e non so nemmeno se riuscirò mai a esserlo. Almeno tu adesso ce l’hai fatta, secondo quanto mi hai detto” disse lei, mantenendo una costante nota di scetticismo.

“Sarà anche vero, ma in un mondo di prigionieri cosa importa non esserlo? Ho sognato tanto la libertà, ma se non posso condividerla che me ne faccio?”

“Sai, la tua storia non è così diversa dalla mia. Ti è stata data una grande opportunità, hai ricevuto un dono che nessun altro qui in città possiede. Purtroppo però c’è un prezzo da pagare per questa tua fortuna. Esattamente com’è successo a me, rischi che questa tua diversità ti possa isolare. Io ho studiato molto negli ultimi anni, ma così facendo mi sono costruita barriere inviolabili. Potevo tenere le conoscenze che acquisivo solo per me e l’impossibilità di condividerle mi distruggeva. Ma poi ho capito una cosa importante. Chi possiede un grande dono, possiede anche una grande responsabilità. Io sono l’unica che possa salvare quei bambini e ritengo che adesso tu sia l’unica che possa fare lo stesso con i tuoi concittadini” spiegò la maggiore, cominciando pian piano a convincersi.

“Sì ma… Io non so come fare! E poi non so nemmeno se esistono altre pillole della libertà” ammise Evelyn. Jenny allora abbassò il capo e iniziò a riflettere.

“Se le tue storie sono vere vuol dire che conosco davvero molto poco la realtà. Non ho mai visto il mondo, quindi non posso avanzare ipotesi premature. Tutta la mia conoscenza si basa sui libri che ho letto, ma certamente non possono avermi dato ogni tipo di nozione che esista. Perciò ti voglio credere Evelyn, voglio essere tua amica… E soprattutto voglio aiutarti” 

“Dici sul serio?” esclamò entusiasta l’altra, avendo trovato qualcuno con cui condividere la sua libertà. Jenny annuì sorridendole. Non ne era del tutto convinta, ma avrebbe verificato la realtà dei fatti il prima possibile.

“Devo trovare però anche un modo per tornare a casa, non conosci qualcuno di affidabile con cui parlare?”

“No, qui sono tutti vittime come lo ero io fino a pochi minuti fa. Ma onestamente non credo esista qualcuno sufficientemente lucido e pacato da poterci dare una mano”

“Capisco…” fece l’orfana iniziando a camminare e a riflettere sulle informazioni di cui era in possesso. Toccò la spessa parete che divideva i due lati della città di cui le aveva parlato poco prima la nuova amica. “Hai detto che forse tuo fratello si trova oltre il Confine giusto? Propongo di dirigerci là per prima cosa” “Ne sei sicura? Ti ho già detto che dovremmo affrontare una foresta incredibilmente ostile… Tutti qui ne parlano come se fosse impossibile sopravvivere là dentro. E poi… La mia è soltanto una disperata ipotesi, effettivamente non avrebbe avuto molto senso scappare nel lato ovest”

“Io credo invece l’esatto opposto” ammise Jenny.

“E perché mai?”

“Beh, è semplice… Mi hai detto che avevi consegnato a tuo fratello la pillola della sfiducia, quindi probabilmente avrà creduto che con la pastiglia della felicità in tuo possesso saresti scappata da lui e avresti cercato di costruirti una nuova vita in un luogo migliore. Avendo perso fiducia nei tuoi confronti è normale pensare una cosa del genere… E poi magari lì potresti riuscire a ottenere delle pasticche migliori di quelle che circolano qui a Distòpia

La ragazza aveva proprio ragione, ma questa possibile verità preoccupava l’amorevole sorella. Stavolta non si trattava di una banale ipotesi, ma di un logico ragionamento. Sapere che molto probabilmente il piccolo Sam si era recato nel bosco la turbava enormemente, così come il pensiero di poter condividere con i suoi concittadini emozioni positive la rincuorava.

“Non abbiamo altra scelta. L’unico mezzo per raggiungere i nostri obiettivi è la conoscenza. Più sappiamo, più siamo forti. In questa zona della città la gente è annebbiata dalle emozioni negative, se riuscissimo invece a raggiungere la parte migliore di questo strano posto, potremo parlare con persone che ci daranno retta e che non avranno timore di noi” spiegò saggiamente la ragazza, sperando di convincerla davvero a seguire il suo piano.

“Molto probabilmente hai ragione tu, ma pensa un momento cosa accadrebbe se Sam non se ne fosse andato… Il viaggio non sarà breve, quindi starà da solo per molto tempo. Oh Jenny… Non so come comportarmi!”

“Lo so, non è sempre facile prendere una decisione. Se ti può fare stare meglio, magari potremmo lasciare un biglietto a casa tua, dopotutto è il vostro unico punto di riferimento e certamente vi ritornerà” 

“Sì, sarebbe fantastico! Mi farebbe stare certamente più tranquilla!”

“Bene, allora non c’è problema! Prima di andare però vorrei sapere come raggiungere l’altro lato della città, se non ti dispiace”

“Certo che no! Dunque… Il cancello che porta alla foresta si trova molto vicino ai piedi di quell’alta collina, in posizione perfettamente apposta a quello del lato ovest. Dovremo seguire le mura di Distòpia puntando verso nord e poi scendere a sud, lungo le mura dell’altra città”

“Ma non sarebbe molto più veloce passare sotto le pendici del colle?”

“Questo è vero, ma la zona sottostante la collina è molto più pericolosa. Conviene fare più strada che attraversare quel breve tratto”

“Dici sul serio?”

“Sì. Questo è quello che ho sentito dire, almeno…”

“Meglio evitare il rischio allora. Vorrà dire che seguiremo il percorso più sicuro… O sarebbe meglio dire meno pericoloso. Sono però convinta che insieme ce la faremo!” disse Jenny fiduciosa. Anche Evelyn adesso credeva che avrebbero realmente potuto farcela perché finalmente aveva un’amica su cui fare affidamento, ma soprattutto era felice di poter godersi pienamente questo rapporto grazie alla libertà acquisita. 

“Sai una cosa?” continuò sempre la maggiore.

“Dimmi!” 

“Nella mia vita ho sempre avuto a che fare con gente più piccola di me… Mi sono sempre sentita un po’ sola, ma in te vedo qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri orfani con cui sono cresciuta”

“Anche tu sei molto diversa da chiunque altro io abbia incontrato. Sarà bello affrontare quest’avventura insieme, e una volta aver ritrovato mio fratello, ti prometto che farò di tutto per aiutarti con l’orfanotrofio!”

E dopo quest’ultimo scambio di battute le due nuove compagne partirono, pronte ad affrontare un viaggio a cui la solitudine non avrebbe mai partecipato.

 

 

… Nota Autore …

Questo è l’ultimo capitolo che posto, ma non appena uscirà il libro caricherò il link sulla mia pagina EFP. Spero vi sia piaciuto fin qua!

  
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